La caparra confirmatoria

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La caparra, nel diritto civile, è una somma di denaro o una quantità di altre cose fungibili versata a titolo di reciproca e mutuale garanzia contro l’inadempimento nel contratto oppure come corrispettivo in caso di recesso dal contratto.

La sua funzione è quella di prevedere una sorta di risarcimento immediato nel caso di inadempienza contrattuale e in caso di adempimento deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

Si applica di solito in quei contratti a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori dei quali si abbia un’esecuzione differita e che prevedano un pagamento in soluzione non unica.

Si costituisce con la semplice consegna della somma di denaro, e la dazione deve essere perfezionata prima del momento di esecuzione della prestazione e della controprestazione, perché sono le azioni delle quali la caparra va a garantire la futura esecuzione.

Se vuoi sapere tutto sulla caparra e leggi approfondisci con “Clausola penale e caparra” di Manuela Rinaldi.

Con il versamento della caparra, la parte che l’ha versata (tradens) si impegna a non recedere dal contratto pena la perdita della stessa.

La parte che l’ha ricevuta (accipiens) si impegna a non recedere pena la restituzione del ricevuto più il pagamento di un ulteriore uguale importo al versante.

In genere gli ordinamenti consentono patti per i quali alla parte non inadempiente è consentito richiedere alla parte inadempiente, se non impedito da circostanze di fatto, in luogo della restituzione o ritenzione delle caparre, l’esecuzione in forma specifica del contratto o la sua risoluzione.

A seconda dell’accordo tra le parti, la caparra può costituire una generica garanzia contro l’inadempimento, oppure può valere di corrispettivo per il recesso, una sorta di indennizzo.

Se la caparra vale come indennizzo per i danni eventualmente patiti a causa della mancata sottoscrizione del contratto, con la sua ritenzione o restituzione si considera risarcito il danno e con la ritenzione, se la parte inadempiente è chi l’aveva versata, o la restituzione con aggiunta di un pari importo, se la parte inadempiente è chi l’aveva ricevuta, il negozio non adempiuto si chiude senza altre conseguenze.

Al contrario, se la caparra ha funzione di garanzia, la parte non inadempiente, fermo restando il diritto alla ritenzione o restituzione della caparra, può anche agire per il risarcimento dei danni.

Si è molto dibattuto in dottrina sulla relazione eventuale tra la caparra e la clausola penale.

La funzione di risarcimento dei danni arrecati alla parte non inadempiente dalla stipulazione del contratto, nella caparra confirmatoria, non è però esaurita nella esclusiva ritenzione o restituzione della caparra, quello che accade con la clausola penale.

La funzione di “sanzione” della caparra è stata da alcuni autori ravvisata e ritenuta prevalente, in considerazione della proporzione tra la caparra e la possibile entità del danno, che nel richiedere specifico ristoro seguirebbe un iter concettualmente e materialmente differente, restando il fine sanzionatorio a sé.

La caparra penitenziale è quella che in dottrina si è ravvisata più vicina alla disciplina della clausola penale e taluni autori parlano infatti per questa come di multa penitenziale.

Nel diritto italiano la caparra è prevista in due tipi: la caparra penitenziale e la caparra confirmatoria.

La caparra confirmatoria, regolata dall’articolo 1385 del codice civile,

A norma del codice civile, se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare la esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.

La dazione di caparra deve essere esplicitamente dichiarata.

La norma nel suo comma 1 sottolinea che la somma versata deve essere data “a titolo di caparra”, escludendosi si che possa desiumere o dedurre la natura di caparra da altre circostanze non espresse.

Questa caparra si chiama confirmatoria perché in passato costituiva mezzo di prova della formazione del contratto e “confermava” la sua esistenza.

Il nome resta, malgrado oggi i mezzi di prova dell’esistenza del contratto la rendano non più così centrale, anzi marginale, nella verifica probatoria.

La caparra penitenziale, contiene in sé la funzione di corrispettivo del recesso.

A norma del codice civile se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso.

In questo caso il recedente perde la caparra o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.

Il nome non deriva, come potrebbe sembrare, da una “pena” da scontare, ma dallo ius poenitendi, diritto di pentirsi di aver sottoscritto il contratto, e configura il prezzo per l’esercizio di questo diritto.

In materia di contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali e nei quali una delle parti sia un consumatore, l’articolo 67 del decreto legislativo n. 206/2005 (cd. Codice del consumo), prevede che in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, il professionista sia tenuto al rimborso delle somme versate dallo stesso, e con esse le somme versate a titolo di caparra.

L’imputazione di una somma a titolo di caparra, anziché di acconto o anticipo, la sottrae all’imposizione IVA, perché per la prevalente funzione di garanzia contro l’inadempimento, non si può considerare principio di pagamento.

Il suo importo è soggetto a fatturazione esclusivamente quando diventerà parte del pagamento, quindi al buon fine del negozio.

Per questa ragione, l’utilizzo di termini come “anticipo” o simili può comportare differenze nell’interpretazione anche fiscale del contratto.

Abbiamo parlato sopra dell’articolo 1385 del codice civile che da la nozione di caparra. Per completezza riportiamo il testo di seguito:

L’articolo 1385 del codice civile rubricato “caparra confirmatoria” recita testualmente:

Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro, o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

“Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.

Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali”.

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