Provvedimento Garante Privacy n. 14 del 15 gennaio 2020
Riferimenti normativi: artt. 114 e 329 del Codice di procedura penale; art. 415- bis del Codice di procedura penale; art. 8 del “Testo unico dei doveri del giornalista, sulla cronaca giudiziaria e i processi televisivi”; art. 137, comma 3, del Codice privacy; art. 6 delle regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica; art. 58, par. 2, lett. f), del GDPR
Fatto
Il Garante per la protezione dei dati personali aveva ricevuto alcuni reclami formulati da diversi Avvocati, che sostenevano di aver subito una violazione dei loro dati personali a causa della pubblicazione su internet di articoli di giornale da parte di una determinata testata giornalistica.
In particolare, i soggetti reclamanti lamentavano di aver subito una lesione della loro reputazione e dignità professionale e morale a causa della pubblicazione di alcuni loro dati personali, come il nome, la data e il luogo di nascita, la residenza, l’ indirizzo dello studio legale, il telefono di casa e il numero di cellulare. Secondo quanto sostenuto nei diversi reclami, la asserita lesione subita alla reputazione e alla dignità professionale e morale era stata causata anche dalla pubblicazione di notizie relative ai capi di imputazione e precedenti penali. A tal proposito, i reclamanti hanno contestato, anche, il fatto che all’interno dell’articolo di giornale erano stati pubblicati i capi di imputazione ed il fascicolo di indagine, prima ancora che avvenisse la relativa notifica agli interessati, in aperto contrasto con quanto disposto dalle norme contenute nel codice di procedura penale: le quali dispongono il divieto di pubblicare, anche solo in maniera parziale per mezzo stampa, gli atti che sono coperti da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari; dette norma, inoltre, stabiliscono il periodo entro il quale gli atti possano essere considerati coperti da segreto, ovverosia fino alla chiusura delle indagini preliminari.
In ultimo, i reclamanti hanno sostenuto dinnanzi all’Autorità Garante che il comportamento tenuto dalla testata giornalistica, che ha pubblicato gli articoli oggetto di contestazione, doveva considerarsi in contrasto con quanto sancito dalla disposizione contenuta nel “Testo unico dei doveri del giornalista, sulla cronaca giudiziaria e i processi televisivi”, secondo la quale il giornalista deve rispettare sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza e osservare la massima cautela nel diffondere nomi e immagini di persone incriminate per reati minori o condannate a pene lievissime, salvo i casi di particolare rilevanza sociale.
A seguito del reclamo ricevuto, il Garante per la protezione dei dati personali ha rivolto alla testata giornalistica on-line una richiesta di informazioni a cui il legale rappresentante della stessa ha prontamente risposto. Nelle note inviate al Garante, il legale rappresentate ha, come prima cosa, sostenuto che fosse sussistente un’ esigenza pubblica di informazione sulla vicenda, nella sua evoluzione processuale, in quanto l’ inchiesta giudiziaria relativa ai fatti descritti negli articoli era stata definita con un avviso di conclusione di indagini preliminari e con una successiva richiesta di rinvio a giudizio di tutti gli indagati.
Il legale rappresentante della testata giornalistica on line ha, poi, dichiarato che nella redazione dei vari articoli sono stati rispettati i criteri e i limiti del diritto di cronaca, vale a dire: la verità del fatto, l’ interesse pubblico alla notizia e la continenza della stessa, tenuto conto che i fatti e i nomi menzionati negli articoli emergono dalla semplice citazione testuale del provvedimento di chiusura indagini.
Decisione del Garante
Dopo aver ricevuto le informazioni richieste da parte della testata giornalistica, il Garante si è espresso sulla vicenda sottoposta al suo giudizio.
Per prima cosa il Garante ha ribadito la sua posizione, ormai nota, secondo la quale il requisito dell’ “essenzialità dell’informazione” è richiamato anche con riferimento alle cronache relative a procedimenti penali. Per questo motivo, la pubblicazione dei dati identificativi delle persone a carico delle quali il procedimento è instaurato non è preclusa dall’ordinamento vigente e va inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia. Pertanto, secondo il giudizio del Garante, la testata giornalistica, nel momento in cui si limiti a riportare una notizia di interesse pubblico, come deve considerarsi quella relativa all’indagine penale a carico dei reclamanti, può liberamente fornire alcuni dati identificativi dei presunti responsabili.
Di conseguenza, la diffusione degli articoli, che sono stati oggetto di reclamo, non viola le disposizioni contenute nel GDPR e nelle Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, in quanto nei fatti riportati all’interno degli articoli si rileva la sussistenza di un interesse pubblico alla loro diffusione. Infatti, secondo le disposizioni sopra citate, il giornalista può diffondere dati personali, anche senza il consenso dell’interessato, purché nei limiti posti al diritto di cronaca e, in particolare, nel rispetto del requisito «dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico».
Secondo il Garante, invece, deve essere fatta una diversa valutazione rispetto alla diffusione dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari che è stato riportato come link ad uno degli articoli pubblicati. In questo link sono stati pubblicati, in corrispondenza a ciascuno dei nomi degli avvocati indagati, i dati relativi all’indirizzo di abitazione, al numero di telefono dello studio legale, e in alcuni casi anche al telefono cellulare.
Tali dati, secondo il Giudizio del Garante, sono eccedenti rispetto all’esigenza informativa che caratterizza la notizia. Inoltre la diffusione dell’avviso di conclusione delle indagini è avvenuta in violazione del regime di pubblicità degli atti di indagini essendo stato pubblicato, nella sua integralità, un atto prima dell’assunzione, da parte del Pubblico Ministero, delle determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale.
Il Garante ha, quindi, ritenuto illecita la diffusione dell’avviso di conclusione delle indagini, in forma integrale, il quale, peraltro, risulta on-line nonostante sia trascorso più di un anno dalla pubblicazione dello stesso.
Pertanto, a conclusione del suo giudizio, il Garante ha ritenuto fondati i reclami presentati, disponendo la misura correttiva della limitazione definitiva del trattamento riferita all’ulteriore diffusione del link con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
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