La mancata informazione sulla tecnica operatoria

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La mancata informazione sulla tecnica operatoria alternativa non determina la risarcibilità del danno se non si accerta anche che il paziente, ove informato, l’avrebbe scelta.

Corte di Cassazione – Sez. III civ.- Sentenza n. 1936 del 23-01-2023

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Indice

1. La vicenda processuale approdata in Cassazione

La vicenda approdata in Cassazione ha luogo nel maggio 2009, allorquando Tizio si sottopose ad un intervento chirurgico presso una struttura sanitaria pubblica lombarda; In particolare, Tizio si sottopose ad un intervento di rimozione di un aneurisma all’orta addominale, in seguito al quale si verificò una occlusione intestinale che necessitò dell’asportazione dell’intestino, con conseguenti gravi danni temporanei e permanenti, nonché spese mediche.
L’attore convenne così, nelle forme dell’art. 702 bis cpc nel febbraio 2018 la struttura sanitaria per sentire accertare come verificati i danni allegati e ottenere il conseguente risarcimento.
La CTU svolta in primo grado accertò che le complicanze, benché rare e imprevedibili, erano conseguenza della tecnica operatoria obsoleta: In particolare, affermarono i consulenti che se l’intervento fosse stato svolto con la tecnica endovascolare (Evar) anziché con quella effettivamente utilizzata (Open) le conseguenze pregiudizievoli sarebbero state con certezza evitate.
Il Tribunale di Monza accolse la domanda e condannò la struttura sanitaria a corrispondere la somma di euro 700.000 a titolo di risarcimento. La sentenza fu impugnata sia dall’attore che dal convenuto, ma fu confermata in appello.
In particolare, e per quel che concerne l’impugnazione della struttura sanitaria, la Corte d’appello di Milano motivò come segue. Premise che l’intervento poteva essere svolto sia con tecnica Open che Evar e, nel caso specifico, il chirurgo aveva optato per la prima, senza tuttavia informare il cliente. L’intervento ebbe conseguenze dannose non perché malamente eseguito, ma in virtù di conseguenze naturali e imprevedibili che, tuttavia, non si sarebbero verificate se si fosse optato per la tecnica Even. 
La struttura sanitaria proponeva ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, dei quali uno di particolare interesse.
Da sottolineare, nelle more, il decesso della parte danneggiata, che però, come sottolineato nell’sentenza, non determina l’interruzione del processo atteso che il giudizio di cassazione è promosso nell’interesse della legge e non soggiace all’art. 300 cpc.
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2. La decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte, III Sezione Presidente Travaglino e relatore Rossetti, con sentenza numero 1963 del 23.01.2023, accoglie il ricorso, relativamente al motivo come di seguito esposto.
Premette il ricorrente che sulla necessità di intervenire era sceso il giudicato, atteso che il decisium sul punto, statuito nella sentenza di primo grado, non era stato impugnato da nessuna parte. Altresì, la Corte d’appello affermò che non vi era stata una condotta operatoria negligente o imperita del chirurgo, ma che allo stesso si poteva addebitare esclusivamente la colpa di non aver informato il cliente della possibilità alternativa dell’intervento Evar.
Tuttavia, la tecnica scelta non poteva considerarsi causa del danno atteso che non vi era la prova che il paziente, seppur informato, avrebbe scelto la tecnica Evar, anche in considerazione del fatto che il chirurgo operava esclusivamente con la tecnica Open.
La Corte accoglie il ricorso e rimette alla Corte d’appello per il proseguo. Afferma la Cassazione che la Corte d’Appello ha errato nell’applicare i principi stabiliti dagli ermellini in tema di nesso causale tra condotta ed evento (c.d. causalità materiale).
La Corte d’appello, infatti, accertava che la condotta colposa del sanitario si palesava nella mancata prospettazione dell’intervento alternativo, ma mancava di indagare la sussistenza del nesso di causa tra l’omessa informazione e il danno atteso che non aveva accertato se il paziente, informato della tecnica alternativa, l’avrebbe effettivamente scelta.
In particolare statuisce la Suprema Corte che “Se l’omessa informazione fu l’unica condotta colposa tenuta dal medico, per condannare la struttura sanitaria al risarcimento del danno sarebbe stato necessario accertare l’esistenza di un valido nesso di causa tra la suddetta omissione e il danno”. In particolare, la corte di merito avrebbe dovuto svolgere un giudizio controfattuale e chiedersi se il paziente, informato della tecnica alternativa l’avrebbe scelta e, solo in caso di risposta affermativa avrebbe potuto ritenere sussistente il nesso di causa tra evento e danno e liquidare il sinistro.
Tale ultimo giudizio, tuttavia, mancò e, per tale ragione il ricorso è accolto e la causa rimessa alla corte d’appello perché svolga detta indagine.

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Michele Allamprese

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