La programmazione del personale nelle aziende sanitarie

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            I fattori rilevanti per programmare
 
Pianificare il personale significa prevedere, in termini quantitativi e qualitativi, quali saranno le necessità di personale nel medio periodo. Ciò pone evidentemente delle difficoltà, poiché è difficile – se non impossibile – fare previsioni puntuali e razionali a fronte delle evoluzioni del mercato esterno, della tecnologia, della normativa, ecc.. Questo però “non significa che non si debba o non si possa programmare, soprattutto nel campo delle risorse umane, risorse per le quali i processi di adattamento sono relativamente lenti” (Costa, 1997). In questo senso, la pianificazione si concretizza nella ricerca di condizioni di flessibilità che permettano all’azienda di decidere in merito al dimensionamento del proprio organico, in base alle concrete contingenze interne ed esterne.
Le aziende provvedono a programmare i propri bisogni del personale, tipicamente avvalendosi di piani annuali e triennali. Tale programmazione non si limita a definire le assunzioni che l’azienda si propone di fare, ma considera anche le promozioni interne possibili, la trasformazione dei contratti (soprattutto tra tempo pieno e tempo parziale), la mobilità esterna e può prendere in considerazione anche modalità contrattuali atipiche, quali il lavoro interinale o il tempo determinato.
In generale, gli elementi dei quali le aziende devono tener conto per procedere alla programmazione del personale sono i seguenti:
  • il volume previsto delle attività aziendali: evidentemente si tratta del primo parametro da prendere in considerazione per la programmazione;
  • la forza lavoro attuale in termini quantitativi e qualitativi, nonché il suo grado di utilizzo: prevede un’analisi della forza lavoro articolata per profili professionali o, meglio, per competenze, anche in relazione alle attività che l’azienda si prefigge di sviluppare, di ridurre, di modificare (se si vogliono potenziare i servizi di assistenza domiciliare e a tal fine si ipotizza di utilizzare risorse attualmente impegnate in altre attività, occorre prevedere un adeguato sistema di formazione e riqualificazione, accanto a eventuali assunzioni dall’esterno di persone già formate);
  • le forme e i gradi di meccanizzazione e automazione attuale e possibile dei processi economici aziendali: le trasformazioni tecnologiche possono ridurre il fabbisogno di lavoro o cambiare le competenze professionali richieste;
  • il volume di lavoro contrattualmente pattuito (orario giornaliero e settimanale, ferie annuali): rappresenta il parametro di base col quale confrontare il fabbisogno di lavoro implicato dalle attività che si prevede di sviluppare;
  • il possibile ricorso a lavoro straordinario dei propri dipendenti, in relazione all’andamento delle attività e al conseguente grado di utilizzo del personale: l’analisi da effettuare riguarda il flusso delle attività dell’azienda, la presenza di eventuali picchi, ecc. E’ chiaro che, per esempio, quando il personale non sia sovrautilizzato a meno di rari periodi di picco, risulterà vantaggioso ricorrere – per quanto possibile e accettato dai lavoratori – al lavoro straordinario, invece che procedere a nuove assunzioni di persone che resterebbero sottoutilizzate per gran parte dell’anno;
  • il tasso di assenteismo: la sua rilevazione è cruciale per dimensionare correttamente il fabbisogno di personale (oltre che per monitorare il clima organizzativo);
  • le scelte in termini di eventuale esternalizzazione di alcune attività: esse infatti avranno ricadute importanti sul fabbisogno complessivo di personale dell’azienda. Nel caso questa decida di esternalizzare un’attività prima svolta direttamente, con dipendenti propri, l’azienda non solo non dovrà occuparsi del turnover (cioè rimpiazzare i dipendenti in uscita), ma dovrà anche mettere in atto politiche di riconversione dei dipendenti le cui attività vengono esternalizzate.
Spesso le aziende – sanitarie e no, pubbliche e private – adottano politiche di programmazione del personale di tipo incrementale, volte a garantire il tasso di ricambio e, ove possibile, un aumento dell’organico delle singole articolazioni organizzative e complessivo.
Quello incrementale rappresenta un approccio tipico in situazioni di scarse informazioni, razionalità limitata, assenza di vincoli stringenti sulle risorse, condizioni complessive di sviluppo – o quanto meno di tenuta – delle attività aziendali. Nelle situazioni invece che presentano vincoli sulle risorse più stringenti, l’approccio incrementale lascia il campo alla necessità di approcci almeno in parte più razionali, che cerchino di collegare in modo più esplicito le attività previste col fabbisogno di personale e cerchino d’introdurre logiche budgetarie, che collegano cioè quel fabbisogno all’assegnazione di obiettivi più puntuali.
 
 
Programmare il fabbisogno delle competenze
 
Uno dei principi cardine della gestione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, e quindi anche nelle aziende del servizio sanitario nazionale, è quello della programmazione dei fabbisogni. Di questo si trova riscontro in diverse disposizioni normative come, ad esempio, nel D. Lgs. n° 165 del 2001. Purtroppo bisogna considerare che l’importanza di tale momento programmatorio è stato pesantemente condizionato, da diversi anni, con le misure contenute nelle leggi finanziarie che hanno ridotto o, addirittura, bloccato le procedure di reclutamento e assunzione di personale.
Nonostante questi limiti, nell’ambito delle funzioni di direzione delle risorse umane, le aziende sanitarie devono adeguare costantemente il personale ai propri programmi strategici regolando i flussi in entrata, in uscita e interni (mobilità orizzontale, progressione verticale), nonché le politiche di enpowerment. Ogni dirigente-responsabile, dotato dei poteri del privato datore di lavoro, ha il compito di mantenere lo stock di risorse umane ritenuto necessario in funzione degli obiettivi strategici affidati alla propria struttura, predisponendo per i neo-assunti idonee misure formative, possibilmente anche mediante affiancamento.
Nelle organizzazioni di qualità occorre dedicare la massima cura alla selezione del personale.
Tuttavia l’azienda – amministrazione ha natura e finalità pubblicistiche che sono alla base di alcuni vincoli:
  • l’ente pubblico deve anzitutto programmare i fabbisogni nel rispetto della normativa vigente;
  • le assunzioni (specie quelle a tempo indeterminato) richiedono procedure che non sono sempre sufficientemente rapide e si prestano frequentemente al rischio di contenzioso;
  • la contrattualizzazione del rapporto di lavoro non è stata utilizzata in termini di flessibilità ed opportunità, ma si è rivelata spesso un ulteriore vincolo in mancanza di una direzione datoriale autorevole.
Si può affermare, pertanto, che il dirigente aziendale non dispone sempre della flessibilità operativa necessaria ad affrontare tempestivamente i nodi organizzativi e le emergenze.
Si comprende quindi l’enorme importanza di una corretta pianificazione. Il primo passo per giungere alla piena valorizzazione delle competenze, nell’ambito di una moderna gestione delle risorse umane, è quello di programmare il fabbisogno delle necessarie competenze.
La valutazione dei fabbisogni deve essere impostata sui programmi aziendali, sulle scelte di lungo periodo e sulle priorità contenute nella normativa oltrechè negli altri strumenti di programmazione.
Nell’ambito della dotazione complessiva, o fabbisogno generale, da definire con cadenza almeno triennale e dell’assegnazione annuale delle risorse alle varie strutture, occorre chiedersi che tipo di competenze serve acquisire, individuando di conseguenza i profili professionali e i quantitativi da ricercare, nonché le modalità per reclutare gli stessi. E’ chiaro che in sede di programmazione occorre specificare anche il settore di prima destinazione delle risorse da acquisire (ad es. “infermiere” per l’u.o. di medicina interna).
Sotto il profilo quantitativo, la rilevazione dei carichi di lavoro non è più indispensabile ai fini della valutazione dell’entità numerica delle risorse da acquisire. Serve, invece, fare riferimento ad un’analisi dei fabbisogni che utilizzi i dati derivanti dal controllo di gestione al fine di imputare i fabbisogni ai processi e quindi a ciascuna politica aziendale. Per questo può essere utile adottare le seguenti coordinate nel definire i fabbisogni: temporale, qualitativa, quantitativa.

Franzoni Alessio

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