La Consulta e il talidomide nel 2019

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Analisi della sentenza n. 55 del 20 marzo 2019

L’antefatto

Tra la fine degli anni 50 e gli inizi degli anni 60 faceva ingresso nelle farmacie del nostro Paese il talidomide, sedativo venduto specialmente alle donne sofferenti per i dolori della gravidanza. Successivamente si scopriva la teratogenicità di tale farmaco, ossia che causava malformazioni gravissime sui feti come amelia (assenza degli arti) o diversi tipi di focomelia (riduzione delle ossa degli arti). Veniva quindi ritirato dal commercio, dopo aver creato un problema di enorme rilevanza sociale. Per questo motivo nel corso degli anni la tutela delle vittime diventava un topos rilevante nella letteratura giuridica e nei piani del legislatore, prendendo due strade: da un lato, il filone aquiliano, al fine di ricercare una responsabilità civile in capo al produttore del farmaco; dall’altro lato, il filone solidale, costituito dall’indennizzo statale attribuito ai nati con malformazioni.

Il quadro normativo per la tutela indennitaria

La situazione nel nostro ordinamento prevede due differenti normative avvinte dallo stesso scopo di indennizzare le vittime del talidomide. Entrambe invocano lo stesso riferimento normativo per l’inquadramento dell’elargizione economica (ossia l’art. 1 della legge 29 ottobre 2005 n. 229 recante disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie):

  • La l. 24 dicembre 2007 n. 244 recante ‘’disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2018)’’ e successive disposizioni, che garantivano la corresponsione dell’indennizzo ‘’ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco’’, nati dal 1959 al 1965, a decorrere dal 1° gennaio 2008.
  • L’art. 21 ter, 1° comma, d.l. 24 giugno 2016 n. 113, convertito, con modificazioni, nella l. 7 agosto 2016 n. 160, riconosce la spettanza del medesimo indennizzo per avvenuta somministrazione di talidomide ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, a decorrere dalla ‘’data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto’’, id est dal 21 agosto 2016.

La vicenda del ricorrente

Ai fini di questo caso interessa la vicenda del Sig. C.G.B.. Egli, nato nel 1958, è affetto da malformazione congenita dell’arto superiore sinistro, cagionata dall’assunzione da parte della madre, durante la gravidanza, del farmaco talidomide. Il Sig. C.G.B. si rivolge inizialmente alla P.A. per ottenere l’indennizzo, con richiesta di calcolarlo partendo dal 1° gennaio 2018. L’Amministrazione rigetta la richiesta in quanto la legge applicabile per l’istante, essendo nato nel 1958, è la n. 160/2016 (e quindi l’indennizzo va calcolato, in misura molto più esigua, dal 21 agosto 2016). Il Sig. C.G.B. allora cita in giudizio il Ministero della Salute presso il foro di Bergamo, al fine di vedere soddisfatta la propria pretesa.

La questione di pregiudizialità costituzionale

Il 9 dicembre del 2016 il tribunale di Bergamo con ordinanza sospende il giudizio per pregiudiziale di costituzionalità. Il giudice a quo sospetta che l’art. 21 ter l. 160/2016 contrasti con l’art. 3 della Costituzione, e quindi con il principio di eguaglianza ivi enucleato, a causa del differente dies a quo per la corresponsione del medesimo indennizzo tra i nati tra il 1959 e il 1965, da un lato, e i nati nel 1958 e nel 1966, dall’altro.

Il percorso logico-giuridico della Corte costituzionale

La Consulta, come già consolidato (Cost. 342/2006; 118/1996), ribadisce dapprima che ‘’la determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione degli interventi assistenziali avviene secondo criteri rimessi alla discrezionalità del legislatore, in base ad una ragionevole ponderazione con altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale’’, per legittimare la piena competenza del legislatore nel decidere un dies a quo per il computo dell’indennizzo ben lungi dal momento del manifestarsi delle malformazioni da talidomide. Ciò perché le scelte di compatibilità e di priorità nelle quali si sostanziano le politiche sociali dello Stato debbono essere composte nell’equilibrio del bilancio (così anche Cost. 27/1998).

Poiché la diatriba va oltre questa premessa, la Consulta prosegue nel suo ragionamento, che porterà ad accogliere la questione di legittimità sollevata dalla corte territoriale, infatti ‘’le scelte discrezionali che il legislatore può compiere (…) non devono essere affette da palese arbitrarietà e irrazionalità, e in particolare non devono comportare una lesione, oltre che del nucleo minimo della garanzia, anche della parità di trattamento tra i destinatari’’.

Le ragioni dell’Avvocatura di Stato resistente

L’Avvocatura di Stato resiste adducendo come motivazione a tale disparità di trattamento la diversa ‘’imputabilità’’ allo Stato dei fatti dannosi collegati al farmaco: laddove per i pazienti nati tra il 1959 e il 1965 l’indennizzo si basi sulla responsabilità dello Stato per l’immissione in commercio del talidomide senza previ e adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, per i pazienti nati nel 1958 e nel 1966 l’indennizzo presenterebbe un mero carattere solidaristico, esclusa ogni responsabilità in capo al Paese. Ciò perché, sempre secondo l’Avvocatura, il talidomide sarebbe stato immesso in commercio in Italia nel 1959 e non prima, e una volta ritirato, nel 1962, avrebbe esaurito i suoi effetti nel 1965.

La soccombenza dell’Avvocatura di Stato e la natura dell’indennizzo

Le obiezioni dell’Avvocatura di Stato vengono totalmente superate dalla Corte. Nei fatti, il talidomide poteva essere già legittimamente in circolazione nel 1958 importato dai mercati stranieri, poiché era stato registrato il 2 aprile del medesimo anno a’ sensi del r.d. 1265/1934. Inoltre, scientificamente era perfettamente accettabile che gli effetti dannosi del farmaco si propagassero anche ai feti nati nel 1966.

Il punto nodale della questione risiede però nel diritto, ossia nel chiarificare la natura dell’indennizzo, che la parte resistente aveva erroneamente in parte localizzato nel campo aquiliano. Difatti sia la l. 244/2007 che la l. 160/2016 – mera estensione della prima – ‘’presentano natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva, alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost., garantita ai cittadini in una soluzione di bisogno che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha ritenuto meritevole di particolare tutela’’.

Di conseguenza è censurata, perché in insanabile contrasto con l’art. 3 Cost., la scelta del legislatore del 2016, il quale decide di estendere l’indennizzo ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, ma posterga in maniera penalizzante il dies a quo del beneficio.

Conclusione: il dispositivo

È incostituzionale l’art. 21 ter, 1° comma, d.l. 24 giugno 2016 n. 113, convertito, con modificazioni, nella l. 7 agosto 2016 n. 160, nella parte in cui riconosce l’indennizzo per avvenuta somministrazione di talidomide ai soggetti nati nell’anno 1958 e 1966, dalla ‘’data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto’’, anziché dalla ‘’medesima data prevista per i soggetti nati negli anni dal 1959 al 1965’’.

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