La partecipazione dei soggetti interessati nelle procedure anti-dumping europee

Sgueo Gianluca 11/12/08
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1.1   I diritti partecipativi nelle procedure di anti-dumping. Dal regolamento n. 459/68 del 1968 al Regolamento n. 384/96 del 1995
 
Il diritto della concorrenza è senza dubbio il settore in cui per la prima volta è stato riconosciuto ed attuato il diritto delle parti interessate ad essere ascoltate in seno alle procedure comunitaria. Una circostanza, questa, che giustifica sia l’elevato numero di documenti normativi sia, soprattutto, di sentenze che si sono succedute negli anni ed hanno favorito la migliore definizione dei confini dell’esercizio di questi diritti.
L’ampio numero di sentenze dei giudici comunitari sul tema della partecipazione nella concorrenza ha prodotto un’altra, importante, conseguenza: i medesimi diritti procedurali hanno progressivamente “colonizzato” altre tipologie procedurali simili, seppure non identiche.
Ci sono due settori in cui lo sviluppo dei diritti partecipativi è stato particolarmente forte: uno è senz’altro quello del commercio internazionale, il secondo è quello delle esportazioni.
Nelle pagine che seguono, dunque, descriverò i diritti partecipativi all’interno delle procedure di anti-dumping.
Nel caso delle procedure relative al commercio internazionale la Commissione ha sempre avuto la responsabilità in ordine all’esercizio di un numero significativo di funzioni, sin dalle origini della Comunità europea. In particolare, spetta alla Commissione valutare se un’impresa ha usufruito di aiuti statali non dovuti, oppure ha introdotto sul mercato europeo determinati prodotti vendendoli ad un prezzo inferiore a quello normale (ipotesi questa che, appunto, prende il nome di dumping).
Il primo provvedimento normativo sulla materia risale al 1968. Si tratta del Regolamento n. 459/68[1]. Il Regolamento è stato modificato più volte, fino alla versione attuale, contenuta nel Regolamento del Consiglio europeo n. 384/96 del dicembre 1995.
 
1.2 Il caso Nippon Seiko
 
È da notare, in proposito, che le modifiche al regolamento sono state introdotte (anche) in ragione degli interventi operati dalla Corte di giustizia. C’è un caso particolarmente interessante al riguardo, risalente al 1979. Nell’occasione, la Corte di giustizia veniva adita dalla Nippon Seiko (un’impresa giapponese specializzata nella produzione e commercializzazione di cuscinetti a sfera) riguardo alla presunta irregolarità nell’imposizione di una misura di anti-dumping da parte della Commissione. Nello specifico, l’impresa giapponese contestava alla Commissione l’aver proposto al Consiglio l’imposizione di una misura pari al 15%, senza tuttavia aver diffuso i criteri attraverso i quali si era raggiunto questo risultato, negando alle parti l’esercizio del contraddittorio.
La questione procedurale non venne mai affrontata dalla Corte, poiché si ritenne evidente (e bastevole ai fini dell’assunzione della decisione) la violazione della normativa relativa all’esercizio del potere di imporre misure anti-dumping. Tuttavia, l’opinione espressa dall’Avvocato generale Warner – relativa, appunto, alla mancata garanzia nell’esercizio del contraddittorio – diede vita ad un ampio dibattito nel settore scientifico. Al punto che, appena pochi mesi più tardi, il Consiglio emanò il Regolamento n. 1679/79, attraveso il quale si concesse alle imprese coinvolte di prendere visione di tutte le informazioni rilevanti ai fini dell’esercizio del diritti di difesa.
Le osservazioni dell’Avvocato generale sono particolarmente interessanti nel passaggio in cui affermano che: «It is a fundamental principle of Community law that, before any individual measure or decision is taken such a nature as directly to affect the interests of a particular person, that person has a right to be heard by the responsable authority; and it is part and parcel of that principle that, in order to enable him effectively to exercise that right, the person concerned is entitled to be informed of the facts and considerations on the basis of which the authority is minded of act».
In buona sostanza, il merito delle osservazioni dell’Avvocato generale fu quello di sensibilizzare le istituzioni comunitarie in ordine ad un tema di rilievo quale quello relativo alla partecipazione. In minima parte alcuni diritti procedurali erano già riconosciuti in questo genere di procedure. In realtà, tuttavia, mancava un nucleo stabile di garanzie operante in seno a ciascuna tipologia procedurale direttamente rivolta ai singoli individui.
 
2. Alcuni dettagli sull disciplina giuridica del diritto di partecipazione nelle procedure anti-dumping
 
È utile analizzare sinteticamente le norme più interessanti del Regolamento comunitario relativo alle procedure in materia di anti-dumping e verificare, successivamente, in che modo la giurisprudenza s’è pronunciata sul merito.
Ai sensi dell’articolo quinto del Regolamento n. 1679/79 (titolante «apertura del procedimento») chiunque, persona fisica o giuridica, può presentare una denuncia in forma scritta direttamente presso la Commissione o presso uno Stato membro, che la farà pervenire a questa. La denuncia, se correttamente presentata e non manifestamente infondata, dà origine ad un’inchiesta di accertamento.
La disciplina dell’inchiesta è contenuta nell’articolo sesto, titolante, appunto, «inchiesta». In base al comma quinto dell’articolo: «Le parti interessate, che si sono manifestate in conformità con l’articolo 5, paragrafo 10, vengono sentite a condizione che, nel termine fissato dall’avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, presentino una domanda scritta nella quale dimostrino di essere parti in causa che potrebbero essere danneggiate dall’esito del procedimento e di avere particolari motivi per chiedere di essere sentite».
Oltre al diritto al contraddittorio concesso alle parti interessate, il medesimo articolo coinvolge altri soggetti interessati, concedendo loro la possibilità di intervenire nelle procedure di inchiesta. Questi sono, ai sensi del comma sesto: «Gli importatori, gli esportatori, i rappresentanti del governo dei Paesi esportatori e i denunzianti, che si siano manifestati a norma dell’articolo 5, paragrafo 10 e che ne facciano richiesta, hanno la possibilità di incontrarsi con le parti avverse, in modo che possano essere presentate le tesi opposte e le eventuali confutazioni. Nel concedere tale possibilità si deve tener conto della necessità di salvaguardare il carattere riservato delle informazioni, nonché delle esigenze delle parti. Nessuna parte è tenuta ad assistere ad un incontro e la sua assenza non produce effetti per essa lesivi. Le informazioni comunicate oralmente a norma del presente paragrafo sono prese in considerazione se sono successivamente ripresentate per iscritto».
Mentre, ai sensi del comma settimo: «I denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative, gli utenti e le organizzazioni di consumatori che si sono manifestati a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, nonché i rappresentanti del Paese esportatore, che ne facciano richiesta per iscritto possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità della Comunità o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta. Le parti possono rispondere presentando le loro osservazioni, che sono prese in considerazione, purché siano accompagnate da sufficienti elementi di prova».
Ulteriori misure a garanzia delle parti sono contenute nell’articolo settimo, che consente alla Commissione di adottare misure provvisorie – nello specifico: dazi – purchè, a seguito della pubblicazione di una notizia pubblica, le parti interessate abbiano avuto la possibilità di presentare le loro osservazioni. Altrove, le disposizioni del regolamento disciplinano le regole di trasparenza e quelle di riservatezza e garantiscono la riapertura del procedimento allorchè emergano nuove e decisive circostanze che le parti interessate sono in grado di rappresentare.
 
3. La posizione espressa dalla giurisprudenza comunitaria
 
La Corte di giustizia europea ha avuto modo di affermare in più di un’occasione le modalità di applicazione dei principi citati.
Ci sono due sentenze interessanti in merito. La prima risale al 1985. Nel caso 264/82, Timex Corp. contro Consiglio e Commissione, la Corte di giustizia venne adita dalla Timex, al tempo principale produttrice di orologi in Europa, poiché la Commissione non aveva consentito di prendere adeguata visione delle informazioni relative ad un competitor giapponese. La Commissione, invece, riteneva che quelle informazioni non dovessero essere diffuse perché, essendo l’azione di anti-dumping rivolta nei confronti di un’impresa sovietica, e non giapponese, sarebbe stato contrario alle norme consentire la disclosure di informazioni relative ad una parte terza rispetto alla causa.
Nella causa Al-jubail fertilizer contro Consiglio e Commissione, la Corte venne adita da un’impresa produttrice di fertilizzanti, nuovamente sulla base del mancato rispetto, da parte della Commissione, di alcuni diritti procedurali quali la piena disclosure delle informazioni rilevanti al fine di organizzare un adeguato diritto alla difesa.
In entrambi i casi la Corte di giustizia riconobbe le ragioni delle imprese ricorrenti, confermando l’esistenza di un principio generale al fair hearing all’interno del diritto comunitario ed, anzi, ribadendo la sua applicabilità anche in ambiti procedurali diversi dal diritto alla concorrenza. Nella seconda delle sentenze citate, in particolare, la Corte affermò quanto segue: «It is necessary to take account in particular of the requirements stemming from the right to a fair hearing, a principle whose fundamental character has been stressed on numerous occasions in the case-law of the Court».
 
 


[1] Come spiegano Cunnane J., Stanbrook C., Bentley P., Dumping and Subsidies: The Law and Procedures Governing the Imposition of Anti-dumping and Countervailing Duties in the European Community, 1996, Kluwer Law International, pag. 15: «The first basic regulation, Regulation EEC No. 459/68, laid down the criteria for determining the existence of dumping or subsidiation and the injury caused, ot threatened to be caused thereby. It prescribed the procedures for the making of complaints, the opening of proceedings, the conduct of investigations and the imposition of duties».
 

Sgueo Gianluca

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