La genitorialità in tredici parole, dalla genialità all’adultità

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Parlando di genitorialità si possono fornire delle indicazioni formulate con le lettere stesse che compongono la parola “genitorialità”, per arrivare all’unico scopo che non è la realizzazione di se stessi ma la realizzazione della vita nei figli.

Genialità (che ha la stessa origine etimologica di genitori, dal verbo latino “gignere”, far sorgere, generare, nascere), ovvero ingegnarsi ogni giorno nel divenire (in senso etimologico e filosofico) genitori, ma anche nell’avere figli “geni”. Non come fraintendono alcuni oggi ritenendo i figli campioni o superiori agli altri ma aiutandoli ad essere se stessi. “Il genio nasce da un buon ambiente familiare, sociale e scolastico. In altre parole, per preparare un genio occorre intervenire fin dai primi anni per permettere al bambino di fare svariate esperienze in modo che possano emergere doti latenti ed eventuali predisposizioni in qualche settore. Non esiste il mito del genio! Geni non si nasce: si diventa! Chiunque può permettere al genio che porta in sé di esplodere! Basta che si rimbocchi le maniche” (il pedagogista Pino Pellegrino1). Questa genialità, questa capacità di inventare e reinventarsi, è anche capacità di gestione dei conflitti generazionali e intergenerazionali con decantazione narrativa e neutralità formativa (il pedagogista Daniele Novara2), cioè i genitori non devono intervenire nelle liti tra i bambini in maniera “giustizialista” alla ricerca del colpevole ma far raccontare la versione dei fatti e far interagire i figli stessi in modo tale che imparino a gestire autonomamente i conflitti e a cercare la “giustizia relazionale”. La coppia genitoriale (aggettivo più significativo rispetto alla locuzione “dei genitori”) caratterizzata da questa progettualità diventa “coppia generativa” (il sociologo Pierpaolo Donati). Tutto ciò rappresenta la traduzione psicopedagogica delle previsioni normative dei rapporti tra genitori e figli, in particolare degli artt. 147 e 155 cod. civ..

Equilibrio tra qualità della comunicazione intrafamiliare e controllo genitoriale (la docente di psicologia Ada Fonzi). È quella capacità chiamata autorevolezza che, oggi, ha lasciato il posto all’arrendevolezza.

Narrare (dal latino “gnarus”, esperto), significa “far conoscere raccontando”. In questo caso i genitori fanno conoscere se stessi e la vita raccontando. Secondo il filosofo francese Paul Ricoeur la vita è narrazione e noi siamo in quanto raccontiamo. Di qui l’importanza della dimensione narrativa dell’educazione. “Non dimentichiamo che chi riceve, un giorno darà. Chi ha avuto la fortuna di crescere accanto ad adulti appassionati del racconto, della lettura, dell’arte, della scienza e della vita avrà maggiori possibilità di essere contagiato da queste benefiche passioni e di trasmetterle alle generazioni future” (lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro).

Identità di padre e di madre avendo ciascuno qualcosa di proprio e apportando qualcosa di identico (dal doppio significato del latino “idem”, proprio lo stesso) all’altro genitore, quel nocciolo identico che costituisce l’identità di coppia genitoriale in modo tale che contribuisca a formare l’identità del bambino, costituita di qualcosa di proprio e qualcosa di identico ai genitori. È questo il “diritto di impronta” dei genitori (Ada Fonzi). I genitori devono essere consapevoli e responsabili che quest’impronta è imprescindibile e indelebile per cui devono fare maggiore attenzione durante le crisi di coppia, sempre più in agguato, guidati dai principi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (nota anche come Convenzione di New York) ove, peraltro, l’identità del fanciullo è stata messa in correlazione alle “relazioni familiari” nell’art. 8 e ai “genitori” nell’art. 29 lettera c.

Tifare per i figli per fortificare la loro autostima (aspetto trascurato dai genitori autoritari di una volta e da quelli permissivi di ora), ma non tiranneggiare gli altri tanto da ricorrere al T.A.R. contro gli insegnanti in caso di bocciature rischiando così di crescere dei “piccoli apprendisti tiranni” (dal pensiero di Pino Pellegrino). È questo il significato profondo di “mantenere”, dal latino “manu tenere”, “tenere con la mano”, in altre parole i figli vanno tenuti per la mano ma devono imparare a camminare con le proprie gambe. Tifare, nel senso di sostenere, è anche “tener conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli” di cui all’art. 147 cod. civ..

Opportunità: la genitorialità non è un diritto, è un’occasione favorevole della vita per la vita stessa. I genitori devono agire opportunamente per accompagnare i figli verso i loro obiettivi di vita; infatti, il significato letterale di “opportuno” è “che spinge verso il porto” (dal latino “ob”, verso e “portus”, porto). Per questo servono gli strumenti di “mantenere, istruire ed educare” (art. 30 comma 1 Costituzione e art. 147 cod. civ.) e “l’adempimento dei compiti relativi” (art. 31 comma 1 Costituzione; nell’art. 18 par. 1 della Convenzione di New York si legge l’espressione “assolvimento del loro compito”). E la bussola è “l’interesse superiore del fanciullo” (art. 18 par. 1 Convenzione del 1989). I genitori devono cogliere altresì un’opportunità di cambiamento relazionale nei momenti di crisi (come nel duplice significato di “pericolo” e “opportunità” dell’ideogramma cinese con cui si scrive “crisi”).

Risoterapia, ridere fa bene alla salute e aiuta ad affrontare le difficoltà (lo psicologo statunitense Louis R. Franzini3). I genitori ridendo inculcano nei figli la gioia di vivere e promuovono la resilienza (energia reattiva personale), di cui si parla espressamente nel documento “Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance” del giugno 2007. Lo psicanalista francese Boris Cyrulnik afferma che “la resilienza del bambino si costruisce nel rapporto con l’altro, in un lavoro di tessitura dell’attaccamento. La comunicazione intrauterina, la sicurezza affettiva a partire dai primi mesi di vita e, in seguito, l’interpretazione che il bambino dà agli avvenimenti sono tutti elementi che favoriscono la resilienza”4. Il bambino può diventare resiliente a patto che rintracci nella propria esperienza un oggetto, un evento, un incontro dotato di significato che gli faccia da tramite per recuperare le energie necessarie a ripristinare un nuovo rapporto con il mondo.

Intelligenza, “intus legere”, leggere l’essere dal di dentro e “inter legere”, leggere i legami con i quali gli esseri si uniscono l’uno con l’altro, cioè l’intelligenza emotiva e quella familiare che è un’estensione dell’intelligenza emotiva, è la capacità di capire le esigenze proprie e delle altre persone della famiglia. “Esigenze” all’interno della famiglia di cui s’è parlato per la prima volta nell’art. 144 comma 1 cod. civ. solo in seguito alla riforma del diritto di famiglia del 1975. Inoltre l’intelligenza ispira ai genitori la “severità intelligente” (lo psicologo Gianluca Daffi5), quale ingrediente ineludibile di una buona educazione.

Amore incondizionato, senza se e senza ma, scevro della logica dei premi e delle punizioni (l’educatore statunitense Alfie Kohn6), non legato al concetto di “retribuzione” ma a quello di “relazione”. Quest’amore incondizionato è la misura per far guarire i figli dalla “sindrome dell’abbondanza” (il neuropsichiatra Giovanni Bollea) e per incanalare l’aggressività (dal verbo latino “adgredi”, avvicinarsi, volgersi a, intraprendere) propria e dei figli, che non va né sottovalutata né inibita né demonizzata perché comunque rappresenta un fattore di crescita per andare avanti, superare gli ostacoli (lo psicologo austriaco Friedrich Hacker).

Logoterapia, conosciuta anche come “analisi esistenziale, si concentra sulla ricerca di senso (è questa l’accezione che si attribuisce a “logos”) nella vita, per una maturazione integrale della persona (dallo psichiatra austriaco Victor E. Frankl). La genitorialità è essa stessa logoterapia, in altre parole nell’incontro educativo con i figli è scoperta delle modalità imprevedibili del vivere quotidiano, è ricerca di quello “spirito” di cui si parla per due volte nel Preambolo della Convenzione di New York. Logoterapia intesa anche in senso letterale di parlare con i figli a fronte della società che ci circonda in cui alberga l’incomunicabilità e in cui si dà tutto per scontato o dovuto. Proprio perché si parla poco in famiglia, ove di solito parla la televisione, sono in aumento nei bambini i disturbi del linguaggio e il conseguente ricorso alla logopedia.

Ingenuità (dal latino “ingenuus”, derivato dal verbo “gignere” e che significa letteralmente “nato dentro”, poi “nato libero”, “connaturato”, “naturale”). La genitorialità è soprattutto uno stato interiore, innato, per questo è possibile la genitorialità adottiva e affidataria. Questa “connaturalità” (o “inclinazione affettiva”, come avrebbe detto S. Tommaso d’Aquino) comporta altresì che, in caso di separazione e divorzio dei coniugi, è ontologicamente inconcepibile fissare le modalità per gli incontri tra genitori e figli, tranne nei casi in cui sia nell’interesse dei figli. Così come non si può programmare un figlio né tantomeno progettare la sua vita. Un figlio è un progetto di vita ma non un oggetto di desideri.

Tradizionalità, ossia i genitori devono trasmettere, affidare (dai significati del verbo latino “tradere”) i valori della vita e non semplicemente dare cose. Bisogna consegnare i valori, letteralmente “ciò che vale”, come pure previsto nell’art. 29 lettera c della Convenzione di New York. Dando solo cose e tutto si rischia di “tradire” i propri figli perché in realtà la vita non è così e “ai figli cui è stato dato tutto, è stato fatto il peggior dono possibile” (lo psichiatra Paolo Crepet).

Adultità del singolo e della coppia, senza alcuna forma di adultescenza di se stessi e adulterazione o adultizzazione dei figli. Nella nostra società sono “scomparsi gli adulti” e in particolare il padre, non tanto fisicamente quanto come figura di riferimento. “Il bambino rischia così di essere ben presto trattato come un mini adulto, soprattutto qualora venga cresciuto da un genitore single: in questo caso forte sarà la tendenza a riversare sul figlio attese e aspettative che invece andrebbero rivolte al proprio partner, dando origine a quelle perverse diadi in cui il figlio o la figlia sono chiamati a diventare rispettivamente “vice marito” o “vice moglie” del proprio genitore, impedendosi di vivere la tappa infantile e di figliolanza della propria vita, due condizioni essenziali per la maturità psichica, cognitiva e affettiva” (Giovanni Cucci7, docente di filosofia e psicologia). La parola “figlio” deriva dalla stessa radice “fe” (che significa abbondanza, prosperità e ricchezza) presente nelle parole “femmina”, “feto”, “fecondo”, “felice”. Ebbene il figlio porta in sé il germe della fecondità, della felicità, della vita e i genitori non possono far altro che “mettersi al servizio” (proprio come inscritto nel significato etimologico di “famiglia”, dal latino “famulus”, servitore) della vita “riconosciuto che il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale del 1989). In particolare alcuni atti internazionali, dalla Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959 alla “Carta africana sui diritti e il benessere del bambino” del 1989 alla “Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance” del giugno 2007, richiamano la felicità perché i figli sono forieri della felicità e hanno diritto alla felicità e al futuro.

 

1 P. Pellegrino, La vita non è una scatola di cioccolatini. L’educazione della volontà, Astegiano Editore, 2011, pp. 38-39.

2 D. Novara, Dalla parte dei genitori. Strumenti per vivere bene il proprio ruolo educativo, FrancoAngeli Edizioni, 2009.

3 L. F. Franzini, Bimbi che ridono. Come sviluppare il senso dell’umorismo del vostro bambino, Armando Editore, 2011.

4 E. Malaguti, B. Cyrulnik, Costruire la resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi, Erickson Edizioni, 2005.

5 G. Daffi, Così impari. Guida alla severità intelligente per genitori e insegnanti, Erickson Edizioni, 2011.

6 A. Kohn, Amarli senza se e senza ma. Dalla logica dei premi e delle punizioni a quella dell’amore e della ragione, Il leone verde Edizioni, 2010.

7 G. Cucci, La scomparsa degli adulti in “La Civiltà Cattolica” n. 3885 del 5 maggio 2012, p. 223.

Dott.ssa Marzario Margherita

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