La discussa compatibilità del processo sommario con il rito del lavoro

Redazione 10/01/20
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La compatibilità del processo sommario con il rito del lavoro.

Il presente contributo in tema di processo sommario e rito del lavoro è tratto da “L’istruttoria nel processo sommario” di Sara Caprio e Barbara Tabasco.

Discussa è anche l’applicabilità del procedimento sommario di cognizione alle cause sottoposte al rito del lavoro; al riguardo, molti sono gli argomenti che militano a favore della tesi dell’incompatibilità del procedimento sommario di cognizione con il rito di cui agli artt. 414 e ss. c.p.c.[1].

Argomentazioni a favore dell’incompatibilità del processo sommario con il rito del lavoro

In primo luogo, il riferimento espresso ai requisiti di forma-contenuto di cui all’art. 163 c.p.c. lascia presumere che il contenuto degli atti introduttivi sia modellato in modo speculare a quello del rito ordinario, con notevoli profili di diversità rispetto al ricorso introduttivo del processo del lavoro; identico discorso viene ripetuto con riferimento alla memoria di costituzione di cui all’art. 702 bis, commi 4 e 5, c.p.c. la quale ricalca, salvo qualche piccola differenza, quella del rito ordinario di cui all’art. 167 c.p.c.[2].

In secondo luogo, il secondo comma dell’art. 702 ter c.p.c., nel prevedere la prosecuzione della causa con forme non sommarie, contempla unicamente l’art. 183 c.p.c. e quindi il solo rito ordinario: non vi è, infatti, menzione dell’art. 420 c.p.c.[3]. Ancora, a differenza di quanto prescritto dall’art. 415 c.p.c., non sono previsti termini entro i quali deve essere fissata l’udienza di comparizione dalla data di deposito del ricorso; per di più, con il decreto di fissazione dell’udienza non vengono stabiliti termini per la notifica del ricorso e del decreto stesso[4].

Infine, sotto il profilo probatorio, nel processo sommario di cognizione l’onere per le parti di indicare negli atti introduttivi i mezzi di prova di cui intendono avvalersi e dei documenti offerti in comunicazione non è sanzionato a pena di decadenza[5] e non sono nemmeno esplicitamente attribuiti al giudice quei poteri ufficiosi in ordine all’ammissione ed assunzione dei mezzi di prova che sono, invece, riconosciuti al giudice del lavoro dagli artt. 421, comma 2, e 437, comma 2, c.p.c.[6].

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Argomentazioni a favore della compatibilità del processo sommario con il rito del lavoro

A ben guardare, tuttavia, queste obiezioni non sembrano insuperabili: è stato giustamente notato che il rinvio compiuto dagli artt. 702 bis e 702 ter c.p.c. rispettivamente agli artt. 163 e 183 c.p.c. non può ritenersi decisivo, trattandosi di un semplice rinvio materiale, operato al fine di semplificare il contenuto dell’atto introduttivo del procedimento[7].

Dunque, laddove il giudice ritenga in via preliminare inammissibile il rito semplificato, non ricorrendo nel caso di specie i requisiti previsti dall’art. 702 bis c.p.c., potrà con ordinanza disporre il passaggio al rito del lavoro, previa fissazione ai sensi dell’art. 426 c.p.c. di un termine per permettere alle parti di integrare gli atti introduttivi. D’altronde, il meccanismo appena delineato non è sconosciuto al processo civile, essendo espressamente previsto dall’art. 667 c.p.c. con riferimento al procedimento per convalida di sfratto[8].

Peraltro, quale argomento a favore della tesi della compatibilità tra il processo sommario di cognizione ed il rito del lavoro[9] vi è la circostanza che la trattazione delle controversie di lavoro spetta senza alcun dubbio alla competenza del tribunale in composizione monocratica, come si desume agevolmente dall’art. 413 c.p.c., a mente del quale le controversie previste dall’art. 409 c.p.c. sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione del giudice del lavoro.

Come è stato affermato, poi, la scelta per il rito sommario di cognizione non è in grado di allungare i tempi per la decisione della controversia di lavoro, giacché «non è mai accaduto, se non in ipotesi rarissime, che una controversia di lavoro o consimile sia stata risolta in una sola udienza ed in tempi brevi; inoltre, il fatto che il procedimento sommario non sconti preclusioni costituisce ragione più che valida per preferirlo al regolamento processuale delle cause di lavoro»[10].

Non manca, però, chi sul punto opina diversamente, osservando come l’assoggettamento al rito del lavoro è previsto espressamente dal legislatore in ragione della natura dei diritti cui si intende assicurare una rapida ed efficiente tutela. In altre parole, la scelta di assoggettare al rito del lavoro solo certe controversie si giustifica per la natura del diritto azionato, bisognoso di ricevere tutela in tempi rapidi[11]. Dunque, non sembra consentita un’interferenza del procedimento sommario di cognizione con il rito del lavoro contrassegnato dalla concentrazione processuale o dall’ufficiosità dell’istruzione; inoltre, in passato, era stato notato anche che ammettere il ricorso al rito sommario di cognizione per la decisione delle cause di lavoro avrebbe permesso alla parte attrice di evitare di esperire il tentativo di conciliazione stragiudiziale, previsto dall’art. 410 c.p.c. come condizione di procedibilità ed oggi non più richiesto: l’abolizione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione stragiudiziale elimina quest’ultima obiezione[12]. Si aggiunge anche che il rito del lavoro è già abbastanza concentrato e potenzialmente rapido per cui non vi è bisogno di un rito ulteriormente accelerato: ma si tratta sempre di considerazioni di mera opportunità, certamente condivisibili, ma che non appaiono decisive.

Continua ad approfondire leggendo pp. 56 ss. de “L’istruttoria nel processo sommario” di Sara Caprio e Barbara Tabasco, da cui il presente contributo è stato tratto.

L’istruttoria nel processo sommario

L’opera in questione mira ad approfondire il nuovo rito sommario di cognizione alla luce delle recenti modifiche normative. Il rito sommario di cognizione introdotto nel 2009 al fine di velocizzare i tempi processuali e permettere di ottenere decisioni più velocemente rispetto alle controversie instaurate secondo il rito ordinario, è diventato negli anni uno strumento fondamentale nel panorama giudiziario.Dal 2011 costituisce uno dei tre riti alternativi in cui possono essere incardinate le controversie civili: è possibile parlare di un rito sommario di cognizione facoltativo e di un rito sommario di cognizione obbligatorio.Si tratta pur sempre di un procedimento a cognizione piena, ma ad istruttoria semplificata: ed è proprio la fase istruttoria a destare non poche perplessità. Si è discusso a lungo sia sulla natura del procedimento sommario di cognizione sia sul significato da attribuire alla locuzione istruttoria (non) sommaria.Dubbi sono emersi sulle modalità di espletamento della fase istruttoria e sulle prove che possono essere utilizzate. La scelta del rito sommario di cognizione era inizialmente rimessa esclusivamente nelle mani dell’attore, l’unico a poter scegliere di iniziare una controversia secondo il predetto rito, mentre al giudice era concesso di disporre la conversione del rito in rito ordinario oppure di concludere il giudizio con un’ordinanza impugnabile con l’appello e suscettibile di divenire, in mancanza, cosa giudicata ex art. 2909 c.c.Nel 2014 con l’introduzione dell’art. 183-bis c.p.c. viene introdotta l’ipotesi inversa, ovvero si consente al giudice di disporre il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione, eliminando quella situazione a senso unico presente nel passato.Al volume è collegata una pagina web con significative risorse integrative.Su https://www.maggiolieditore.it/approfondimenti è infatti possibile accedere al formulario, in formato editabile e stampabile.Sara Caprio, avvocato e dottore di ricerca in Diritto Processuale Civile, diploma di specializzazione in Professioni Legali presso l’Università di Napoli Federico II, cultore delle materia in Diritto Processuale Civile presso la medesima Università.Barbara Tabasco, avvocato e dottore di ricerca in Diritto Processuale Civile, professore a contratto presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, cultore delle materia in Diritto Processuale Civile presso l’Università di Napoli Federico II.

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Note

[1] La soluzione negativa è sostenuta in modo prevalente sia in dottrina sia in giurisprudenza: Trib. Roma 31 maggio 2013, in Lavoro nella Giur., 2013, 7, 702, nota di M. Miscione, secondo cui può essere decisa con il procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c. con giudice monocratico la causa in cui un’organizzazione sindacale di lavoratori agisce per preteso inadempimento contrattuale contro un’organizzazione dei datori di lavoro, in quanto la causa riguarda i normali rapporti contrattuali e non direttamente né indirettamente controversie individuali di lavoro ex 409 c.p.c.; Trib. Modena, 17 gennaio 2013, in Contratti, 2013, 3, 295, secondo cui la domanda di risoluzione del contratto atipico di precario immobiliare oneroso postula l’applicabilità del rito sommario di cognizione soltanto ove la misura del compenso previsto per il godimento della res non lo renda riconducibile alla figura contrattuale della locazione, in quanto, ricorrendo tale ultima ipotesi, l’azione di rilascio intrapresa ex art. 702 bis c.p.c. diviene inammissibile, per l’incompatibilità tra il rito sommario ed il procedimento disciplinato dall’art. 447 bis c.p.c.; Trib. Mantova, 7 giugno 2012, in Giur. it., 2013, 420; App. Reggio Calabria, 1 marzo 2012; Trib. Teramo 1 dicembre 2010; Trib. Torre Annunziata 10 febbraio 2010, in Foro it., 2010, I, 1958; in questo senso anche il Protocollo sul procedimento sommario di cognizione elaborato dall’Osservatorio Valore Prassi di Verona, cit., 84, nonché il Protocollo dell’Osservatorio romano sulla giustizia civile, cit., 195, e il Protocollo sul procedimento sommario dell’Osservatorio bolognese sulla giustizia civile in www.osservatorigiustiziacivile.it. nello stesso senso, v. altresì App. Lecce, 16 marzo 2011, in Foro it., 2012, I, 912, la quale precisa che, qualora il giudice di primo grado decida nel merito una controversia soggetta al rito del lavoro introdotta erroneamente nelle forme del procedimento sommario di cognizione, invece di dichiararne l’inammissibilità ai sensi dell’art. 702 ter, comma 2, c.p.c., a tale dichiarazione deve procedere il giudice d’appello non potendo applicarsi l’art. 426 c.p.c.; alle medesime conseguenze giunge anche Trib. Modena, 18 gennaio 2010, in Foro it., 2010, I, 1015; in senso parzialmente difforme Trib. Torre del Greco, 10 febbraio 2010, in Foro it., 2010, I, 1958, per la quale, sebbene il procedimento sommario di cognizione non sia applicabile con riferimento alle controversie in materia di locazione di immobili urbani, assoggettate in quanto tali al rito speciale di cui all’art. 447 bis c.p.c., qualora una domanda concernente una controversia soggetta al rito speciale locatizio sia stata introdotta, erroneamente, nelle forme del procedimento sommario di cognizione, il giudice adìto non può dichiararne per tal motivo la inammissibilità, ma deve disporre il mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c.

[2] Cfr. G. Vidiri, Procedimento sommario di cognizione e rito del lavoro tra “provvedimenti presidenziali” ed “osservatori sulla giustizia civile”, in Corr. giur., 2010, 1379, in part. 1381. nello stesso senso D. Dalfino, Sull’inapplicabilità del nuovo procedimento di cognizione alle cause di lavoro, in Foro it., V, 2009, 392 ss., in part. 394R. Lombardi, Il procedimento sommario di cognizione generale, in Giusto processo civile, 2010, 477, per la quale “estendere il procedimento sommario di cognizione alle controversie di lavoro significa attestare il fallimento del rito di cui agli artt. 409 e seguenti”.

[3] Cfr. S. Menchini, L’ultima “idea” del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, cit., 1027; M. Bove, Brevi riflessioni sui lavori in corso nel riaperto cantiere sulla giustizia civile, in www.judicium.it.

[4] Cfr. C. Ferri, Il processo sommario di cognizione, in Riv. dir. proc., 2010, 92 e ss., in part. 96, il quale nota che se l’intento del legislatore era quello di rendere più rapido il provvedimento per ottenere la decisione, un ostacolo al perseguimento di tale finalità è dato proprio dalla circostanza che non vengono previsti termini entro i quali fissare l’udienza dalla data del deposito del ricorso, né termini diretti a stabilire il giorno dell’udienza.

[5] Cfr. G. Vidiri, Procedimento sommario di cognizione e rito del lavoro tra “provvedimenti presidenziali” ed “osservatori sulla giustizia civile”, cit., 1379.

[6] Id., Procedimento sommario di cognizione e rito del lavoro, cit., 1381.

[7] Cfr. G. Olivieri, Il procedimento sommario di cognizione, cit., 84-85. Pertanto, all’interprete spetterà il compito di sostituire le norme di cui agli artt. 163 e 183 c.p.c. con quelle contenute negli artt. 414 e 420 c.p.c., che rispettivamente regolano il contenuto del ricorso introduttivo e l’udienza di discussione del rito del lavoro. Condivide la soluzione appena prospettata nel testo E. Benanti, Pretese limitazioni all’applicabilità del procedimento sommario introdotto con il nuovo art. 702 bis, in Giusto processo civile, 2011, 505 ss., in part. 511-12.

[8] Un espresso richiamo al mutamento del rito di cui all’art. 426 c.p.c. viene compiuto anche da una decisione della giurisprudenza di merito (Trib. Palermo, 24 gennaio 2011, in Giusto processo civile, 2011, 505), secondo cui «lo speciale procedimento sommario di cognizione introdotto con gli artt. 702 bis-702 quater c.p.c. è ammissibile anche nelle controversie di lavoro o assimilate. Il giudice deve però ordinare il cambiamento di rito ai sensi degli artt. 426 e 447 bis c.p.c.»). La decisione, che si lascia apprezzare nella parte in cui ammette la possibilità per il giudice di disporre il passaggio al rito del lavoro, non è però pienamente condivisibile, apparendo contraddittoria nella parte in cui, pur presupponendo l’ammissibilità della domanda proposta nelle forme del rito sommario di cognizione, obbliga il giudice a disporre sempre il mutamento del rito a prescindere dalla complessità o meno dell’attività istruttoria richiesta dalle parti.

[9] La soluzione positiva è sostenuta da alcune pronunce di merito: così Trib. Latina, 3 marzo 2011, in Giust. civ., 2011, 2719; Trib. napoli, 25 gennaio 2011, in Foro it., I, 2011, 941 ss., secondo cui il procedimento sommario previsto dall’art. 702 bis e ss. può trovare applicazione anche per le controversie soggette al rito del lavoro; Trib. Sulmona, 3 marzo 2011, in Giust. civ., 2011, 2719, con nota di p. porrECa; Trib. Sulmona, 6 ottobre 2010, in Giur. it., 2012, 388, secondo cui in assenza di un’espressa regola di esclusione dell’operatività del procedimento sommario di cognizione, la valutazione della compatibilità tra rito sommario di cognizione, rito speciale e materia trattata è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale esprime il proprio giudizio sul punto in base ai principi dell’ordinamento giuridico e alla ratio della riforma legislativa, ispirata dall’intento di generalizzare l’applicazione del rito sommario di cognizione ad ogni controversia ad istruttoria non complessa affidata allo ius decidendi del Tribunale in composizione monocratico; Trib. Lamezia Terme, 12 marzo 2010, in Foro it., 2011, I, 941 ss

[10] E. Benanti, Pretese limitazioni all’applicabilità del procedimento sommario introdotto con il nuovo art. 702 bis, cit., 510.

[11] G. Vidiri, Procedimento sommario di cognizione e rito del lavoro tra «provvedimenti presidenziali» ed «osservatori sulla giustizia civile», cit., 1382.

[12] Cfr. R. Tiscini, Commento all’art.702 bis c.p.c., in a. SalEtti, b. SaSSani, Commento alla riforma del codice di procedura civile, Torino, 2009, 253.

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