La ragione più liquida: un’occasione persa

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 La vicenda

La vicenda che ci si appresta a commentare fornisce uno spunto di riflessione particolarmente utile circa la nota questione processualistica concernente l’ordine di trattazione delle eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva inizialmente adito il TAR, rinunziando poi successivamente al ricorso; la controparte aveva aderito alla rinunzia, ma in udienza aveva fatto rilevare il difetto assoluto di procura della ricorrente: infatti il legale che aveva firmato il ricorso era infatti diverso da quelli cui la parte aveva conferito la procura speciale per la controversia.

Il TAR Abruzzo-Pescara, con la sentenza n. 53 del 12 febbraio 2021 qui in commento, ha ritenuto l’eccezione del difetto assoluto di procura – così grave da essere finanche rilevabile ex officio – comunque assorbita dalla adesione da parte del procuratore dell’Amministrazione convenuta alla rinuncia del giudizio, “… non avendo nessun interesse il Comune, avendo appunto aderito alla rinuncia, a una pronuncia di inammissibilità piuttosto che di improcedibilità del giudizio”.

La tesi del TAR, come si avrà modo di valutare, non convince.

L’ordine delle questioni di inammissibilità ed improcedibilità e la regola della cd. ‘ragione più liquida’

 

L’inammissibilità e la improcedibilità del ricorso costituiscono sanzioni che la legge pone a carico della parte ricorrente per il caso della mancata osservanza delle norme che disciplinano la proposizione dell’impugnazione ed impediscono al giudice di decidere sul merito del ricorso.

Sul piano concettuale, l’inammissibilità è generalmente collegata al “momento genetico” dell’impugnazione; la improcedibilità è collegata invece al “momento funzionale” e quindi successiva alla valida instaurazione del ricorso.

Ai sensi dell’art. 35 c.p.a. (Codice del processo amministrativo, D. Lgs. n. 104/2010) il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso: a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito; b) inammissibile quando e’ carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito; c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.

Ai sensi del c. 2 del medesimo art., poi, il giudice dichiara estinto il giudizio: a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice; b) per perenzione; c) per rinuncia.

Quid iuris se, come nel caso di specie, ci si trova di fronte ad una causa di inammissibilità e ad una di improcedibilità successivamente insorta?

Non si può dubitare che la dichiarazione di inammissibilità, attenendo alla corretta proposizione del ricorso e tanto più quando – come nel caso di specie – è direttamente percepibile (difetto assoluto di procura in capo al legale della società ricorrente, con conseguente nullità insanabile del ricorso), appare logicamente pregiudiziale rispetto alla dichiarazione della improcedibilità.

Ed è infatti ciò che pacificamente prescrive il codice del processo civile, all’art. 276, il cui c. 2 recita: “Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa”.

Il codice del processo amministrativo si conforma a tale sistema, non solo attraverso un rinvio al codice di procedura civile per quanto non espressamente disciplinato nei limiti di compatibilità, ma anche attraverso una puntuale disciplina di talune questioni rilevabili d’ufficio tra cui, appunto, il difetto assoluto di procura.

Pur volendo seguire, con le Sezioni Unite della Cassazione Civile (sent. n. 26242 del 12 dicembre 2014) che il criterio guida nella disamina delle eccezioni sia quello cd. della “ragione più liquida”, volto ad assicurare la più rapida definizione del procedimento, che comporta la “verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.”, non può dubitarsi come – nel caso di specie – tale ragione fosse da individuarsi nel difetto assoluto di procura in capo al ricorrente (con conseguente nullità del ricorso introduttivo) e che essa avrebbe dovuto portare ad una declaratoria di inammissibilità (ex art. 35, c. 1, lett. a, c.p.a.), piuttosto che di improcedibilità (ex art. 35, c. 1, lett. c, c.p.a.), come invece avvenuto.

L’occasione perduta

Ai sensi dell’ art. 40, c. 1, lett. g) c.p.a., il mandato al difensore deve essere conferito con procura speciale rilasciata in data antecedente alla sottoscrizione del ricorso da parte del difensore medesimo. La procura speciale riveste una centralità tale che se il ricorso è stato, invece, sottoscritto soltanto dal difensore al quale la rappresentanza sia stata conferita con una procura generale alle liti e non con mandato speciale, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di valida rappresentanza tecnica, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

In tale contesto, si comprende agevolmente la nullità del ricorso introduttivo – fatta rilevare dalla difesa erariale dell’Amministrazione intimata – la quale ha rappresentato il difetto assoluto di procura (essendo stata la stessa rilasciata in favore di due altri legali, ma non già in favore dell’unico firmatario il ricorso introduttivo).

Con un’attenzione certamente superiore a quella palesata dal TAR Abruzzo nel caso di specie, il TAR Lazio – II – sent. n. 6787 del 26 giugno 2014 – ha in ipotesi analoga osservato che: “il profilo inerente l’esistenza di una valida rappresentanza tecnica costituisce questione preliminare rispetto a quella inerente la giurisdizione, la quale ultima presuppone la costituzione di un valido rapporto processuale, precluso dalla nullità del ricorso, la quale va quindi esaminata con priorità rispetto ad altre questioni”.

Premesso quanto supra, sarebbe stata forse più corretta da parte del TAR Abruzzo-Pescara una pronunzia di inammissibilità del ricorso, essendo il difetto assoluto di procura certamente ‘più liquido’ rispetto al successivo accordo intervenuto tra le parti per la rinuncia al ricorso, che avrebbe comportato anche la condanna del ricorrente alle spese (invece compensate ex art. 84, c. 2, c.p.a.).

 

Sentenza collegata

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Avv. Guerri Elena

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