La figura del concorso eventuale nei reati associativi

Marco Vitali 06/04/23
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 All’interno del presente articolo verrà ripercorsa la tortuosa strada intrapresa dalla giurisprudenza allo scopo di costruire la figura del concorso eventuale nei reati associativi.
Nonostante gli interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nei casi Demitry, Carnevale e Mannino (II), il delitto de quo risulta essere ad oggi ancora definito da parte della dottrina come estremamente sfuggente. Sulla vexata quaestio è intervenuta in tempi recenti anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Contrada, la quale non ha criticato la costruzione giurisprudenziale del concorso esterno ma ha esposto che la sentenza italianacontrastava con quanto enunciato dall’articolo 7 della CEDU.

Indice

1. La costruzione giurisprudenziale

Una fattispecie criminosa di complessa determinazione, presente all’interno del panorama giuridico nazionale, risulta essere quella del concorso eventuale – o esterno – nei reati associativi[1]. Sulla terminologia appare doveroso precisare che parte della dottrina ha duramente criticato l’utilizzo del termine “esterno” – in quanto giuridicamente improprio – preferendo quindi l’uso della locuzione “eventuale”[2].
La tematica del concorso esterno nei reati associativi è una delle più dibattute nella dottrina e nella giurisprudenza degli ultimi anni, tant’è che autorevole parte della dottrina l’ha definita come “sostanza velenosa [da] maneggiare con estrema cautela”[3].
La quaestio, in tempi meno recenti, era già stata affrontata da Vincenzo Manzini, il quale aveva esposto che “è possibile il concorso nel delitto di associazione da parte di estranei all’associazione stessa, secondo le regole generali degli art. 110 e seguenti del Codice Penale”[4].
La tematica oggetto d’esame risulta essere strettamente collegata ad una duplice esigenza: da un lato quella “di non applicare una sanzione panale senza una giustificazione sostanziale e processuale adeguata”[5] e dall’altro di andare a reprimere tutte quelle condotte criminose legate al sostegno alle organizzazioni criminali[6].
In altri termini, la questione de qua si pone nel momento in cui risulta essere necessario definire quelle “condotte collaterali”, rispetto all’attività di un’organizzazione criminale, poste in essere da quei soggetti non facenti parte l’associazione, ma fornenti prestazioni funzionali all’attività dell’associazione medesima o al perseguimento del suo programma criminoso[7].
La mancanza di una norma ad hoc, disciplinante il reato di odierna trattazione, ha condotto la giurisprudenza di legittimità ad esercitare una vera e propria “supplenza istituzionale” attraverso progressivi sforzi tesi alla tassativizzazione degli elementi caratterizzanti il delitto de quo[8].
A tal proposito, la questione della configurabilità del concorso esterno nei reati associativi si presenta come tormentata e controversa soprattutto in relazione al concorso eventuale materiale, in quanto il concorso eventuale morale[9] risulta essere generalmente più ammesso[10].
Come ampiamente argomentato da autorevole dottrina, per quanto riguarda la configurabilità del concorso eventuale materiale nel reato associativo, essa è stata definitivamente riconosciuta in relazione al delitto di “banda armata”, ex articolo 306 del Codice Penale[11]. Riconoscimento che a sua volta pare derivante da molteplici pronunce della Suprema Corte nell’ambito del reato di “cospirazione politica mediante associazione”, disciplinato dall’articolo 305 del Codice Penale[12]. A tal proposito, la sezione prima della Suprema Corte, con sentenza datata 27 maggio 1969, nella pronuncia Muther, ha evidenziato che:
 “appartenente all’associazione prevista dall’art. 305 C.P. è l’accolito del sodalizio, cioè colui che, conoscendone l’esistenza e gli scopi, ne aderisce e ne diviene con carattere di stabilità membro e parte attiva, rimanendo sempre al corrente dell’intera organizzazione, dei particolari e concreti progetti, del numero dei consoci, delle azioni effettivamente attuate o da attuarsi, sottoponendosi alla disciplina delle gerarchie ed al succedersi dei ruoli. La figura del concorrente, invece, è individuabile nell’attività di chi – pur non essendo membro del sodalizio, cioè non aderendo ad esso nella piena accettazione dell’organizzazione, dei mezzi e dei fini – contribuisce all’associazione mercé un apprezzabile e fattivo apporto personale agevolandone l’affermarsi e facilitandone l’operare, conoscendone la esistenza e le finalità, ed avendo coscienza del nesso causale del suo contributo”[13].
 Tale pronuncia appare di importanza centrale in quanto, attraverso la rappresentazione da essa stabilita, la giurisprudenza successiva ha ritenuto configurabile il concorso esterno in relazione all’associazione di tipo mafioso[14]. Difatti, come evidenziato all’interno della pronuncia, il discrimine tra appartenente e concorrente all’associazione è rappresentato in primo luogo dall’essersi – o non essersi – verificato l’effettivo ingresso dell’agente nell’associazione ed in secondo luogo dal riconoscersi, ed essere riconosciuto dagli altri sodali, come parte del sodalizio – quindi che vi sia l’elemento affectio societatis[15].
Infatti, come evidenziato da parte della dottrina, sostenere che fa parte dell’associazione solo “chi vi è entrato” risulta essere quantomai lapalissiano[16]. Tuttavia, tale affermazione, in giurisprudenza risulta essere tutt’altro che scontata in quanto il contrasto sulla configurabilità del concorso esterno riguarda in maniera predominante l’elemento dell’affectio societatis[17]. Da tale contesa sono emerse due scuole di pensiero: quella che nega la possibilità di configurare il concorso esterno – altrimenti detta teoria negazionista – e quella che ammette la sua configurabilità[18].
La teoria negazionista sostiene che chiunque fornisca un contributo volontario e consapevole all’associazione ne diviene automaticamente partecipe[19]. Tuttavia, ad opinione di chi scrive, detta tesi appare in contrasto con il divieto di analogia in malam partem e, quindi, più in generale con il principio di tassatività.
Al contrario, la teoria che ammette la configurabilità del concorso esterno nel reato associativo fa leva proprio sulla formulazione dell’articolo 416 bis del Codice Penale per sostenere che la volontà del soggetto di entrare a far parte dell’associazione, come anche la volontà degli altri sodali di accettare l’ingresso del nuovo membro, deve essere desunta da elementi che siano indicativi dell’incontro di volontà e dell’avvenuto inserimento del nuovo membro nella struttura del sodalizio, sempre con l’obiettivo di perseguire gli scopi associativi[20]. Tuttavia, può sicuramente capitare che contributi al sodalizio di particolare e specifica natura vengano apportati da soggetti che non abbiano nessuna intenzione di fare parte della realtà associativa e che la stessa consideri come esterni alla sua struttura. Tali contributi possono essere forniti all’associazione per i più disparati motivi e attraverso condotte atipiche contrassegnate da un dolo non coincidente con quello specifico della condotta di colui che partecipa all’associazione[21].
Tale seconda teoria risulta aver portato a ritenere punibile, in base a quanto stabilito dagli articoli 110 e 416 bis del Codice Penale, colui che dall’esterno fornisce, alla vita del sodalizio, un contributo importante e significativo, volto al suo rafforzamento[22]. Tuttavia, appare doveroso precisare sin da subito che, la giurisprudenza non ha esteso l’applicabilità degli articoli 110 e seguenti del Codice Penale, ma, viceversa, la costruzione giurisprudenziale del concorso esterno ha avuto come risultato quello di dilatare quando disposto dall’articolo 416 bis del Codice Penale mediante l’utilizzo del concorso di persone[23].
In detto contesto anche la giurisprudenza è andata a formare due orientamenti contrapposti[24].
Le due opposte tesi hanno continuato periodicamente ad alternarsi, nelle decisioni giurisprudenziali, per tutti gli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Tutto ciò ha condotto ad un primo intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 1994 (sentenza Demitry), cui sono seguite altre pronunce sempre delle Sezioni Unite nel 2002 (sentenza Carnevale) e nel 2005 (sentenza Mannino II)[25].
Ad ogni buon conto, ad oggi, sembra si sia giunti ad una chiara definizione giurisprudenziale delle condotte, perciò: in primis si avrà una condotta tipica di partecipazione del soggetto al sodalizio nel momento in cui esso risulti stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione con un ruolo finalizzato al perseguimento dei fini della medesima; in secundis si avrà una condotta atipica di concorso eventuale nel momento in cui il soggetto agisca dall’esterno con la consapevolezza e volontà di fornire un contributo causalmente orientato alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione e alla realizzazione, anche parziale, dei suoi obiettivi criminosi[26].
Per concludere, tuttavia si evidenzia come, nonostante i numerosi interventi della giurisprudenza di legittimità, il concorso eventuale nel reato associativo continui ad assumere le sembianze di un istituto “controverso, sfuggente e liquido”[27].
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2. L’evoluzione giurisprudenziale nei casi: Demitry, Carnevale e Mannino

Come precedentemente accennato, la prima sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in relazione al tema del concorso eventuale fu quella datata 5 ottobre 1994, nota come sentenza Demitry[28].
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza Demitry, per la prima volta, hanno ritenuto configurabile il concorso eventuale in associazione mafiosa, tuttavia riducendone in maniera evidente il campo di operatività. Infatti, la Suprema Corte in detta sentenza ha evidenziato che la condotta in questione poteva ritenersi configurabile esclusivamente in situazioni emergenziali – o meglio di “fibrillazione” – nelle quali, allo scopo di mantenere in vita il sodalizio, si rendesse necessario il contributo di un agente esterno particolarmente qualifico[29]. Per chiarire quanto detto si riporta uno dei passaggi centrali della pronuncia delle Sezioni Unite della sentenza Demitry, datata 5 ottobre 1994:
 “Il concorrente eventuale è […], per definizione, colui che non vuole far parte dell’associazione e che l’associazione non chiama a “far parte”, ma al quale si rivolge sia, ad esempio, per colmare temporanei vuoti in un determinato ruolo, sia, soprattutto, […] nel momento in cui la “fisiologia” dell’associazione entra in fibrillazione, attraversa una fase patologica, che, per essere superata, esige il contributo temporaneo, limitato, di un esterno. […] Lo spazio proprio del concorso eventuale materiale appare essere quello dell’emergenza nella vita dell’associazione o, quanto meno, non lo spazio della “normalità”, occupabile da uno degli associati. […] La “anormalità”, la “patologia”, poi, può esigere anche un solo contributo, il quale, dunque può […] essere anche episodico, estrinsecarsi, appunto, in un unico intervento, che ciò che conta, ciò che rileva, è che quell’unico contributo serva per consentire alla associazione di mantenersi in vita[30].
 Da ciò deriva che il concorrente eventuale non risulta essere coautore della stabile permanenza del vincolo associativo, ma si limita rendere disponibile un suo contributo atipico a favore di coloro per i quali la condotta risulta essere proprio quella di stabile permanenza nell’associazione[31].
Pertanto, quello del concorrente eventuale sarà “un contributo alla realizzazione della condotta tipica prestato da un soggetto che non pone in essere la condotta tipica”[32].
Aspetto peculiare di questa pronuncia risulta essere il profilo di carattere materiale offerto dalle Sezioni Unite, ossia il dato della situazione di “fibrillazione” che comporta la necessità, per l’associazione, di ricorrere all’aiuto di un soggetto esterno al sodalizio, il quale tale deve rimanere e che si può limitare se del caso ad offrire un contributo episodico[33]. In altri termini, possiamo affermare che, in detta pronuncia è avvenuto un primo parziale riconoscimento del concorso materiale ex articolo 110 del Codice Penale[34]. Tuttavia, solo il contributo indispensabile darà vita ad un concorso punibile, ed in particolare, nel momento in cui vada a colmare un vuoto temporaneo nella struttura del sodalizio o intervenga in un momento patologico della vita dello stesso tale che “per essere superato, esige il contributo temporaneo e limitato, di un esterno”[35].
La sentenza de qua passa poi a tracciare meglio i confini tra la figura del partecipe e quella del concorrente eventuale evidenziando come il partecipe risulti essere “colui senza il cui apporto quotidiano o, comunque, assiduo l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta speditezza”[36]. Mentre per quanto riguarda il concorrente eventuale esso risulta essere colui che “occupa uno spazio proprio nei momenti di emergenza della vita associativa”[37].
Orbene, la giurisprudenza, riguardante il concorso eventuale, degli anni successivi alla sentenza Demitry fu caratterizzata da una tendenza a ricalcare i principi enunciati dalle Sezioni Unite[38].
Tuttavia, i canoni esposti nella pronuncia de qua vennero rimessi in discussione con la sentenza Villecco, datata 23 gennaio 2001, la quale ripropose un approccio negazionista in relazione alla configurabilità del concorso eventuale, anche se lo fece “con toni così oscuri e involuti da non incrinare l’unanimità dell’indirizzo”[39].
In ogni caso si crearono così le basi per un nuovo contrasto giurisprudenziale e per la riproposizione della questione alle Sezioni Unite[40].
Si giunse così alla sentenza Carnevale[41], la quale, escludendo la tesi negazionista, andò a ribadire la configurabilità del concorso eventuale in associazione mafiosa[42].
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia Carnevale, datata 30 ottobre 2002, hanno esposto che:
 “In tema di reati associativi (nella specie, associazione di tipo mafioso) è configurabile il concorso cd. “esterno” nel reato in capo alla persona che, priva della “affectio societatis” e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso[43].
 Analizzando più approfonditamente la sentenza, la Cassazione conferma quanto esposto nella pronuncia Demitry in merito alla condotta del partecipe all’associazione, definendola come quella di chi “si impegna a prestare un contributo alla vita dal sodalizio, avvalendosi (o sapendo di potersi avvalere) della forza di intimidazione del vincolo associativo, e della condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano, per realizzare i fini previsti”[44].
Precisato questo la Cassazione passa alla disamina del concorso esterno, il quale viene ritenuto senza ombra di dubbio configurabile in quanto rispondente all’esigenza di andare a punire quei contributi significativi, resi all’organizzazione criminale, da parte di soggetti non associati[45]. Tuttavia, in tale pronuncia la Corte precisa che il riferimento, posto in essere nella sentenza Demitry, alla situazione di “fibrillazione” – sulla base della quale si dovrebbe innestare il contributo del concorrente esterno – era meramente esemplificativo e non esaustivo di tutte le possibili manifestazioni di tale figura criminosa[46].
In altri termini, il concorrente esterno viene individuato nella persona che, priva di affectio societatis e non inserita nella struttura del sodalizio, fornisce un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario purché abbia un’effettiva rilevanza causale volta a conservare o rafforzare l’associazione e agevolarla nel raggiungimento del suo programma criminoso[47]. Di conseguenza, si va definitivamente ad escludere che il contributo del concorrente debba avere luogo in un momento di crisi della vita dell’associazione[48].
Lo snodo cruciale della pronuncia Carnevale è però rappresentato dal tentativo di individuazione del “livello di intensità o di qualità” minimo e idoneo a considerare il concorso dell’agente esterno come concorso nel reato associativo[49]. A tal proposito nella sentenza si evidenzia: in primis come il contributo richiesto al concorrente debba essere apprezzato come idoneo a determinare la conservazione o il rafforzamento dell’associazione ed in secundis come sia indifferente che la prestazione dell’agente esterno sia consistita in un’attività continuativa o occasionale, in quanto dovrà essere valutato solo se la prestazione possa ritenersi idonea a conseguire gli obiettivi sovraesposti (conservazione e rafforzamento del sodalizio)[50].
In altri termini, ciò che conta “non è la mera disponibilità dell’esterno a conferire il contributo richiestogli dall’associazione, bensì l’effettività di tale contributo, e cioè che, a seguito di un impulso proveniente dall’ente criminale, il soggetto si sia di fatto attivato nel senso indicatogli”[51].
Successivamente, il concorso eventuale è tornato all’attenzione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2005 con la sentenza Mannino (II)[52].
In detta pronuncia la Suprema Corte non torna nuovamente su tutte le questioni già affrontate nelle pronunce Demitry e Carnevale, ma si limita a riprendere e sviluppare solo alcuni spunti offerti dalle due precedenti decisioni[53].
Uno dei profili che viene ripreso dalla sentenza de qua è quello riguardante l’efficienza causale del contributo prestato dal concorrente esterno[54]. Sotto questo aspetto la sentenza Mannino (II) porta a conseguenze ulteriori le argomentazioni della pronuncia Carnevale circa la necessità che il contributo sia effettivamente idoneo a determinare, in termini di nesso causale, la conservazione o il rafforzamento dell’associazione introducendo il principio della verifica probatoria ex post[55]. A tal proposito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia Mannino (II), datata 12 luglio 2005, hanno esposto che:
 “In tema di associazione di tipo mafioso, assume il ruolo di “concorrente eventuale esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo di affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come Cosa Nostra, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. (In motivazione la Corte, rilevando come l’efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisca elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, ha specificato che non è sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma è necessario un apprezzamento ex post,  in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevata credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente)[56].
 In tale pronuncia la Corte riprende la sentenza Franzese[57] datata 10 luglio 2002, la quale risulta essere fondamentale in materia di nesso causale e nella quale le Sezioni Unite della Cassazione hanno esposto che:
 “il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. [E di conseguenza] l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio”[58].  
 La sentenza Mannino (II) realizza quindi una trasposizione dei principi esposti della sentenza Franzese al tema del concorso esterno in associazione mafiosa[59]. Di conseguenza, la pronuncia Mannino (II) afferma che deve potersi desumere ex post che i comportamenti del concorrente siano stati idonei a produrre “risultati positivi, qualificabili in termini di reale rafforzamento o consolidamento dell’associazione mafiosa, sulla base di generalizzazioni di senso comune o di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità”, appare tuttavia estremamente complesso attribuire alla “massime di esperienza” il compito affidato loro dalla Suprema Corte[60]. Tale problema è stato denunciato fin dai primi commenti alla sentenza ed in particolare, proprio con riferimento all’ipotesi del politico-concorrente esterno, è stato segnalato che “l’ambiguità di certe forme di complicità rende difficile il reperimento di quelle massime di esperienza stabili e collaudate”[61].
Proseguendo la trattazione, le Sezioni Unite, nella sentenza Mannino (II), riprendono e in parte sviluppano ciò che era stato esposto nella pronuncia Demitry dove si era distinto fra tipicità della condotta del partecipe e atipicità della condotta del concorrente eventuale[62].
A tal proposito, le considerazioni più rilevanti evidenziano: in primo luogo che la condotta di concorso, ex articolo 110 del Codice Penale, dev’essere “oggettivamente e soggettivamente collegata” con gli elementi del fatto tipico indicati nei commi primo e secondo dell’articolo 416 bis del Codice Penale (vale a dire le condotte di far parte, promuovere, dirigere e organizzare); in secondo luogoche il contributo atipico del concorrente esterno deve essere diverso ma operare in sinergia con quello dei membri dell’associazione; in terzo luogo che il concorrente esterno deve avere consapevolezza e volontà di interagire con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del medesimo reato[63].
Infine, si precisa che la sentenza Mannino (II) fa propria la definizione di concorrente esterno fornita dalla sentenza Carnevale, individuandolo in “colui che, essendo privo di affectio societatis, fornisce un concreto specifico, consapevole e volontario contributo, che abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione”[64]. Da ciò si deduce che la sentenza Mannino (II) ha ripreso la precedente pronuncia nel ridimensionamento della teoria della “fibrillazione” che derivava della pronuncia Demitry, difatti, la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che l’associazione mafiosa può ricorrere al concorrente esterno per affrontare esigenze, difficoltà e questioni di qualsiasi tipo e non solo per affrontare situazioni emergenziali[65].
Per riassumere quanto esposto dalla sentenza Mannino (II) si può concludere dicendo che: il contributo del concorrente deve essere serio e concreto e deve avere inciso in maniera determinante sulla conservazione o sul rafforzamento dell’associazione criminosa e che l’accertamento di quanto detto dev’essere effettuato ex post attraverso l’ausilio di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità[66].

3. L’intervento della Corte EDU nel caso Contrada e il successivo intervento della Corte di Cassazione

Sulla vexata quaestio del concorso eventuale è stata chiamata a pronunciarsi anche la Corte Europea dei Diritto dell’Uomo. La vicenda su cui è intervenuta la Corte risulta essere quella legata a Bruno Contrada[67], il quale venne condannato alla pena di dieci anni di reclusione dal Tribunale di Palermo, con sentenza datata 5 aprile 1996, per condotte di concorso eventuale in associazione di stampo mafioso commesse tra 1979 e il 1988. La vicenda – processualmente più elaborata di quanto esposto – si è conclusa nel 2007 successivamente alla conferma della condanna da parte della Corte di Cassazione[68].
A seguito di tale sentenza il condannato decise di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale si pronunciò sulla questione in data 14 aprile 2015 ravvisando che la sentenza di condanna pronunciata violava il principio del nullum crimen, nulla poena sine lege, esposto dall’articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in quanto, all’epoca dello svolgimento dei fatti, verificatisi precedentemente alla sentenza Demitry del 1994, non era ancora avvenuta una chiara tipizzazione del reato de quo[69]
La Corte EDU ha così argomentato la sua decisione:
 “La Corte osserva anzitutto che, nel caso di specie, il ricorrente è stato condannato a una pena di dieci anni di reclusione per concorso in associazione di tipo mafioso con una sentenza emessa dal tribunale di Palermo il 5 aprile 1996 riguardo a fatti compiuti tra il 1979 e il 1988. Nella parte in diritto della sentenza, tale concorso veniva definito “eventuale” o “esterno”. La condanna del ricorrente dapprima annullata da una sentenza della Corte di appello di Palermo fu poi confermata da un’altra sezione di quest’ultima e, in via definitiva, da una sentenza della Corte di Cassazione.
La Corte fa notare che non è oggetto di contestazione tra le parti il fatto che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso costituisca un reato di origine giurisprudenziale. Ora, come ha giustamente ricordato il tribunale di Palermo nella sua sentenza del 5 aprile 1996 […] l’esistenza di questo reato è stata oggetto di approcci giurisprudenziali divergenti”[70].
 Da quanto riportato si comprende come la Corte di Strasburgo, dopo aver brevemente ricostruito la vicenda processuale, muova dal presupposto che il concorso esterno sia un reato associativo di natura giurisprudenziale, aspetto che la Corte non reputa contestabile. Difatti, come noto, assunto fondamentale della legalità europea risulta essere il fatto che alla produzione del diritto concorrono due formanti: quello legislativo e quello giurisprudenziale[71].
Proseguendo, la sentenza della Corte EDU evidenzia che:
 “Tuttavia, è solo nella sentenza Demitry, pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte Cassazione il 5 ottobre 1994, che quest’ultima ha fornito per la prima volta una elaborazione della materia controversa, esponendo gli orientamenti che negano e quelli che riconoscono l’esistenza del reato in questione e, nell’intento di porre fine ai conflitti giurisprudenziali in materia, ha finalmente ammesso in maniera esplicita l’esistenza del reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso nell’ordinamento giuridico interno. […].
In questo contesto, l’argomento del Governo secondo il quale, all’epoca della perpetrazione dei fatti (1979 – 1988), la giurisprudenza interna in materia non era in alcun modo contraddittoria, non può essere accolto.
[…].
La Corte osserva anche che, nella sua sentenza del 25 febbraio 2006, la Corte di appello di Palermo, pronunciandosi sull’applicabilità della legge penale in materia di concorso esterno in associazione di tipo mafioso si è basata sulle sentenze Demitry, n. 16 del 5 ottobre del 1994, Mannino, n. 30 del 27 settembre 1995, Carnevale, n. 22327 del 30 ottobre 2002 e Mannino, n. 33748 del 17 luglio 2005 […], tutte posteriori ai fatti ascritti al ricorrente. […].
In queste circostanze la Corte constata che il reato in questione è stato il risultato di un’evoluzione giurisprudenziale iniziata verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso e consolidatasi nel 1994 con la sentenza Demitry.
Perciò, all’epoca in cui sono stati commessi i fatti ascritti al ricorrente (1979 – 1988), il reato in questione non era sufficiente chiaro e prevedibile per quest’ultimo. Il ricorrente non poteva dunque conoscere ne la fattispecie la pena in cui incorreva per la responsabilità penale derivante dagli atti da lui compiuti […].
La Corte ritiene che questi elementi siano sufficienti per concludere che vi è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione”[72].
 
Da quanto riportato si evince come la Corte ravvisi una violazione in merito all’articolo 7 della CEDU; infatti, espone che l’incriminazione risultava essere priva di una base normativa consolidata, in quanto i fatti contestati risultavano essere avvenuti precedentemente alla pronuncia Demitry del 1994. Per la Corte quindi, la sentenza di condanna disposta dalla Cassazione risulta essere stata pronunciata per un delitto sine lege e quindi attraverso l’applicazione retroattiva di una norma incriminatrice non ancora esistente all’epoca dei fatti[73].
I primi commenti a questa sentenza dalla Corte di Strasburgo si sono soffermati sulla notevole entità degli effetti che essa potrà produrre nelle successive elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali sul concorso eventuale, e inoltre, medesima dottrina, evidenziò come anche altri condannati per il reato de quo avrebbero potuto effettivamente lamentare la medesima violazione dell’articolo 7 della CEDU[74]. A tal proposito, Marcello Dell’Utri, sfruttando la pronuncia della Corte EDU sul caso Contrada, ricorse all’incidente di esecuzione, ex articolo 671 del Codice di Procedura Penale, al fine di interrompere l’esecuzione della condanna a sette anni di reclusione comminatagli con la sentenza, datata 9 maggio 2014, dalla Corte di Cassazione[75].
Ad ogni modo la Suprema Corte, rigettando il ricorso dell’ex deputato, colse l’occasione per evidenziare una serie di differenze sostanziali tra il caso Contrada e il caso Dell’Utri. La Cassazione ha difatti esposto che la sentenza della Corte di Strasburgo “non realizza una considerazione generalizzata di illegittimità convenzionale di qualsiasi affermazione di responsabilità per i fatti antecedenti il 1994”[76].
Per la Suprema Corte il contenuto generale della pronuncia Contrada risulta essere ricollegabile a due condizioni ulteriori: in primis che l’esame ex post della condotta processuale tenuta dell’imputato consenta di percepire un deficit di prevedibilità ed in secundis che nel corso del giudizio sia stata sollecitata dell’accusato una diversa qualificazione giuridica del fatto; condizioni non ravvisabili nel caso Dell’Utri[77].
Per concludere la disamina sul concorso eventuale si evidenzia come, nonostante ormai sia presente un orientamento consolidato da parte della giurisprudenza, non è scongiurato il rischio del ritorno in auge dalla teoria negazionista. A tal proposito, breve menzione merita un controverso caso[78], svoltosi innanzi al GIP del Tribunale di Catania, il quale in sede di giudizio di merito, reinterpretando la pronuncia Contrada, ha emesso una sentenza di non luogo a procedere sostenendo la tesi che il concorso eventuale in associazione mafiosa non sia un reato previsto dall’ordinamento[79].
Per questi motivi, gran parte della dottrina, in parte strizzando l’occhio alla comparazione giuridica, auspica un intervento del legislatore sulla tematica in questione, il quale vada a fare chiarezza su tutte quelle aporie sorte negli anni di elaborazione giurisprudenziale[80].

>>>Per approfondire<<<
Con il presente testo si vuole fornire all’operatore del diritto un attento ed organico approfondimento della disciplina relativa al concorso formale tra reati ed al reato continuato, dettata dall’articolo 81 del codice penale, focalizzando in particolare l’attenzione sull’applicazione di tali istituti proprio nella fase esecutiva della condanna penale.

FORMATO CARTACEO

Esecuzione del reato continuato

Con il presente testo si vuole fornire all’operatore del diritto un attento ed organico approfondimento della disciplina relativa al concorso formale tra reati ed al reato continuato, dettata dall’articolo 81 del codice penale, focalizzando in particolare l’attenzione sull’applicazione di tali istituti proprio nella fase esecutiva della condanna penale.Curata ed approfondita, la trattazione dedicata ai principi operanti in materia così come desumibili dalla elaborazione giurisprudenziale: il testo, infatti, è arricchito da una raccolta organica, aggiornata e ragionata dei provvedimenti resi dalla giurisprudenza di legittimità con specifica indicazione, all’interno di ogni singola massima, del principio cardine.Paolo Emilio De SimoneMagistrato dal 1998, dal 2006 è in servizio presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma; in precedenza ha svolto le sue funzioni presso il Tribunale di Castrovillari, presso la Corte di Appello di Catanzaro, nonché presso il Tribunale del Riesame di Roma. Nel biennio 2007/08 è stato anche componente del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma previsto dalla legge costituzionale n°01/89. Dal 2016 è inserito nell’albo dei docenti della Scuola Superiore della Magistratura, ed è stato nominato componente titolare della Commissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Roma per le sessioni 2009 e 2016. È autore di numerose pubblicazioni, sia in materia penale che civile, per diverse case editrici.Elisabetta DonatoDottoressa in giurisprudenza con lode e tirocinante presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma, ha collaborato, per la stessa casa editrice, alla stesura del volume I reati di falso (2018).

Paolo Emilio De Simone, Elisabetta Donato | Maggioli Editore 2019

  1. [1]

    Cfr., C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, Giappichelli, 2003, p. 43.

  2. [2]

    Cfr., S. Canestrari, F.M. Iacoviello, G. Insolera, Opinioni a confronto. Il concorso esterno in associazione mafiosa, in Criminalia, 2008, p. 262.

  3. [3]

    Così, D. Pulitanò, Diritto penale, Torino, Giappichelli,in P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, 2017, p. 2.

  4. [4]

    Così, V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, Utet, in G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, Giuffrè, p. 428.

  5. [5]

    Così, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 428.

  6. [6]

    Si veda, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 428.

  7. [7]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 2.

  8. [8]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 2.

  9. [9]

    Si veda, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 429.

  10. [10]

    Cfr., AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Milano, Monduzzi editoriale, 2016. p. 345.

  11. [11]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 429 – 430.

  12. [12]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430

  13. [13]

    Così, Cass. Pen., sez. 1, 27 maggio 1969, Muther.

  14. [14]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430.

  15. [15]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430.

  16. [16]

    Così, G. Lattanzi, Partecipazione all’associazione criminosa e concorso esterno, in G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430.

  17. [17]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430.

  18. [18]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, Torino, Utet Giuridica, 2008, p. 1131.

  19. [19]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 432.

  20. [20]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 432.

  21. [21]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 430 e ss.

  22. [22]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 432.

  23. [23]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 5.

  24. [24]

    Per l’orientamento che ammette la configurabilità del concorso eventuale si veda: Cass. Pen., sez. 1, 16 marzo 1988, Altivalle; Cass. Pen., sez. 1, 18 gennaio 1993 Altomonte. Per l’orientamento che nega la configurabilità del concorso eventuale si veda: Cass. Pen., sez. 1, 4 luglio 1987, Cillari; Cass. Pen., sez. 1, 30 giugno 1994, Mattina.

  25. [25]

    Cfr., AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit. p. 345.

  26. [26]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 435.

  27. [27]

    Così, G. Fiandaca, C. Visconti, Il concorso esterno come persistente istituto “polemogeno”, in Archivio Penale, maggio – agosto 2012, p. 487.

  28. [28]

    La vicenda riguardava le attività di intermediazione di un esponente politico, il quale, secondo l’accusa, sfruttava i propri rapporti confidenziali con un magistrato con l’obiettivo di “aggiustare” i processi riguardanti i membri dell’organizzazione.

  29. [29]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 433.

  30. [30]

    Così, Cass. Pen., Sez. Un. 5 ottobre 1994, Demitry, in G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 436.

  31. [31]

    Cfr., I. Merenda, C. Visconti, Metodo mafioso e partecipazione associativa nell’art. 416 bis, tra teoria e diritto vivente, in Diritto Penale Contemporaneo, 2019, p. 17 – 18.

  32. [32]

    Così, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 437 – 438.

  33. [33]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1136.

  34. [34]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 437 – 438.

  35. [35]

    Così, P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 6.

  36. [36]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1135.

  37. [37]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 444.

  38. [38]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1135.

  39. [39]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1136.

  40. [40]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 446.

  41. [41]

    La vicenda riguardava l’alto magistrato Corrado Carnevale – soprannominato dalla stampa nostrana “l’ammazzasentenze” – il quale veniva accusato di aver favorito alcuni imputati in processi di mafia annullando le sentenze di condanna per vizi di forma.

  42. [42]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1137.

  43. [43]

    Così, Cass. Pen., Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale,

  44. [44]

    Così, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 448 – 449.

  45. [45]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 450.

  46. [46]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1137.

  47. [47]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 7 – 8.

  48. [48]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 7 – 8.

  49. [49]

    Cfr., M. Donini, Il concorso esterno “alla vita dell’associazione” e il principio di tipicità penale, in Diritto penale contemporaneo, 13 gennaio 2017, p. 22.

  50. [50]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 8.

  51. [51]

    Così, G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 459.

  52. [52]

    Si precisa che la prima sentenza Mannino, data 27 settembre 1995, risulta avere opinioni, in merito alla possibile sussistenza del concorso eventuale, pedisseque a quelle della sentenza Demitry.

  53. [53]

    Cfr., AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1140 – 1141.

  54. [54]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 462.

  55. [55]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 461 – 462.

  56. [56]

    Così, Cass. Pen., Sez. Un., 12 luglio 2005, Mannino (II).

  57. [57]

    Tale sentenza verte in materia di reato colposo omissivo improprio e contiene principi “generali” che trovano ampia applicazione.

  58. [58]

    Così, Cass. Pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, Franzese.

  59. [59]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 9.

  60. [60]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 9.

  61. [61]

    Così, AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1141.

  62. [62]

    Così, AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1141.

  63. [63]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 465 – 466.

  64. [64]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 465 – 466.

  65. [65]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 466.

  66. [66]

    Cfr., S. Canestrari, F.M. Iacoviello, G. Insolera, Opinioni a confronto. Il concorso esterno in associazione mafiosa, in Criminalia, cit., p. 275.

  67. [67]

    Ex funzionario di polizia, ex capo di gabinetto dell’alto commissariato per la lotta alla mafia ed infine vicedirettore dei servizi segreti civili.

  68. [68]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 471.

  69. [69]

    Cfr., AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit. p. 349.

  70. [70]

    Corte EDU, sez. IV, 14 aprile 2015, ricorso n. 66655/13, Contrada c. Italia.

  71. [71]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 16 – 17.

  72. [72]

    Corte EDU, sez. IV. 14 aprile 2015, ricorso n. 66655/13, Contrada c. Italia.

  73. [73]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 16 – 17.

  74. [74]

    Cfr., G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 474.

  75. [75]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 18.

  76. [76]

    Così, P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 19.

  77. [77]

    Così, P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 19.

  78. [78]

    Trib. Catania, sez. GIP, 21 dicembre 2015, Ciancio.

  79. [79]

    Cfr., P. Scevi, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma, in Archivio Penale, cit., p. 20.

  80. [80]

    Cfr., I. Giugni, Il problema della causalità nel concorso esterno, in Diritto penale contemporaneo, 2017, p. 35.

Marco Vitali

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