La mediazione è obbligatoria anche per la revoca dell’amministratore di condominio?

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A chi non è capitato, vivendo in un condominio, di avere dissapori con il proprio amministratore, e in alcuni casi più gravi, di ritenere che lo stesso non agisca con diligenza al proprio incarico o nell’interesse del condominio. Quando questo accade non sappiamo bene cosa “poter fare”, come “reagire” soprattutto se lo stesso amministratore continua ad operare beneficiando dell’appoggio della “maggioranza”.

I compiti dell’amministratore

Prima di tutto mi sembra utile chiarire quali e quanti siano i compiti spettanti all’amministratore di condominio e al riguardo l’art. 1130 cc, nel testo modificato dalla Legge 11.12.2012, n. 220 sulla riforma del condominio, stabilisce dettagliatamente le attribuzioni dell’amministratore di condominio, che sono:

1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;

5) eseguire gli adempimenti fiscali;

6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio;

7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità;

8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;

9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;

10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione.

Dall’entrata in vigore della riforma del condominio, l’incarico dell’amministratore dura un anno, ex art. 1129, comma 10, cc, ma è soggetto ad un tacito rinnovo per un periodo analogo: quindi l’incarico dura due anni, salvo che alla fine del primo ci sia la revoca.

Ogni condomino potrà richiamare l’amministratore al compimento dei suoi doveri e nel caso in cui la gestione non soddisfi i condomini, esiste sempre la possibilità di revocare l’amministratore pur se regolarmente incaricato dall’assemblea, e rivolgersi ad un altro professionista, anche se il mandato non sia scaduto.

Revoca dell’amministratore

Può accadere tuttavia che se per alcuni condomini la gestione posta in essere dall’amministratore sia caratterizzata da gravi irregolarità gestionali, malafede o conflitto di interessi, la maggioranza confermi comunque la fiducia all’amministratore in carica.

In questi casi non è detto che la stessa maggioranza riesca ad imporsi, poiché in caso di irregolarità gravi anche un solo condomino potrà rivolgersi al Tribunale e chiedere che l’amministratore venga dichiarato decaduto, ex art. 1129, comma 11, cc.

Si può procedere tuttavia con la revoca giudiziale solo in alcune ipotesi previste dalla legge che sono:

– la mancata resa del conto di gestione;

– gravi irregolarità;

– la mancata informazione all’assemblea dell’avvenuta ricezione di una citazione in giudizio o di altro provvedimento che esorbita dalle proprie attribuzioni (art. 1131, comma 4, cc).

L’art. 1129, comma 12, cc contiene un elenco non esaustivo (per legge) di ipotesi di “gravi irregolarità”, e sono:

1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;

2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea;

3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale;

4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;

5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;

6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;

7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9), quali ad es. la corretta tenuta del registro di anagrafe condominiale, dei verbali delle assemblee ecc.

In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato.

La revoca dell’amministratore può dunque essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la nomina (ossia, numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, come previsto dall’art. 1136 c.c.) a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo ed inoltre, la revoca può essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, qualora ricorrano i presupposti stabiliti dalla legge.

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Natura giuridica del procedimento di revoca dell’amministratore di condominio.

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione il provvedimento camerale relativo alla nomina o alla revoca dell’amministratore di condominio è di tipo sostanzialmente amministrativo come tale “privo dell’attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato solo alla tutela dell’interesse generale e collettivo del condominio alla sua corretta amministrazione. Ne consegue che “nei procedimenti di volontaria giurisdizione in questione non trovano applicazione le regole di cui all’art. 91 c.p.c. e ss., le quali postulano l’identificazione di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo effettivamente contenzioso” (Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n. 25336).

La pronuncia della Suprema Corte ci porta a considerare altro aspetto fondamentale, ovvero quello della obbligatorietà della mediazione in materia di revoca dell’amministratore di condominio.

In altre parole, la procedura di revoca dell’amministratore di condominio rientra nelle “controversie in materia di condominio” ex art. 5, comma 1, D.Lgs. n.28/2010, per le quali è prevista la mediazione obbligatoria?

La Corte di Appello di Palermo, seconda sezione civile, con sentenza del 29/6/18, di rigetto del reclamo proposto avverso il decreto emesso dal Tribunale di Palermo nella causa promossa da due condomini per la revoca dell’amministratore di condominio per gravi irregolarità, escludeva l’improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, ritenendo che: “E’ vero (…) che l’art. 71 quater disp. att. cc. (…) precisa che per le controversie in materia di condominio ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, si intendono tra le altre, quelle degli artt., da 61 a 72 disp. att. c.c., (essendo l’art. 64 disp. att. c.c., relativo, appunto, alla revoca dell’amministratore). Per contro, l’art. 5, comma 4, lett.f (come sostituito dal D.L n. 69 deI 2013, conv. in L. n. 98 del 2013) del D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 bis e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico”.

Di diverso avviso il Tribunale di Macerata che, nell’ambito della causa promossa per la revoca dell’amministratore di condominio, ritiene che, proprio sulla base del complesso normativo vigente “non possano sussistere dubbi in ordine alla applicabilità al procedimento di revoca dell’amministratore della procedura di mediazione quale condizione di procedibilità; (…) in senso contrario -precisa il Tribunale- non può rilevare la previsione contenuta nell’art. 5, comma 4, lettera f, Dlgs 28/2010, che esclude in via generale l’applicabilità del comma 1 bis per i procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 c.p.c. e segg.) atteso che è evidente che gli artt. 71 quater e 64 disp. Att. c.c. rappresentano norma speciale nella specifica materia del condominio, dovendosi peraltro considerare che a ritenere il contrario le due norme richiamate risulterebbero in parte qua sostanzialmente abrogate (per di più implicitamente), risultando del tutto inapplicabili, mentre ravvisando, al contrario, il rapporto di specialità nel senso prospettato, l’art. 5 comma 4 lettera f del Dlgs 28/2010 manterrebbe un ampio spettro applicativo per tutti gli ulteriori procedimenti, nelle materie oggetto di mediazione obbligatoria, che si svolgono nelle forme previste dagli artt. 737 e segg. c.p.c.”.  Precisa ancora il giudice di merito che “il rinvio operato dal ridetto art. 71 quater disp. att. all’art. 5 comma 1 c.c. del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (dichiarato incostituzionale per eccesso di delega e sostituito con il comma 1 bis) costituisca un rinvio mobile, sia in ragione della natura procedurale della norma, sia in forza della preferenza, in generale, nella tecnica di corretta redazione legislativa per tale forma di rinvio, sia, infine, alla stregua del principio di conservazione degli atti normativi” (dello stesso avviso, Cass. Civile ordinanza n. 1237 del 18 gennaio 2018, anche se quest’ultima non approfondisce direttamente la questione dell’obbligatorietà della mediazione).

Conclusioni

Si tratta evidentemente di orientamenti contrastanti che necessiterebbero di un intervento chiarificatore ad opera della giurisprudenza di legittimità.

Nell’attesa nulla vieta di compiere delle scelte di “buon senso” e tentare comunque la strada della mediazione, soprattutto quando si verifichino gravi responsabilità del professionista/amministratore e conseguenti gravi danni per il condominio.

La mediazione rappresenta pur sempre un’opportunità concreta di risoluzione dei conflitti; uno strumento celere per ottenere la giusta soddisfazione degli interessi coinvolti.

Sentenza collegata

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Avv. Giuggioli Sara

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