La cartolarizzazione dei crediti, una nuova risposta normativa ad esigenze di natura finanziaria

Redazione 22/05/02
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di Andrea Batelli

Con la Legge n. 130 del 30 Aprile 1999 è stata finalmente introdotta anche nel nostro paese una disciplina sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti. La “cartolarizzazione, “ o “titolarizzazione” dei crediti, consiste in una prassi finanziaria che già da parecchi anni nel sistema finanziario anglosassone ha assunto un’importanza non certo da sottovalutare, trovando nei sistemi giuridici basati sulla common law, come appunto quello inglese, il più alto livello di espressione. Ed ecco, quindi, che ancora una volta il legislatore italiano si ispira a figure giuridiche d’oltre Manica per disciplinare realtà interne di natura finanziaria.

La cartolarizzazione dei crediti è un’ OPERAZIONE FINANZIARIA che trova la propria origine nella cessione di crediti ma che poi si completa attraverso la costituzione di titoli basati sui crediti stessi idonei ad essere emessi sul mercato finanziario. Di conseguenza una vera e propria COMPLESSA OPERAZIONE FINANZIARIA che non si traduce, quindi, in una semplice cessione di crediti.

La tecnica della cartolarizzazione si è largamente sviluppata soprattutto negli Stati Uniti d’America basandosi, inizialmente, sulla mobilizzazione dei mutui edilizi, per poi trovare largo uso anche sui crediti concessi tramite carte di credito, crediti per l’acquisto di autovetture e per il finanziamento di infrastrutture e di attività di leasing. In Europa, oltre all’esperienza inglese va ricordata quella di altri paesi con ordinamenti giuridici non basati sulla common law che di conseguenza presentano aspetti interessanti circa il modo in cui la tecnica della cartolarizzazione è stata interpretata e disciplinata. Senza dubbio interessante è l’esperienza francese. Nel sistema francese con la Legge 23 dicembre 1988 modificata poi dalla Legge 4 gennaio 1993 n. 93-6, la cartolarizzazione dei crediti avviene attraverso l’emissione da parte delle società di gestione di certificati di partecipazione al fondo abilitato ad investire in crediti. Si parla quindi di un sistema di titolarizzazione basato sulla creazione di fondi comuni monoprodotto.

                   Il legislatore italiano, invece, nel creare una disciplina interna sulla cartolarizzazione di crediti ha scelto una strada che si ispira maggiormente al sistema d’oltre Manica. Si è optato, infatti, per la costituzione di intermediari ad hoc (SPV “ Special purpose vehicle”) ai quali i crediti vengono ceduti al fine di emettere titoli sul mercato finanziario. La securitization  così come intesa e disciplinata dalla Legge n.130 risolve molteplici impedimenti di carattere normativo che scoraggiavano l’utilizzo di questa tecnica finanziaria in Italia e a cui si era parzialmente cercato di ovviare già con l’articolo 39 del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, prevedendo la possibilità di investire il patrimonio dei fondi in qualsiasi bene e quindi anche in crediti.

In questo modo era normativamente previsto anche in Italia un sistema di cartolarizzazione che  tuttavia non avveniva attraverso intermediari costituiti ad hoc ma che si appoggiava comunque su fondi comuni di credito, privi, quindi, di una propria personalità giuridica.

Questo spingeva sempre più le aziende italiane ad organizzare all’estero importanti operazioni di titolarizzazione di crediti e a far si che queste non fossero disciplinate dal diritto interno. Ne è un esempio l’esperienza di cartolarizzazione del Banco di Sardegna  che risale al 1997. L’operazione realizzata in collaborazione con l’Abn Amro Bank prevedeva la cessione di crediti per un valore lordo di 300 miliardi ed è stata suddivisa in diverse fasi:

  1. Cessione in blocco alla filiale di Londra di Abn Amro Bank di uno stock di crediti                                              garantiti da ipoteca per un valore di libro di 174,7 miliardi ad un prezzo di 153,8 miliardi.
  2. Cessione ad Abn Amro Bank di titoli di Stato con scadenza residua non superiore a 18 mesi per un valore di 600 miliardi, a prezzi di mercato.
  3. Costituzione di una SPV controllata da un trust con sede nel Jersey al quale sono stati ceduti crediti e titoli.
  4. Emissione da parte dell’SPV di tre tipi di obbligazioni regolate dalla legge del Jersey, per un controvalore nominale pari al valore delle attività acquistate.

L’esperienza sopra riportata in quelli che ne costituiscono gli elementi essenziali dimostra come l’esigenza di dover ricorrere a questo strumento finanziario fosse forte nel nostro paese, a tal punto da dover far riferimento a normative e partner stranieri per poter beneficiare di strumenti finanziari ancora non previsti nel nostro paese.

Ma l’esperienza del Banco di Sardegna sta anche ad indicare come tale esigenza fosse prevalentemente sentita dalle Banche. A pochi mesi dalla promulgazione della legge sono già diverse le esperienze di securitization  operate secondo il diritto interno da Istituti italiani. Ma cerchiamo di capirne il perché.

Quali sono i vantaggi che questo strumento finanziario riserva per gli Istituti di credito?

Ebbene le risposte sono molteplici ed immediate.

Innanzi tutto va detto che attraverso la securitization si apre la strada ad una nuova possibilità di cedere quelle posizioni di credito classificate “a sofferenza” che pesano non poco sulle redditività delle aziende. Ciò comporta  quindi un miglioramento della qualità del proprio portafoglio impieghi e soprattutto un miglioramento del rapporto impieghi-sofferenze nel bilancio. La cessione inoltre può avvenire sia pro-soluto che pro-solvendo. In ambedue i casi le aziende rimuovono i crediti ceduti dalle attività con un miglioramento della struttura patrimoniale e riduzione dei costi operativi. Ma soprattutto si comincia ad illuminare i crediti in sofferenza di nuova luce. Questi, infatti, possono essere visti non più solo come un peso per la redditività aziendale ma anche, e soprattutto, come nuovi basi finanziarie su cui ipotizzare strategie di mercato.

Ritengo che gran parte dell’importanza di questo strumento finanziario risieda proprio in quest’ultima considerazione. L’innovazione consiste proprio nel commutare posizioni svantaggiose in basi  per operazioni finanziarie idonee a generare i più diversi risvolti economici. E la conferma di ciò deriva proprio dall’art.1 della Legge in discorso con il quale nel definire l’ambito di applicazione della norma si stabilisce che la stessa si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti che futuri.

Nel prevedere l’applicabilità della normativa in discorso anche a crediti futuri a mio avviso il legislatore fa chiaramente intendere la volontà di proiettare la disciplina sulla cartolarizzazione in un quadro finanziario ove il dinamismo delle operazioni non si ferma a ciò che è già in essere. Il tempo e i conseguenti riscontri sul piano finanziario ci diranno se la nuova normativa sulla cartolarizzazione dei crediti può ritenersi esaustiva in considerazione di quelle che sono le esigenze della vita economica del nostro paese.

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