L’organizzazione dello Sportello Unico per le Attività Produttive.

Peruga Diego 25/10/07
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La struttura organizzativa dello Sportello Unico per le Attività Produttive la normativa è demandata all’autonomia dell’ente comunale, al quale spetta ogni scelta riguardante la dimensione organizzativa dello sportello unico. Spetta infatti al Comune decidere se collocare la nuova struttura presso un servizio o un ufficio già esistente (per esempio, il settore attività produttive; l’ufficio tecnico; l’URP, etc.), oppure costituirla in maniera autonoma. Spetta ancora al Comune decidere se gestire il nuovo servizio in forma singola o associata. La scelta tra l’una e l’altra forma di gestione dipende da diversi fattori, che concorrono a dare concretezza al principio di adeguatezza enunciato all’art. 4, comma 3, lett. g, dalla L. 59/97. Tali fattori possono essere, per esempio: la dimensione demografica, le condizioni socio-economiche, una esistente cooperazione fra Comuni limitrofi, la presenza di enti di servizio sovracomunali (associazione, patti territoriali, etc.), la disponibilità attuale o solo potenziale di aree produttive, e così via. In altri termini, ciascun Comune opterà per una specifica formula organizzativa in base alle proprie caratteristiche: opterà, per esempio, per la gestione singola, quel Comune che dispone delle risorse umane e materiali necessarie, anche in relazione alle esigenze del territorio amministrato e alla capacità di programmare l’attività di sviluppo economico; si prediligerà una gestione associata, invece, laddove si ritenga necessario sfruttare appieno le risorse fornite e le sinergie presenti nelle aree territoriali sovracomunali individuabili come un unico distretto produttivo.
Più specificamente, il D.P.R. 447/98 ha indicato le seguenti forme di gestione:
• singola, per ciascun Comune;
• associata, fra Comuni, ma anche con altri enti locali (Province, Comunità Montane);
• in convenzione con le Camere di Commercio;
• da concordare, con altre pubbliche amministrazioni e/o altri enti pubblici per lo svolgimento di singoli atti istruttori;
• affidamento al soggetto pubblico responsabile del patto territoriale o del contratto d’area.
La forma gestionale singola comporta che sia lo stesso ente locale a promuovere un processo di riorganizzazione interna atto a costituire la struttura di sportello unico e ad erogarne i relativi servizi, utilizzando la propria dotazione organica al fine di avviare, all’interno dei propri uffici, il nuovo servizio. In tal caso si realizza una piena corrispondenza fra struttura comunale e struttura dello sportello unico. Tale corrispondenza tuttavia non può risolversi in una mera distribuzione o ripartizione di compiti tra un ufficio e l’altro, in quanto la struttura di sportello unico deve risultare chiaramente identificabile rispetto alle altre strutture comunali; la suddivisione dei compiti ad essa attribuiti deve, inoltre, essere effettuata sulla base delle risorse di cui essa effettivamente può disporre.
La normativa è, al riguardo, chiara, prevedendo testualmente che i Comuni debbano assicurare “che ad un’unica struttura sia affidato l’intero procedimento”. Ciò significa che, il Comune deve mettere a disposizione delle attività produttive una struttura dotata di autonomia organizzativa, funzionale e decisionale che, pur avvalendosi dell’operato e della consulenza di altre pubbliche amministrazioni, sia in grado di fornire alle imprese tutte le informazioni e i servizi necessari al fine di garantire l’effettiva unicità del procedimento. Ciò in piena conformità al dettato normativo, per il quale “la struttura si dota di uno sportello unico per le attività produttive, al quale gli interessati si rivolgono per tutti gli adempimenti previsti dai procedimenti di cui al presente regolamento”.
La seconda modalità di gestione della struttura, come già indicato nell’art. 24 del D.Lgs. 112/98 è, come ribadito dall’art. 3, commi 1 e 2, del D.P.R. 447/98, quella della cosiddetta forma associata. Il monitoraggio delle modalità attuative degli sportelli unici scelte dai diversi Comuni ha mostrato come il modello organizzativo/gestionale in forma associata sia ricorrente in caso di Comuni di medie o piccole dimensioni, per i quali la costituzione dello sportello in forma singola sarebbe risultata troppo onerosa o scarsamente efficace, soprattutto in situazioni di complessità o particolarità geografico/territoriale. Il Comune, qualora ritenga di non essere in grado di avviare per proprio conto la struttura oppure riconosca che, in base alle proprie caratteristiche territoriali, la realizzazione della struttura sarebbe scarsamente efficace, provvede ad associarsi con un altro ente.
I vantaggi della gestione in forma associata sono in particolare rappresentati da una riduzione dei costi, una maggiore efficienza amministrativa e burocratica (data da una migliore gestione organizzativa del personale), da una partecipazione di tutti i Comuni coinvolti nei procedimenti decisionali relativi all’insediamento di attività produttive, da uno sviluppo dei servizi di assistenza alle imprese su area vasta, etc. Indubbiamente la scelta della forma di gestione associata dello sportello unico costituisce un’opportunità soprattutto per quelle amministrazioni di medie e piccole dimensioni per le quali la realizzazione in forma singola della struttura di sportello unico risulta troppo complessa e onerosa.
Le forme associative fino ad oggi maggiormente utilizzate per la gestione dello sportello unico sono sostanzialmente riconducibili a tre tipologie di gestione associata per l’esercizio delle relative funzioni:
1) la gestione associata delle procedure e degli atti amministrativi mediante associazione intercomunale gestita tramite apposita convenzione; la disciplina della convenzione fra enti locali è contenuta all’art. 30 del T.U. sull’ordinamento delle autonomie locali; tale strumento altro non è che una particolare forma di “accordo” tra P.A. riconducibile agli accordi previsti dall’art.15 della L. 241/90 e presenta il vantaggio di un’estrema elasticità e flessibilità anche perché non dà luogo alla creazione di un nuovo ente associativo dotato di autonoma personalità giuridica;
2) la gestione associata mediante la costituzione di appositi consorzi intercomunali. La figura del consorzio trova la sua disciplina nell’art. 31 del citato T.U. A differenza della mera associazione, il consorzio è un soggetto giuridico autonomo dotato di propria personalità e che, tramite i propri organi, esercita funzioni di indirizzo, direzione e controllo nei confronti del soggetto che deve prestare il servizio o svolgere la funzione. Nel caso dello sportello unico si configurerebbe, ovviamente, il consorzio per l’esercizio di funzioni autorizzative (il “consorzio per funzioni”), figura questa che rischiava di “scomparire” con l’entrata in vigore della legge 142/90, atteso che tale legge assoggettava la tipologia in parola alle norme disciplinanti le aziende statali; si passava con ciò da una disciplina tipicamente pubblicistica ad una disciplina di tipo privatistico, come tale incompatibile con lo scopo proprio dei consorzi di funzione. I consorzi per servizi conoscono una nuova stagione con l’art.2 del Testo unico che, nel configurarli, li assoggetta integralmente e obbligatoriamente alle sue norme, riconducendoli quindi nell’alveo di una disciplina tipicamente pubblicistica;
3) la gestione associata tramite gli uffici della Comunità Montana; la disciplina delle Comunità Montane è contenuta negli artt.27 e 28 del Testo unico che, nel riconfigurare questo ente locale, lo definisce come “Unione di Comuni”; conseguenza fondamentale di tale definizione è che per tutto quanto non espressamente derogato si applicano le norme sull’Unione di Comuni (e dei Comuni).
Rimane comunque fermo il principio di cui all’art.33 del Testo Unico sull’ordinamento delle autonomie locali che, recependo il modello prefigurato dalla L. 59/97, demanda alla Regione, in concerto con le autonomie locali, il compito di definire gli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni. In forza di tale meccanismo la Regione, d’intesa con le autonomie locali, individua in sede programmatica l’ambito territoriale ottimale entro il quale una data funzione deve essere svolta. Definito l’ambito ottimale spetta poi ai Comuni che ne fanno parte decidere quale forma associativa adottare per svolgere quella data funzione. In altri termini, l’ambito territoriale è “predeterminato” e “vincolante” (la scelta viene dall’alto), mentre la scelta della forma associativa (e la decisione sul “se” associarsi o meno) rientra nell’autonomia statutaria dei singoli Comuni.
Ciascuna tipologia di gestione associata per l’esercizio delle funzioni di sportello unico descritta, a sua volta contempla forme di gestione associata estremamente varie e flessibili, anche se fondamentalmente riconducibili a uno schema organizzativo ricorrente basato su due livelli strutturali.
• Al primo livello vengono generalmente gestite in forma associata le funzioni propriamente amministrativo-gestionali quali: l’attivazione del singolo sportello e la nomina del responsabile unico del procedimento, la titolarità dei procedimenti inerenti gli impianti produttivi, la gestione concreta delle procedure autorizzatorie, la responsabilità dei rapporti con gli enti esterni e con l’impresa.
• Al secondo livello vengono gestite, ancora in forma associata, le funzioni di tipo strategico: coordinamento fra i vari sportelli e con l’amministrazione provinciale e regionale, aggiornamento ed elaborazione dei dati informatici, organizzazione delle modalità di funzionamento delle eventuali Conferenze di Servizi.
Non mancano poi casi in cui le funzioni sia di primo che di secondo livello sono svolte da una medesima struttura sovracomunale o, addirittura, forme più avanzate di integrazione delle attività amministrative attraverso strutture uniche che svolgono in modo integrato, per conto di più Comuni, compiti di istruttoria e gestione amministrativa di pratiche di sportello unico.
In conclusione, si può asserire che la scelta della forma migliore di gestione, in considerazione delle specificità dei singoli contesti territoriali e dell’ampio grado di autonomia di cui sono dotati i Comuni, dovrebbe essere sempre accompagnata da un piano di fattibilità che, in modo organico e integrato, espliciti chiaramente gli obiettivi da perseguire, i risultati attesi, le fasi, le modalità, i tempi e le condizioni di realizzazione dello sportello.
 
 
Il responsabile dello SUAP e del procedimento
 
La tematica del responsabile unico del procedimento è strettamente correlata a quella dell’unicità del procedimento. Non vi è dubbio infatti che solo la presenza all’interno dell’ente locale di un’unica figura responsabile e competente per tutte le pratiche autorizzative connesse ai processi di trasformazione economica consente di governare con efficacia, efficienza e trasparenza un procedimento unitario complesso destinato a sfociare in un unico provvedimento autorizzativo.
L’art. 3, comma 1, del D.P.R. 447/98 – rimasto sul punto immutato anche a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 440/00 – prevede che i Comuni esercitino le funzioni ad essi attribuite dall’articolo 23 del D.Lgs.112/98,“assicurando che ad un’unica struttura sia affidato l’intero procedimento” e che tale struttura si doti di uno “sportello unico per le attività produttive”. Ai sensi del comma 4, “i Comuni realizzano la struttura e nominano il responsabile del procedimento. Il funzionario preposto alla struttura è responsabile dell’intero procedimento”.
Alla luce delle suddette disposizioni appare del tutto evidente l’intenzione del legislatore di affidare al responsabile dello sportello unico la responsabilità dell’intero procedimento autorizzativo. Si può ritenere infatti che il responsabile unico sia il vero protagonista della struttura di sportello, in quanto investito della piena responsabilità di governare con criteri di efficacia, efficienza e trasparenza i processi amministrativi, attraverso azioni di impulso e poteri di coordinamento, di diffida e di controllo; al responsabile unico compete, inoltre, l’adozione del provvedimento finale autorizzatorio.
Ciò non significa comunque che la normativa previgente venga abrogata: la titolarità sostanziale dei poteri di autorizzazione rimane, infatti, dislocata in capo a diverse amministrazioni pubbliche. Si modifica, tuttavia, la natura giuridica degli atti emanati da quelle amministrazioni, nel senso che i provvedimenti, un tempo dotati di efficacia esterna, vengono trasformati in atti amministrativi endoprocedimentali, ovvero in atti destinati a produrre i loro effetti solo all’interno della procedura unica. In tale contesto il Comune diviene, tramite la struttura dello sportello unico, l’amministrazione che cura l’interesse pubblico prevalente, inteso come centro di imputazione in cui confluiscono i molteplici interessi coinvolti in un dato processo autorizzativo, senza che questo comporti la concentrazione della titolarità dei singoli poteri di autorizzazione. Contestualmente il procedimento unico, grazie all’attività svolta dal responsabile unico, diviene il momento di raccolta e ponderazione di tutti gli apporti tecnico-giuridici che prima costituivano espressione della volontà delle singole amministrazioni coinvolte nei vari procedimenti.
In coerenza con la portata innovativa della normativa statale sullo sportello unico, diretta alla creazione di un unico interlocutore amministrativo per l’imprenditore, devono essere chiaramente delineati i poteri e le responsabilità attribuite.
A questo proposito occorre rilevare che, alla luce delle modifiche introdotte dal D.P.R. 440/00, il ruolo del responsabile del procedimento ha indubbiamente ricevuto una maggiore incisività e rilevanza proprio per le funzioni espressamente riconosciute.
In particolare è stata demandata al responsabile dello sportello unico la competenza su alcuni atti che, secondo la precedente formulazione, risultavano attribuiti al Sindaco: le funzioni di convocazione della Conferenza di Servizi nelle ipotesi di avvio del procedimento per variazione di strumenti urbanistici, ovvero a seguito dell’inutile decorso del termine di novanta giorni previsto per l’acquisizione degli atti istruttori dagli enti esterni, nonché l’emanazione di un provvedimento di tipo negativo, allorché il progetto dell’intervento risulti in contrasto con lo strumento urbanistico.
Volendo definire in termini schematici ed esemplificativi i compiti e le funzioni del responsabile dello sportello unico, possiamo dire che a esso spetta:
• la valutazione, ai fini della fase istruttoria, delle condizioni di ammissibilità, dei requisiti di legittimazione e dei presupposti rilevanti per l’emanazione del provvedimento;
• la comunicazione di avvio del procedimento e la richiesta, se necessario, di integrazioni e/o rettifiche di documentazioni o dichiarazioni mancanti o incomplete, nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento;
• l’esercizio di poteri di impulso, di diffida, messa in mora e sanzionatori nei confronti delle pubbliche amministrazioni coinvolte nella procedura e tenute a rilasciare tutti gli atti endoprocedimentali collocati all’interno del procedimento unico;
• la convocazione e direzione della Conferenza di Servizi prevista dall’art.14 e segg. della legge 241/90;
• l’adozione del provvedimento finale autorizzativo, comprensivo di tutti i permessi, pareri, atti di consenso delle pubbliche amministrazioni competenti, secondo le normative specifiche di settore in riferimento all’intervento richiesto dall’impresa;
• l’adozione del provvedimento di riduzione in pristino nel caso di realizzazione dell’intervento in modo difforme dalla legge.
Va tuttavia rilevato che l’attivazione e l’esercizio concreto dei poteri sopra individuati può incontrare significative difficoltà pratiche derivanti dal coinvolgimento nel procedimento unico di altri soggetti pubblici, distinti e dotati di autonomia e deputati alla cura di un determinato interesse pubblico.
Al riguardo occorre evidenziare che i rapporti che si stabiliscono tra la struttura responsabile del procedimento e le altre amministrazioni pubbliche coinvolte dovrebbero essere improntati alla collaborazione e alla facilità e immediatezza di comunicazione, al fine di creare le necessarie condizioni per un effettivo ed efficace esercizio dei poteri da parte del responsabile dello sportello. Il tema dei rapporti e delle responsabilità assume particolare rilevanza nel caso in cui lo sportello unico sia gestito in forma associata.
Al riguardo occorre rilevare che il D.P.R. 440/00, recependo una disposizione già contenuta nell’art. 24, comma 5 del D.Lgs. 112/98 e richiamata dalla circolare dell’8 luglio 1999, prevede espressamente la possibilità, in presenza di un patto territoriale o di un contratto d’area, di affidare la gestione dello sportello unico al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.
Nella pratica occorre pertanto distinguere tra gestione associata della funzione (ufficio unico/Comune) e gestione associata sotto il profilo organizzativo. Nel primo caso, verrà individuato un unico responsabile dello sportello unico (che la nuova disposizione chiarisce possa coincidere col soggetto responsabile del patto territoriale o del contratto d’area), nel secondo caso l’atto di associazione dovrà espressamente disciplinare i rapporti intercorrenti tra i singoli Comuni, ciascuno dei quali rimane titolare dell’esercizio della funzione, fermo restando comunque il principio dell’individuazione di un unico interlocutore dotato dei poteri come sopra individuati.
Un altro importante aspetto riguarda la corretta individuazione del responsabile unico nell’ambito dell’ente, con particolare riferimento alla qualifica o categoria che detto soggetto deve rivestire.
Nonostante qualche iniziale incertezza è stato chiarito che le disposizioni contenute nel D.P.R. 447/98 rappresentano una lineare applicazione dei principi di cui agli artt. 4 e 5 della L. 241/90, in forza dei quali è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa fino a quando il dirigente non provveda ad assegnare a sé o ad altro dipendente la responsabilità dell’istruttoria, di ogni altro adempimento e dell’eventuale adozione del provvedimento finale. Ne consegue che la responsabilità di tutti i procedimenti di competenza dello sportello unico non necessariamente deve far capo al responsabile della struttura, rientrando nella discrezionalità dello stesso l’individuazione dei responsabili dei singoli procedimenti in altri dipendenti addetti alla struttura stessa. Ne consegue anche che mentre il responsabile della struttura deve rivestire il ruolo di “dirigente” (da non intendersi in senso “tecnico”, quale soggetto con elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa e preposto a una struttura di particolare complessità), non altrettanto vale per i responsabili dei singoli procedimenti.
Sorgono, tuttavia, difficoltà interpretative in relazione alla previsione contenuta nell’art.6, c. 11, del regolamento, così come modificato dal D.P.R. 440/00, che stabilisce che il “responsabile della struttura” è “individuato ai sensi degli articoli 107, comma 3 e 109, comma 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. In forza di tale norma le funzioni del responsabile del procedimento vengono espressamente ricondotte alle attribuzioni di spettanza dirigenziale, fermo restando che gli stessi compiti, nei Comuni privi di personale con tale qualifica, possono essere attribuiti ai responsabili degli uffici o dei servizi a seguito di provvedimento motivato del Sindaco.
Occorre al riguardo chiarire se, stante la specifica collocazione della disposizione e la puntualità delle previsioni in essa contenute, l’espresso richiamo all’individuazione del responsabile della struttura ai sensi delle citate disposizioni del Testo Unico sulle autonomie locali, implica che nei Comuni dotati di dirigenti, il responsabile della struttura dello sportello unico debba essere necessariamente individuato in un soggetto in possesso della qualifica dirigenziale. In relazione a quest’ultimo aspetto sembra potersi ipotizzare che il singolo ente locale, nell’ambito dell’esercizio della propria autonomia organizzativa, possa, seppur dotato di personale con qualifica dirigenziale, preporre alla struttura un incaricato di posizione organizzativa, piuttosto che un dipendente con qualifica dirigenziale. Occorre infatti considerare che l’articolo 8 del C.C.N.L. sul nuovo ordinamento professionale del personale del comparto Regioni-autonomie locali, nell’introdurre l’area delle posizioni organizzative (A.P.O.), ne ha individuato i contenuti nell’assunzione diretta di funzioni a “elevata responsabilità di prodotto e di risultato”, delineando quindi competenze del tutto equiparabili, quanto a contenuti e responsabilità, a quelle proprie del personale con qualifica dirigenziale. Del resto tale interpretazione sembra essere suffragata anche dal dato letterale, atteso  che lo stesso comma 3 dell’art. 107 del D.Lgs. 267/00 fa riferimento non alla qualifica dirigenziale, bensì ai dirigenti.
In conclusione, possiamo dire che:
• non necessariamente responsabile della struttura e responsabile del procedimento devono identificarsi in un unico soggetto, potendo quest’ultimo essere individuato dal primo anche in altro dipendente, purché assegnato alla struttura;
• nell’ipotesi di cui al comma 11 dell’art. 6 del regolamento, il richiamo in ordine all’individuazione del responsabile della struttura ai sensi del comma 3 dell’art. 107 del D.Lgs. 267/00 va inteso come riferito al “dirigente” in termini non “tecnici”: preposizione alla direzione di una struttura di particolare complessità, con elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa.
 
 
L’archivio informatico dello SUAP
 
Il regolamento prevede esplicitamente che la struttura dello sportello unico deve dotarsi di un apposito archivio informatico ove caricare i dati informativi necessari.
Tale previsione costituisce indubbiamente una spinta verso una più avanzata informatizzazione del processo gestionale e informativo. Ogni struttura deve dotarsi di una configurazione minima di hardware e software, che garantisca l’accoglimento e la gestione delle domande.
In fase iniziale non è necessario che questa tecnologia sia integrata con il sistema informativo del Comune o con quello delle pubbliche amministrazioni esterne anche se, a regime, va perseguito il collegamento on-line, finalizzato alla trattazione esclusivamente informatica del procedimento. Dalla complessità dell’apparato dipende il dimensionamento della dotazione informatica. Oltre ai computer e alle consuete dotazioni strumentali connesse, sono necessari connessioni a Internet, per la costituzione di un apposito sito e per lo scambio di informazioni e documentazioni tra pubbliche amministrazioni tramite posta elettronica, e la possibilità di scansione dei documenti.
L’accesso alle suddette informazioni deve avvenire inoltre in modo gratuito: di conseguenza, almeno per quanto concerne l’esame delle pratiche, all’utente e ai soggetti portatori di interessi diffusi non deve essere richiesta la corresponsione di diritti di segreteria al Comune.
Le informazioni da inserire nell’archivio informatico, fruibili dagli interessati a qualunque titolo, sono individuate dall’art.3, comma 2, del regolamento nel modo seguente: adempimenti necessari per le procedure, elenco delle domande di autorizzazione presentate, stato dell’iter procedurale, riferito a ciascuna domanda presentata, tutte le informazioni utili disponibili a livello regionale, comprese quelle concernenti le attività promozionali.
In ogni caso, hardware e software devono consentire di gestire diverse funzioni, avviabili per moduli.
Si ritiene di indicare due diverse aree di “destinazione” delle strutture informatiche:
l’area dell’informazione e l’area della gestione del singolo procedimento.
Per quanto riguarda l’area dell’informazione, si individuano le seguenti funzioni:
1) informazioni sulle opportunità di insediamento;
2) informazioni sulle agevolazioni finanziarie per l’attività di impresa e per l’incremento dell’occupazione, da curarsi a opera delle regioni e da diffondere tramite gli sportelli unici;
3) informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie;
4) informazioni sulle domande presentate.
Per quanto riguarda l’area della gestione del singolo procedimento si individuano le seguenti funzioni:
a) gestione dell’iter del procedimento, con necessità di:
– archivio integrato e relazionale di tutti i dati afferenti l’impresa;
– componenti software necessari per alimentare/controllare l’archivio;
– componenti software per evidenziare, seguire e automatizzare i passi logici del procedimento;
b) scambio di dati e documenti tra le pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento disponendo di:
– componenti software per inoltrare ai diversi enti della Pubblica Amministrazione, con richiesta di risposta, i documenti che concorrono al completamento e al perfezionamento della “pratica”, nelle diverse forme tecniche (documenti cartacei, registrazioni magnetiche, documenti telematici);
– monitoraggio e visibilità telematica sull’iter del procedimento;
c) produzione di statistiche finalizzate al controllo di gestione e alla conoscenza del fenomeno.
Alle Regioni, come anticipato, il legislatore nazionale ha riservato lo specifico compito di coordinare e migliorare i servizi di assistenza a favore delle imprese, con particolare riguardo alla raccolta e alla diffusione, anche per via telematica, di tutte le informazioni utili agli operatori economici attivi sul territorio.
La Regione, nell’ambito di tali funzioni, può svolgere una serie di attività finalizzate a favorire la “messa in rete”, sul territorio regionale, degli sportelli unici quanto più possibile omogenea, al fine di assicurare un livello qualitativo soddisfacente di informazione nel settore economico.
Tra gli interventi che la Regione può attuare, quello di maggiore rilevanza riguarda l’attività di progettazione e realizzazione di un sistema informativo con duplice valenza: essere uno strumento operativo per la comunità virtuale degli operatori e consentire le forniture di servizi e informazioni all’esterno.
 
 
 
Gli aspetti procedimentali
 
Il D.P.R. 447/98 definisce i percorsi istruttori e amministrativi finalizzati al rilascio delle autorizzazioni per l’insediamento e l’attivazione di impianti produttivi e al controllo sulla messa in opera degli impianti realizzati.
Il regolamento sullo sportello unico infatti, in attuazione dei principi e criteri direttivi previsti dall’art. 20 della L. 59/97, e dall’art. 25 del D.Lgs.112/98, individua e disciplina in modo chiaro due distinte fasi procedimentali, la prima diretta all’ottenimento dell’autorizzazione per l’insediamento e la successiva realizzazione degli impianti produttivi, la seconda concernente il collaudo degli impianti realizzati (quest’ultima propedeutica all’avvio dell’attività imprenditoriale).
Relativamente alla prima fase preventiva e autorizzativa, il legislatore ha individuato due moduli procedimentali alternativi, atti a perseguire gli obiettivi di accelerazione e semplificazione del procedimento, da un lato, mediante l’impulso e il coordinamento delle attività istruttorie a opera della struttura unica, con facoltà di attivazione di una Conferenza di Servizi; dall’altro accordando all’imprenditore la possibilità di avvalersi estensivamente di autocertificazioni attestanti la conformità dell’impianto alle prescrizioni normative previste e di procedere, comunque, alla realizzazione dello stesso, decorsi i termini che la normativa assegna alla pubblica amministrazione per eseguire i necessari controlli e le verifiche preventive di idoneità e di completezza della domanda e della documentazione allegata.
Normalmente è lo stesso interessato a scegliere quale modulo procedimentale attivare, fatti salvi i casi in cui il ricorso all’autocertificazione è precluso a priori (per esempio nel caso in cui l’intervento da autorizzare comporti un rilevante impatto in termini di sicurezza, salute, ambiente, esigenze di tutela di valori storico-artistici e paesaggistico-architettonici).
Per quanto concerne la fase di controllo dell’impianto realizzato, risultano semplificate e accelerate le modalità di esecuzione del collaudo attraverso la responsabilizzazione dei professionisti, che su incarico dell’impresa asseverano la conformità delle opere eseguite al progetto approvato e alle normative di settore, garantendo comunque agli enti pubblici la possibilità di effettuare azioni di vigilanza e controllo.
Pur prevedendo diverse tipologie di procedimento, il D.P.R. 447/98 e s.m.i. ne salvaguarda l’omogeneità attraverso l’introduzione di alcuni principi comuni:
principio di unicità: in base al quale gli utenti dei pubblici servizi, e in particolare le imprese, devono disporre di un unico interlocutore per pratiche che coinvolgono uffici e amministrazioni diverse; il D.P.R. 440/00 rafforza il principio dell’unicità, chiarendo espressamente che il procedimento è unico come è unico il conseguente provvedimento emanato dalla struttura dello sportello; allo stato attuale detto provvedimento si concretizza in un’attestazione di conclusione del procedimento unico, a firma del responsabile dello sportello che, previa verifica ricognitiva, riporta anche una sintesi dell’esercizio delle varie competenze coinvolte e che ha come presupposti, eventualmente contenuti in allegato, i singoli atti di assenso comunque denominati rilasciati dai rispettivi dirigenti responsabili degli enti esterni; ove sia intervenuta l’attività della Conferenza di Servizi, il provvedimento finale dello sportello unico comprende anche il verbale della seduta stessa;
principio di obbligatorietà: il D.P.R. 440/00 ha espressamente stabilito il principio in forza del quale le amministrazioni pubbliche diverse dallo sportello, coinvolte in un dato procedimento di autorizzazione di impianti produttivi di cui al D.P.R. 447/98 e s.m.i., non possono rilasciare direttamente al richiedente atti autorizzativi, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati, e che tali atti, qualora eventualmente rilasciati, operano esclusivamente all’interno del procedimento unico. In sostanza il nuovo regolamento, pur non prevedendo espressamente la nullità degli atti autorizzativi adottati al di fuori del procedimento unico, dispone comunque la necessaria riconduzione all’interno della struttura comunale di ogni attività rimessa alla competenza di amministrazioni diverse dal Comune procedente, con la conseguenza che eventuali atti autorizzativi rilasciati da parte di altre amministrazioni senza il tramite dello sportello, risultano inefficaci; ne consegue che in seguito alle modifiche introdotte dal D.P.R. 440/00, il soggetto interessato è obbligato a presentare la domanda allo sportello unico del Comune e che ove lo sportello sia già operativo, il soggetto interessato non può rivolgersi direttamente e singolarmente alle amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento; nel caso in cui l’interessato presenti comunque la domanda direttamente alle amministrazioni coinvolte nel procedimento unico, esse hanno l’obbligo di trasmettere alla struttura unica, al massimo entro cinque giorni, la domanda presentata e gli eventuali atti istruttori già compiuti;
principio del divieto di aggravamento: il raccordo tra le diverse normative e l’approccio interpretativo devono rispettare i principi di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa, per cui in tutti i casi in cui l’avvio di un’attività o la realizzazione di un impianto produttivo sia già assoggettato a procedure maggiormente semplificate rispetto a quelle introdotte dal D.P.R. 447/98 si applicano le procedure, i tempi e le modalità di maggiore semplificazione.
 
  1. Il procedimento semplificato
Il procedimento semplificato, mediante Conferenza di Servizi, disciplinato dall’art. 4 del D.P.R. 447/98, viene attivato obbligatoriamente in caso di:
• installazione di impianti e depositi di cui all’art. 27, D.Lgs. 112/98 (impianti nei quali siano utilizzati materiali nucleari, di produzione di materiale d’armamento, produzione raffinazione e stoccaggio di oli minerali e deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio dei rifiuti, per i depositi costieri);
• installazione di impianti di cui all’art. 1, c.3, D.P.R. 447/98 (ci si riferisce a quei settori produttivi disciplinati rispettivamente dal D.Lgs. 334/99 – insediamenti produttivi soggetti a pericoli di incidente rilevante connesso con determinate sostanze pericolose – e dal D.Lgs. 372/99 – ipotesi in cui la documentazione riguardi la materia ambientale e comunque la prevenzione e riduzione dell’inquinamento).
Il procedimento semplificato viene attivato facoltativamente qualora il soggetto richiedente non intenda avvalersi del procedimento mediante autocertificazione.
Per quanto riguarda l’iter procedimentale, esso inizia con la presentazione da parte del soggetto interessato allo sportello unico di un’unica domanda in bollo contenente le generalità del richiedente e indicazioni in merito all’ubicazione dell’impianto produttivo, al tipo di intervento che intende eseguire, al tipo di attività svolta o che intende svolgere, eventuali ulteriori informazioni concordate con gli enti e uffici coinvolti nel procedimento di autorizzazione.
Acquisita la domanda, lo sportello unico ne verifica nel più breve tempo possibile la completezza formale, valutando anche la documentazione allegata, interrompendo i termini del procedimento in caso di carenza, adottando direttamente, a seguito di verifica della completezza formale conclusa con esito positivo, ovvero chiedendo alle amministrazioni di settore o a quelle di cui intende avvalersi ai sensi dell’art. 24, c.4, D.Lgs. 112/98, gli atti istruttori e i pareri tecnici comunque denominati dalle vigenti normative; le amministrazioni sono tenute a far pervenire tali atti e pareri entro un termine non superiore a novanta giorni decorrenti dal ricevimento della documentazione (in caso di opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale il termine è di centoventi giorni, fatta salva la facoltà di chiederne, ai sensi della normativa vigente, una proroga comunque non superiore a sessanta giorni).
Conformemente allo spirito della legge, che definisce i termini di conclusione del procedimento senza entrare nel merito di tempi e fasi intermedie, la modalità operativa più efficace sembra essere quella di inviare la documentazione agli enti competenti in parallelo anziché in sequenza, in modo da consentire a ciascuno dei soggetti coinvolti in un dato processo autorizzativo l’esercizio delle rispettive funzioni entro termini compatibili con quello conclusivo assegnato allo sportello per la definizione del procedimento unico. In quest’ottica, anche il ricorso alla Conferenza di Servizi può essere inteso come un’applicazione dello stesso principio, dal momento che la Conferenza permette di evitare articolati procedimenti amministrativi, attraverso la simultaneità della decisione da parte delle diverse amministrazioni coinvolte al procedimento.
Altri adempimenti istruttori a carico della struttura dello sportello in fase di ricevimento della pratica e di avvio di un dato procedimento sono: l’inserimento degli estremi della domanda nell’archivio informatico (la cui realizzazione è obbligatoria), ovvero la pubblicazione della stessa all’albo pretorio, nonché, qualora la normativa di settore lo preveda, l’attivazione di idonei strumenti di pubblicazione per consentire l’esercizio dei diritti di partecipazione a opera dei soggetti interessati.
In caso di documentazione incompleta, le pubbliche amministrazioni interessate possono sospendere, esclusivamente tramite lo sportello unico, il procedimento al fine di ottenere la documentazione integrativa necessaria per l’espletamento dell’attività istruttoria di spettanza. In caso di sospensione, i termini procedimentali riprendono a decorrere dalla data di presentazione presso lo sportello unico di tutta la documentazione integrativa richiesta.
A conclusione dell’istruttoria possono verificarsi tre diversi casi:
• tutte le amministrazioni coinvolte rilasciano i provvedimenti di competenza in termini utili per consentire la conclusione del procedimento nei tempi di legge attraverso l’emissione da parte dello sportello unico dell’atto autorizzativo finale;
• emergono osservazioni preclusive da parte di una o più delle amministrazioni competenti; in questo caso l’interessato viene informato entro tre giorni dell’esito negativo della propria domanda; il procedimento si conclude, ma entro venti giorni dalla comunicazione l’interessato può chiedere alla struttura di convocare la Conferenza di Servizi, al fine di superare la pronuncia negativa;
• tutte o una sola delle amministrazioni coinvolte non rispettano il termine; in questo caso il responsabile del procedimento presso la struttura, entro cinque giorni dall’inutile decorso dei termini di emissione di atti endoprocedimentali, convoca una Conferenza di Servizi.
Da quanto detto emerge che alla Conferenza di Servizi si perviene sia nell’ipotesi di inerzia che in quella di dissenso di una o più delle amministrazioni coinvolte.
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’istituto della Conferenza di Servizi, il regolamento sullo sportello unico opera un rinvio alla disciplina generale prevista dall’art. 14 della L. 241/90 e s.m.i., pur con alcune peculiarità dovute al particolare ambito in cui l’istituto stesso in questo caso opera, quali per esempio l’estensione della possibilità di partecipazione per i soggetti interessati, nonché la previsione di un termine per la conclusione dei relativi lavori.
Su questa base, il primo aspetto da sottolineare è il fatto che la convocazione della Conferenza deve essere resa pubblica, al fine di consentire la partecipazione a tutti i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, nonché ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione dell’impianto produttivo. Sulle osservazioni e memorie presentate da tali soggetti, la struttura si pronuncia obbligatoriamente e motivatamente.
Si tratta di un’importante novità, in quanto tradizionalmente la Conferenza di Servizi è stata ritenuta una sede di confronto e raccordo riservata alle sole amministrazioni; ai privati era concessa, al massimo, la possibilità di richiederne la convocazione nell’ipotesi di subordinazione dell’esercizio dell’attività di interesse al rilascio di varie autorizzazioni rientranti nella sfera di competenza di diverse amministrazioni pubbliche.
La Conferenza di Servizi, una volta convocata, fissa innanzitutto il termine entro cui concludere i lavori e pervenire alla decisione finale; procede, quindi, all’istruttoria del progetto e si svolge secondo le modalità indicate negli artt.14 e segg. della L. 241/90, ove la norma speciale dell’art.4 del D.P.R. 447/98 non preveda una disciplina diversa, con la precisazione sostanziale che la determinazione finale della Conferenza in sede di sportello unico vale come provvedimento finale autorizzativo dell’intervento richiesto; viene infatti stabilito che il verbale conclusivo della Conferenza recante le determinazioni assunte “tiene luogo del provvedimento amministrativo conclusivo del procedimento”, oltre che costituire motivata pronuncia su quanto rappresentato dai soggetti portatori di interessi. Il verbale viene immediatamente trasmesso, a cura dello sportello unico, al richiedente.
La L. 340/00 ha fissato una più netta scansione delle fasi finali del procedimento; in particolare il procedimento nella parte terminale della Conferenza prevede che qualora alcune delle amministrazioni partecipanti non si siano espresse in sede di Conferenza (amministrazioni “silenti”), entro trenta giorni dalla determinazione conclusiva le medesime hanno la possibilità di rilasciare tardivamente il proprio parere, il cosiddetto “parere postumo”. In caso di silenzio protratto oltre il termine di trenta giorni, si applica l’istituto del silenzio-assenso. Detta ipotesi costituisce una deroga al meccanismo descritto dall’art. 14-quater, c. 1 (dissenso espresso in Conferenza di Servizi). La disposizione prevede, altresì, la possibilità di impugnare, nel medesimo termine di trenta giorni, la determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi.
Le decisioni in seno alla Conferenza vengono adottate secondo il principio della maggioranza e non dell’unanimità – come previsto dalla originaria formulazione della legge 241/90 – con alcune fondamentali eccezioni:
a) nel caso in cui tra le amministrazioni dissenzienti (in minoranza) vi siano alcuni soggetti portatori di particolari interessi sensibili (salute, paesaggio, patrimonio storico-artistico, ambiente), la decisione non può essere adottata a maggioranza dalla amministrazione procedente, la quale dovrà invece richiedere la determinazione sostitutiva all’organo collegiale di governo competente. La competenza dell’organo collegiale di governo si individua in base alla natura rivestita dall’amministrazione procedente o di quella dissenziente: se una sola di queste due amministrazioni è statale, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri. Pertanto, mentre nella ipotesi generale il dissenso di una amministrazione non portatrice di interessi sensibili viene “gestito” dall’amministrazione procedente secondo il criterio della maggioranza, nel caso in cui il dissenso sia espresso da un’amministrazione portatrice di interessi sensibili, ossia da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, l’amministrazione procedente, senza naturalmente adottare una determinazione conclusiva del procedimento, rimette gli atti al Consiglio dei Ministri affinché questo provveda ad adottare la cosiddetta “determinazione sostitutiva”;
b) nell’ipotesi in cui l’intervento sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, VIA, e in caso di provvedimento negativo, la decisione è rimessa, anche in tale fattispecie, al Consiglio dei Ministri.
Qualora il dissenso sia espresso da una Regione, il Presidente della Giunta regionale interessata è invitato, per essere ascoltato, senza diritto di voto, a partecipare alla riunione del Consiglio dei Ministri per l’adozione della deliberazione.
Il procedimento mediante Conferenza di Servizi deve in ogni caso concludersi nel termine di cinque mesi (nove mesi in caso di opere da sottoporre a valutazione d’impatto ambientale, dodici mesi per i progetti di centrali termoelettriche e turbo gas, sottoposte alle procedure di inchiesta pubblica di cui all’allegato IV D.P.C.M. 27 dicembre 1988).
Le principali innovazioni introdotte dalla normativa sullo sportello unico rispetto alla Conferenza di Servizi possono essere così riassunte:
• rafforzamento dell’istituto: la Conferenza di Servizi diviene lo strumento che le amministrazioni pubbliche possono utilizzare ogni volta che si renda necessario l’esame contestuale di vari interessi pubblici e del quale devono in ogni caso avvalersi per acquisire pareri e nulla osta che non siano pervenuti nei termini di legge;
• introduzione del principio della decisione a maggioranza;
• introduzione del principio del silenzio-assenso;
• obbligo da parte dell’amministrazione che si pronuncia negativamente su un dato progetto di motivazione e di fornire in sede di Conferenza eventualmente convocata dall’interessato tutte le informazioni necessarie ai fini del superamento della pronuncia negativa;
• rafforzamento del ruolo del rappresentante della pubblica amministrazione, il quale in sede di Conferenza è abilitato a rappresentare pienamente la volontà dell’amministrazione stessa;
• definizione di termini certi per l’adozione della decisione finale, con possibilità di proroga per una sola volta, a seguito di eventuale richiesta di integrazione documentale per carenze emerse durante i lavori di conferenza;
• possibilità per il privato di chiedere una Conferenza di Servizi “di consulenza” su progetti di particolare complessità;
• possibilità di chiedere tramite lo sportello unico che le amministrazioni coinvolte in un dato processo autorizzativo si pronuncino sulla conformità di progetti preliminari vigenti al momento della domanda e senza che ciò pregiudichi la definizione dell’eventuale successivo procedimento autorizzatorio (art. 3, c.3, D.P.R. 447/98 e s.m.i.).
Le ultime due novità meritano un particolare approfondimento, considerata la stretta connessione tra la Conferenza di Servizi “di consulenza” (o preliminare) e il ruolo dello sportello unico. L’art. 14-bis, L. 241/90, concede al privato la facoltà di chiedere, a proprie spese e con domanda motivata e documentata, all’amministrazione pubblica di convocare una Conferenza di Servizi per progetti di particolare complessità. Il privato, in pratica, prima di presentare l’istanza o il progetto definitivo, può far convocare la Conferenza allo scopo di verificare quali siano le condizioni per ottenere gli atti di consenso necessari. La Conferenza si pronuncia nel termine di trenta giorni e le indicazioni fornite possono essere modificate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento. È evidente il legame esistente tra l’art. 14-bis, L. 241/90, e l’art. 3, c.3, D.P.R. 447/98, il quale afferma che “la struttura, su richiesta degli interessati, si pronuncia sulla conformità, allo stato degli atti, in possesso della struttura, dei progetti preliminari dai medesimi sottoposti al suo parere con i vigenti strumenti di pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica, senza che ciò pregiudichi la definizione dell’eventuale successivo procedimento autorizzatorio”.
Si sottolinea infine che, in merito alla Conferenza di Servizi, si è espressa la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il coordinamento amministrativo, con il Provvedimento 2 gennaio 2003, Norme in materia di Conferenza di Servizi, pubblicato sulla G.U. n. 1 del 2 gennaio 2003. Con tale provvedimento la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha inteso fornire un contributo alle amministrazioni che si trovano di fronte all’esigenza di dover rimettere la decisione conclusiva di una Conferenza di Servizi al Consiglio dei Ministri in presenza di dissensi espressi in materia di cosiddetti “interessi sensibili” (paesaggio, ambiente, beni storico-artistici, salute), non potendo trovare in tali ipotesi applicazione il criterio della decisione a maggioranza; con l’occasione la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha ribadito che la Conferenza di Servizi è definibile in termini di “modulo procedimentale con cui si ottiene il coordinamento e la contestuale valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in un determinato procedimento, attraverso la trattazione contemporanea di uno stesso affare da parte di una pluralità di soggetti pubblici”.
L’istituto della Conferenza di Servizi – sottolinea il Provvedimento – da un lato si pone come modulo generale di semplificazione procedimentale, in quanto costituisce il “luogo del procedimento nel quale tutti gli interessi pubblici rilevanti hanno l’occasione per essere sincronicamente rappresentati”, il profilo della semplificazione; dall’altro si pone come strumento di coordinamento, ossia diretto alla composizione dei vari interessi pubblici coinvolti in un dato procedimento e quindi – attraverso la loro complessiva e contestuale valutazione – finalizzato all’“individuazione e riaffermazione dell’interesse pubblico primario o prevalente”, il profilo dell’assetto degli interessi.
 
  1. Il procedimento autocertificato
Il procedimento mediante autocertificazione costituisce la vera e propria novità introdotta dalla normativa sullo sportello unico. Mentre il procedimento mediante Conferenza di Servizi assume la veste di procedimento “ordinario” e non si discosta dalle procedure in vigore, quello autocertificato risulta particolarmente innovativo, dal momento che il ricorso all’autocertificazione da parte del privato garantisce la speditezza e la semplificazione dell’attività amministrativa, che nella fattispecie consiste nella verifica della sussistenza di presupposti e requisiti di presentazione della domanda e nel controllo delle autocertificazioni ad essa allegate.
La disciplina di questo istituto è contenuta nell’art. 6 del D.P.R. 447/98, il quale prevede che, in conformità alle previsioni dell’art. 25, c. 2 del D.Lgs. 112/98, il soggetto interessato ha la possibilità di presentare alla struttura unica una domanda, corredata da una serie di autocertificazioni nelle quali risulti attestata la conformità del progetto alle prescrizioni previste dalle normative vigenti in materia urbanistica, di sicurezza degli impianti e di tutela sanitaria e ambientale. Tali attestazioni sono sottoscritte dal legale rappresentante dell’impresa, unitamente ai professionisti abilitati che le hanno redatte.
Non tutte le materie possono però essere oggetto di attestazione. Sono, infatti, esplicitamente escluse da tale possibilità le seguenti tipologie di impianti:
• impianti e depositi di cui all’art. 27, D.Lgs. 112/98, e all’art. 1, c. 3, D.P.R. 447/98;
• tutte le ipotesi in cui la normativa comunitaria preveda la necessità di un’apposita autorizzazione.
Alla struttura competente deve essere presentata tanto la domanda diretta a ottenere l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, quanto, ove necessario, la richiesta di “permesso di costruire”. Copia della domanda e della documentazione è trasmessa dalla struttura, anche in via telematica, alla Regione nel cui territorio è localizzato l’impianto, agli altri Comuni interessati, nonché, per i relativi profili di spettanza, ai soggetti competenti per le varie verifiche.
La struttura provvede, quindi, a immettere la domanda nell’archivio informatico e a darne parimenti notizia mediante adeguate forme di pubblicità; parallelamente si avvia l’iter per il rilascio del permesso di costruire.
Possono a questo punto verificarsi diverse possibilità:
• la domanda è completa e le attestazioni conformi alla normativa vigente: il procedimento deve essere concluso entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda con provvedimento espresso, ovvero, trascorso tale termine, tramite silenzio-assenso; resta comunque ferma la necessità di ottenere, prima di iniziare i lavori, la concessione edilizia, ove necessaria, e di comunicare l’avvio dei lavori stessi, onde consentire alle amministrazioni interessate di effettuare i controlli di competenza;
• la domanda risulta incompleta: entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, la struttura può richiedere, per una sola volta, l’integrazione della documentazione allegata all’istanza; il termine finale per la conclusione resta sospeso fino al ricevimento di tutta la documentazione integrativa richiesta; ottenuta l’integrazione, il procedimento riprende seguendo l’iter ordinario;
• la domanda riguarda un progetto complesso: rientrano in questa fattispecie i casi di particolare complessità, quelli in cui si rendono necessarie modifiche al progetto e l’ipotesi in cui il Comune intenda proporre una diversa localizzazione dell’impianto, nell’ambito delle aree individuate ai sensi dell’art. 2, D.P.R. 447/98. In tutti questi casi, il responsabile del procedimento può convocare il soggetto richiedente per un’audizione in contraddittorio, alla quale possono partecipare i responsabili e i tecnici degli uffici competenti e della quale viene redatto un apposito verbale. Nell’ipotesi in cui venga raggiunto un accordo sulle caratteristiche dell’impianto, ai sensi dell’art. 11, L. 241/90, tale verbale vincola le parti, purché le eventuali modifiche al progetto originario siano compatibili con le indicazioni fornite dalle agenzie regionali per l’ambiente, dalle aziende sanitarie locali, etc. Il termine di sessanta giorni in tali ipotesi rimane sospeso sino alla presentazione del progetto modificato in conformità all’accordo, a seguito della quale riprende a decorrere ed il procedimento si conclude seguendo l’iter ordinario;
• la domanda riguarda un impianto a struttura semplice (esempio quelli non soggetti a valutazione di impatto ambientale, alla disciplina sulla qualità dell’aria o relativa a rischi di incidenti rilevanti, non rientranti tra le industrie insalubri di prima classe né tra gli impianti caratterizzati da significative interazioni con l’ambiente): in questo caso, il progetto si intende autorizzato se la struttura, nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della domanda, non comunica il proprio motivato dissenso;
• nel corso delle verifiche sono accertate falsità delle autocertificazioni: il responsabile del procedimento trasmette gli atti alla Procura della Repubblica dandone contestuale comunicazione all’interessato; il procedimento in tal caso è sospeso fino alla decisione relativa ai fatti denunciati.
Accanto a quelli ora descritti il procedimento mediante autocertificazione presenta altri profili peculiari, primo fra tutti quello contenuto nel comma 13 dell’art. 6, del D.P.R. 447/98, relativo alla possibilità di partecipazione al procedimento per tutti gli interessati, ai quali viene riconosciuta la facoltà di presentare memorie e osservazioni entro venti giorni dall’avvenuta pubblicità, ovvero di chiedere di essere ricevuti e ascoltati in contraddittorio, o ancora di domandare che il responsabile del procedimento convochi tempestivamente una riunione alla quale partecipino anche i rappresentanti dell’impresa, con l’assistenza dei rispettivi tecnici ed esperti. In tal caso il procedimento è sospeso per non più di venti giorni, in modo che vi sia il tempo necessario per lo svolgimento della riunione. In caso di pluralità di richieste, motivi di economia ed efficacia dell’azione amministrativa impongono la convocazione di un’unica riunione, per garantire al massimo il previsto contraddittorio.
Dalla breve analisi effettuata, il procedimento mediante autocertificazione appare il più indicato per favorire la progressiva semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di insediamenti produttivi. Tale procedimento si propone di conseguire il suddetto risultato di progressiva semplificazione innanzitutto ampliando la gamma degli atti e dei certificati sostituibili con una dichiarazione dell’interessato. A tale previsione viene affiancata quella del silenzio-assenso, qualora l’amministrazione competente al controllo non comunichi, entro un termine stabilito, il proprio motivato dissenso, ovvero non convochi l’impresa per un’audizione in contraddittorio. Il sistema che si ottiene dal raccordo delle due previsioni normative su esposte è tale per cui l’imprenditore è messo in grado di esercitare la propria attività senza che intervenga alcun provvedimento di intermediazione da parte dell’amministrazione pubblica se non in termini di controllo di requisiti e presupposti per l’avvio del procedimento e di completezza della domanda e della documentazione a corredo.
Il sistema descritto desta comunque alcune perplessità: in primo luogo non garantisce sufficientemente la stabilità dei rapporti giuridici, nel senso che se è vero che il nuovo procedimento offre maggiore rapidità e tempi certi di autorizzazione, lascia però esposto l’interessato ai successivi controlli dell’amministrazione, senza alcuna certezza circa la reale conformità dell’impianto, mettendo a rischio gli investimenti effettuati.
Infatti, qualora siano riscontrate falsità delle autocertificazioni, non dovute a errori od omissioni suscettibili di correzioni e integrazioni, è espressamente prevista la riduzione in pristino, cioè l’ordine di demolizione dell’impianto a cura e spese dell’imprenditore.
In secondo luogo, la complessità e l’ambiguità delle vigenti prescrizioni tecniche, nonché i costi dei professionisti che dovranno sottoscrivere, sotto la propria responsabilità, le autocertificazioni, fanno sì che le imprese ricorrano a tale procedura solo nell’ipotesi di attivazione di impianti particolarmente semplici; non è infatti semplice trovare professionisti disposti ad assumersi il rischio di attestare la conformità dei progetti in materie regolate allo stato attuale da normative stratificate e farraginose.
 
 
La procedura di collaudo
 
La procedura di collaudo, disciplinata dall’art. 9 del regolamento 447/98, si caratterizza come un ulteriore procedimento che deve essere attivato una volta concluso quello che ha consentito di realizzare (o ristrutturare) un impianto produttivo. Lo scopo della procedura di collaudo è quello di anticipare e accelerare l’effettivo avvio dell’attività economica, valutando la conformità dell’impianto realizzato al progetto approvato e alle normative vigenti.
La normativa procedimentale in materia di collaudo è già stata oggetto di un intervento di semplificazione, conformemente alle prescrizioni della L. 241/90, a opera del D.P.R.425/94, per quel che riguarda tutti i procedimenti di collaudo statico, iscrizione al catasto e certificazione di agibilità-abitabilità. Tale intervento di semplificazione è stato tenuto in considerazione all’atto della redazione del D.P.R. 447/98, così come espressamente affermato nella relazione di accompagnamento al regolamento stesso.
Per quanto riguarda l’iter procedurale, l’art. 25, D.Lgs. 112/98 stabilisce che gli impianti produttivi devono essere collaudati da parte di soggetti indipendenti ed esterni rispetto all’impresa interessata; è questo uno degli aspetti maggiormente innovativi di tutta la disciplina del collaudo: potrà svolgere l’attività di collaudo ogni professionista o soggetto privato a ciò abilitato dalla normativa vigente, purché diverso dal progettista dell’impianto e dal direttore dei lavori e in quanto non collegato, professionalmente o economicamente, in modo diretto o indiretto, con l’impresa interessata. La verifica circa l’insussistenza di questo tipo di rapporti tra collaudatore e impresa non è sicuramente agevole; si ritiene comunque che possa fungere da deterrente la minaccia di sanzioni penali, contenuta nell’art. 9, c.4, laddove si impone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica nell’ipotesi di riscontrate falsità o fraudolenze nel collaudo.
Il collaudo avviene alla presenza dei tecnici dello sportello unico, il quale a tal fine può avvalersi di personale dipendente da altre amministrazioni.
Il certificato di collaudo inerisce principalmente i seguenti aspetti:
• tutti gli adempimenti previsti dalla legge;
• le strutture edilizie;
• gli impianti produttivi;
• le misure e i mezzi finalizzati alla salvaguardia della sanità, della sicurezza e della tutela ambientale;
• la conformità degli impianti alle disposizioni normative in materia di tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro e agli obblighi indicati nell’autorizzazione.
Il certificato di collaudo viene rilasciato sotto la piena responsabilità del tecnico collaudatore che attesta la conformità dell’opera al progetto approvato, nonché l’agibilità ed il possibile utilizzo immediato dell’impianto; lo stesso sostituisce, fino al rilascio definitivo dei corrispondenti atti amministrativi, il certificato di agibilità, il nulla osta all’esercizio di nuova produzione e ogni altro atto amministrativo richiesto per la messa in funzione degli impianti.
L’impresa provvede a chiedere alla struttura unica di fissare la data del collaudo in un giorno compreso tra il ventesimo e il sessantesimo successivo a quello della richiesta.
Qualora lo sportello unico non lo facesse, è facoltà dell’impresa procedere autonomamente al collaudo, comunicandone l’esito: se il collaudo è positivo, l’impresa potrà iniziare immediatamente l’attività, ferma restando la possibilità per le amministrazioni competenti di effettuare controlli e verifiche, il cui esito dovrà non solo essere comunicato agli interessati, ma anche essere inserito negli archivi informatici dello sportello unico comunale e della Regione. Se dalla verifica emerge la necessità di controlli cautelari o di riduzioni in pristino, le pubbliche amministrazioni che effettuano il controllo adottano, anche in via d’urgenza e tramite lo sportello unico, i provvedimenti previsti dalla legge.
 
 
La realizzazione dello sportello unico
 
Il legislatore dello sportello unico, nel fissare il principio di unicità, ha inteso creare un unico interlocutore per l’imprenditore, investito dei poteri necessari e delle responsabilità conseguenti per poter “governare” il procedimento unico diretto a sfociare in un unico provvedimento autorizzatorio.
Questo sintetico enunciato contiene in nuce i presupposti di capovolgimento della prospettiva tradizionale dei rapporti privato/pubblica amministrazione, nel tentativo di fornire adeguate risposte alle esigenze insistentemente espresse dal mondo imprenditoriale. Tali esigenze discendono da un lato dalla difficoltà rilevata dagli imprenditori di acquisire gli atti di assenso obbligatori per legge che competono ai diversi e numerosi soggetti pubblici di volta in volta coinvolti nel procedimento autorizzatorio di un dato processo di trasformazione economica, dall’altro dalla volontà da parte delle pubbliche amministrazioni di individuare, nell’ottica dell’efficacia di servizio e del conseguente soddisfacimento dell’utente/cliente, possibili soluzioni.
È evidente che rendere operativo l’intento programmatico descritto richiede un notevole sforzo attuativo/organizzativo da parte delle amministrazioni coinvolte, in particolare da parte dei Comuni.
Per chiarire la dimensione dello sforzo richiesto ai Comuni, è sufficiente considerare che l’avvio dello sportello unico comporta che i numerosi e complessi procedimenti attualmente in capo ai vari enti terzi (VV.F., ASL, ARPA, etc.) vengano gestiti da un solo soggetto (il responsabile del procedimento); allo sportellista responsabile di procedimento si chiede di coordinare e sviluppare correttamente, nell’ambito di un’unica sequenza procedimentale, tutte le fasi “interne” che compongono l’iter di procedimento, comprese quelle implicanti competenze specialistiche e tecniche.
Occorre peraltro considerare che la previsione di tempi certi quando non perentori di conclusione del procedimento, la delegificazione della sola disciplina procedurale, la gestione della Conferenza di Servizi, l’apertura verso amministrazioni diverse da quella comunale imposta dalla previsione della responsabilità unica del procedimento costituiscono meccanismi che implicano una integrale riorganizzazione dei processi dell’attività amministrativa comunale sulla base di una visione complessiva dei bisogni dell’utenza e dei servizi che le singole amministrazioni sono in grado di offrire in base alle risorse disponibili, anche in applicazione del già richiamato art. 27-bis del D.Lgs. 112/98.
Il successo del nuovo sistema dipende principalmente dall’efficacia dei rapporti collaborativi tra diverse amministrazioni, dalla disponibilità di canali di comunicazione che rendano facili e immediati gli scambi informativi tra struttura responsabile e amministrazioni pubbliche coinvolte e dalla capacità di coordinamento e direzione del responsabile. Inoltre la struttura di sportello unico avrà un ruolo tanto più incisivo all’interno della macchina comunale quanto più diversificate e qualificate risulteranno le capacità professionali, organizzative, relazionali, comportamentali, informative di cui potrà avvalersi. È chiaro, poi, che questi aspetti, individuabili come variabili organizzative, sono strettamente correlati a risorse quali tempo e denaro di cui le diverse amministrazioni dispongono in quantità differenti, stante anche la varietà delle condizioni territoriali ed economiche di riferimento; tali aspetti sono inoltre connessi alla capacità di acquisire una forma mentis di tipo manageriale in genere tipica delle realtà organizzative maggiormente evolute e avanzate, ma che a tutt’oggi anche in queste ultime fatica ad affermarsi.
Alla luce di queste considerazioni è facile comprendere come l’istituzione dello sportello unico presso i Comuni comporti, in ragione della complessità dei meccanismi di riorganizzazione burocratica ad esso correlati, la necessità di redigere un piano di progetto che scandisca le fasi di sviluppo della nuova struttura, dalla sua ideazione alla messa in regime. Il piano di progetto definisce le competenze richieste e le attività della struttura da realizzare e consente quindi di definire le risorse necessarie ai fini dell’attivazione dello sportello in termini di persone, giornate di lavoro e strumenti tecnici.
I Comuni devono trovare al proprio interno le necessarie risorse personali, strumentali e finanziarie per l’esercizio delle nuove funzioni. Partendo da questo presupposto è facile prevedere che non tutti i Comuni dispongono dei mezzi necessari per assumere a proprio carico gli oneri connessi alla creazione delle nuove strutture di servizio senza che lo Stato intervenga con proprie risorse per incentivare gli enti ad organizzare gli sportelli.
Un passo in questa direzione è stato fatto per gli sportelli unici sovracomunali attraverso l’Action plan proposto dal Ministro Bassanini, laddove si prevedevano incentivi economici per realizzare gli sportelli unici detti “chiavi in mano”, in quanto dotati della strumentazione necessaria per il funzionamento della struttura; gli incentivi consistevano in iniziative di formazione, consulenza, fornitura di strumentazione software e hardware ed erano chiaramente destinati ai Comuni di dimensioni minori che intendevano utilizzare gli strumenti di gestione associata per istituire gli sportelli unici.
Il compimento di tutti quei passi che si assumono come propedeutici all’apertura dello sportello, quali la progettazione del servizio nel suo complesso, la riorganizzazione degli uffici, la standardizzazione delle procedure e la progettazione telematica dello sportello, consenta, nella maggior parte dei casi, di risolvere a monte alcune delle principali disfunzioni organizzative e procedimentali già presenti, in minore o maggiore misura, nella struttura comunale.
In questo senso, l’attivazione dello sportello unico per le attività produttive può essere colta come un’occasione “unica” di riqualificazione del lavoro interno alla struttura pubblica, un momento di razionalizzazione, unificazione e semplificazione delle procedure spesso parcellizzate su più settori interni all’amministrazione con il conseguente insorgere delle ben note situazioni di lentezza burocratica, ridondanza di atti, inefficienza rispetto alle richieste del pubblico.
Per quanto riguarda la dimensione funzionale dello sportello unico il decreto legislativo 112/98 ha conferito ai Comuni, considerato il livello amministrativo più prossimo al mondo produttivo, due importanti aree di responsabilità in tema di sviluppo economico.
La prima area interessa le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi (art. 23), incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie; i Comuni sono chiamati a esercitare tali funzioni attraverso un’unica struttura responsabile dell’intero procedimento (art. 24).
La seconda prevede l’offerta di servizi di assistenza alle imprese, attraverso la raccolta e la diffusione di tutte le informazioni relative all’insediamento e allo svolgimento delle attività produttive sul territorio e gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell’occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo.
Mentre lo svolgimento delle funzioni amministrative costituisce un atto dovuto e irrinunciabile, lo sviluppo delle funzioni di assistenza appare più modulabile e assoggettabile a valutazioni di convenienza e opportunità legate a peculiarità del contesto applicativo, quali il bisogno effettivo, la presenza sul territorio di possibili alternative, la disponibilità di risorse e competenza.
La necessità di conferire ai Comuni le aree di intervento descritte è indice di attenzione sul tema della qualità dei servizi all’impresa e costituisce sicuramente un segnale del forte cambiamento in atto nella pubblica amministrazione, dove la logica del servizio tende progressivamente a sostituire i modelli di comportamento burocratici e autoreferenziali invalsi finora.
Il legislatore, nel conferire ai Comuni il compito di organizzare lo sportello unico, ha richiesto agli stessi un salto di qualità nelle logiche e nei criteri di organizzazione, con un passaggio da criteri di intervento tradizionali (conformità alla legge, forte specializzazione del lavoro, sequenzialità degli atti, gerarchia delle responsabilità formali, etc.) a criteri innovativi di progettazione, quali l’analisi per processi, l’arricchimento delle mansioni, l’orientamento all’utente, la qualità totale, etc.
È evidente, pertanto, che l’organizzazione delle due aree di responsabilità conferite ai Comuni dal D.Lgs. 112/98, assume priorità differenti: per le imprese, a seconda delle caratteristiche del contesto socio-economico di riferimento (più o meno evoluto); per gli enti locali e principalmente per i Comuni, a seconda del grado di sviluppo delle relazioni istituzionali (accordi di programma, protocolli di intesa, conferenze di servizi già attivate, etc.) nonché della situazione organizzativa interna (professionalità, risorse, dotazioni tecnologiche).
Sulla base delle esigenze espresse dal mondo imprenditoriale sul territorio e delle reali condizioni di fattibilità organizzativa nei Comuni e negli altri enti pubblici coinvolti, è possibile progettare e sviluppare un modello ad hoc di sportello unico e un percorso logico temporale per la sua attivazione, ipotizzando rispetto alle aree funzionali attribuite per legge agli sportelli un cammino di evoluzione del modello di sportello unico, in cui alternativamente è prioritario l’investimento sulle funzioni di carattere amministrativo ovvero l’attività di assistenza all’impresa.
In considerazione della variabilità delle singole situazioni operative è chiaro che non si può ipotizzare un solo modello di sportello unico per le attività produttive, replicabile senza adeguamenti e ugualmente valido per ogni ambiente organizzativo-amministrativo e economico; per questo appare opportuno definire, nel rispetto della normativa e alla luce delle indicazioni che emergono dalle esperienze e sperimentazioni già avviate, una soglia minima di competenze e servizi che lo sportello unico deve garantire ed esercitare in maniera efficace e tempestiva.
Il compito principale e prioritario che lo sportello unico deve assicurare è quello di gestire in forma unitaria tutte le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione degli impianti produttivi.
Lo sportello unico deve svolgere, anzitutto, il ruolo di interlocutore unitario del cittadino-imprenditore. Al Comune, pertanto, spetta l’individuazione della struttura che sarà responsabile dell’intero procedimento nei confronti dei soggetti privati, sia con riferimento ai compiti affidati ad altre strutture comunali, che a quelli affidati ad altre amministrazioni coinvolte nel procedimento.
In altri termini, si ritiene che la struttura, che può consistere in un luogo fisico o virtuale di collegamento-rapporto con l’utente (il front office per ricevimento istanze e richieste, anche in via telematica), sia competente per la gestione unitaria del procedimento amministrativo e dei relativi aspetti informativi. La struttura, cioè, deve essere in grado di comprendere la richiesta, di valutarne i profili procedurali, di fornire eventualmente la consulenza e l’assistenza richiesta dall’utente al fine di avviare un iter corretto della pratica.
La struttura, poi, in seguito al ricevimento dell’istanza, deve attivare il back office, garantendo il rapporto e il coordinamento con le altre strutture comunali e con le altre pubbliche amministrazioni competenti in ordine alla specifica richiesta e coinvolte nel procedimento unico, favorendo in ogni caso la funzione di comunicazione con l’utente.
Lo sportello unico, inoltre, deve assicurare, anche attraverso la predisposizione di un archivio informatico, l’accesso alle informazioni sugli adempimenti necessari, sull’elenco delle domande di autorizzazione presentate, sullo stato del loro iter procedurale, nonché su tutte le informazioni che sono disponibili a livello regionale, comprese le forme di agevolazione, incentivazione e sostegno alle attività produttive.
Con riguardo, dunque, a quanto finora detto circa le dimensioni funzionali, lo sportello unico per le attività produttive può presentarsi come:
• coordinatore: lo sportello unico diviene punto di partenza e di arrivo di tutti i processi che interessano l’imprenditore; in questa impostazione il servizio offerto dal comune, non si limita a singole procedure, ma si pone l’obiettivo di soddisfare i bisogni complessivi del cliente/utente;
• informatore: in quanto centro di diffusione di tutte le informazioni sul quadro normativo, economico e territoriale dell’ambito di riferimento;
• promotore: in quanto fortemente orientato alla promozione dell’immagine del territorio, alla messa in atto di iniziative per attrarre investimenti, al sostegno dell’imprenditoria locale;
• consulente: l’art. 3, comma 3 del regolamento prevede, infatti, che lo sportello unico possa svolgere, a richiesta, un’attività di preverifica della domanda di autorizzazione senza che ciò pregiudichi la definizione dell’eventuale successivo procedimento.
 
 
La progettazione dello SUAP
 
L’esperienza insegna che non esiste un modello ideale di sportello unico da “trapiantare” in strutture tecniche e organizzative o ambiti economico-territoriali eterogenei, poiché il modello operativo dello sportello e le attività da porre in essere per il suo efficace funzionamento dipendono strettamente da variabili legate alla situazione locale e devono rispondere a specifici ambiti territoriali di utenza.
È quindi necessario un approccio differenziato alle diverse realtà organizzative che si presentano nei singoli Comuni e diventa perciò essenziale mettere in atto azioni di miglioramento dell’efficacia del servizio tenendo presente la specifica situazione organizzativa e lo specifico contesto di lavoro degli operatori. Questo significa progettare le caratteristiche e le componenti del servizio nei diversi settori secondo una logica che individui un nucleo comune (o minimo) di prestazioni da erogare, gli standard di erogazione del servizio, i servizi “accessori” o “complementari” che è possibile attuare negli sportelli di diversi Comuni tenuto conto di diversi fattori quali: la dimensione demografica, le condizioni socio-economiche, una prassi esistente o assente di cooperazione fra Comuni limitrofi, la presenza di enti di servizio sovracomunali (associazioni, patti territoriali, etc.), l’esistenza di istituzioni leader, e così via.
Nella consapevolezza che non esiste un solo modello di sportello unico per le attività produttive, replicabile senza adeguamenti e ugualmente valido per ogni ambiente organizzativo-amministrativo ed economico, appare tuttavia opportuno tracciare, nel rispetto della normativa e alla luce delle indicazioni che emergono dalle esperienze già avviate e consolidate, un possibile percorso relativo all’attuazione dello sportello unico.
Tale percorso si articola nelle seguenti fasi.
1ª fase La progettazione dello sportello unico deve partire dall’analisi del contesto economico e territoriale, delle condizioni previste dal piano per l’insediamento delle attività produttive, dai bisogni delle imprese. Occorre identificare il settore economico prevalente, al fine di approfondire, nella prima fase di attuazione, le tipologie di procedimento che lo sportello unico dovrà trattare con maggiore frequenza. Sarà, conseguentemente possibile stimare il volume delle domande che saranno presentate allo sportello unico e dimensionare, conseguentemente, la struttura organizzativa.
2ª fase In secondo luogo, la progettazione dello sportello unico deve riguardare il momento di contatto con l’imprenditore (front office). Dovranno essere definiti: la gamma dei servizi, i requisiti degli stessi, ponendo particolare attenzione all’attività di consulenza, gli standard di qualità e il relativo sistema di monitoraggio. In questa fase è importante definire un adeguato sistema informativo necessario al governo del servizio. Tali elementi e strumenti consentiranno di migliorare continuamente l’organizzazione del lavoro.
3ª fase La progettazione dovrà proseguire con la costruzione delle connessioni procedimentali e organizzative volte all’integrazione interistituzionale. A tal fine sarà necessario concordare tra le pubbliche amministrazioni interessate: le garanzie di adempimento nei termini, anche attraverso la conclusione di accordi formali contenenti gli impegni di ciascuna pubblica amministrazione coinvolta e le modalità di gestione delle anomalie, degli errori e del loro superamento; le modalità di gestione delle connessioni procedurali e strutturali, con l’attivazione di uffici di staff interorganici; le modalità di trasferimento delle informazioni e delle decisioni; le modalità di monitoraggio unitario dello stato dell’iter dei vari procedimenti.
4ª fase Infine la progettazione dello sportello unico dovrà riguardare la riorganizzazione delle fasi procedimentali di back office: attribuzione di precise responsabilità degli atti e del loro coordinamento; definizione di indicatori di controllo; snellimento dei procedimenti sia per l’utente che per i lavoratori; identificazione della dimensione di scala più efficiente, anche ricercando l’integrazione tra più sportelli; implementazione delle tecnologie di supporto al colloquio con l’utente, alle connessioni interistituzionali, alla gestione organizzativa e dei procedimenti. Questa fase è particolarmente delicata, perché deve evitare – con una forte dose di pragmatismo – il pericolo più grave legato all’istituzione dello sportello unico: che questo costituisca un ulteriore passaggio burocratico, formando un vero e proprio “collo di bottiglia”.
Il ciclo della programmazione si conclude con la fase di controllo e/o valutazione del servizio. Quest’ultima va implementata su più fronti: sia sul versante interno della struttura di sportello (verifiche della corrispondenza dei processi agli standard, confronti fra gli operatori, etc.) sia con l’interfaccia dei clienti, stimolandone l’apporto valutativo (strutturata gestione dei reclami, esame degli atteggiamenti dei clienti, che si esprimono in termini di protesta o di fuga dal servizio e simili).
Resta inteso che, qualunque sia lo strumento adottato, l’obiettivo da perseguire dovrà essere, in ogni caso, quello di accertarsi che il servizio abbia soddisfatto le esigenze delle imprese e di individuare le criticità su cui lavorare per un possibile miglioramento del servizio.
 
 
Gli strumenti convenzionali
 
L’adozione di strumenti convenzionali quali accordi-quadro, convenzioni, protocolli d’intesa, etc., favorisce il conseguimento di condizioni di effettiva operatività per lo sportello unico che può avvalersene ai fini dell’esercizio delle funzioni di impulso, coordinamento e controllo ad esso attribuite per legge. Del resto, l’oggettiva impossibilità per una struttura pur tecnicamente dotata di assumere una perfetta padronanza della pluralità dei procedimenti necessari alla definizione del provvedimento autorizzativi unico impone alla stessa di optare per soluzioni in grado di consentire la comunicazione e la collaborazione tra enti coinvolti attraverso la promozione di modalità di scambio informativo flessibili ed efficaci; obbliga inoltre alla riconsiderazione delle prassi amministrative dei diversi enti in un’ottica di coordinamento concordato a priori. Attraverso la definizione di opportuni accordi si dovrebbe conseguire l’obiettivo di definire modalità convenzionali di relazione tra enti coinvolti nel procedimento unico. Questo allo scopo di codificare i procedimenti autorizzativi definendone le modalità di svolgimento con il duplice fine di conseguire il massimo grado di semplificazione possibile (per esempio attraverso la predisposizione di una modulistica semplificata ed omogenea, l’eliminazione degli eventuali tempi morti, etc.) e di raggiungere un elevato livello conoscitivo della normativa afferente le pratiche di sportello. Infatti solo un’azione coordinata fra le diverse amministrazioni e fra i diversi uffici può rendere possibile il rispetto di tempi certi e l’effettiva realizzazione della semplificazione amministrativa. L’unicità del procedimento autorizzativo e la necessità di garantire tempi certi di rilascio delle autorizzazioni comportano una forte spinta alla collaborazione fra enti che tradizionalmente seguono modalità di lavoro molto diverse.
Detti accordi dovrebbero inoltre consentire di definire le funzioni proprie di ciascuna amministrazione coinvolta nel procedimento unico, di attivare momenti di confronto e coordinamento tra gruppi di lavoro e con altri soggetti interessati alla realizzazione della attività dello sportello in un’ottica di gestione consorziata dello stesso, di realizzare un sistema informatico e telematico che abiliti alla trasmissione e condivisione dei dati e delle informazioni possedute dagli enti sottoscrittori dell’intesa.
Pertanto ai fini dell’avvio e dell’implementazione dello sportello è necessaria un’azione organizzativa tesa a conseguire efficaci rapporti collaborativi tra amministrazioni coinvolte a vario titolo nel procedimento unico, nell’ottica dell’orientamento all’utente e del conseguimento degli obiettivi di politica del servizio definiti dall’organo di governo dell’ente.
Possono, a tal fine, essere stipulate apposite convenzioni od accordi ai sensi dell’art. 15 della legge 241/90, nell’ambito dei quali prevedere tra l’altro l’individuazione da parte di ogni amministrazione di un soggetto interlocutore con il Comune, che sia responsabile dei rapporti con lo sportello unico e sia quindi dotato a tal fine di una serie di poteri; nell’ambito degli strumenti convenzionali è altresì possibile prendere in considerazione ogni altro aspetto organizzativo e procedimentale, con particolare attenzione all’utilizzo degli strumenti telematici, soprattutto al fine di contenere al massimo i tempi procedimentali.
In generale, il contenuto degli accordi può riguardare:
• la definizione della tempistica tra gli enti;
• l’identificazione e l’eliminazione di prassi inutili;
• la predisposizione di una modulistica integrata;
• la definizione di sistemi informatici/informativi condivisi;
• la definizione degli strumenti informatici a supporto dei sistemi informativi;
• la strutturazione della conferenza dei servizi;
• la partecipazione dei soggetti privati.
All’interno degli accordi devono essere poi previsti gli obiettivi che si intende raggiungere:
• la durata;
• i reciproci obblighi e garanzie fra gli enti sottoscrittori;
• eventuali forme di consultazione.
In particolare, proprio in relazione a quest’ultimo aspetto, le forme di consultazione possono riguardare anche la creazione di apposite commissioni o gruppi operativi di verifica all’interno dei quali è possibile pensare anche di coinvolgere i rappresentanti locali delle organizzazioni di categoria dell’artigianato, industria, commercio.
Stabilire contenuti condivisi tramite la conclusione di accordi tra le pubbliche amministrazioni, tali da favorire il dialogo tra le stesse e la composizione di un iter procedimentale altrimenti frammentato, oltre che la gestione di alcuni aspetti di complessità organizzativa, può presentare anche altri vantaggi: quello, per esempio, di consentire il ricorso alla Conferenza di Servizi solo in via straordinaria, utilizzando tale istituto in chiave di effettiva semplificazione, ovvero, oltre che nei casi previsti dalla legge, solo per la soluzione di situazioni altamente controverse.
Appare utile, inoltre, ai fini dell’adozione di misure semplificative volte ad aumentare il livello di efficienza dell’azione amministrativa, procedere a una ricognizione dei procedimenti autorizzativi connessi alla realizzazione di impianti produttivi di beni e servizi che vedono coinvolti diversi enti, così da individuare il conseguente assetto delle competenze di ciascuna amministrazione. Analogamente, risulta a tal fine funzionale anche l’individuazione di prassi procedimentali che, se inutili possono essere eliminate, o se ripetitive e farraginose possono quanto meno essere razionalizzate.
Allo scopo di migliorare i rapporti tra le diverse amministrazioni pubbliche coinvolte, appare peraltro di prioritaria importanza l’attività di standardizzazione della modulistica necessaria all’avvio delle istanze e delle procedure nonché l’organizzazione degli archivi informatici e di modalità telematiche di comunicazione e di accesso alle informazioni connesse ai procedimenti che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento.
 
 
I servizi avanzati per le imprese e lo sportello unico integrato
 
Allo stato attuale l’utenza dello sportello unico non è rappresentata tanto dalle imprese come era previsto in sede di intenti programmatici, quanto da tecnici specializzati che si rivolgono a tale struttura per pratiche ed autorizzazioni estremamente specifiche, prevalentemente attinenti il settore edilizio.
Le prospettive di sviluppo della struttura tuttavia vanno verso l’istituzione di un ufficio operativo per le imprese in grado di orientare l’utente, non solo con riguardo agli adempimenti collegati alle autorizzazioni edilizie e in generale alle autorizzazioni di competenza comunale, bensì rispetto all’ampia materia delle procedure autorizzative in campo economico.
Lo sportello può così evolvere e divenire la “rete distributiva” dei servizi che toccano l’insieme delle relazioni tra sistema delle imprese e pubblica amministrazione. Realizzare passi concreti in questa direzione, oltre che qualificare gli sportelli nei confronti delle imprese, consentirà di rendere effettive le potenzialità del decentramento amministrativo delle funzioni economiche. Il legislatore con le innovazioni normative più recenti dello sportello unico per l’edilizia, contenuta nel D.P.R. 380/01, ha aumentato l’offerta di servizi alle imprese in ambiti sempre più ampi e diversificati.
È evidente che il conseguimento dell’effettiva operatività degli intenti programmatici descritti comporterà una progressiva qualificazione dello sportello unico in termini di “agenzia di sviluppo”, struttura privilegiata ai fini della definizione delle strategie di trasformazione economica di una data realtà territoriale con valorizzazione delle risorse disponibili da attuarsi in termini di marketing.
Il marketing territoriale o di area può essere definitivo come l’insieme delle azioni collettive volte ad attrarre nuove attività produttive (o comunque attività strettamente legate ai cicli di produzione) sul proprio territorio, ma anche a favorire lo sviluppo delle imprese locali e complessivamente promuoverne uno sviluppo globale dell’immagine.
Si è visto come il successo del modello organizzativo “sportello unico” abbia condotto il legislatore a riproporre tale formula anche in ambito edilizio, attraverso lo sportello unico per l’edilizia, con la conseguenza che oggi alle pubbliche amministrazioni viene chiesto un ulteriore sforzo di coordinamento tra gli istituendi sportelli unici per l’edilizia con gli sportelli unici per le attività produttive già istituiti, nell’ambito di una flessibilità organizzativa riconosciuta in considerazione delle specificità territoriali e di strategie a livello locale e con l’obiettivo di valorizzare il know-how acquisito in fase di attivazione dello sportello unico per le attività produttive.
I Comuni sono nuovamente chiamati a rivedere la propria struttura organizzativa attraverso l’istituzione e la promozione di servizi sempre più orientati all’utente, rispetto ai quali prioritari sono gli aspetti di comunicazione e condivisione delle informazioni tra pubblica amministrazione e utente dei pubblici servizi e tra diversi enti e uffici pubblici operanti in condizioni di sinergia sempre più spinta. Si tratta di un ulteriore e significativo passo in direzione dello sportello unico integrato, struttura polifunzionale qualificabile in termini di agenzia territoriale a servizio esclusivo delle imprese.
 
Dr. Diego Peruga – Dirigente a contratto del Comune di Licata
 

Peruga Diego

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