La responsabilità come rischio

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La responsabilità nelle sue varie forme e gravità originariamente ha sempre fatto riferimento nella sua valutazione all’impegno del buon padre di famiglia, in questa sua radice vi è innanzitutto una valutazione etica che si trasponeva sul piano dei rapporti sociali in una valutazione economica del danno, quello che costituiva la base del giudizio era il comportamento dato per scontato di un padre verso i membri della propria famiglia in termini di impegno e stabilità, ossia di risoluzione dei problemi ma anche di emozioni secondo interconnessioni causali in un contesto che possiamo porre in prospettiva transazionale.

Il venire meno del senso di “appartenenza”, che fornisce una identità ai membri del gruppo familiare, determina un senso di “indifferenziazione” il quale porta alla mancanza di coesione e al venire meno di attese e comunicazione e quindi della stima, della comprensione, della condivisione e del sostegno emotivo, aggravato dalla mancanza della dimensione multi generazionale in cui le generazioni creano nei loro rapporti ruoli, emozioni e attese, tutto viene ridotto in un dissimulato scavalcamento generazionale nel quale vi è un continuo rimescolarsi indefinito in cui si perdono atteggiamenti, credenze e miti, il perduto senso di appartenenza viene a creare un conflitto irrisolto tra dipendenza e autonomia.

La fragilità familiare era d’altronde già stata vissuta nel periodo precedente al XVIII secolo in cui povertà, forte mortalità, emigrazioni e molteplicità di matrimoni costituivano fattori di fragilità e di instabilità nei rapporti familiari, d’altra parte il modello stesso di famiglia viene a variare nei suoi confini a seconda delle aree geografiche dando magari maggiore importanza alla condivisione delle risorse piuttosto che agli aspetti affettivi, o alle relazioni di parentela, quello che un qualsiasi sistema sociale deve comunque soddisfare sono le funzioni di adattamento, reperimento di risorse sufficienti, raggiungimento degli scopi, definizione e raggiungimento degli obiettivi, integrazione, solidarietà e coordinamento tra le varie parti, e latenza, creazione – conservazione e trasmissione dei valori del sistema (Parsons).

La molteplicità dei modelli educativi non omogenei relega in secondo piano i tradizionali principi di obbligo e dovere, rimane l’affidabilità che diventa centrale negli scambi parentali legittimandone idealmente l’impegno altrimenti affievolito nel concetto di doverosità sociale, sostituito da una negoziazione continua familiare che nel fare venir meno un legittimo modello di autorità compromette anche il concetto di responsabilità, eliminato l’aspetto affettivo la famiglia diventa esclusivamente un contenitore di reddito di cui occorre individuarne le regole al fine dell’accesso alle risorse.

La disgregazione dei rapporti di responsabilità si riflette non solo in termini sociali ma anche in termini economici, nella difficoltà di creare progetti di lungo periodo sostenibili, vi è un ripiegarsi su se stessi nel quotidiano ridotto al succedersi della propria esistenza, né il ricorrere a tipologie come lo stress-correlato può sostituire il vuoto creato e le tensioni derivanti dalla destrutturazione in atto nella perdita dei punti di riferimento.

Vi è nell’individuo la necessità di conoscere e governare aspetti specifici della realtà complessa (Parsons – Lhuman), ma questo avviene non solo e tanto attraverso codici funzionali-razionali quanto attraverso codici simbolico-affettivi, archetipi posseduti fin dalle origini da ogni essere umano che vanno da un codice di vita/morte per l’organizzazione e le persone, a codici di legami e tabù organizzativi, fino ai codici relazionali affettivi primari padre/madre/bambino/fratello.

I mutamenti sociali e tecnologici che sono intervenuti, collegati fra loro da una complessa relazione circolare, ha creato una crescita delle aspettative fondata sul mito tecnologico e sulla circolarità dell’informazione a fronte di modelli familiari pluralistici.

Il concetto di responsabilità si è quindi spostato da un aspetto comportamentale a matrice prevalentemente etica ad uno che si vorrebbe matematico, quale percentuale di rischio accettato nei rapporti sociali, come evidenziato da Barcellona, resta il problema di vedere se è realistico affidarsi sempre su queste valutazioni.

Una domanda complessa se si considera che molti fenomeni non sono regolati da leggi deterministiche bensì da leggi probabilistiche in cui prevalgono tecniche statistiche, tuttavia deve osservarsi che le previsioni non possono essere prive di incertezza per i limiti intrinseci ai fenomeni, limiti non sempre facilmente evidenziabili.

Affidarsi alla mole di osservazioni senza la conoscenza approfondita del problema da analizzare porta a distorsioni prospettiche, né è possibile molte volte prevedere con sufficiente certezza tutte le variabili in gioco, la valutazione del rischio può diventare pertanto un oggetto del tutto soggettivo, una considerazione derivante da esperienze del tutto parziali (Vulpiani).

 

Bibliografia

A. Vulpiani – Determinismo e Caos, Carocci 2004.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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