La proprietà inglese: profili logico-comparativi del possesso

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Secondo la tradizione della common law, non esattamente corrispondente sotto il profilo logico-sistematico con l’idea dei Paesi di civil law, tutto il suolo è terra regis cioè proprietà della Corona. Ogni proprietario terriero continua ad avere la posizione formale di colui che ha il possesso (non l’assoluta proprietà) alle dipendenze dirette (concessione) del sovrano: ciò sia pure considerando la conversione, a seguito del Tenures Aboliction Act del 1660, dei rapporti di concessione feudale in un unico tipo, il free and common socage che è il diritto formalmente oggetto di ownership e con la conseguenza che su un medesimo bene immobile possono esistere contemporaneamente molteplici estates.

Mentre il modello romanistico-continentale è incentrato sul principio di unicità del titolo di proprietà, nella common law vale il principio opposto di molteplicità dei titoli concorrenti su un medesimo bene.

Si parla, all’uopo, di property e ownership, anche in abbinamento concettuale tra loro.

Precisamente, per owner si intende il proprietario di una res in senso fisico ma anche colui il quale ha uno o più interessi di natura proprietaria: infatti, oggetto di ownership è un bene astrattamente concepito alla stregua di un interesse, titolo o diritto avente rilevanza patrimoniale.

In materia di real property ovvero di diritti reali sugli immobili, si parla di estate owner, costituenti la categoria dei legal estates (questi ultimi intesi come status).

Risulta assente, cioè, l’idea di una proprietà intesa, anche da un punto di vista tecnico-giuridico, come rapporto appropriativo che lega integralmente un oggetto al soggetto: è irrilevante, quindi, una teoria della proprietà mentre, invece, si può parlare di ownership dei diritti.

Così, l’espressione “possessore in feudo semplice” (tenant in fee simple) resta valida e corrisponde a quella di “owner of land”.

Anche la distinzione romanistica di proprietà e possesso non è traducibile nel modello di common law: i due concetti, infatti, sono tendenzialmente in rapporto di implicazione reciproca.

Segnatamente, il possesso si basa sul titolo al diritto corrispondente e, quindi, sul principio di presunzione di proprietà: i titles to land, storicamente sviluppatisi col seisin (forma esteriore di attribuzione e di riconoscimento dei diritti) sono, infatti, fondati sul possesso e quest’ultimo conferisce, ex se, un titolo valido erga omnes, ad eccezione di chi può vantare un “diritto migliore” al possesso dell’immobile, in base ad un titolo fondato su un possesso anteriore.

In altri termini, non esistendo un concetto di titolo assoluto e l’idea di un diritto astratto di proprietà per contrasto con il diritto al possesso, un possesso anteriore è, di per sé, sufficiente a conferire un diritto valido verso tutti, salvo eccezioni.

Trattasi, quindi, di una sorta di proprietà relativa, intesa quale possesso provvisto di un titolo migliore e graduato in ordine di priorità.

Tale caratteristica risulta valida anche in ambito di beni mobili: più che proprietà, si avrebbe una successione di possessi accompagnati da titoli di varia efficacia.

Sotto il profilo processuale, già nel XIII secolo si sviluppava la action of ejectment, di natura delittuale e con funzione risarcitoria, concessa al titolare di un diritto di leasehold (affittuario) per reagire contro l’illecito consistente nell’estromissione dal possesso del fondo, da parte del concedente e dei suoi successori.

Altra differenza tra l’ordinamento di civil law e il modello inglese riguarda il possesso continuato per il tempo stabilito dalla legge: invece che produrre l’effetto dell’usucapione, esso opera come causa di estinzione del diritto o titolo superiore ed avverso, sin dall’inizio del possesso.

 

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Prof. Avv. Basso Alessandro Michele

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