La CTP di Lecce, sez 4, dichiara illegittima la procedura di revisione del classamento effettuata nel Comune di Lecce

Redazione 05/07/13
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Si segnala, tra le altre, la sentenza n. 505/04/13, pronunciata il 13 giugno 2013, la CTP di Lecce, Sez. 4, che in accoglimento del ricorso presentato dallo Studio Legale Tributario Leo, ha annullato un avviso di accertamento catastale emesso ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311/2004.

Secondo quest’ultima norma, “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

Nella fattispecie, nel 2010, il Comune di Lecce aveva richiesto all’Agenzia del territorio l’attivazione del procedimento di revisione catastale. Detto procedimento è stato poi attivato in data 29/11/2010 con determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio.

Orbene, a conclusione del procedimento revisionale, l’Ufficio provinciale di Lecce dell’Agenzia del territorio inviava a tutti gli intestatari di immobili siti nelle microzone 1 e 2 del Comune di Lecce, appositi avvisi di accertamento. Con gli avvisi de quibus, l’Agenzia effettuava in maniera indiscriminata per ogni unità immobiliare uno spostamento in avanti di una classe e un incremento della rendita catastale.

Uno di questi avvisi, notificato a due cittadini leccesi comproprietari di un’abitazione, veniva impugnato in Commissione tributaria con l’assistenza dello Studio Legale Tributario Leo.

Il ricorso veniva accolto integralmente dal Collegio leccese sulla base delle seguenti motivazioni.

In primo luogo, il giudice rilevava la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento. Secondo la CTP “dalla generica motivazione dell’atto impugnato non è dato conoscere le modalità di rilevazione dei valori medi, né gli atti di trasferimento monitorati e rilevati, né la metodologia e la bontà dei sistemi di rilevazione, né la specifica menzione dei rapporti e del relativo scostamento, con conseguente limitazione del diritto di difesa del contribuente interessato. Il singolo contribuente si è, dunque, trovato nella impossibilità di verificare se sussistessero realmente le anomalie poste a base della revisione del classamento (quale imprescindibile presupposto dell’atto di rilassamento) e se e in quale misura le asserite anomalie avessero inciso sulla classe dei singoli immobili. La mera indicazione della nuova classe non è sufficiente a offrire elementi idonei a far comprendere il motivo dello specifico mutamento”.

La Commissione, a sostegno delle proprie affermazioni, esponeva importanti osservazioni di carattere generale sull’obbligo di motivazione degli atti tributari. Sottolineava infatti il giudice come “la motivazione costituisce l’elemento centrale e qualificante degli atti impositivi, attraverso cui l’A.F. rende palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad adottare il provvedimento e a dargli un determinato contenuto”.

Alla luce di ciò “l’obbligo di esporre i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione non può, dunque, risolversi nella mera elencazione di norme che si ritengano astrattamente applicabili, ma impone di procedere all’enunciazione degli elementi probatori specifici in seno alla motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, in modo da consentire al contribuente anche il controllo sull’attività istruttoria e sulle modalità di formazione del convincimento dell’Ufficio. Il vizio di motivazione sussiste non sussiste non solo nei casi di radicale carenza, ma anche quando la motivazione si estrinsechi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (motivazione apparente)”.

Non solo. La sentenza in commento è pregevole anche nella parte in cui stabilisce l’impossibilità per l’Ufficio impositore di integrare una motivazione scarna in sede processuale. Ciò in quanto “il processo tributario è diretto ad accertare la legittimità, oltre che la fondatezza, della pretesa tributaria, sulla base dell’atto impugnato e alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente”.

Pertanto, come il contribuente-ricorrente non può introdurre nuovi motivi, oltre a quelli già contenuti nel ricorso, pena la sanzione della inammissibilità, allo stesso modo, l’Ufficio non può integrare in sede processuale la motivazione dell’avviso di accertamento. La motivazione, infatti, “concorre a delimitare la materia del contendere”.

Oltre al difetto di motivazione, il giudice leccese evidenziava la palese violazione dell’art. 61 del DPR n. 1142/1949. La predetta norma impone all’Ufficio di confrontare le unità immobiliari da rilassare con le “unità tipo” ai fini del collocamento nelle categorie e nelle classi prestabilite per zone censuarie.

Diversamente, nella fattispecie, l’Ufficio di Lecce “ha proceduto alla revisione del classamento non attraverso il confronto con il quadro tariffario vigente e con le unità tipo che lo avevano generato, bensì attribuendo indiscriminatamente – a tutte le unità immobiliari comprese nelle microzone interessate – una classe di merito superiore rispetto a quella in precedenza attribuita”.

Con tale modus operandi, fa notare il giudice, l’Ufficio ha ottenuto un incremento seriale di quasi il 20% della base imponibile riferita a circa l’80% delle unità immobiliari a destinazione ordinaria site nel Comune di Lecce. Il risultato di ciò è stata una arbitraria revisione delle tariffe d’estimo, non consentita da nessuna norma di legge. Di fatto, è stata totalmente cancellata la prima classe di tutte le categorie A e C, mentre sono state escluse dall’aumento le unità immobiliari contenute nelle classi apicali, ossia quelle di maggior pregio.

La CTP, dunque, conclude: “Non può che essere censurato l’operato dell’Ufficio che, se pur animato dall’intenzione di eliminare una disomogeneità tra le varie zone, ha di fatto non solo posto nel nulla il diritto del contribuente ad una congrua motivazione, ma ha perfino contribuito ad elevare e non a ridurre la sperequazione esistente”.

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