L’orario di lavoro nelle aziende sanitarie

Marra Felice 10/02/11
  1. L’orario di lavoro ordinario.

Il decreto legislativo 8 Aprile 2003 n. 66 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro” e successive modifiche ed integrazioni, ha definito come orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio delle sue attività o delle sue funzioni”.

Gli elementi essenziali di essere sul luogo di lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio delle attività e funzioni, devono essere contestualmente tutti presenti affinché si possa essere nel regime dell’orario di lavoro. A titolo di esempio nel regime di Pronta Disponibilità “in attesa” non si è in orario di lavoro, perché è presente il solo elemento di “essere a disposizione del datore di lavoro” ma sono assenti gli altri due elementi essenziali di essere sul luogo di lavoro e nell’esercizio delle attività e funzioni. Quindi, in regime di Pronta Disponibilità “ in attesa” si è in un regime di “riposo disagiato” per il quale è prevista la specifica indennità di pronta disponibilità per il disagio. L’entrata nel regime pieno e ordinario dell’orario di lavoro, avviene invece con la chiamata effettiva, con la presenza dei due elementi del luogo di lavoro e dell’esercizio delle attività e funzioni1.

A titolo di ulteriore specificazione, la giurisprudenza ha affermato anche il principio della funzionalità della prestazione che sussiste nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa (Cassazione n. 5496/2006). Il principio di funzionalità comporta che lo spostamento della prestazione di lavoro nelle diversi sedi è senz’altro computabile nell’orario di lavoro2. Va evidenziato che nell’ipotesi considerata il lavoratore raggiunge la sede ordinaria di lavoro e poi raggiunge i diversi ambiti dove effettuare la prestazione. A titolo di esempio per le aziende sanitarie, rientrano sicuramente i tempi di spostamento del personale delle professioni sanitarie addetto all’attività di assistenza domiciliare, riguardo ai diversi accessi che potrebbero intervenire nel corso della giornata.

L’orario normale di lavoro è stato fissato dalla normativa generale in 40 ore settimanali, ma i contratti collettivi di lavoro possono stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.

Per il personale del comparto (non dirigente) l’articolo 26 del CCNL 7.4.1999, stabilisce che l’orario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è funzionale all’orario di servizio e di apertura al pubblico. Continuando la norma contrattuale stabilisce dei criteri di flessibilità di gestione dell’orario di lavoro, al fine di garantire l’articolazione del lavoro in turni per esigenze di servizio sulle dodici ore o sulle ventiquattro ore; la flessibilità nella programmazione con orari settimanali anche fino a 28 ore e in altri periodi con orari settimanali fino a 44 ore al fine comunque di soddisfare il debito orario annuale; la flessibilità di orario per i dipendenti in un situazione di svantaggio personale, familiare e sociale, compatibilmente con le esigenze della struttura; adeguati periodi di riposo nel lavoro articolato in turni.

La norma contrattuale prevede che l’osservanza dell’orario di lavoro da parte del dipendente è accertata con efficaci controlli di tipo automatico. Sono previsti anche casi particolari e modalità sostitutive con la possibilità di controlli ulteriori definiti dalle singole aziende, in relazione alle oggettive esigenze di servizio delle strutture interessate.

Sul versante dei controlli è opportuno evidenziare anche l’articolo 55 – sexies – comma 6 del decreto legislativo 27 Ottobre 2009, n. 150 che prevede in capo al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, nonché al dirigente preposto all’amministrazione generale del personale, una azione diretta a prevenire o contrastare, nell’interesse della funzionalità dell’ufficio, le condotte assenteistiche. Da ciò si evince che il dirigente e/o un coordinatore o posizione organizzativa che ha tra i compiti anche la diretta gestione delle risorse umane, deve sapere cosa fa il personale di riferimento, verificando periodicamente i tabulati di presenza. L’orario di lavoro non è una cosa propria del personale, ma è un preciso strumento di programmazione e gestione che rientra nelle competenze principali del responsabile, al fine di garantire la migliore funzionalità del servizio con le risorse disponibili. Qui si apre la delicata partita dei possibili debiti orari del personale che vanno controllati e monitorati, prevedendo dei piani di recupero da concordare con il relativo responsabile, soprattutto e a maggior ragione in contesti di articolazione dell’orario di lavoro a turni.

L’articolo 14 del CCNL 3.11.2005 – area della dirigenza medico veterinaria – stabilisce in 38 ore settimanali l’orario normale di lavoro dei dirigenti delle professioni mediche e veterinarie titolari degli incarichi di struttura semplice, professionali di alta specializzazione e professionali di base. Tale determinazione oraria deve assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali, correlate all’incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonché quelli di didattica, ricerca e aggiornamento.

La norma contrattuale precisa che i dirigenti con incarico di struttura semplice o con incarico di natura professionale assicurano la propria presenza in servizio e quindi il proprio tempo di lavoro, in modo flessibile, per le esigenze della struttura, sia in relazione all’espletamento dell’incarico affidato, sia in relazione agli obiettivi da realizzare. In particolare, il contratto prevede di stabilire la previsione oraria correlata ai programmi prestazionali richiesti all’equipe ed i relativi tempi di attesa massimi, attraverso l’assegnazione di obiettivi annuali ai dirigenti di ciascuna unità operativa. (metodologia di negoziazione di budget). Su tale argomento si è più volte dibattuto come si intenda la previsione delle 38 ore settimanali, e cioè come si intenda la evenienza di espletare orario in eccedenza o debito orario.

Quanto alla questione dell’orario in eccedenza le 38 ore settimanali, la risposta la fornisce l’ultimo capoverso dell’articolo 14 citato, laddove prevede che l’impegno di servizio necessario per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti l’orario dovuto è negoziato con le procedure previste dall’articolo 65, comma 6, del CCNL 5.12.1996 – e cioè attraverso gli obiettivi di budget assegnati. E ovvio quindi che l’eccedenza oraria non potrà mai essere qualificata come straordinario, e se correlata al raggiungimento degli obiettivi di budget, l’unica strada percorribile è quella di incidere sulle quote della retribuzione di risultato3.

Tale impostazione è stata anche confermata dall’ARAN, che rispondendo al quesito se la retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro di 38 ore settimanali per il raggiungimento degli obiettivi, ha risposto che “l’articolo 65 del CCNL 5.12.1996 non è stato disapplicato dai successivi contratti e la sua attuazione va negoziata con le procedure di budget (omissis) nell’ambito delle quali deve essere affrontata la questione in oggetto4.

Nell’ambito delle 38 ore settimanali, il CCNL prevede che n. 4 ore siano destinate ad attività non assistenziali, quali l’aggiornamento professionale, la partecipazione ad attività didattiche, la ricerca finalizzata ecc. Tale riserva di ore va , di norma, utilizzata con cadenza settimanale ma, anche per particolari necessità di servizio, può essere cumulata in ragione di anno e utilizzata anche per l’aggiornamento facoltativo, in aggiunta alle assenze previste dall’articolo 23, comma 1, del CCNL 5.12.1996.5

Il CCNL precisa anche che tale riserva va comunque resa compatibile con le esigenze funzionali della struttura di appartenenza e non può in alcun modo comportare una mera riduzione dell’orario di lavoro.

La riserva delle n. 4 ore di aggiornamento si applica anche al personale a tempo determinato, prestando particolare attenzione, però, alla compatibilità con le esigenze funzionali della struttura di appartenenza che rendono opportuna la previsione di regole per la fruizione delle ore di aggiornamento per il personale a tempo determinato, solo con cadenza settimanale o mensile6.

La questione dell’orario di lavoro del dirigente con incarico di direzione di struttura complessa, è stata disciplinata dall’articolo 15 del CCNL 3.11.2005 – area della dirigenza medico-veterinaria – il quale non stabilisce preventivamente una soglia (38 ore settimanali) come per gli altri dirigenti, ma evidenzia il principio che “nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’azienda, i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa assicurano la propria presenza in servizio ed organizzano il proprio tempo lavoro, articolandolo in modo flessibile per correlarlo a quello degli altri dirigenti di cui all’articolo 14, per l’espletamento dell’incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi annui da realizzare, nonché per lo svolgimento delle attività di aggiornamento, didattica e ricerca finalizzata”. Da qui l’annosa questione se anche i direttori di struttura complessa debbano svolgere almeno 38 ore settimanali. A nostro avviso pur se non indicato espressamente il valore soglia, il fatto del richiamo agli obiettivi e programmi annui da realizzare, a cui sono ancorati tutti gli altri dirigenti con riferimento alle 38 ore settimanali, deve lasciar presupporre che le 38 ore settimanali sono un valore minimo per i direttori di struttura complessa. Non si vedrebbe il motivo, difatti, per cui i dirigenti professionali o di struttura semplice di una unità operativa, per il mantenimento delle attività istituzionali e il raggiungimento degli obiettivi di budget devono svolgere almeno 38 ore settimanali, che invece non riguarderebbe gli stessi direttori responsabili dell’unità operativa. Il Contratto di lavoro, su questa parte, per il vero poteva essere più chiaro, ma non è sicuramente equo e sostenibile una tesi diversa che faccia propendere per un valore minore di ore settimanali per i soli direttori di struttura complessa, i quali per l’assetto generale delle funzioni, per le correlate responsabilità dirette per il raggiungimento degli obiettivi di budget, devono quantomeno, come base di partenza, essere messi allo stesso piano degli altri dirigenti professionali, propendendo per il vero ad una tesi interpretativa estensiva del

CCNL, nel senso che devono fare molto di più, non essendoci un limite orario minimo e neanche massimo.

A nostro avviso un passaggio importante dell’articolo 15 del CCNL in questione è quando prevede che “il direttore di struttura complessa debba articolare l’orario di lavoro in modo flessibile per correlarlo a quello degli altri dirigenti, per l’espletamento dell’incarico affidato in relazione agli obiettivi e programmi annuali da realizzare”. Pertanto, se deve correlarlo deve assicurare minimo 38 ore settimanali come per gli altri dirigenti. I direttori di struttura complessa comunicano preventivamente e documentano la pianificazione delle proprie attività istituzionali, le assenze variamente motivate (ferie, malattie, attività di aggiornamento ecc.) ed i giorni ed orari dedicati alla attività libero professionale.

Altra questione, controversa e collegata alla precedente, è stata quella dell’obbligo di rilevare la presenza in servizio (timbratura) per i direttori di struttura complessa. Dato per scontato che per gli altri dirigenti professionali e di struttura semplice tale obbligo sussiste. Su tale partita l’ARAN si è già espressa sancendo che “è demandato ad un accordo tra la direzione generale dell’azienda ed il dirigente interessato come debba svolgersi e con quali sistemi la rilevazione della sua presenza in servizio, rilevazione che non avendo più alcun carattere fiscale, deve, comunque, poter consentire all’azienda l’applicazione degli istituti contrattuali (quali aspettative, malattie, ferie, permessi, ecc.) o la verifica delle responsabilità ovvero ancora garantire al dirigente le tutele medico-legali, previdenziali, assicurative ed infortunistiche, nonché, per i dirigenti sanitari la distinzione dell’attività istituzionale da quella libero professionale7. Significativa in merito risulta essere un sentenza della Corte dei Conti che ha sancito il principio che “nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente anche quando il lavoratore ha qualifica dirigenziale, la prestazione non può essere resa in funzione delle proprie esigenze private, ma deve essere resa secondo l’orario di servizio contrattualmente previsto o preventivamente pianificato in relazione alle esigenze dell’amministrazione e correlato alle prestazioni degli altri dirigenti sottoposti. In assenza di accordo scritto, l’unica prassi condivisa dall’Azienda e mai contestata dalla stessa era quella per cui anche il dirigente di struttura complessa era tenuto a timbrare il cartellino con indicazione esatta dell’inizio e della fine della prestazione lavorativa nella struttura e con rilevazione delle ore prestate in eccedenza rispetto all’orario di 38 ore. E la rilevazione delle ore di straordinario conferma la sussistenza di un orario minimo da osservare, in assenza del quale non sarebbe neppure configurabile lo straordinario”. Quindi, o le modalità vengono concordate e pianificate prima, attraverso uno specifico accordo di quantificazione oraria che faccia riferimento agli obiettivi di budget da raggiungere, oppure in mancanza di preventiva pianificazione, scatta la prassi di rilevazione automatica con i cartellini. Altro elemento importante si rinviene nell’espletamento dell’attività libero professionale: se l’attività deve essere svolta al di fuori dell’impegno di servizio e compatibilmente con l’articolazione dell’orario di lavoro, diventa difficile realizzare tali condizioni qualora non risulti con certezza la rilevazione del debito orario. In sintesi si poteva benissimo dire già nelle clausole contrattuali, per i motivi suindicati, che la rilevazione della presenza è fondamentale ed essenziale. Comunque la questione può essere risolta mediante l’indicazione dell’orario minimo da osservare e delle modalità di rilevazione in un regolamento aziendale e riportando le medesime indicazioni nel contratto individuale di lavoro.

Inoltre, un sistema corretto di rilevazione dell’orario è oggi più che mai opportuno, in relazione all’evoluzione normativa in corso, per effetto di quanto previsto dal decreto legislativo n.150/2009 che prevede il licenziamento disciplinare in caso di:

  1. falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;

  2. assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata entro il termine fissato dall’amministrazione;

L’articolo 14 citato, al successivo comma 7, precisa che la presenza del dirigente medico nei servizi ospedalieri delle aziende nonché in particolari servizi del territorio, deve essere assicurata nell’arco delle 24 ore e per tutti i giorni della settimana mediante una opportuna programmazione ed una funzionale e preventiva articolazione degli orari e dei turni di guardia. Con l’articolazione del normale orario di lavoro nell’arco delle dodici ore di servizio diurne, la presenza medica è destinata a far fronte alle esigenze ordinarie e di emergenza che avvengano nel medesimo periodo orario. L’azienda deve individuare i servizi ove la presenza medica deve essere garantita attraverso una turnazione per la copertura dell’intero arco delle 24 ore.

In tale ambito è necessario chiarire la prima distinzione fondamentale tra orario di lavoro e orario di servizio:

L’orario di servizio: è l’orario di articolazione funzionale di una unità operativa, struttura, dipartimento funzionale, processo assistenziale. Ha un riflesso organizzativo di fascia oraria di erogazione delle prestazioni.

L’orario di lavoro: è l’orario del singolo dipendente che si inquadra nell’orario di servizio, attraverso l’articolazione dei turni di lavoro.

Non si applica per la dirigenza medica quanto previsto dall’articolo 4 “durata massima dell’orario di lavoro” del decreto legislativo n. 66/2003 (di applicazione invece per il personale del comparto non dirigente) che dispone che, in ogni caso, la durata media dell’orario di lavoro non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. In tal caso la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. I contratti collettivi di lavoro però possono elevare il limite di cui sopra fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, che devono essere specificate negli stessi contratti collettivi (difatti l’articolo 5 “Orario di Lavoro” del CCNL 10 Aprile 2008 – personale del comparto sanità- periodo 2006-2009, ha previsto che la durata media dell’orario di lavoro, è riferita, per il primo anno di applicazione, ad un periodo di nove mesi e, a regime ad un periodo di sei mesi, al fine di garantire, senza soluzione di continuità, livelli ottimali di assistenza e tutelare il diritto alla salute dei cittadini, a fronte di eventi non pianificabili). Tale deroga per la dirigenza del limite massimo delle 48 ore settimanali, calcolate in media come suindicato, deriva dall’articolo 41 “Modifiche alla disciplina in materia di orario di lavoro” della Legge 6 Agosto 2008 n. 1338. Pertanto il dirigente medico può superare le 48 ore settimanali e la relativa eccedenza oraria viene qualificata come orario normale di lavoro da utilizzarsi per l’attività richiesta per il raggiungimento degli obiettivi di budget, salvo le ipotesi tassativamente previste dalle norme contrattuali quando prevedono le ore in straordinario (come ad esempio la pronta disponibilità).

2. L’orario di lavoro straordinario.

Le prestazioni di lavoro straordinario hanno carattere eccezionale e devono rispondere alle effettive esigenze di servizio. Tale caratteristica del lavoro straordinario richiede sempre una preventiva autorizzazione da parte del dirigente responsabile. Su tale aspetto è bene precisare che l’autorizzazione si evince anche per effetto dell’organizzazione interna del servizio9.

Per il personale del comparto (non dirigente) la materia è disciplinata dall’articolo 34 del CCNL 7.4.1999 che prevede un limite annuale per ciascun dipendente di 180 ore straordinarie che potranno essere superate, in relazione ad esigenze particolari ed eccezionali, per non più del 5% del personale in servizio e comunque fino al limite massimo (non superabile) di n. 250 ore di lavoro straordinario annuale.

Per la dirigenza la materia del lavoro straordinario è disciplinata dall’art. 28 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro area della dirigenza medico-veterinaria – 10.02.2004 – che consente le prestazioni di lavoro straordinario nei seguenti casi:

  1. Per i turni di guardia: nelle ore notturne e nei giorni festivi, per garantire le emergenze dei servizi assistenziali10. L’attività di guardia medica è normalmente compresa nel debito orario, ma qualora la medesima attività superi l’orario normale di lavoro si ha diritto al compenso per lavoro straordinario.

  2. Pronta disponibilità: In caso di chiamata (e non in attesa in quanto è riposo disagiato) l’attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata come recupero orario11.

  3. Per altre attività non programmabili: in casi eccezionali e per effettive esigenze di servizio.

La normativa contrattuale citata, sia per il comparto che per la dirigenza, prevede che le Aziende Sanitarie devono preventivamente individuare le quote di risorse – in relazione alle esigenze di servizio ovvero per fronteggiare situazioni ed eventi di carattere eccezionale – da assegnare alle articolazioni aziendali (distretti, presidi ospedalieri, dipartimenti)-le quali all’interno delle proprie unità operative possono utilizzare le relative risorse in modo flessibile (previo rispetto del budget massimo assegnato).

Le prestazioni di lavoro straordinario possono essere compensate a domanda , con riposi sostitutivi da fruire, compatibilmente con le esigenze di servizio, di regola entro il mese successivo.

Riguardo la preventiva autorizzazione per le ore in straordinario, la giurisprudenza amministrativa ha sancito che l’autorizzazione è implicita nell’organizzazione del lavoro per turni tra il personale disponibile, nell’ambito dell’attività a cui il dipendente deve obbligatoriamente partecipare per un servizio che l’amministrazione è tenuta a garantire12. L’autorizzazione formale e preventiva dell’amministrazione è comunque necessaria al fine del riconoscimento del compenso in relazione alla necessità di verificare le ragioni di interesse pubblico che rendono opportuno il ricorso a prestazioni straordinarie. Infatti l’autorizzazione non è da intendersi quale mero consenso, quando rappresenta il momento finale e attuativo di un processo di programmazione e di ripartizione delle risorse finanziarie a disposizione dell’ente. Ne consegue che l’autorizzazione è rilasciata in modo illegittimo se viene superato il tetto di spesa previsto per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario13.

Cogliamo l’occasione per precisare che l’orario di lavoro straordinario, quando è dettato da esigenze eccezionali, imprevedibili e urgenti e cioè nella concezione classica, non richiede mai il consenso del dipendente. E’ ovvio che l’urgente necessità assistenziale deve poter trovare una risposta anche con l’istituto dello straordinario. In tale ambito, occorre invece prestare attenzione ad un altro fattore e cioè al limite delle 48 ore settimanali come orario di lavoro massimo effettuabile, che sussiste però per il personale del comparto e non per la dirigenza; limite che va riferito, comunque, a un valore medio nel periodo di sei mesi. Quindi il ragionamento è che se la norma di legge e quella contrattuale di lavoro consente di poter effettuare fino a un massimo di 48 ore settimanali, compreso il lavoro straordinario, è ovvio che in tale ambito non esiste il preventivo consenso del dipendente che è tenuto a garantire le prestazioni anche oltre l’orario ordinario qualora se ne ravvisi una motivata ed eccezionale esigenza. Nel contempo occorre anche prestare attenzione al riposo giornaliero di undici ore (consecutive o frazionate) nelle ventiquattro ore. Un eventuale trend di superamento di tali limiti, non consentirebbe poi alcuna imposizione, anzi richiederebbe interventi correttivi nell’organizzazione idonei a garantire il recupero psico-fisico del dipendente.

Per il direttore di struttura complessa, non essendo previsto un orario di servizio (ma come abbiamo detto prima, è vigente un orario di lavoro minimo di 38 ore settimanali) la retribuzione di posizione e di risultato deve tenere conto anche delle eventuali particolari condizioni di lavoro. Nella stessa logica, non è inoltre previsto l’istituto dello straordinario per i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa, né per l’effettuazione del servizio di guardia (le prestazioni di lavoro straordinario sono consentite ai soli dirigenti con incarico di direzione di struttura semplice, incarico di natura professionale anche di alta specializzazione, o incarichi di natura professionale di base).

Quanto ai limiti annui di svolgimento delle ore in straordinario, in difetto della disciplina contrattuale della dirigenza che non indica un limite massimo di ore, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso, solo previo accordo tra datore di lavoro e dirigente, per un limite annuo massimo di 250 ore14. Il previo accordo non sussiste, però, a nostro avviso per i casi già disciplinati dal CCNL, in quanto la disciplina collettiva esiste (turni di guardia e pronta disponibilità, attività urgenti e non programmabili) e ovviamente, comunque, nei casi di forza maggiore o per la presenza di un pericolo grave ed immediato e quindi correlati a urgenti e improrogabili motivi di tutela assistenziale che possono verificarsi (tale indicazione rientrerebbe, comunque, nei casi di attività urgenti e non programmabili previsti dal CCNL). Tale evenienza delle urgenze, che possono imporre di espletare il lavoro straordinario anche senza consenso, devono però essere motivate e rispondere a criteri di eccezionalità e temporaneità, rendendo debole l’imposizione laddove invece il lavoro straordinario assuma contenuti di continuità, che devono invece essere ricondotti nel quadro del lavoro in eccedenza oraria che il dirigente presta per il raggiungimento degli obiettivi di produttività con incidenza sulla retribuzione di risultato. Tale aspetto, comunque, rinvia a specifici accordi tra il lavoratore e l’azienda. In tal senso è stata significativa una sentenza del giudice del lavoro di Firenze che ha riconosciuto il pagamento di un monte ore cospicuo di straordinario ad un dirigente medico, per il fatto che l’Azienda nei cartellini e nella pianificazione dei turni aveva consentito e valicato tale situazione per diversi anni. E’ anche vero che poi, in sede di Corte d’Appello, si è ritornati alla tesi dell’Azienda Ospedaliera, tentando con un accordo con i medici professionisti coinvolti di far rientrare il tutto in un compenso aggiuntivo negoziato, con quote inferiori rispetto allo straordinario15. Interessante è anche la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria che ha stabilito una decurtazione del 50% dell’importo spettante per le ore straordinarie superiori al limite delle 250 ore annue16.

Tali accadimenti portano a chiarire quanto segue:

  1. Se le ore eccedenti sono indispensabili per l’attività ordinaria e istituzionale (raggiungimento degli obiettivi) allora le medesime, con precisa regolamentazione dell’azienda, devono rientrare nella retribuzione di risultato;

  2. Se invece le ore eccedenti, sono necessarie per attività urgenti e non programmabili, previa autorizzazione del dirigente responsabile sono qualificate come ore in straordinario. Ovviamente tale situazione ha una chiarezza giuridica qualora tale eventualità non ricorra in modo continuativo. Difatti la continuità porterebbe a creare un qualche dubbio sul fatto che le ore eccedenti servano invece per il mantenimento dell’attività istituzionale, con tutti i problemi di cui sopra. In tal caso bisognerebbe riportare il contesto nel giusto percorso degli incentivi di risultato e poi, previa verifica dei carichi di lavoro, nella valutazione della necessità di una eventuale implementazione della dotazione organica.

  3. Se le ore vengano prestate in caso di guardia attiva (per le ore eccedenti in normale orario di lavoro di 38 ore settimanali) o in caso di chiamata effettiva in pronta disponibilità, si tratta di ore in straordinario.

3. Il riposo giornaliero e settimanale.

Per il personale del comparto (non dirigente) ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 8 Aprile 2003, n. 66, è previsto un riposo giornaliero di undici ore consecutive ogni ventiquattro ore. Successivamente con l’articolo 5 del CCNL 10.04.2008 – area comparto sanità – è stato previsto che il riposo consecutivo di undici ore può esser oggetto di deroga, a seguito di accordo di contrattazione collettiva integrativa aziendale con le organizzazioni sindacali e la RSU aziendale, con le modalità previste dall’articolo 4, comma 5, del CCNL 7.4.1999.17 La deroga può intervenire, pertanto, per le necessità funzionali di unità operative, ma solo agendo sul frazionamento del riposo di undici ore consecutive, essendo invece inderogabile il riposo di undici ore (se pur frazionato) nelle ventiquattro ore. Ricordiamoci inoltre che. ai sensi dell’articolo 41, comma 4, della legge n. 133/2008, il riposo di undici ore consecutive è automaticamente frazionato (non occorre in tale ipotesi l’accordo di contrattazione integrativa) nelle unità operative dove è attiva la reperibilità. In tale ambito, come cennato, l’attesa in reperibilità è considerata riposo (se pur disagiato) e il tempo riposo “in attesa” si somma poi in modo frazionato, all’ulteriore tempo di riposo maturato nelle ventiquattro ore, escluso il tempo-lavoro ordinario e di prestazioni effettive a seguito di chiamata.

Altra deroga per il personale della dirigenza, risulta essere l’obbligo del riposo consecutivo giornaliero di undici ore (o frazionato) previsto invece per il personale del comparto (non dirigente). Tale deroga per effetto dell’articolo 41 della Legge 6 Agosto 2008 n. 133, che rimanda alla contrattazione collettiva le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche.

In merito è intervenuto l’articolo 7 “disposizioni particolari in materia di riposo giornaliero” del CCNL 17.10.2008 – area della dirigenza medica-veterinaria, il quale prevede di definire, in sede di contrattazione integrativa tra Azienda Sanitaria e Organizzazioni Sindacali, le modalità di riposo nelle ventiquattro ore, atte a garantire idonee condizioni di lavoro ed il pieno recupero delle energie pisico-fisiche dei dirigenti, nonché prevenire il rischio clinico.

La norma contrattuale prevede, in particolare, che dopo l’effettuazione del servizio di guardia notturna o della turnazione notturna, debba essere assicurata la fruizione immediata, in ambito diurno, di un adeguato periodo di riposo obbligatorio e continuativo, in misura tale da garantire l’effettiva interruzione tra la fine della prestazione lavorativa e l’inizio di quella successiva. Le misure previste devono garantire ai dirigenti una protezione appropriata evitando che, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori, sia ridotta l’efficienza della prestazione professionale, aumentando il rischio di causare lesioni agli utenti o a loro stessi, ad altri lavoratori o di danneggiare la loro salute, a breve o a lungo termine.

La materia è soggetta alle linee di indirizzo regionale.

In conclusione la legge e la norma contrattuale nazionale di lavoro, indicano l’obbligatorietà di garantire un adeguato riposo, soprattutto dopo la guardia notturna o turnazione notturna, non indicando però il limite quantitativo, come previsto, invece, per il personale del comparto (undici ore di riposo consecutivo giornaliero). Sarà essenziale, pertanto, quanto verrà stabilito nelle singole aziende attraverso la contrattazione collettiva integrativa aziendale con le organizzazioni sindacali

Il lavoratore ha diritto, ogni sette giorni, a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola coincidenti con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero (undici ore di riposo consecutivo). Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività e servizi il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità (è il caso delle funzioni assistenziali delle aziende sanitarie).

La Corte Costituzionale ha più volte stabilito il principio secondo cui con il termine “riposo settimanale” si intende esprimere sostanzialmente il concetto di periodicità del riposo, nel rapporto di un giorno su sei di lavoro.

La Corte Costituzionale ha aggiunto che in relazione alla varietà di qualità e tipi di lavoro deve, peraltro, ammettersi la legittimità di una periodicità differenziata del riposo a condizione che la disciplina si attenga ai seguenti principi:

– si tratti di casi di necessità e tutela di apprezzabili interessi;

– non venga eluso – nel complesso- il rapporto di un giorno di riposo e sei di lavoro;

– non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore per quanto riguarda la salute dello stesso18.

Successivamente la legge n. 133/2008 prevede che il riposo settimanale di almeno ventiquattro ore consecutive venga calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni. Con tale novità si assiste, quindi, ad un maggiore flessibilità dell’Azienda nella determinazione dei riposi settimanali. A titolo di chiarimento si riportano alcuni passaggi salienti del parere del Ministero del Lavoro 14 Dicembre 2009, n. 19428: “Ciò premesso, con l’obiettivo di realizzare una sostanziale uniformità di comportamento, si ritiene opportuno che gli organi di vigilanza verifichino il rispetto della citata disposizione partendo dall’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore (cd. dies a quo) e procedendo a ritroso al fine di accertare se, nei tredici giorni precedenti, il medesimo lavoratore abbia goduto almeno di un altro giorno di riposo e così via per l’intero arco temporale oggetto di controllo”

 

Norme, circolari, pareri e giurisprudenza di riferimento:

Decreto Legislativo 27 Ottobre 2009, n. 150;

Legge 6 Agosto 2008, n. 133;

Decreto Legislativo 8 Aprile 2003, n. 66;

CCNL 10.04.2008 – area comparto sanità;

CCNL 3.11.2005 – area della dirigenza medica-veterinaria;

CCNL 3.11.2005 – area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa;

CCNL integrativo 20.09.2001 – area comparto sanità;

CCNL 08.06.2000 – area della dirigenza medica-veterinaria;

CCNL 08.06.2000 – area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa;

CCNL 7.4.1999 – area comparto sanità;

CCNL 5.12..1996 – area della dirigenza medica-veterinaria;

Quesito ARAN del 26.06.1007 “orario di lavoro e servizio di guardia” quesito 01 – articoli 17 e 18 CCNL 5.12.1996;

Quesito ARAN del 26.06.2007 “orario di lavoro e servizio di guardia” quesito 04 CCNL 08.06.2000 – art. 17;

Circolare INPS n. 181 del 1.12.2003 “ decreto legislativo 08.04.2003 n. 66 – Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE;

Ministero del Lavoro, parere 14 Dicembre 2009, n. 19428;

Corte Europea di Giustizia 9 Settembre 2003;

Consiglio di Stato – Sez. V – n. 4942/2005;

Consiglio di Stato – Sez. V – n. 5050/2006;

TAR Regione Puglia n. 814/2006;

 

1 Corte Europea di Giustizia – sentenza del 9 Settembre 2003 – “Nel caso di specie la Corte ha operato una distinzione tra reperibilità e presenza in servizio in base alla quale soltanto nella prima ipotesi nella quale il dipendente non è sul posto di lavoro ma si dichiara disponibile ad una eventuale chiamata – e per questo percepisce una indennità- non si può parlare di orario di lavoro. Nella presenza in servizio, invece, il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, a prescindere dall’espletamento continuo o meno della sua prestazione”. Inoltre è stato osservato che la nozione di orario di orario di lavoro è alternativa a quella di riposo, l’una escludendo l’altra.”

2 Cassazione n. 5701/2004; Cassazione n. 5775/2003; Cassazione n. 13804/1999.

3 L’articolo 65 , comma 6, del CCNL 5.12.1996 – area della dirigenza medica-veterinaria, testualmente recita:”Gli obiettivi, preventivamente illustrati dal dirigente responsabile, sono assegnati formalmente a tutti i dirigenti dell’unità operativa secondo la tipologia degli incarichi conferiti a ciascuno di essi ai sensi degli artt. 55 e 56 con l’indicazione dell’incentivo economico connesso.

4 Si veda Quesito del 26.06.2007 – “ CCNL 3.11.2005 – orario di lavoro e servizio di guardia- reperibile sul sito dell’ARAN alla voce quesiti area dirigenza medico-veterinaria.

5 L’articolo 23 “ Assenze retribuite” del CCNL 5.12.1996 – area della dirigenza medico-veterinaria – prevede che il dirigente può assentarsi per n. 8 giorni all’anno per partecipare a convegni, congressi o corsi di aggiornamento, perfezionamento o specializzazione professionale facoltativi, connessi all’attività di servizio. I periodi di assenza non riducono le ferie, sono valutati agli effetti dell’anzianità di servizio e comportano l’erogazione della retribuzione.

6 Vedi Quesito ARAN del 26.06.2007 – “orario di lavoro e servizio di guardia” quesito 01 articoli 17 e 18 CCNL 5.12.1996 – sul sito ARAN alla voce quesiti.

7 Vedi Quesito ARAN del 26.06.2007 – “orario di lavoro e servizio di guardia” quesito 04 CCNL 08.06.2000 – art. 17- sul sito ARAN alla voce quesiti.

8 L’articolo 41, comma 13, della Legge 6 Agosto 2008 , n. 133 dispone che “Al personale delle aree dirigenziali degli enti e delle aziende del SSN, in ragione della qualifica posseduta e della necessità di confermare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell’incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66. La contrattazione collettiva definisce le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche.

9 TAR – Regione Puglia sentenza n. 814/2006;

10 Articolo 19 del CCNL 5.12.1996;

11 Articolo 20 del CCNL 5.12.1996;

12 Consiglio di Stato – Sezione V – n. 4942/2005.

13 Consiglio di Stato – Sezione V – n. 5050/2006.

14 Circolare INPS n. 181 del 1.12..2003 “ D.Lgs. 8.4.2003 n. 66. Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE.

15 Il tribunale di Firenze con sentenza del 17.06.2009 aveva condannato l’Azienda Ospedaliera Careggi di pagare un monte ore di lavoro straordinario pari a n. 1.586,55 ore a un dirigente medico. Il Giudice motivava tale decisione come di seguito: “Tale monte orario era infatti attestato dalla medesima azienda nel riepilogo orario e non è stato contestato dalle controparti, così come nessuna contestazione è stata sollevata circa il fatto che tale orario eccedente non fosse stato interamente recuperato all’atto delle dimissioni, residuando nella misura appena specificata. Inoltre il giudice dichiara che non è possibile negare che lo straordinario fosse autorizzato, ed anzi addirittura richiesto come indispensabile per assicurare i servizi del reparto, i servizi erano articolati in turni stabiliti da un responsabile ed avevano carattere del tutto vincolante, tali da costituire orario di lavoro a tutti gli effetti.” L’Azienda Ospedaliera Careggi ha poi adito la Corte di Appello di Firenze, la quale ha confermato la tesi interpretativa data dalla medesima azienda, facendo rientrare le ore eccedenti nel contesto del raggiungimento degli obiettivi. La successiva contrattazione interna con le organizzazioni sindacali ha poi consentito di giungere a un accordo che ha definito un sistema di corrispettivi finanziati da fondi contrattualmente previsti in base a obiettivi correlati a un progetto, assumendo come indicatore prevalente la presenza di ore eccedenti.

16 Il Tribunale di Reggio Calabria con sentenza del 16.10.2002, rigetta la richiesta di compenso per ore straordinarie effettuate oltre il limite delle 250 ore annuali stabilendo che “ le ore oltre il limite massimo di n. 250 ore annuali vi è una vera prohibitio…omissis….di conseguenza, dall’importo spettante a norma della contrattazione va detratto un importo pari al 50%”

17 Stiamo parlando della contrattazione integrativa “a termine” e cioè nelle materie non direttamente implicanti l’erogazione di risorse destinate al trattamento economico, decorsi trenta giorni dall’inizio delle trattative senza che sia raggiunto l’accordo tra le parti, queste riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e di decisione. D’intesa tra le parti, il termine citato è prorogabile di altri trenta giorni.

18 Corte Cost. 30 Giugno 1971 n. 146, in Foro it., 1971, I , 2140; Corte Cost., 23 maggio 1973, n. 65, ibidem, 1973, 2004.

Marra Felice

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