La differenza tra le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato

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La differenza tra le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato si può osservare e intuire, confrontando tra loro i rapporti di lavoro subordinati e quelli autonomi.

Nei primi è dovuta esclusivamente un’attività lavorativa, conforme ai dati standard di diligenza e perizia.

Nei secondi si ha riguardo alla produzione di un’opera o di un servizio che rappresentano il risultato dell’attività.

L’opinione prevalente in letteratura, sostiene che nonostante si tratti di vincoli strutturalmente diversi è convincimento diffuso che qualunque debitore è sempre vincolato ad una attività che ha come fine quello di trasferire nella sfera del creditore una utilità oggettiva apprezzabile.

La paternità della distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, viene comunemente attribuita al giurista francese René Nicolas André Demogue, che nel 1925 scrisse le “Traité des Obbligations en General“.

In realtà, la prevalente dottrina italiana utilizza il binomio mezzi/risultato depurato del valore dogmatico assegnato da questa corrente dottrinale, alludendo alla partizione che può essere effettuata in relazione ai rapporti obbligatori in ragione della capacità del debitore, che con il proprio comportamento è capace di incidere sull’interesse finale del creditore.

La differenza viene utilizzata nel linguaggio corrente per effettuare una contrapposizione descrittiva dei rapporti obbligatori nei quali la finalità che spinge il creditore a cercare la collaborazione altrui, è condizionata soprattutto dal comportamento del debitore, dai rapporti nei quali questa finalità presenta margini significativi di incertezza, perché risulta essere condizionata da fattori estranei alla sfera di controllo del soggetto obbligato.

La dottrina più attenta considera come un confine mobile quello che intercorre tra l’area delle obbligazioni di mezzi e delle obbligazioni di risultato, e questa mobilità si può apprezzare in una duplice prospettiva.

Si rileva innanzitutto la dipendenza dall’evoluzione costante delle regole dell’arte dello stato della tecnica, nel senso che la valutazione della “risultato dovuto” dal debitore risente del contesto nel quale egli agisce in concreto, e può essere influenzato da molteplici altre variabili rispetto al progresso scientifico raggiunto in un determinato settore, come ad esempio il grado di specializzazione del debitore e le potenzialità delle dotazioni strumentali a sua disposizione.

La suddetta mobilità di confini, inoltre, è legata al fatto che la selezione del “risultato dovuto”, deriva da scelte negoziali che non dipendono dalle potenzialità tecniche, perché le parti possono decidere di limitare la misura della pretesa del creditore ad una utilitas minore, oppure, possono decidere di farla arrivare ad una soglia maggiore di quella assicurata, applicando le regole dell’arte disponibili in un determinato momento storico.

In questa seconda ipotesi, il rapporto tra le parti assume i connotati della garanzia pura, evidenziando che quando il debitore mette a disposizione del creditore un bagaglio di esperienza e di abilità tecnica più contenuto di quello che potrebbe esigere, assume una obbligazione di mezzi, ogni volta che i mezzi dedotti in obbligazione non siano in grado di assicurare che l’interesse finale del creditore venga realizzato.

In relazione a questo, è opportuno menzionare l’articolo 2236 del codice civile, inserito nel Capo II “delle professioni intellettuali”, del Titolo III “del lavoro autonomo”, del Libro V “del lavoro”, rubricato “responsabilità del prestatore d’opera”, che recita testualmente:

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave“.

Secondo l’interpretazione più accreditata, questa norma esclude la responsabilità del prestatore d’opera in relazione all’insuccesso della prestazione che consegue alla mancata applicazione di soluzioni tecniche non ancora consolidate nella pratica, o alla scelta tra soluzioni alternative la quale validità sia ancora oggetto di dibattito nella comunità professionale o scientifica, alla quale si riferiscono.

La letteratura prevalente esclude che la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, metta in discussione l’unità del concetto dell’obbligazione, che nella sua essenza si traduce sempre in un dovere di comportamento riferito alla produzione di un risultato utile al creditore, e lo esclude per due motivi.

Il primo è dovuto alla negazione che esistono obbligazioni nelle quali il risultato non dipenda da un dovere di condotta.

Il secondo perché esclude che esistano obbligazioni non orientate alla produzione di un risultato utile per il creditore.

Le decisioni della più recente giurisprudenza di legittimità, sono allo stesso modo orientate nell’affermare che non esistono obbligazioni nelle quali non sia presente un risultato.

Questa giurisprudenza, ha più spesso riconosciuto che la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato “costituisca il risultato di una elaborazione dogmatica risalente, priva di riscontro normativo e di dubbio fondamento”.

Il ripudio di questa distinzione viene compiuto in contesti diversi e spesso per avallare soluzioni di carattere interpretativo la quale ragione ispiratrice risiede in valutazioni di concetto che non dipendono dalla natura della prestazione.

Questa affermazione, vuole segnalare che il fine della obbligazione è sempre quello di trasferire nella sfera giuridica del debitore una apprezzabile utilità.

In questo contesto, bisogna rilevare che in letteratura ci sono opinioni discordanti tra le differenze che esistono tra le prestazioni d’opera manuale, che vengono tipicamente considerate di risultato le prestazioni d’opera intellettuale che si usano qualificare obbligazioni di mezzi.

Una obbligazione che riguarda l’esercizio di un’attività professionale è un’obbligazione di mezzi, ma in certi casi può assumere la caratteristica di un’obbligazione di risultato.

Ad esempio:

la prestazione dell’ ingegnere al quale è affidato un progetto di ristrutturazione.

Egli è debitore di un’obbligazione di risultato, cioè la realizzazione del progetto.

La prestazione è legata a un risultato definito ed è dotata di una sua autonoma utilità.

Si è da qui tratta la conseguenza dell’applicabilità delle disposizioni poste dall’art 2226 del codice civile, in particolare quelle sulla prescrizione e decadenza, in relazione alla denuncia di vizi, anche alla prestazione di opera intellettuale.

Questa tesi evidenzia come il lavoro del progettista, se considerato come un’obbligazione di risultato, determina uno snaturamento del rapporto obbligatorio, determinando l’applicazione dell’articolo 2226 del codice civile, ad un’attività che è sempre il risultato di una prestazione intellettuale, e come tale è una prestazione di mezzi e non di risultato.

Ne consegue che, essendo la prestazione del progettista una prestazione di mezzi, estrinsecazione di un’attività intellettuale, l’articolo 2226 del codice civile non deve trovare applicazione.

Nelle obbligazioni di natura intellettuale vi è una necessaria commistione tra le obbligazioni di mezzi e risultato, in vista del risultato finale, e i relativi oneri probatori potrebbero generare confusione.

Altro esempio:

la responsabilità dell’appaltatore, è disciplinata da apposite norme codicistiche, gli articoli 1667 e 1668, che non dispongono niente per il progettista, nei confronti del quale devono valere le regole in tema di inadempimento, e cioè, le norme sulle prestazioni d’opera e sulle professioni intellettuali dall’art 2222 all’art 2226 del codice civile.

IL professionista si deve comportare secondo le comuni regole di correttezza e diligenza, ai sensi degli articoli art 1176 e 1218 del codice civile.

Il regime di responsabilità del professionista non muta, e la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato non ha nessuna incidenza sul regime di responsabilità dove è richiesto al professionista di attenersi a parametri di professionalità molto rigidi.

In questo senso, trattandosi di una prestazione intellettuale, quella del progettista, della quale all’esempio sopra scritto, è stata qualificata dalla giurisprudenza come un’ obbligazione di risultato.

La distinzione tra le obbligazioni di mezzi e di risultato, anche se esiste esclusivamente nell’ambito delle obbligazioni di fare, ha sempre generato questioni interpretative rilevanti in relazione all’oggetto dell’obbligazione, all’onere della prova, al contenuto stesso dell’obbligazione.

Nelle obbligazioni di mezzi, la diligenza è il contenuto stesso del vincolo, nelle obbligazioni di risultato è il criterio di controllo e non il risultato del comportamento del creditore.

 

Note Bibliografiche:

“La natura della garanzia per vizi nell’appalto”

Autore : Federico Cappai

Editore: Giuffrè 2011

“Obbligazioni di mezzi e di risultato, inadempimento e prova”

Autore : Mijriam Conzutti

Editore : Cendon Libri

Codice Civile Giuffrè 2012

Dott.ssa Concas Alessandra

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