La delega di funzioni: rilevanza penale nell’esercizio dell’attività d’impresa

Ilaria Leccese 19/05/17
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La complessità della struttura di enti e imprese fa sì che la responsabilità penale dei soggetti che operano al loro interno assuma peculiarità proprie.

Infatti, se è vero che generalmente la responsabilità per i reati commessi nell’esercizio dell’attività di impresa ricade sulle figure apicali, in quanto dotate dei poteri decisionali, è anche vero che la molteplicità delle attività e degli adempimenti connessi alla titolarità di tali ruoli implichi la necessità, per questi ultimi, di avvalersi di meccanismi di distribuzione e ripartizione dei compiti.

L’attività di impresa, espressione della libertà di iniziativa economica privata, sancita e tutelata dall’art. 41 Cost, trova un limite nei diritti e valori fondamentali della libertà. Di conseguenza a tutela di tali valori fondamentali, l’ordinamento giuridico assegna una serie di obblighi (di tutela di determinati beni quali, ad esempio, l’integrità fisica e morale dei lavoratori, la salvaguardia dell’ambiente) in capo a chi riveste la posizione verticistica all’interno della struttura complessa, la cui violazione è penalmente perseguita.

Nelle imprese di grandi dimensioni tale ruolo di “garante” va ad integrare la molteplicità di funzioni connesse alla figura apicale molte delle quali sono necessariamente  delegate  ad altri soggetti.

La delega di funzioni, ossia l’atto di autonomia privata con cui il titolare di obblighi e poteri di diritto, trasferisce tali poteri e obblighi in capo ad un altro soggetto che li acquista a titolo derivativo, produce, com’è noto due effetti sostanziali:

a) effetto liberatorio = il delegante viene in parte liberato dagli obblighi su lui gravanti ex lege;

b) effetto costitutivo = si costituiscono in capo al delegato gli obblighi che gli sono stati trasferiti dal titolare di diritto.

 

Considerando che siffatto sistema di ripartizione dei compiti deve coniugarsi con i principi propri della legge penale e, in particolare, con la personalità della responsabilità penale è necessario:

a) individuare il soggetto su cui gravano ex lege gli obblighi penalmente sanzionati;

b) valutare l’ammissibilità della delega che abbia ad oggetto tali obblighi di garanzia nonché i requisiti alla cui sussistenza è subordinata l’efficacia del meccanismo della delega e ripartizione della responsabilità penale tra delegante e delegato.

 

IL SOGGETTO RESPONSABILE

L’ individuazione del destinatario del precetto penale rappresenta il momento di delicata importanza sul quale si è a lungo incentrata la dottrina per enucleare dei criteri organici. La vexata quaestio si è di fatto tradotta nell’affermazione di varie tesi che continuano  a frammentare il bacino ermeneutico.   Tra esse si ritiene che rivestano un contenuto di maggiore plausibilità la teoria formalista, la teoria funzionale, la teoria organica.

In base alla teoria formalista per l’individuazione del soggetto responsabile è necessario fare riferimento alla qualifica formale rivestita nell’ambito dell’organizzazione dell’impresa.

I sostenitori della teoria funzionale ritengono, invece, che ai fini dell’imputazione di responsabilità sia sufficiente considerare le mansioni concretamente svolte.

La teoria organica nel contemperare quanto affermato dalle precedenti ritiene  che ai fini dell’attribuzione della responsabilità sia necessario tenere conto sia della qualifica rivestita che del concreto svolgimento delle mansioni ossia che il soggetto disponga della possibilità concreta di ledere gli interessi tutelati ovvero di impedire il verificarsi dell’evento dannoso.

Ciò tenendo comunque conto del fatto che se i due soggetti non coincidono, il datore di lavoro di fatto risponde a titolo di azione, mentre colui che riveste l’incarico formalmente rimane responsabile per il reato altrui a titolo di concorso per omesso impedimento[1].

Alcuni commentatori, al contrario, interpretato l’inciso in senso alternativoà il titolare del rapporto di lavoro sarebbe responsabile penalmente solo qualora non esista un datore di lavoro di fatto-> si rischierebbe, altrimenti, di ammettere l’esistenza di una sorta di responsabilità da posizione.

 

L’AMMISSIBILITA’ DELLA DELEGA

 

La giurisprudenza maggioritaria abbraccia la tesi organica delle qualifiche. Ciò rende facilmente superabili le posizioni di coloro che, in dottrina, reputano inammissibile la delega di funzioni, quando abbia ad oggetto l’adempimento di obblighi di garanzia gravanti sulle posizioni verticistiche, in quando in contrasto con il principio di inderogabilità della legge penale.

 

Poiché la delega ha ad oggetto il trasferimento di obblighi penalmente sanzionati dal titolare ex lege ad un altro soggetto che li acquista a titolo derivativo si può decisamente affermare che essa, lungi dal costituire una deroga al precetto penale, trasferendo poteri e doveri riferibili alla qualifica di datore di lavoro, determina unicamente uno spostamento del presupposto per la titolarità della qualifica normativa ad un soggetto che lo acquista a titolo derivativo.

Ciò non significa che la delega di funzioni non incontri dei limiti nell’ambito di applicazione. Esistono, infatti, gli obblighi del datore di lavoro che sono indelegabili per la loro stretta correlazione con le scelte aziendali di fondo che gli competono.

Ai sensi dell’ art 17 del Dlgs n. 81/08  non è, infatti, ammessa la delega di funzioni per:

  • attività di valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza e redazione del relativo documento;
  • designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

 

REQUISITI DI VALIDITA’ ED EFFICACIA DELLA DELEGA

 

 

La validità ed efficacia dell’istituto della delega di funzioni sono subordinate  a tassative condizioni e limiti contemplati nell’ art 16 del citato Dlgs n.81/08 che  fissa, in particolare,  le condizioni di validità della delega e il riparto di responsabilità tra delegato e delegante.

La norma richiamata, seppur inserita nell’ambito della normativa antinfortunistica, si erge a principio generale, trovando applicazione ogni volta che ci si trovi di fronte ad un sistema di delega di funzioni, anche in settori diversi (ad esempio, in materia ambientale).

Ai sensi dell’art. 16 del Dlgs n. 81/08 perché la delega sia valida:

 

a) deve risultare da atto scritto avente data certa[2];

b) è necessario che il delegato possegga i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni oggetto della delega. Tale valutazione compete al delegante e deve essere compiuta:

  • ex ante, al momento del conferimento della delega;
  • durante la vigenza della delega, in quanto la sussistenza dell’idoneità tecnica del delegato costituiscono oggetto del controllo che il delegante è tenuto ad esercitare su quest’ultimo;

c) con essa devono essere attribuiti al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate. In caso contrario, la delega sarebbe un atto simulato, prevedendo il trasferimento di poteri e obblighi solo sulla carta;

d) al delegato deve essere attribuita l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. E, infatti, fondamentale, ai fini dell’efficacia della delega, che il delegato disponga di autonomia di spesa perché,  in caso contrario ,sarebbe ravvisabile una ingerenza del delegante che farebbe venir meno, di fatto, il trasferimento dei poteri oggetto della delega stessa;

e) deve essere accettata per iscritto dal delegato. Essendo atto recettizio gli effetti decorrono dall’accettazione;

f) ad essa deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità. La pubblicità non è un requisito di efficacia, ma la violazione dell’obbligo di pubblicità della delega può determinare una disfunzione organizzativa che, nel caso in cui si verifichi l’evento dannoso, comporta una responsabilità del vertice per organizzazione difettosa.  Ciò in quanto il soggetto in posizione apicale non può mai spogliarsi di quel nucleo minimo indelegabile di garanzia costituito dalla corretta organizzazione dell’impresa.

 

OBBLIGO DI VIGILANZA

Il comma 3 dell’art. 16 del Dlgs n. 81/08 recita “la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”:

La sussistenza di questo obbligo di vigilanza, sostenuta dalla giurisprudenza anche prima del 2008, con la disposizione richiamata ha trovato riconoscimento positivo.

L’esistenza di una delega valida ed efficace, quindi, consente al datore di lavoro di andare esente da responsabilità per gli eventi dannosi verificatisi nei confronti dei lavoratori, ma ciò solo ove egli abbia esercitato correttamente l’obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento delle funzioni delegate.

In caso di violazione dell’obbligo di vigilanza il delegante risponde a titolo di concorso nel reato omissivo commesso dal delegato, per omesso impedimento dell’evento dannoso.

 

Il comma 3, nella formulazione modificata nel 2009, reca una presunzione assoluta di adempimento dell’obbligo di controllo, in caso di adozione di un modello organizzativo adeguato, prevedendo, inoltre, che  “l’obbligo di vigilanza si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art 30 comma 4

 

Va detto che il controllo cui il datore di lavoro è obbligato non è un controllo continuativo, giornaliero e costante. Tale tipo di vigilanza oltre a risultare inesigibile nelle imprese di grandi dimensioni o dislocate territorialmente presenterebbe anche indubbi profili  di incostituzionalità per contrasto con il principio di personalità.

Il controllo richiesto al delegante può attenere semplicemente a:

  • riunioni periodiche;
  • flussi informativi;
  • documentazione dell’attività del delegato.

 

In buona sostanza,  per effetto della delega si consolidano :

1. l’obbligo di garanzia, oggetto della delega, in capo al delegato, che lo acquisisce a titolo derivativo;

2. l’obbligo di garanzia in capo al delegante, che sorge sotto forma di obbligo di controllo dell’operato del delegato.

La permanenza di un obbligo di garanzia, sotto la forma di obbligo di vigilanza, giustifica, ai sensi dell’art 40 cp, in caso di violazione, l’estensione della responsabilità penale ad entrambi i soggetti per omesso impedimento dell’evento dannoso.

Onde evitare di lasciare impunita la violazione dell’obbligo di vigilanza da parte del datore di lavoro, sarebbe plausibile colmare il vuoto normativo estendendo a quest’ultimo la responsabilità per omesso impedimento, mediante l’applicazione delle norme sul concorso di persone.

 

Per completezza di trattazione occorre precisare che , ai sensi dell’ art 16 comma 3 bis del Dlgs più volte citato il soggetto delegato può a sua volta delegare specifiche funzioni oggetto della delega, ma a determinate condizioni di validità ed efficacia, che si aggiungono a quelle previste per la delega di primo grado.

Ai fini della legittimità della subdelega :

1) è necessaria una previa intesa tra delegante e delegato;

2) è preclusa una sub delega di secondo grado;

3) è necessaria la specificità dell’oggetto della sub delega, che può essere riferito solo a specifiche funzioni (ciò implica l’impossibilità per il delegato di spogliarsi integralmente dalle funzioni delegategli in prima battuta);

4) l’obbligo di vigilanza del delegante si estende anche all’operato del sub delegato.

 

 


[1] Alcuni commentatori, al contrario, sostengono che il titolare del rapporto di lavoro sarebbe responsabile penalmente solo qualora non esista un datore di lavoro di fatto. Tale ipotesi presenta evidenti note di criticità. In primis  la condivisione del postulato condurrebbe inerzialmente ad ammettere l’esistenza di una sorta di responsabilità da posizione

[2] La forma scritta è richiesta dalla giurisprudenza ad substantiam.

Ilaria Leccese

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