La responsabilità del genitore che assiste se l’altro coniuge picchia i figli

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La condizione di genitore richiede l’assunzione di determinati doveri nei confronti dei figli.

Il fatto di procreare attribuisce alla madre e al padre la responsabilità genitoriale.

Con la riforma del diritto di famiglia (Legge 10/12/2012  n. 219), lo status di figlio è unico e le terminologie come figlio legittimo, illegittimo, naturale e incestuoso nella letteratura della legge non sono più presenti.

La responsabilità dei genitori esiste anche nei confronti dei figli adottivi e la violazione degli obblighi di assistenza familiare può configurare un reato.

Se da un lato la responsabilità dei genitori pone in essere dei doveri, dall’altro i figli hanno il diritto di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti, e nei casi nei quali il figlio fosse non riconoscibile, può agire in giudizio per vedersi riconosciuti i diritti in questione (art. 279 c.c.).

Come quasi sempre nelle situazioni, esiste anche il rovescio della medaglia, nel senso che anche i figli hanno dei doveri nei confronti della famiglia.

Devono rispettare i genitori, contribuire economicamente in base alle loro capacità di reddito, devono assistere i genitori se fossero anziani o se ne dovessero avere bisogno e possono essere obbligati agli alimenti in caso di indigenza (artt. 570 e 591 c. p., art. 433 c.c.).

Una volta chiarita la questione dei rapporti tra genitori e figli, in questa sede dovremmo trattare del tema relativo alla  responsabilità del genitore che assiste se l’altro picchia i figli.

Quali obblighi ha un padre o una madre se coniuge o compagno/a convivente maltratta o compie delle violenze, fisiche o psicologiche, sui suoi figli.

La questione è stata sottoposta alla Suprema Corte di Cassazione che, con una recente sentenza (sent. 17/02/2020 n. 6209), ha stabilito le regole sulla responsabilità dei genitori in presenza di situazioni di maltrattamenti nei confronti dei figli.

In che cosa consiste la responsabilità dei genitori

Prima di procedere alla trattazione della responsabilità penale dei genitori per le violenze sui figli dal coniuge o dal convivente, si ritiene di dovere cominciare dal testo della legge che, in questo caso, è il codice civile.

L’articolo 147 del codice civile stabilisce l’obbligo, sia per il padre sia per la madre, di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

Una norma di carattere collettivo dalla quale è stata tratta la regola di tutelare anche la salute, fisica e psichica, del minore.

il figlio che ha raggiunto i 12 anni, e se maturo, anche a un’età inferiore, ha il diritto di essere ascoltato in merito alle questioni e procedure a lui relative.

Ad esempio, quando due genitori separati sono in disaccordo sulla linea educativa da intraprendere nei confronti del minore.

Il figlio ha il diritto di crescere in famiglia, e di mantenere rapporti significativi con i parenti della madre e del padre.

Ai nonni è concesso il diritto di consultare il giudice se uno o entrambi i genitori ne impediscano la frequentazione.

Il figlio ha il diritto di scegliere la religione da seguire, anche se uno o entrambi i genitori non sono d’accordo.

Al figlio spetta il diritto di agire in giudizio per il riconoscimento o il disconoscimento della paternità, per la contestazioni ed il reclamo dello stato di figlio.

Dal lato della responsabilità penale, però, le cose seguono una strada che non è interamente uguale, e non è sempre detto che un genitore debba essere responsabile se l’altro picchia i figli.

In relazione ai reati vige la responsabilità personale.

Nessuno può essere incriminato per un comportamento posto in essere da altri, a meno che, tra le sue mansioni, ci fosse anche quella di prevenire e impedire la commissione di un simile illecito.

Chi ha una “posizione di controllo” può rispondere in modo esclusivo del reato commesso da terzi.

Si deve stabilire se la responsabilità di un genitore si estende anche ai comportamenti posti in essere dall’altro quando la vittima è il figlio.

Ci si chiede se il padre o la madre abbiano l’obbligo di supervisione, e se uno dei coniugi sia tenuto  a impedire che l’altro o il partner maltratti il minore.

Il genitore che assiste se l’altro picchia i figli

Dal sopra menzionato articolo 147 del codice civile, la giurisprudenza ha elaborato un’altra regola di carattere collettivo, secondo la quale, ogni genitore che esercita la potestà sui figli minori, ha una posizione di garanzia in merito alla tutela dell’integrità psicofisica degli stessi, che gli impone di impedire qualsiasi danno nei loro confronti.

La conseguenza legata a questo dovere, è che da parte del padre o della madre si ha una responsabilità per le violenze commesse dall’altro ai danni dei figli.

Ci si chiede in che modo questa regola si possa conciliare con il principio della responsabilità  penale e personale.

La Suprema Corte ha spiegato che la responsabilità penale dei genitori per i maltrattamenti commessi dall’altro ricorre se sussistono determinate condizioni (Cass. sent. n. 19603/2017, n. 4730/2007), vale a dire, la conoscenza o conoscibilità del fatto illecito e la possibilità oggettiva di impedire fatto illecito.

Un genitore è obbligato a prendere posizione per evitare che l’altro coniuge compia atti di violenza ai danni dei figli quando ne sia venuto a conoscenza.

A questo fine, deve subito denunciare il responsabile, sempre che non si possa fare altro per i impedire simili eventi (cass. sent. n. 1369/2011).

La responsabilità in questione, si configura se si possano percepire precisi segnali della violenza ai danni del minore.

La posizione dell’altro genitore se i figli vengono maltrattati

Applicando simili principi al caso considerato, quando le condizioni di salute del bambino fanno intuire che sia vittima di violenza, il genitore ha l’obbligo di prendere posizione al fine di impedire i maltrattamenti da parte del coniuge o del convivente.

La Corte di Cassazione, ha chiarito che dalla posizione di garanzia consegue l’obbligo di impedire gli eventi che ledono l’integrità psico-fisica del minore.

Se si violasse questo dovere sarebbe come se fosse stato prodotto l’evento delle lesioni, per non essere il genitore garante, in tale qualità attivandosi, prendendo posizione con iniziative idonee a fermare o porre adeguato rimedio ai comportamenti violenti del coniuge, o della coniuge, ai danni del piccolo.

Chi non commette l’azione delittuosa, essendone al corrente, è responsabile allo stesso modo di chi l’ha pone in essere.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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