La definizione agevolata delle liti tributarie

Redazione 05/05/17
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1. I lineamenti dell’agevolazione
L’art. 11 del d.l. 24.4.2017, n. 50, disciplina la “definizione agevolata delle controversie tributarie”.
L’oggetto della norma sono soltanto le controversie per le quali sussistono le seguenti condizioni:
a) le controversie devono essere oggetto della giurisdizione tributaria di cui al d.lgs. 31.12.1992, n. 546;
b) parte della controversia deve essere l’Agenzia delle Entrate, per cui il beneficio è escluso se parte è l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ente locale, la CCIAA, il consorzio di bonifica, ecc.;
c) la causa deve essere pendente in ogni stato e grado di giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio;
d) la costituzione in giudizio di primo grado del contribuente deve essere avvenuta entro il 31.12.2016; di conseguenza non rileva la data in cui è stato proposto il ricorso né quella in cui la procedura di reclamo mediazione si è conclusa, ma soltanto la data in cui il fascicolo è stato depositato presso la commissione tributaria di primo grado. Ad esempio, se l’avviso di accertamento è stato notificato il 28.10.2016 e il ricorso il 27.12.2016 e il fascicolo è stato depositato il 30.12.2016, la definizione agevolata è ammessa, ma sé esclusa se il deposito è avvenuto il 2.1.2017 ovvero entro il termine ultimo del 27.1.2017;
e) il processo non deve essersi concluso con pronuncia definitiva alla data in cui il contribuente ha presentato la domanda di definizione agevolata; a tale proposito rileva non la data dell’udienza ma quella di pubblicazione della sentenza, da identificare con il giorno in cui la pronuncia è stata depositata. Ad esempio, se l’udienza è di data 15.3.2017, la sentenza definitiva è depositata il 26.9.2017 e la domanda è stata presentata il 20.9.2017, la definizione è ammessa; se, invece, la domanda è stata presentata il 27.9.2017, il beneficio è escluso.
I CASI DI ESCLUSIONE DELLA DEFINIZIONE AGEVOLATA

Controversia non attribuita alla competenza delle commissioni tributarie (ad esempio, azione di accertamento negativo, risarcimento di danni, ecc.);
controversia nella quale è parte l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ente locale, o l’ent che gestisce il tributo;
controversia nella quale è parte l’agente della riscossione (ad esempio, vizio di notifica della cartella di pagamento, iscrizione dell’ipoteca, ecc.); tuttavia, la definizione è ammessa se nella controversia è presente anche l’Agenzia delle entrate per illegittimità sostanziale della pretesa;
controversia con sentenza definitiva intervenuta prima della presentazione dell’istanza di definizione;
controversia la cui costituzione in giudizio in primo grado sia stata fatta dopo il giorno 31.12.2016;
controversia avente ad oggetto, anche solo in parte:

. le risorse proprie tradizionale previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 17.6.2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio del 26.5.2014;
. l’IVA riscossa sulle importazioni;
. le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13.7.2015.
2. L’oggetto della definizione
Il contribuente che ha presentato il ricorso introduttivo del giudizio, o chi vi è subentrato ovvero ne ha la legittimazione, può presentare l’istanza di definizione. Tale atto comporta:
a) il pagamento:

di tutti gli importi indicati nell’atto impugnato che sono stati oggetto di contestazione; ovviamente, quelli che non sono stati contestati sono già stati oggetto di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate;
degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo conteggiati applicando il tasso annuo del 4%, ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. 29.9.1973, n. 602, conteggiati, però, fino al 60° giorno successivo alla data in cui l’atto è stato notificato;

b) l’abbandono delle somme dovute a titolo di:

sanzioni collegate al tributo;
interessi di mora di cui all’art. 30 del d.p.r. 29.9.1973, n. 602.

Se la controversia ha per oggetto esclusivamente le sanzioni che non sono collegate al tributo (ad esempio, la mancata restituzione di un questionario, il quadro RW, ecc.), la definizione comporta il pagamento del 40% degli importi contestati.
Se la controversia ha per oggetto esclusivamente le sanzioni che sono collegate ai tributi cui si riferiscono (ad esempio, dichiarazione infedele, ecc.), la definizione non è subordinata al pagamento di alcun importo se il contendere relativo al tributo è già stato altrimenti definito anche con modalità diverse da quelle previste dall’art. 11 del d.l. 24.4.2017, n. 50.
ATTENZIONE

La norma non disciplina se è dovuto o meno il pagamento delle somme dovute a titolo di:
aggio di riscossione;
spese di notifica dell’atto impositivo;
contributi INPS liquidati nella cartella di pagamento o accertati.
Le spese di giustizia liquidate con la sentenza non sono dovute, non essendo indicate nell’atto impugnato.
Non ha alcun effetto la sentenza che è stata emessa dalla commissione tributaria provinciale o dalla commissione tributaria regionale che ha accolto il ricorso, in tutto o in parte, poiché rilevano soltanto le risultanze presenti nell’atto impugnato.

3. L’istanza di definizione
Entro il 30.9.2017,  a pena di inammissibilità, il contribuente deve presentare all’Agenzia delle entrate la domanda di definizione della controversia pendente.
L’atto, redatto in carta semplice, cioè in esenzione dall’imposta di bollo, deve essere presentata in forma autonoma relativamente a ciascun atto impugnato.
4. Le somme dovute
Il versamento delle somme dovute può essere effettuato come segue:
a) se l’importo non è superiore a 2.000 euro, la somma dovuta deve essere versata in unica soluzione entro il 30.9.2017;
b) se l’importo è superiore a 2.000 euro, è possibile pagare il debito con una delle seguenti modalità:

in unica soluzione entro il 30.9.2017;
in tre rate così articolate, senza dover effettuare il calcolo degli interessi:

– il 40% entro il 30.9.2017;
– il 40% entro 30.11.2017;
– il 20% entro 30.6.2018.
Per ciascuna controversia autonoma va fatto un separato versamento.
ATTENZIONE
Chi ha presentato la domanda per la c.d. “rottamazione dei ruoli” di cui all’art. 6 del d.l. 22.10.2016, n. 193, può usufruire dell’attuale definizione solo unitariamente a quella per la quale ha già richiesto l’applicazione del precedente beneficio.
La definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata.
Se non risultano somme da versare, la definizione è perfezionata con la sola presentazione della domanda.
La definizione agevolata che si è perfezionata esplica i suoi effetti a favore dei coobbligati.
5. Le somme versate in pendenza di giudizio
Il contribuente deve eseguire il pagamento delle somme dovute in base all’atto impugnato che hanno costituito l’oggetto della contestazione. Più in particolare, il conteggio deve essere eseguito dal contribuente tenendo presente che devono essere considerate le somme dovute a titolo di:

tributi dovuti all’Agenzia delle entrate, quali risultano dall’atto impugnato;
interessi per ritardata iscrizione a ruolo conteggiati applicando il tasso annuo del 4% “calcolati fino al 60° giorno successivo alla notifica dell’atto”; va ricordato che l’art. 20 del d.p.r. 29.9.1973, n. 602, a differenza, dispone che il conteggio deve considerare l’arco di tempo che va “a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli” per cui il contribuente deve eseguire il calcolo per l’integrazione che va dalla data di consegna del ruolo al 60° giorno successivo alla notifica dell’atto.

Dalla somma liquidata va dedotto l’ammontare degli importi:
che sono stati versati in pendenza di giudizio, cioè quelli che sono dovuti in base:
– alla cartella di pagamento, poiché il ricorso non sospende la riscossione;
. all’avviso di accertamento cioè in ragione:
a) di 1/3 delle imposte e degli interessi dovuti entro il termine di proposizione del ricorso (art. 15 del d.p.r. 29.9.1973, n. 602);
b) dell’ammontare deciso dalla commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso e comunque non oltre 2/3 delle somme dovute se il ricorso è stato parzialmente accolto (art. 68, comma 1, lett. b), del d.lgs. 31.12.1992, n. 546);
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza emessa dalla commissione tributaria regionale;
– che sono dovuti in base alla definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo di cui all’art. 6 del d.l. 22.10.2016, n. 193.
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AVVERTENZA
La definizione agevolata non dà comunque luogo alla restituzione delle somme che sono già state versate “ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.
Le somme versate per le sanzioni non sono oggetto di restituzione.
6. Il contenzioso
Gli effetti della definizione agevolata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali che non sono passate in giudicato. Ad esempio, se il ricorso presentato dal contribuente è stato accolto dalla commissione tributaria provinciale, la definizione comporta l’obbligo di presentare la domanda e di eseguire il pagamento delle somme dovute in base all’atto impositivo, cioè i tributi e gli interessi.
Le controversie definibili non sono sospese. Tuttavia, il contribuente può presentare l’apposita richiesta al giudice nella quale deve dichiarare di volersi avvalere della norma di favore. Soltanto in questa ipotesi il processo è sospeso fino al 10.10.2017. inoltre, la sospensione permane fino al 31.12.2018 se entro la suddetta data è depositata la copia della domanda e dell’avvenuto versamento delle somme dovute e della prima rata.
Per le controversie che possono essere oggetto di definizione sono sospesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali di riassunzione che scadono dal 24.4.2017 al 30.9.2017.
7. Il diniego
Il diniego della definizione va notificato entro il 31.7.2018 con l modalità previste per gli atti processuali.
Il diniego può essere impugnato entro 60 giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale la causa è pendente, cioè avanti la commissione tributaria provinciale o la commissione tributaria regionale nel caso di giudizio in appello ovvero la Corte di cassazione.
AVVERTENZA
Se la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per proporre l’impugnazione, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro il termine di 60 giorni decorrenti dalla data in cui quest’ultimo atto è stato notificato.
Il processo si estingue in mancanza dell’istanza di trattazione presentata entro il termine del 31.12.2018.
Se la controversia è definibile, l’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego costituiscono l’istanza di trattazione.
Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate.
8. Rinvio
Le modalità di attuazione della normativa sono demandate a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Redazione

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