La Privacy dalle origini ai nostri giorni

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Il termine Privacy  in italiano riservatezza o privatezza, indica, nel lessico giuridico-legale, il diritto alla riservatezza della vita privata di una persona.

Le origini del concetto di privacy

Il concetto si sviluppa nell’Antica Grecia, quando, in una serie di trattati filosofici si inizia a scrivere sul “senso di riservatezza”.

 

Aristotele, nella sua Politica, distingue tra Polis, sfera pubblica dell’individuo, legata alle attività cittadine, ed Oikos, sfera privata, associata alla vita domestica e viene stabilito l’ambito personale, distinto da pubblico e politico.

Secondo gli antichi greci il coinvolgimento da parte degli uomini nella vita pubblica era di fondamentale importanza, però, riconoscevano al singolo la necessità di una sfera propria e riservata, da intendersi come luogo nel quale occuparsi dei propri bisogni.

L’affermarsi di città-stato significa per l’uomo ricevere una personale vita attiva, marcando il discrimine tra quello che è proprio contro quello che è comune.

La vita privata è rispettata e considerata elemento necessario a fare scaturire uno stimolo d’interesse cittadino.

Ogni uomo che ha proprietà nella città sarà interessato al suo corretto funzionamento.

Durante l’età feudale si espande l’ideale di libertà personale e, successivamente, grazie allo Stato assoluto, che separa privato e pubblico viene delineato al punto da originare la sfera del privato. Riforme religiose e diffusione dell’alfabetizzazione sono tra gli elementi che condizionano fortemente la società occidentale del XVI e XVII secolo.

Questi elementi portano ad un mutamento radicale della mentalità sociale, diffondendo un altro costume di appartenenza.

La connotazione odierna di privacy, però, si afferma proprio a seguito della caduta del feudalesimo. Il XVIII e XIX Secolo rappresenterebbero un’era prolifica per il diritto.

Nel 1890, due giuristi statunitensi, Louis Brandeis e Samuel Warren, pubblicarono “The Right of Privacy” sulla Harward Law Review, prima monografia giuridica a riconoscere “the right to be let alone”, “diritto ad essere lasciato da solo”, esprimendo in queste parole il desiderio di una propria e inviolabile intimità.

 

Nonostante questo le prime accezioni del termine sono relative a una casistica che tende al negativo, la libertà ottenuta con il concetto di privacy non è associata a una possibilità, ma a una liberazione da  qualcuno o qualcosa.

Il periodo è quello della rivoluzione industriale, da intendere non in ottica universale ma in relazione al ceto borghese.

Da qui si può evincere quanto il concetto di privacy si riscopra in ogni contesto, dovendosi interfacciare con diverse necessità personali che in esso si affermano.

Il sancire un’impossibilità di ingresso in uno spazio altrui, come sottolineato da Stefano Rodotà, funge da snodo culturale fondamentale nell’affermazione della privacy odierna.

 

In ottica europea si ha una prima formazione del concetto di privato tra il XVIII e XIX secolo.

In Germania nasce la discussione su una serie di possibilità individuali che derivano dal “diritto naturale”, elemento della filosofia giuridica tedesca.

 

 

I primi casi di violazione si presentano tra gli anni ’50 e ’60.

Un caso particolarmente significativo è una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 1963.

 

Nel 1975 anche il Supremo Collegio italiano si adeguò alle controparti europee affermando l’esistenza di un diritto alla riservatezza.

 

Il concetto e il significato

Il significato di privacy, nel tempo, si è evoluto anche in relazione all’evoluzione tecnologica che dai tempi di Warren e Brandeis  è intercorsa (fine XIX secolo).

 

Agli inizi relativo alla sfera della vita privata, negli ultimi decenni ha subito un’evoluzione estensiva, arrivando a indicare il diritto al controllo sui propri dati personali.

 

Il significato odierno, di privacy, comunemente, è relativo al diritto della persona di controllare che le informazioni alla stessa relative vengano trattate o guardate da altri esclusivamente in caso di necessità.

 

La privacy non va confusa neanche con la solitudine, e questa non va confusa con l’abbandono, perché sussiste una profonda differenza  tra «l’essere soli», «l’essere lasciati soli» e «l’essere lasciati in condizioni di non-autosufficienza» con handicap senza essere capaci né di intendere né di volere.

Il termine avrebbe anche un’accezione culturale.

Secondo alcuni ricercatori il concetto di privacy distingue la cultura Anglo-americana da quella Europea occidentale, come quella Italiana, Tedesca o Francese.

Si hanno diversi punti in comune tra le due soprattutto in relazione al ruolo delle informazioni personali all’interno della società.

 

La tutela giuridica

Il diritto alla privacy non va confuso con il diritto al segreto, anch’esso finalizzato a tutelare un’area riservata della vita privata ma che per qualche motivo comprende elementi conosciuti da alcune persone.

 

Il diritto alla privacy non è neanche interamente sovrapponibile al diritto alla protezione delle informazioni personali, vale a dire, alla protezione da monitoraggio continuo, previsione dei comportamenti, profilazione degli individui, che nasce come corollario del diritto alla riservatezza.

 

La diffusione delle recenti tecnologie a partire dal XXI secolo ha contribuito a un assottigliamento della barriera della privacy, ad esempio la tracciabilità dei cellulari o la relativa facilità a reperire gli indirizzi di posta elettronica delle persone, che può dar luogo, ad esempio, al fenomeno dello spamming, pubblicità indesiderata. Anche la geolocalizzazione degli smartwatch, combinata con funzioni in questi contenute, come il cardiofrequenzimetro, può impattare in modo significativo sulla privacy, permettendo ad aziende di marketing di monitorare l’utente nelle sue abitudini di consumo e gusti personali attraverso tecniche di pubblicità comportamentale, cioè una raccolta delle informazioni personali degli utenti come mezzo di marketing per proporre pubblicità targetizzate, come evidenziato da Federprivacy nel 2015, e confermato da uno studio condotto dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università dell’Essex, e l’Harvard Medical School.

La digitalizzazione delle immagini contribuisce ad una continua e progressiva riduzione della riservatezza e da difficoltà nella sua tutela: condividere un’immagine o un video on-line su internet comporta la perdita di controllo sul materiale inserito.

Ad esempio il sexting, condivisione di fotografie a carattere erotico in prevalenza sui social network, comporta l’impossibilità di nasconderla potendo essere scaricata da altri utenti e reimmessa in Rete in qualunque altro momento.

Inconvenienti analoghi nascono in presenza di video che in qualche modo siano lesivi della privacy o in qualche modo lesivi di altre persone, soprattutto se di minore età.

Il 28 gennaio viene celebrata da diversi paesi nel mondo la Giornata europea della protezione dei dati personali, istituita dal Consiglio d’Europa.

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