La riforma degli assetti contrattuali

Lopes Saverio 03/02/11
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L’attuale contesto economico globale ha confermato la necessità, per il sistema economico italiano, di rivedere alcune rigidità che – se da un lato hanno consentito di affrontare la crisi senza generare quella “macelleria” che avrebbe forse devastato lo stesso tessuto sociale ed economico della nazione – rischiano oggi di far perdere irrimediabilmente il treno della ripresa.

Il contesto globale in cui operano le nostre imprese, e la recente “operazione FIAT – FABBRICA ITALIA” ne rappresenta il caso forse più evidente ed emblematico, non consente la conservazione di un sistema di diritto del lavoro e di relazioni industriali ancorato tuttora troppo spesso a posizioni squisitamente ideologiche finalizzate unicamente alla conservazione di garanzie –oramai insostenibili laddove non, addirittura, ingiustificabili- per una parte del mondo del lavoro, e che, per contro, non riesce neppure a guardare (se non rifiutandone la stessa esistenza) verso quella nuova area di lavoratori dipendenti che, dalla fine degli anni ’90, sta assumendo un ruolo sempre più importante.

A conferma indiretta di questo assunto, basti pensare che, il 15 aprile 2009, in un momento appena antecedente l’esplosione della crisi economica (anche se direi, più precisamente “finanziaria”) le parti sociali avevano sottoscritto, eccezion fatta per la CGIL, un importante accordo interconfederale1 sulla riforma degli assetti contrattuali che, pur ribadendo il sistema dualistico di contrattazione nazionale (di I° livello) e territoriale/aziendale (di II° livello) modificava sostanzialmente una seri di vincoli preesistenti, quali, tra gli altri, la durata dei contratti (triennale per tutti) e l’indice di riferimento (IPCA in luogo dell’inflazione programmata).

Lo scenario di contesto complessivo in cui si era giunti alla sottoscrizione dell’accordo era caratterizzato in modo significativo, giova ricordarlo, dalla volontà di ridurre il numero di contratti collettivi di categoria garantendone maggiormente la “puntualità” di rinnovo, nonché dalla proposta di disegno di legge2 relativo alla riforma dell’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Dunque, da un lato una forte assunzione di responsabilità delle parti sociali nella semplificazione del sistema di contrattazione collettiva, dall’altra un’importante ridefinizione delle modalità di gestione del conflitto; almeno nelle intenzioni.

Il disegno di legge sulla riforma dell’esercizio del diritto di sciopero difatti è rimasto, almeno ad oggi, alla fase della proposta (peraltro comprensibilmente vista la complessità degli interessi coinvolti) mentre l’auspicata riduzione del numero di contratti nazionali ha vissuto, forse, una vera e propria inversione di tendenza.

Per chiarire meglio questa affermazione può essere utile una breve analisi della complessa trattativa, ancora non conclusa, per il rinnovo del CCNL Autoferrotranvieri.

Nell’ambito del trasporto di persone e merci “per via terrestre o sulle acque interne e lagunari (….) nonché (nell’) esercizio delle relative reti infrastrutturali”3, sono individuabili più o meno facilmente, tre contratti collettivi da categoria diversi; il CCNL Autoferrotranvieri e mobilità, il CCNL delle attività ferroviarie ed il CCNL Noleggio con una sostanziale identità di Organizzazioni Sindacali (di seguito: OO.SS.4) e differenti Organizzazioni Datoriali (di seguito: OO.DD.)5.

Contratti caratterizzati, naturalmente, da flessibilità diverse in relazione al settore merceologico di riferimento ed alla permeabilità al mercato che lo stesso rappresenta.

In una estrema ed molto esemplificativa (nonché superficiale) comparazione, si potrebbe individuare il contratto del noleggio come quello caratterizzato dalla maggiore flessibilità ed economicità6, ed il contratto delle attività ferroviarie, all’estremo opposto, come quello meno competitivo; in mezzo il contratto degli autoferrotranvieri7.

Va da se che una operazione di semplificazione e riduzione dei contratti collettivi nazionali dovrebbe, almeno in linea di principio, prendere le mosse dalla tendenza ad una maggiore competitività cui legare poi l’eventuale evoluzione retributiva.

Nel caso in questione, invece, l’operazione di “semplificazione contrattuale” ha preso le mosse addirittura da un’iniziativa legislativa del Governo Prodi che prevedeva l’applicazione del CCNL delle attività ferroviarie quale condizione per il rilascio ed il mantenimento della licenza e del certificato di sicurezza8, con una conseguente ed evidente incidenza sulla effettiva concorrenza nel settore ferroviario, settore in cui si affacciava NTV, appunto uno degli attuali competitors nelle attività di trasporto ferroviario.

In questo contesto, nel 2008, scaduti sia il contratto degli autoferrotranvieri che il contratto della mobilità, la piattaforma di rinnovo presentata dalle Organizzazioni Sindacali prevedeva, di fatto, la richiesta di confluenza dei CCNL Autoferrotranvieri ed Attività Ferroviarie nel Contratto Unico della Mobilità, lasciando sul campo, almeno nelle intenzioni iniziali, gran parte delle “flessibilità” del contratto degli autoferrotranvieri9.

È significativo ricordare come la piattaforma in parola sia stata presentata da tutte le OO.SS. del comparto Ferrovie, ovvero anche dal FAST e dall’ORSA che, pur presenti in talune realtà locali, non avevano mai sottoscritto il CCNL Autoferrotranvieri e tantomeno presentato proposte di rinnovo congiuntamente a CGIL, CIS, UIL..

Dalla presentazione della piattaforma sindacale è stato quindi avviato un complesso confronto durato oltre sedici mesi, che ha visto una parziale definizione lo scorso 30 settembre con la sottoscrizione del “Nuovo CCNL della mobilità”.

La trattativa de qua ha visto contrapposti, sostanzialmente due richieste che si potrebbero definire addirittura come inconciliabili; infatti, a fronte della piattaforma sindacali di cui sopra, le OO.DD.10 proponevano il rinnovo dei due distinti contratti di categoria.

Il risultato finale, o quasi, è stata appunto la sottoscrizione del Nuovo Contratto della Mobilità11 ovvero la parte normativa dello stesso, posto che la parte economica è, paradossalmente, ancora in fieri. L’attuale stato della trattativa dimostra, di per se, la particolare complessità e, sia passato il termine, incoerenza della stessa.

Infatti, se il rinnovo della parte economica costituisce (dovrebbe costituire), soprattutto in costanza del nuovo protocollo sugli assetti contrattuali, la contropartita ad alcune acquisizioni datoriali sotto il profilo normativo e degli istituti contrattuali (su tutti flessibilità, e mercato del lavoro) è piuttosto evidente come, una volta definito un aspetto, la determinazione dell’altro sia quantomeno priva della necessaria correlazione.

Peraltro, anche sotto il profilo strettamente “normativo” il contratto della mobilità presenta alcune peculiarità significative. Infatti, a fronte dell’iniziale intenzione sindacale di raggiungere la sostanziale cessazione dei contratti degli autoferrotranvieri e delle attività ferroviarie verso la definizione del costituendo contratto unico della mobilità, il verbale del 30 settembre u.s. realizza un (singolare) assetto contrattuale che garantisce l’equivalenza di grado dei tre contratti.12

Come opera nei fatti questa equivalenza è questione alquanto complessa. Infatti, se da un lato la disciplina normativa contenuta nel Nuovo CCNL della Mobilità si applica al decorrere dalla data di sottoscrizione dell’accordo,13 dall’altra la stessa è “recepita integralmente in sede di rinnovo dei rispettivi CCNL di categoria (CCNL delle Attività ferroviarie e CCNL Autoferrotranvieri)”.

Sembrerebbe trattarsi, quindi, di una efficacia “mediata” del CCNL mobilità, che lascia in vita gli altri contratti collettivi di categoria ed anzi ne conferma le rispettive discipline contrattuali relative ad istituti non regolati, appunto, dal CCNL mobilità.

L’efficacia mediata del nuovo contratto della mobilità è confermata, a parere di chi scrive, oltre che dal necessario (pur se automatico) recepimento dei singoli contratti collettivi di categoria, anche e soprattutto da quanto previsto al Capo II, rubricato “diritti sindacali”.

Infatti, fatta salva l’autonomia delle parti14, il contratto collettivo in parola limita i diritti sindacali relativi a “contributi sindacali”15, “affissione”16, “permessi sindacali”17, “rappresentanza sindacali”18, “assemblee di lavoratori”19, “referendum”20 e “locali”21 alle sole organizzazioni sindacali stipulanti i singoli ccnl di categoria.

Limitazioni che sarebbero in parte illegittime, ai sensi del titolo III della Legge 300/70, qualora si considerasse il CCNL mobilità come direttamente applicabile (e quindi, a breve, applicato) nelle singole aziende22.

La particolare natura del ccnl mobilità è resa ancora più evidente dalla disciplina prevista per il “secondo livello di contrattazione”23 in cui l’equivalenza e l’autonomia dei singoli contratti nazionali è confermata24 con l’integrazione della durata triennale della contrattazione, in linea con la durata triennale della contrattazione prevista dall’accordo interconfederale del 2009.

Dunque, un assetto contrattuale complesso e farraginoso che si risolve in un evidente paradosso per il quale un tentativo di semplificazione contrattuale si è risolto, nei fatti, in una architettura che ha aumentato il numero dei CCNL.

 

1 Accordo interconfederale di attuazione dell’accordo quadro sula riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009

2 Approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 febbraio 2009.

3 Cfr il capitolo: CAMPO DI APPLICAZIONE del “nuovo ccnl della mobilità” sottoscritto il 30 settembre 2009.

4 Filt CGIL, Fit CISL, UILTRASPORTI, FAISA CISAL, UGL Trasporti e, per il ccnl delle Attività ferroviarie pure ORSAe FAST.

5 ASSTRA ed ANAV per il ccnl Autoferrotranvieri e mobilità, ANAV per il ccnl Noleggio, Federtrasporto ed ANCP per il ccnl delle Attività ferroviarie.

6 Un esempio su tutti: l’orario di lavoro settimanale è per il CCNL Noleggio 40 ore, per il CCNL Autoferrotranvieri 39 ore e per il CCNL Attività ferroviarie 38 ore.

7 Da una prima stima di ASSTRA ed ANAV, infatti, l’applicazione del contratto delle attività ferroviarie al settore degli autoferrotranvieri comporterebbe un aumento del costo del personale di circa il 20%.

8 Cfr. articolo 13 del disegno di legge 1644. A seguito dell’intervento dell’Antitrust l’emendamento in parola è stato ritirato.

9 Occorre tener presente, peraltro, che parte del rapporto di lavoro del personale autoferrotranviere è regolato dal R.D. 148/31 , norma speciale che prevede trattamenti in parte diversi, e comunque prevalenti, rispetto alla L.300/70 (su tutti il procedimento disciplinare e l’affidamento a mansioni superiori).

10 Con qualche distinguo tra Federtrasporto, ASSTRA ed ANAV

11 Precedentemente –il 14 maggio 2009- le Parti avevano sottoscritto un Protocollo che ha previsto quattro istituti comuni da definire entro 45 giorni: il campo di applicazione, la decorrenza e la durata, la disciplina del sistema delle relazioni industriali e dei diritti sindacali, il mercato del lavoro.

12 Cfr Tullio Tulli,” Il Sole 24 Ore Trasporti 22 novembre 2010”.

13 Nei fatti il ccnl mobilità, pur essendo stato sottoscritto il 30 settembre 2010, ancora non è da considerare operativo, su espressa richiesta delle OOSS, in quanto non è ancora stata definita la c.d. “parte economica”.

14 Nel senso che, fermo restando quanto previsto dal ccnl mobilità, le singole aziende sono assolutamente libere di riconoscere organizzazioni sindacali che non abbiano sottoscritto i CCNL di settore (cfr. anche art.7, comma 1 ccnl mobilità).

15 Cfr. art.6.

16 Cfr. art.7.

17 Cfr. art.8.

18 Cfr. art.9.

19 Cfr. art.11.

20 Cfr. art.12.

21 Cfr. art.13.

22 Occorre ricordare, infatti, che attualmente sia ORSA che FAST non hanno sottoscritto il ccnl autoferrotranvieri.

23 Cfr. art.4.

24 Cfr. commi 1 e 6.

 

 

 

 

Lopes Saverio

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