La forma della risoluzione di un preliminare di compravendita

Mei Cristiana 12/07/07
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Il contratto preliminare ed il contratto definitivo appaiono strettamente legati perchè “il preliminare è finalizzato al definitivo e perché la conclusione del definitivo è resa obbligatoria dal preliminare[1]
La Corte di Cassazione ha specificato ulteriormente tale distinzione, sottolineando “L’elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita è dato dalla volontà delle parti, che nel contratto definitivo è rivolta direttamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare. Da ciò consegue che, allorché le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto, il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina con riguardo alle modalità e condizioni può anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per ciò sia necessario un distinto accordo novativo” ( Cass. Civ., sez. II, 7 Luglio 1994, n. 6402 ).
Apparentemente, dunque, il preliminare di compravendita sembrerebbe determinare, per le parti, soltanto l’obbligo reciproco della stipula del contratto definitivo, ma va sottolineato che il preliminare è soggetto, ai sensi dell’art. 2645-bis, a trascrizione, ove stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata, ed è pertanto, ove trascritto, opponibile erga omnes. Gli effetti della trascrizione del preliminare sono però limitati nel tempo poiché essi cessano o si considerano come mai prodotti se entro tre anni dalla trascrizione stessa non si sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del preliminare.
 Per quanto attiene la forma del preliminare, ai sensi del dettato dell’art. 1351 del codice civile “il preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”. Conseguentemente, il preliminare di un contratto di compravendita dovrà essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta, poiché, come previsto, ai sensi dell’art. 1350 n. 1 “devono farsi per atto pubblico o scrittura privata i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili”.
Appurato, dunque, che il preliminare di compravendita di un immobile richieda la forma scritta ad substantiam, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di sottolineare che anche “la risoluzione consensuale di un contratto riguardante il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari, è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non soltanto quando il contratto da risolvere sia definitivo e, quindi, il contratto risolutorio rientri nell’espressa previsione dell’art. 1350 codice civile, ma anche quando detto contratto da risolvere sia preliminare, tenuto conto che la ragione giustificativa dell’assoggettamento del preliminare all’indicata forma, ai sensi dell’art. 1351 c.c., da ravvisare nell’incidenza che il preliminare spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, tramite l’assunzione di obbligazioni, si pone in termini identici per il contratto risolutorio del preliminare stesso, con la conseguenza che, anche rispetto ad esso, non è ammissibile la prova testimoniale”. (Cass. Civ., Sezioni Unite, 28 Agosto 1990, n. 8878, Lacarbonara c. Bruni. Conformi: Cass. II, 7 giugno 1990, n. 5454; Cass. II, 11 ottobre 1991, n. 10707; Cass. II, 29 gennaio1994, n. 928; Cass. II, 30 gennaio 1995, n. 1092; Cass. II, 18 febbraio 1995, n. 1790; Cass. II, 19 ottobre 1998, n. 10328; Cass. III, 11 ottobre 2002, n. 14524 ).
Da quanto sopra esposto, la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita di un immobile effettuata verbalmente non è produttiva di effetti risolutivi del preliminare stesso, essendo necessaria, per la realizzazione di tale effetto, la forma scritta. Ai sensi dell’art. 1372 codice civile, “l’accordo per lo scioglimento di un contratto per mutuo consenso richiede la forma scritta, solo quando la stessa forma sia richiesta ad substantiam per il contratto che si vuole sciogliere” (Cass. Civ., sez. III, 5 settembre 1977, n. 3885).
Pertanto, in assenza di una risoluzione scritta del preliminare, la parte interessata alla conclusione del contratto, potrà agire, richiedendo l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 codice civile, il quale prevede la possibilità di ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Tale articolo, inoltre, al suo secondo comma, specifica, che, in caso di “contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile”.
La parte che richieda, ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, “è tenuto, ai fini dell’accoglimento della domanda, ad eseguire la prestazione a suo carico o a fare offerta della stessa nei modi di legge, solo se tale prestazione sia esigibile al momento della domanda giudiziale; non è invece tenuto a pagare o ad offrire il prezzo, quando il pagamento di questo, per accordo delle parti debba essere effettuato al momento della stipulazione del contratto definitivo, promesso, ma non concluso o, addirittura, dopo la stipulazione dello stesso: in questa ipotesi, la sentenza costitutiva, che ex art. 2932 c.c. tiene luogo del contratto definitivo non concluso, imporrà, con le opportune statuizioni, il pagamento del prezzo come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia. (Cass. Civ., sez. II, 30 gennaio 1995, n. 1077, Vitrani c. Vitrani. Nello stesso senso, Cass. Civ., sez. II, 18 ottobre 1999, n. 11695).
 
Cristiana Mei
 


[1] A. Cataudella, I contratti, parte generale, Giappichelli, Torino, II ed., 2000.

Mei Cristiana

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