La concorrenza

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Qualsiasi impresa è soggetta alla disciplina della concorrenza, che si ha quando più operatori economici  sul mercato rispondono alla stessa domanda di beni e servizi.

La concorrenza perfetta

La concorrenza perfetta, nella quale esiste informazione, trasparenza e trasparenza di mercato, libertà di ingresso e assenza di barriere è una realtà non facile da realizzare, contrastata quasi sempre da concentrazioni e pratiche limitative, dalla distribuzione non omogenea delle risorse, dalla più o meno facile mobilità della manodopera e da una serie di altri ostacoli soggettivi e oggettivi.

Non sempre simili aspetti sono negativi per il mercato, ma una loro corretta gestione potrebbe favorire lo sviluppo.

A questo proposito, come riportato da alcune fonti, il legislatore italiano consente delle limitazioni legali della concorrenza per scopi di utilità sociale, la creazione di monopoli in determinati settori, le limitazioni negoziali che non ledano la libertà di iniziativa economica.

Nonostante questo, la struttura concorrenziale del mercato non può essere pregiudicata in modo rilevante, perché dovrà sempre essere preservata la libertà di iniziativa economica privata disciplinata all’articolo 41 della Costituzione.

I comportamenti pericolosi per la struttura concorrenziale, che vengono messi sotto il controllo della disciplina antimonopolistica nazionale ed europea, sono le intese restrittive della concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni.

Le intese restrittive della concorrenza

Le intese rappresentano dei comportamenti attraverso i quali le imprese limitano la loro libertà di azione sul mercato.

 

Si rendono evidenti con degli accordi, in deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese e organismi simili e in pratiche concordate.

Questi comportamenti non sono sempre vietati, però si mettono  in contrasto con l’ordinamento, e la conseguenza che ne deriva è che sono nulle, esclusivamente quelle intese che hanno come oggetto oppure effetto, di impedire, restringere o falsare la concorrenza in modo consistente.

Anche queste possono essere autorizzate in modo temporaneo al ricorrere di determinate condizioni e non deve essere eliminata la concorrenza da una parte cospicua del mercato.

L’abuso di posizione dominante

L’abuso di posizione dominante rappresenta quel determinato fenomeno che si verifica quando un’impresa è in grado di esercitare un forte condizionamento e agire senza che si debba preoccupare della concorrenza nel mercato nazionale o europeo oppure in una sua parte rilevante e sfrutta queste potenzialità in modo abusivo, pregiudicando la concorrenza effettiva e, di conseguenza, i concorrenti e i consumatori.

 

Sono considerate ipotesi di abuso di posizione dominante e, di conseguenza, sanzionate in modalità pecuniaria, con l’ordine di cessazione e, a volte, con la sospensione dell’attività di impresa. l’imposizione di prezzi o condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi; l’impedire o il limitare La produzione, gli sbocchi e gli accessi al mercato e lo sviluppo tecnico.

L’applicazione di condizioni oggettivamente diverse dinanzi a prestazioni equivalenti.

Oltre all’abuso di posizione dominante è vietato anche l’abuso dello stato di dipendenza economica di altra impresa, punito con la nullità del relativo patto, il risarcimento danni e, se la concorrenza può essere compromessa.

Le concentrazioni

Le concentrazioni possono essere giuridiche oppure economiche e si hanno, rispettivamente, quando due o più imprese si fondono in un’unica impresa, oppure, nonostante continuino a conservare la loro identità giuridica, si fondono esclusivamente dal lato economico.

Sono illecite quando la concorrenza viene alterata e comportano una grave alterazione della concorrenza.

In presenza di simili circostanze l’unica sanzione prevista è data dal risarcimento del danno, mentre non è contemplata la nullità.

La disciplina delle concentrazioni si applica anche quando due o più imprese costituiscono un’impresa societaria comune se lo scopo principale dell’azione è il coordinamento dei loro comportamenti concorrenziali.

Non si ha concentrazione quando le imprese che partecipano alle azioni tipizzate fanno parte di uno stesso gruppo e quando una banca o un’impresa finanziaria acquistano il controllo su un’impresa per rivenderla sul mercato ma non esercitano il diritto di voto per il periodo nel quale sono in possesso delle azioni.

La concorrenza sleale

La disciplina in tema di concorrenza sleale vede la sua applicazione al ricorrere di determinati requisiti.

È necessario che sia il soggetto che compie l’atto di concorrenza sia il soggetto che lo subisce siano imprenditori.

Questi soggetti devono avere un rapporto di concorrenza economica, secondo l’opinione dominante anche esclusivamente potenziale e non è detto che sia relativa alla stessa categoria di consumatori ma anche operatori posti su livelli economici diversi.

A questo proposito sembra opportuno precisare che il primo requisito, vale a dire quello soggettivo, non viene in risalto espressamente dal dato letterale, ma si ricava in via indiretta dal secondo requisito.

Se risulta evidente che il soggetto che subisce l’atto di concorrenza deve essere un imprenditore,  affermare lo stesso in relazione al soggetto che lo compie se non venga considera la necessità che tra i due soggetti ci sia una concorrenza, circostanza che si può verificare esclusivamente tra imprenditori.

La pubblicità ingannevole e comparativa

La pubblicità ingannevole e comparativa si è enucleata dalla generica disciplina in tema di concorrenza sleale.

Si tratta di una specifica regolamentazione che sanziona la pubblicità ingannevole e la pubblicità comparativa illecita, sulla base della circostanza che ogni divulgazione di notizie tra il pubblico a scopo promozionale deve essere palese, veritiera, corretta e riconoscibile.

Questa regolamentazione è contenuta del codice del consumo e ha come obiettivo quello di tutelare non imprenditori in concorrenza in modo esclusivo, come fa la disciplina della concorrenza sleale, ma anche espressamente i consumatori.

Una pubblicità può essere definita ingannevole quando risulta idonea a fare cadere in errore i consumatori in relazione al prodotto o al servizio che promuove.

In questo modo ne pregiudica le scelte economiche.

Una pubblicità comparativa illecita si ha quando il confronto dei beni e servizi di un’impresa con quelli dei suoi concorrenti, che è lecito, sia relativo a prodotti non in concorrenza, provocando confusione.

Inganna i consumatori e il suo unico scopo è quello di screditare il concorrente, oppure, è relativo a caratteristiche dei prodotti che non sono essenziali, pertinenti e verificabili.

Contro simili mezzi pubblicitari c’è una specifica tutela amministrativa, affidata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che può annullare gli atti di pubblicità ingannevole o comparativa illecita e ordinare l’eliminazione degli effetti che gli stessi potrebbero avere prodotti.

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