di Lucia Nacciarone
Un’importante sentenza del 25 ottobre della Corte di Giustizia (Grande Sezione), nei procedimenti riuniti C-509/09 e C-161/10, ha fornito un’interpretazione del Regolamento CE n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale nelle decisioni in materia civile e commerciale e della direttiva 2000/31/CE in materia di pubblicazione di informazioni su internet e violazione dei diritti della personalità, con riguardo all’aspetto specifico dell’individuazione del diritto applicabile alle società di informazione.
Si tratta di due questioni pregiudiziali che sono state sollevate dal giudice tedesco dinanzi alla Corte di Giustizia, che traggono origine dalla seguente vicenda: nel 1993 un uomo, domiciliato in Germania, veniva condannato all’ergastolo, insieme con suo fratello, per l’omicidio di un attore.
Una società di informazione con sede in Austria divulgava in rete la notizia, che rimaneva a disposizione, assieme ai relativi contenuti, con nome e cognome dei condannati, a distanza di tempo a chiunque accedeva al portale. In seguito alla diffida inoltrata dai due, la società di informazione cancellava la notizia.
Col ricorso proposto dinanzi ai giudici tedeschi, i soggetti lesi chiedevano di non riportare più notizie che li riguardavano, indicando per esteso le loro generalità.
Ma la Corte tedesca, interpellata dalla società austriaca condannata dai giudici tedeschi di primo e secondo grado sollevava in via pregiudiziale le questioni concernenti l’interpretazione del regolamento, per individuare appunto il giudice competente, e della direttiva, riguardo al diritto applicabile.
Poiché la società era stata condannata dai giudici tedeschi nei gradi di giudizio inferiori, la prima questione da esaminare era proprio quella relativa alla competenza, e in secondo luogo quella inerente al diritto applicabile.
Con riguardo alla prima, la Corte Federale tedesca chiedeva di stabilire se la locuzione «luogo in cui l’evento dannoso può avvenire» di cui all’art. 5, punto 3, del regolamento, debba essere interpretata nel senso che l’interessato può esercitare un’azione inibitoria contro il gestore del sito internet, indipendentemente dallo Stato membro in cui risiede il gestore, anche dinanzi ai giudici di ogni Stato membro in cui il sito internet può essere consultato.
L’altra questione consisteva nello stabilire se l’art. 3, nn. 1 e 2 della direttiva («Ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società di informazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nell’ambito regolamentato; gli Stati membri non possono (…) limitare la libera circolazione dei servizi della società di informazione provenienti da un altro stato membro») debbano essere interpretate come norme di conflitto, nel senso che esse, anche nell’ambito del diritto civile, prescrivono la sola applicazione del diritto vigente nel paese d’origine, con esclusione delle norme di conflitto nazionali, oppure se tali disposizioni costituiscano un correttivo, nel senso di richiedere l’applicazione delle prescrizioni meno rigorose del paese d’origine.
Analoga questione pregiudiziale è stata sollevata dal Tribunale di Parigi da un attore francese che lamentava la violazione della sua vita privata e del diritto all’immagine, in quanto era stato immortalato con una cantante famosa ed erano stati diffusi su internet i dettagli del loro incontro.
Per questo la Corte di Giustizia ha riunito i due procedimenti.
L’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», sulla cui base va individuato il giudice competente si riferisce, come sottolinea la Corte, sia al luogo del fatto generatore del danno, sia a quello in cui il danno si è concretato.
Ora, trattandosi di diffamazione a mezzo internet, ben può affermarsi che il danno si è concretato in una miriade di luoghi diversi, data la diffusività capillare dello strumento.
Però, poiché l’impatto, sui diritti della personalità di un soggetto, di un’informazione messa in rete può essere valutato meglio dal giudice del luogo in cui la presunta vittima possiede il centro di propri interessi, la competenza va attribuita al giudice di questo luogo, per garantire una buona amministrazione della giustizia.
Con riguardo invece alla seconda questione pregiudiziale, quella relativa alla individuazione del diritto applicabile, la Corte di Giustizia ha stabilito che l’art. 3 della direttiva osta a che il prestatore di un servizio del commercio elettronico (nella fattispecie, la società di informazione) sia soggetto a prescrizioni più rigorose di quelle in vigore nello Stato membro di stabilimento di tale prestatore.
Se ciò non fosse, e la società fosse assoggettabile alla leggi più severe dello Stato membro ospitante, si avrebbe una lesione del principio fondamentale della libertà di circolazione dei servizi.
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