L’interpretazione del controllo nel processo comunicativo Ovvero perché non ascoltano ?

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     In questi ultimi tempi si è parlato molto circa l’impianto dei controlli nella Pubblica Amministrazione, ognuno con una propria specificità finanziaria, di gestione, strategica, ecc. E’ mancata però un’analisi della ricezione del messaggio o della presunta volontà di fare ricevere quanto relazionato, essendo in realtà molte volte comoda l’autoreferenzialità.

         Secondo lo schema di Jackson quando un mittente invia un messaggio al destinatario per essere operante vi deve essere un riferimento al contesto, che possa essere capito dal destinatario, un codice interamente o parzialmente comune, in modo che possa avvenire il processo di decodifica, infine un contatto che consenta di mantenere la comunicazione il quale non sarà solo fisico ma soprattutto psicologico.

         Nel processo comunicativo così descritto occorre tenere conto di alcuni elementi e in particolare:
 
·        La relazione tra i due termini della comunicazione ( emittente e ricevente) è bilaterale e reversibile, nel senso che virtualmente ciascuno dei due può assumere il ruolo dell’altro.
·        Il messaggio deve essere recepito come portatore di un significato legato a fatti della realtà che quindi conduca ad una qualsiasi azione.
·        Vi deve essere flessibilità nell’atto comunicativo con adattamento dell’emittente al ricevente e viceversa, il tutto a sua volta adattato al contesto generale.
·        La comunicazione è fondamentalmente dialogo nella realtà concreta tale dialogo è a sua volta integrato in una molteplicità di reti sociali che lo influenzano profondamente.
·        Lo schema della comunicazione non può essere avulso dall’ambiente particolare in cui la comunicazione ha luogo, ossia il contesto in cui si trovano i partners della relazione, il tipo di attività in cui operano al momento della comunicazione, i rapporti storico – sociali in cui è calata la relazione emittente – ricevente.
( Ricci Bitti e Zani )
 
Un attenzione particolare meritano quindi l’ analisi del contesto, o meglio dei contesti, nonché quella degli altri elementi importanti in una comunicazione quali il rumore, il disturbo fisico o psicologico o una predisposizione negativa dell’interlocutore all’ascolto del messaggio, la ridondanza, tutti gli elementi che rinforzano il messaggio, e infine il feed – back, il controllo dell’esito del messaggio.
Sia il codificare che il decodificare un messaggio comporta una selezione, una organizzazione e una interpretazione dei segnali nella quale vengono coinvolti i livelli cognitivo, emotivo, affettivo e interpersonale.
Nella codifica sono stati individuati due livelli di comunicazione : uno relativo al relativo contenuto vero e proprio ed uno relazionale fra le parti coinvolte, risultato anche di una propria predisposizione a seguito delle esperienze precedentemente elaborate con la controparte ( Watzlawick, Beavin e Jackson ).
Un ulteriore elemento che scarsamente viene valutato nella stesura dei report è il background knowledge, ossia le conoscenze che ognuno possiede e che tuttavia costituiscono la base dell’interazione, in altre parole il patrimonio culturale del gruppo sociale con cui si viene in contatto.
Bisogna avere consapevolezza della pluralità di significati e quindi di possibili letture che stanno dietro al segno, occorre pertanto che quando si compie una comunicazione questa avvenga per l’altro, assumendo il suo punto di vista e le sue capacità linguistiche e il senso che darà ai segni secondo il concetto del role – taking ( G. H. Mead).
Elemento fondamentale perché la comunicazione sia efficace è il feed – back continuo al fine di comprendere come il messaggio sia stato decodificato, dobbiamo considerare che tutto il nostro comportamento, dall’istruttoria alla presentazione, è comunque comunicazione tale da potere rafforzare o distorcere il messaggio.
L’intenzionalità che distingue la comunicazione dal flusso di informazioni, deve coincidere con il comportamento manifesto e la consapevolezza della rilevanza che si vuole dare, ma anche della possibile rilevanza per il ricevente.
Dobbiamo considerare che il significato percettivo è spesso più ampio di quello originariamente voluto dall’emittente.
Vi è una attenzione selettiva dei segnali provenienti dall’emittente, alcuni vengono immediatamente recepiti, altri volutamente ignorati, mentre di altri non si è neppure consapevoli. I segnali vengono prima preselezionati e successivamente strutturati in percezioni significative collegate agli schemi costituiti dall’insieme di concetti, idee e associazioni o alle categorie di cui si dispone.
Lo stesso linguaggio è un modo di percepire la realtà sia fisica che sociale etichettando l’esperienza avuta da cui discende il modo in cui categorizziamo il mondo.
La decodificazione del messaggio è pertanto determinata oltre che dal contesto, anche dalle aspettative e dalla personalità di chi riceve il messaggio.
I contesti sono degli insiemi che si formano al momento della comunicazione, essi possono essere linguistici e grafici con livelli contestuali incastrati l’uno nell’altro, ma vi è anche un contesto più largo detto implicito che contiene tutte le informazioni che il ricevente conosce dell’emittente, tale contesto è a sua volta integrato in un contesto totale consistente nel sistema di coordinate dell’emittente, circostanza che può non essere conosciuta dal ricevente.
Il contesto esercita varie funzioni quali individuare il senso, completare il senso, trasformare il significato dandone una valenza non voluta dall’emittente. Ciò che è culturalmente rilevante per l’emittente può non esserlo per il ricevente, in sostanza l’avanzo di amministrazione o i residui passivi non sono la stessa cosa per il ragioniere o l’assessore umanista alle politiche pubbliche.
 
 
Bibliografia
 
·        P. E. Ricci Bitti e B. Zani, La comunicazione come processo sociale, 1971;
·        D. D. Jackson, Saggi di linguistica generale, 1966;
·        P. Watzlawick – J. H. Beavin – D. D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, 1971;
·        G. H. Mead, Mente, sé e società, 1966.
 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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