L’indisponibilità del credito tributario

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Il che è dovuto ai dubbi che in dottrina sono riconducibili a lamentate confusioni sull’appellativo di << indisponibilità del credito tributario >>, individuato, spesso, attraverso micro-varianti terminologiche, come << indisponibilità dell’imposta >>, << indisponibilità dell’obbligazione tributaria >> o altro.

Ne è derivata una disomogeneità concettuale a cui corrisponde un’altrettanta molteplicità di sfumature di significato ed una spiccata difficoltà ad individuare una nozione univoca di indisponibilità nel diritto tributario.

Insomma, tanto quanto basta per porre in luce la << confusione terminologica >> che serpeggia a causa della << diffusa e variegata nomenclatura >> a cui, con disinvoltura, spesso la dottrina ricorre1.

Indipendentemente dal << vocabolario >> utilizzato non pare sussistano ragionevoli dubbi volti a ritenere che il concetto di indisponibilità nel diritto tributario sia confacente alla << teoria dichiarativa >>, mentre non collimerebbe con la << teoria costitutiva >>.

In quest’ultimo caso è stato ritenuto, attraverso una chiave di lettura di ampia veduta del concetto di indisponibilità che tenga nella doverosa considerazione la natura pubblicistica dell’obbligazione tributaria, che sarebbe, forse, più corretto usare la denominazione di principio della assoluta doverosità dell’Amministrazione finanziaria di attivare i suoi poteri di investigazione per portare alla luce tutti i fatti imponibili che il contribuente ha omesso di dichiarare (e, perciò, ha occultato) e di costituirsi creditrice dell’intero ammontare delle relative imposte evase, di fatto risolvendosi la problematica relativa alla nomenclatura da utilizzare, o nella << indisponibilità del credito >> o nella << indisponibilità del potere di costituire il credito >> (2)(3).

Invero, l’indisponibilità de qua deve, oggi, più che nel passato, essere soppesata in ragione anche dell’ampia tematica che investe l’esercizio consensuale del potere amministrativo e che riguarda i rapporti tra cittadino Pubblica amministrazione.

È noto, infatti, che un ruolo centrale è assunto dalla legge 7 agosto1990, n. 241 in relazione alla possibilità attribuita al cittadino di partecipare all’attività svolta dalla Pubblica amministrazione e, quindi, alle scelte da questa intraprese.

Attraverso gli istituti partecipativi il Legislatore si è ispirato ad esigenze di completezza e coerenza dell’istruttoria amministrativa, veicolando l’azione amministrativa entro un obbligato contesto dialettico, incardinato su obblighi di giustificazione e diritti di contestazione che costituisce la condicio sine qua non per pervenire a risultati corretti4. Il potere pubblico si puntualizza e si determina in concreto per effetto del confronto col privato il quale viene in qualche modo ad essere compartecipe della gestione del potere stesso5.

Attraverso l’opportunità offerta al contribuente, l’interesse privato è fatto partecipare al procedimento allo scopo, anche, di consentire il migliore risultato ottenibile quanto alla realizzazione dell’ottimale interesse pubblico. Il contatto dialettico tra Amministrazione e amministrato è volto, ormai, tanto alla realizzazione dei migliori interessi pubblici, quanto ad un controllo dell’azione pubblica6. Infatti la partecipazione può consentire alla Pubblica amministrazione la correzione di errori che, diversamente, potrebbero essere fatti valere dal privato in sede giurisdizionale con il rischio di soccombenze a danno dello Stato.

L’obiezione che può essere avanzata è che la materia tributaria soffre di limitazioni per un’integrale adozione degli istituti partecipativi puramente di matrice amministrativistica (si veda, ad esempio, il già esaminato esercizio del diritto di accesso che ai fini tributari trova l’impedimento dell’art. 24, comma 1, lettera b), l. 241/1990; oppure si faccia riferimento al disposto dell’art. 13, l. 241/90 che, in relazione all’ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione, al secondo comma, prevede, testualmente, che le relative disposizioni << non si applicano (…) ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano >>). Nonostante ciò è indiscutibile il tendenziale avvicinamento del Legislatore tributario al Legislatore della l. 241/1990 attraverso l’orientamento che vede una sostanziale partecipazione del << contribuente >> al procedimento che lo riguardi.

Non può essere negato che la l. 212/2000 – Statuto dei diritti del contribuente -, le cui disposizioni costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario – art. 1, comma 1 -, si ispiri, per molti versi, proprio alla l. 241/1990, sia pur attraverso i temperamenti che per la materia tributaria il Legislatore pretende.

Ne è data conferma dal contenuto di varie disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente, tra le quali quella contenuta nell’art. 7 – recante Chiarezza e motivazione degli atti, che fa un dinamico rinvio a quanto prescritto dall’art. 3 della l. 241/1990 in tema di motivazione dei provvedimenti amministrativi – o la disposizione riferibile all’art. 12 – recante Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, che pone in luce, in sostanza, l’importanza del contraddittorio nelle fasi più delicate dell’attività ispettiva – o, infine, quella di cui al disposto dell’art. 10 – recante Tutela dell’affidamento e della buona fede (…), il cui principio di fondo, appunto la collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, richiamato dall’art. 12, comma 7 che impone la cooperazione tra le parti, è realizzabile unicamente con il leale e schietto contraddittorio che è alla base della l. 241/1990.

Ulteriore riprova del forte legame che unisce la l. 241/1990 alla l. 212/2000 emerge dall’art. 11 di quest’ultima. L’art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, infatti, disciplinando l’Interpello del contribuente, è stato ritenuto da alcuna dottrina ripercorrere certuni passaggi dell’art. 11 della l. 241/1990, recante Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento, nonostante altra dottrina abbia accantonato la tesi secondo cui l’istituto di diritto tributario dell’accertamento con adesione sarebbe riconducibile agli accordi conclusi tra Amministrazione e privato ai sensi dell’art. 11, l. 241/1990, << (…) mancando nella specie quel potere autoritativo e discrezionale costituente il presupposto di tale categoria di atti >>7.

Secondo l’orientamento che si sta percorrendo, tali aspetti dello Statuto dei diritti del contribuente contribuiscono a valorizzare il principio del consenso a discapito di quelli di autorità e formalismo provvedimentale8, attraverso la tendenza indirizzata verso un rapporto paritetico, venendo attuato << un autentico “rivolgimento copernicano” del rapporto tra Amministrazione e privato, incentrato sulla evoluzione da un’Amministrazione autoritaria a un’Amministrazione paritaria >>9.

Di fatto i principi sottesi allo Statuto dei diritti del contribuente confermano la tendenza insita nelle teorie che pongono lo Stato al servizio della comunità e che si concretizza, anche, attraverso le norme che danno spazio alla partecipazione del cittadino all’attività amministrativa tramite la fase dialettica e paritetica degli attori del rapporto amministrativo.

Seguendo questo schema appare molto difficile ritenere, oggi, << che il diritto soggettivo alla giusta imposizione sia degradabile dall’esercizio di un potere sovrano dello Stato >>.

In questa direzione alcuna dottrina ha sottolineato che << l’autoritatività è sganciata dalla normatività del potere amministrativo di imposizione e si esprime sul piano non più dell’efficacia a costituire il rapporto, bensì su quello attuativo della legge fiscale >>. L’attività dell’Autorità fiscale, quindi, resta confinata alla sola fase applicativa della norma fiscale sostanziale, non essendo idonea a costituire il rapporto tributario né, quindi, ad incidere sull’interesse del contribuente che è direttamente tutelato dalla legge fiscale, ancorché questa sia mediata dal potere amministrativo che la legge stessa attua10.

Questo depotenziamento del potere amministrativo, che si attua attraverso un arretramento dell’esercizio del potere dell’Autorità fiscale dalla fase di accertamento a quella di controllo, in cui, è noto, sussiste un’ampia discrezionalità del Fisco, è stato accompagnato, attraverso una graduale produzione normativa – ne è conferma la l. 212/2000 – da un processo che ha << (…) portato l’interesse del contribuente “dentro” l’interesse fiscale, fino al punto da qualificare tale interesse come interesse composito nel quale confluisce anche quello del contribuente alla coamministrazione, alla cooperazione e partecipazione all’attività amministrativa, alla semplificazione, all’efficienza, alla sufficiente motivazione, al contraddittorio amministrativo e così via >>11.

Tale orientamento, nella misura in cui porta verso l’accertamento quale risultato di un accordo e, forse, di un contratto a causa transattiva intervenuto tra contribuente e ente impositore, costitisce un importante spunto di riflessione per chi si accinga a riflettere su ciò che può essere ritenuto come l’affievolimento del dogma dell’indisponibilità del credito tributario12.

In questa senso il pensiero va ad autorevole dottrina13 che per quanto sia << pacificamente >> incline nel sostenere l’indisponibilità de qua, comunque, tende a scorgere il declino di tale concezione, attraverso interessanti, motivati ed originali supporti argomentativi.

È stato infatti osservato che il modo di intravedere tale indisponibilità, quale peculiarità caratteristica dell’imposta, non costituisca affatto la conseguenza logica della concezione dell’imposta come mera obbligazione ex lege, il cui presupposto generatore può consistere in qualunque evento della vita o qualità della persona anche la più insignificante e futile. Se l’obbligazione, pur nascente dalla legge, ha le stesse caratteristiche di qualunque obbligazione, nulla può impedire al Legislatore di regolarla come voglia, attribuendo con legge, appunto, all’Amministrazione Finanziaria il potere di disporne con transazioni, abbuoni, sconti, concordati, ecc. 14.

È stato inoltre ritenuto che l’obbligazione tributaria, in quanto ex lege, sorge appena si verifica il presupposto al quale la norma la ricollega, per cui, secondo la dottrina tradizionale, è solo la legge tributaria a poter disporre in modo diverso, comunque nel rispetto dei principi costituzionali, tra i quali, fondamentalmente, quello della capacità contributiva, stabilendo espressamente delle esenzioni totali o parziali a favore di coloro che si trovano in una determinata condizione. L’Autorità fiscale, dunque, non è legittimata ad esercitare una discrezionalità che non le compete, almeno fino a che lo preveda la legge, che può concederle di più, ma in mancanza di una norma siffatta si rende doverosa l’applicazione immediata del tributo ogniqualvolta si realizzi il presupposto previsto dalla norma che non ammette eccezioni al suo disposto15. Ne discende che un esercizio di una discrezionalità che la legge non consente, o, comunque, l’esercizio di poteri eccedenti i limiti imposti dalla norma può implicare responsabilità amministrativo-contabili in capo al funzionario, sussistendone i presupposti16.

L’indisponibilità, in buona sostanza, si estrinseca nell’asserzione secondo cui il debito d’imposta ha il suo fondamento giuridico nella legge, ossia nella situazione che in base a questa è idonea a farla sorgere ed il rapporto di imposta appartiene fondamentalmente al diritto pubblico17, derivandone che una volta accertati i fatti ed applicate ad essi le norme, all’Amministrazione non restano spazi per privilegiare o sacrificare qualcuno degli interessi in conflitto18.

Se la legge pone le norme materiali che disciplinano l’obbligazione di imposta, l’individuazione amministrativa della norma generale ed astratta avviene attraverso i presupposti predeterminati dalla legge, in assenza di ogni discrezionalità19.

L’indisponibilità si riduce così a mero rispetto della disciplina legale dell’obbligazione d’imposta da parte dei funzionari fiscali.

Gli uffici possono e devono solo dar vita ad atti tipici ai fini dello svolgimento dell’attività di accertamento. Quindi l’esercizio della funzione di individuazione e determinazione della materia imponibile è vincolata dalla norma: un diverso comportamento confliggerebbe con vari principi costituzionali, tra cui quello della capacità contributiva20.

È solo la norma espressa che può stabilire che gli adempimenti tributari vengano assolti in modi e termini diversi da quel che le norme stabiliscono21, derivandone che eventuali convenzioni tra privati, finalizzate a modificare l’obbligazione tributaria, così come disciplinata dal dato normativo in ragione dei presupposti che ne sono alla base, sono del tutto nulle nei rapporti esterni con l’Amministrazione e, anzi, potrebbero generare, sussistendone i presupposti, realtà elusive o abusive del diritto tributario22.

L’ampia dottrina23 che, al riguardo, si è formata in tema di elaborazione generale, ha chiarito che quello dell’indisponibilità è un tema caratterizzato da tratti idonei a distinguerlo da figure affini; tra questi tratti sono stati annoverati, in specifici contesti, l’assenza di alcune facoltà o poteri che tipizzano il potere dispositivo, ossia della facoltà di rinuncia, rifiuto, rimessione, transazione, compromessione, ecc. 24.

La contestazione che avversa tale teoria e che trova, probabilmente, i primi supporti argomentativi in A. D. Giannini25, si basa, anche, sulla considerazione secondo cui altre obbligazioni trovano la loro fonte nella legge e non sempre queste sono da ritenersi indisponibili per le parti; l’obbligazione tributaria sorge in forza di legge – al verificarsi del presupposto da essa previsto – alla stessa stregua di quanto accade, ad esempio, nel caso dell’obbligazione aquiliana, che nasce a seguito del verificarsi di un fatto consistente in un danno cagionato da un soggetto nei riguardi di un altro.

Si arriva, così, a rigettare l’orientamento che intravede l’indisponibilità quale caratteristica essenziale dell’obbligazione tributaria, << giacché il nostro ordinamento positivo offre numerosi esempi di obbligazioni tributarie che possono essere modificate dalla volontà dell’Amministrazione finanziaria, sia per quanto concerne la rateizzazione o la scadenza (…), sia per quanto concerne l’imposta (…), l’accertamento (…), i privilegi (…) >>26.

D’altra parte è intuitivo che l’Amministrazione non possa liberamente scegliere sulle sorti del proprio credito alla stessa stregua del creditore privato, non disponendo di analoga libertà. Nella materia impositiva, per quanto concerne l’an, il credito non può essere oggetto di remissione tout court, mentre in relazione al quantum, al quomodo e al quando bisogna rispettare i criteri, le forme e i tempi di cui alla normativa di settore.

Insomma, verrebbe da dire, la virtù sta in mezzo: l’Amministrazione finanziaria deve sapientemente operare nell’ambito del consentito, non travalicando i limiti di legge e facendo ciò che le è permesso.

I dubbi sul concetto di indisponibilità risultano evidenti in alcuni Autori che parlano << assioma inconsistente >> della nozione e che l’assioma stesso è utilizzato in << numerose e confuse accezioni >>27.

Si (ri)apre, perciò, la strada verso la più recente concezione della disponibilità dell’obbligazione tributaria; concezione che si tipizza per un assieme di << nuove procedure e strumenti >> di ricostruzione della capacità contributiva, incardinati, << tendenzialmente >>, sul consenso tra le parti28.

Il che rischia di stridere con i postulati costituzionali, ancorché le << nuove procedure e strumenti >> siano stati da più parti ritenuti necessari per consentire un’appagante tutela degli interessi erariali a fronte dell’incapacità dello Stato – istituzionalmente inteso, dunque, per quanto qui interessa, tanto il plesso legislativo quanto l’Amministrazione finanziaria – di tutelarsi attraverso << procedure e strumenti classici >> di ricostruzione della capacità contributiva.

È evidente, dunque, come la questione sia ancora ampiamente discussa, agitando, nel corso degli anni, la dottrina più sensibile. Particolarmente significativa l’osservazione secondo cui la << cosiddetta indisponibilità del credito tributario >> è un indebito e affrettato corollario ricavato dalla mancanza di discrezionalità nella determinazione dell’imposta29.

Quello che si è voluto prospettare attraverso questo breve scritto è il travagliato stato dell’arte: nonostante gli sforzi della dottrina più sensibile, che ha fornito il proprio contributo per una chiarificazione, anche dogmatica, del concetto di << indisponibilità del credito tributario >>, comunque il tema rimane aperto e in continua evoluzione a testimonianza di un rapporto tra Autorità fiscale e contribuente che ormai esula dai classici parametri incardinati su una superata – e obsoleta – concezione di giustizia fiscale.

1 V. Guidara, Gli accordi nella fase della riscossione, in Autorità e consenso nel diritto tributario, Milano, 2007, 357, 358. Cfr. Versiglioni, Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001, 312, ss., il quale individua, di massima, i seguenti << profili dell’indisponibilità >> oggetto della citata varietà terminologica: – indisponibilità nel significato di irrinunciabilità al credito tributario, rectius al potere amministrativo di imposizione (che è ritenuto distinto dal potere normativo di imposizione ); – indisponibilità intesa come inaccessibilità nel diritto tributario del negozio civilistico, inidoneo a conciliare la peculiarità che tipizza il particolare rapporto tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente; – indisponibilità in relazione all’inderogabilità della norma tributaria; – indisponibilità in quanto l’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria è << ingabbiata >> nel vincolo della legalità. L’Autore precisa che in alcune occasioni la Suprema Corte, rigettando la concezione della natura transattiva, abbia definito la materia tributaria a volte << indisponibile >>, in altre occasioni << incompromissibile >> o << intransigibile >> (Cass., 31 luglio 1939, n. 3018, in Giur. civ. e comm., 1939, 1538, ss.; Id., SS.UU., 15 maggio 1939, n. 1661, ivi). Inoltre fa notare come i giudici di legittimità abbiano, anche, fatto riferimento ai concetti di << vincolatività >>, << indisponibilità >>, << irrinunciabilità >> a seconda che la controversia riguardasse << l’obbligazione tributaria >>, il << credito erariale >>, << la potestà impositiva >>, ecc. (cfr. Cass., 10 marzo 1975, n. 883, in Boll. Trib., 1975, 1460; Id., 28 settembre 1976, n. 3174, in banca dati il fiscovideo; Id., 27 febbraio 1979, n. 1276, in Boll. Trib., 1980, 487, ss.).

2 Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua << indisponibilità >>, in Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario – Atti del convegno tenutosi a Catania il 14-15 settembre 2007, Milano, 2008, 47, ss. L’Autore, in specie, fa notare che sul versante della concezione << dichiarativista >> si riscontrano termini quali: << indisponibilità del credito di imposta >> o << della obbligazione tributaria >>; << inderogabilità dell’obbligazione tributaria >>; << inderogabilità delle norme regolatrici >>; << imperatività delle norme regolatrici o del tributo >>. La dottrina << dichiarativista >> riferirebbe il principio promiscuamente al rapporto di credito o alle norme che regolano il rapporto. Mentre sul versante dei costitutivisti la << indisponibilità >> o la << irrinunciabilità >> o la <<imperatività >> o la << vincolatività >> o la << inderogabilità >> verrebbe riferita alla potestà di imposizione.

3 Secondo Micheli, Corso di dir. trib., VIII ed., Torino, 1989, 110 – 111, l’indisponibilità è << solo >> l’irrinunciabilità riconducibile alla potestà di imposizione e non anche all’obbligazione tributaria. Mentre, per Allorio – Dir. proc. trib., V ed., 10 – è inderogabile non tanto l’obbligazione, quanto l’insieme delle norme che compongono il diritto tributario sostanziale. Sul punto v., altresì, Puoti, Spunti critici in tema di concordato tributario, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1969, I, 317 – 318; Tremonti, Imposizione e definitività nel diritto tributario, Milano, 1977, 521.

Alcuna dottrina – cfr. Napoli, Sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative penali e fiscali, in il fisco n. 40/2003, 6295, ss. – effettua una netta differenziazione tra il potere di istituire tributi, ossia la potestà normativa tributaria e la potestà amministrativa di imposizione. Il potere di istituire e regolamentare un tributo è sempre indisponibile, nel senso che non può formare oggetto di negozi giuridici, costituendo una configurazione del potere legislativo avente la fonte originaria nella struttura e nell’esistenza stessa dello Stato – Fantozzi, Diritto tributario, parte generale, Torino, 1998, 218 – : << è, quindi, incommerciabile >> – v. Redi, Appunti sul principio di indisponibilità del credito tributario, in Dir. e Prat. Trib., 1995, 408. È stato ritenuto che diversamente da ciò che accade in relazione al il potere di istituire tributi, indisponibile in sè stesso, i profili di disponibilità vanno, invece, riferiti esclusivamente alla potestà amministrativa di imposizione, ossia al diritto al tributo che si sostanzia nell’attribuzione all’ente pubblico del potere di applicare e riscuotere il tributo nella misura prevista dalla legge. Tale concetto è, sostanzialmente, equivalente a quello di credito erariale, operando l’una o l’altra accezione a seconda che si accolga lo schema pubblicistico o quello privatistico nel descrivere la fase di attuazione del prelievo – Fantozzi, Diritto tributario, parte generale, cit., 218.

4 In argomento cfr. Zito, Considerazioni sui profili funzionali del procedimento alla luce della Legge n. 241 del 1990 – in La disciplina generale dell’azione amministrativa, Novene Editore, 2008 – secondo cui la tendenza avvertita dal Legislatore di incrementare i momenti partecipativi (v., ad esempio l’articolo 10-bis della Legge n. 241/1990, introdotto dalla l. n. 15/2005, che statuisce, in presenza di procedimenti ad iniziativa di pare, l’obbligo in capo all’Amministrazione di comunicare al privato, prima dell’adozione del provvedimento finale, i motivi che ostano all’accoglimento della domanda) è motivata, fondamentalmente, dallo scopo di consentire la correzione di margini di errore nella formazione della volontà pubblica. La tendenza, a detta dell’Autore, è confermata dalla filosofia volta a ritenere che la partecipazione si realizza tramite << quella sequenza di argomentazioni e controargomentazioni (…) e non nella sola utilità della medesima ai fini della migliore cura dell’interesse pubblico >>.

5 Sticchi-Damiani, Attività amministrativa consensuale e accordi di programma, Milano, 1992, 76.

6 Cfr. Pabusa, L’attività amministrativa in trasformazione, Torino, 1993, 26.

7 V. Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 1999, 313; Cfr. Napoli, Sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative penali e fiscali, cit.

8 Castiello, Il nuovo modello di azione amministrativa, Rimini, 1996, 217.

9 Napoli, Sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative penali e fiscali, cit.

10 Cfr. Gallo, Verso un “giusto processo tributario”, in Rass. trib. 2003, 11, ss.

11 Cfr. Gallo, Verso un “giusto processo tributario”, cit. Secondo l’Autore, tra i fattori che pongono in risalto l’arretramento del potere dell’Autorità fiscale, nei termini innanzi sintetizzati, è stata annotata in molti contesti e a decorrere dagli anni settanta, la tendenza del Legislatore a mutare la concezione assunta circa l’esercizio del potere di imposizione tributaria: questo, da indefettibile e necessario, diviene meramente eventuale e nel contempo si assiste ad una maggiore responsabilizzazione del contribuente attraverso un assieme di obblighi dichiarativi. Il depotenziamento de quo, indice di una << deformalizzazione e deprocedimentalizzazione della funzione impositiva >>, in accezione collaborativa e partecipativa del contribuente, si riscontra, altresì, nei seguenti punti: – la dichiarazione dei redditi è ormai liberamente rettificabile ed integrabile; – essa si considera, ormai, validamente presentata, anche se non sottoscritta, purché il contribuente, invitato a sanarla, si rechi presso l’ufficio per apporre la sua firma in calce al modello presentato; – l’uso dello strumento telematico comporta ormai un controllo da parte dello stesso contribuente degli errori materiali rilevati e segnalati dal programma, con la conseguente forte riduzione dell’attività autoritativa di liquidazione da parte degli uffici; – è previsto l’obbligo a carico dell’ufficio di valutare le deduzioni che il contribuente presenta in un periodo minimale di sessanta giorni a seguito della consegna da parte dei verificatori processo verbale di constatazione; – è previsto l’obbligo a carico dell’ufficio di motivare, a pena di nullità, le ragioni per cui si disattendono le deduzioni del contribuente in ordine all’atto di contestazione delle sanzioni; – la Corte di Cassazione, prendendo atto della svalutazione del potere autoritativo, tende a svalutare anche la funzione della motivazione nell’atto di accertamento riducendo in via interpretativa le ipotesi di carenza motivazionale sanzionate con la nullità, qualificando l’atto stesso come mera provocatio ad opponendum; – lo strumento dell’interpello è adottato ormai in un modo generalizzato per conoscere per tempo il parere dell’Amministrazione finanziaria in funzione solo preventiva e non repressiva.

12 Sul punto, tuttavia, parte della dottrina – Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua << indisponibilità >>, cit., 66 – ha posto in risalto che l’indisponibilità e la vincolatezza non sono attributi diversi del fenomeno tributario ma sono lo stesso attributo a seconda che il tributo sia concepito e costruito come rapporto giuridico oppure come funzione giuridica. Infatti se dal rapporto di imposta si passa alla funzione impositiva, emerge che codesta funzione è una attività amministrativa deputata a soddisfare il fine del prelevamento tributario che è ripartizione di carichi. Perciò sarebbe più corretto parlare di funzione vincolata di ripartizione e di autoripartizione piuttosto che di imposizione e di autoimposizione. L’orientamento dottrinale, inoltre, porta a concludere che << se si riflette sull’essenza del potere discrezionale non si fa fatica a capire il perché la funzione di imposizione-ripartizione tributaria debba essere rigidamente vincolata e non discrezionale >>. Questo perché coincide perfettamente con le motivazioni che, nello specifico, negano l’esistenza del potere dispositivo.

Sul punto altro orientamento fa notare che l’ente impositore sia titolare di una funzione pubblica e non di un mero diritto di credito, per cui è sottolineata la natura tendenzialmente vincolata e non discrezionale dell’azione dell’Amministrazione finanziaria – Fantozzi, Diritto tributario, parte generale, cit., 1998, 221.

Tra la dottrina che ritiene che l’indisponibilità dell’obbligazione tributaria coincida esclusivamente con la vincolatezza della attività amministrativa di imposizione, disciplinata meticolosamente dalla legge, a cui devono adeguarsi le parti del rapporto, v. Vanoni, La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilità, in Opere giuridiche, Milano, 1961, I, 351, ss.; Micheli-Tremonti, Obbligazioni (dir. trib.), in Enc. dir., vol. XXIX, 453, nota 244; Tesoro, II principio della inderogabilità nelle obbligazioni tributarie della finanza locale, in Riv. it. dir. fin., 1937, II, 55 ss.; Bodda, Sulla inderogabilità delle norme tributarie, in Riv. dir. fin. se. fin., 1937, II, 239; Riccasalerno, Le entrate ordinarie dello Stato, in Trattato Orlando, 182; Pugliese, Istituzioni di dir. fin., Padova, 1937, 37.

13 A.D. Giannini, Circa la inderogabilità delle norme regolatici dell’obbligazione tributaria, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1953, II, 291, ss.

14 Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua << indisponibilità >>, cit., 49 – 50. L’Autore, al riguardo, riporta un passo di A.D. Giannini – Circa la inderogabilità delle norme regolatici dell’obbligazione tributaria, cit. – in cui, in definitiva, si sostiene: – che le norme che regolano l’obbligazione tributaria sono di regola << norme imperative >> (art. 1418 cod. civ.) (op. cit., 300); – che in tutti i casi in cui si realizza il presupposto di fatto di un tributo, previsto dalla legge, il tributo stesso va accertato e riscosso in conformità alla imperativa volontà della legge (op. cit., 292); – che “solo la stessa legge tributaria può disporre in modo diverso, stabilendo espressamente delle esenzioni totali o parziali a favore di coloro che si trovano in una determinata condizione; ma in mancanza di una norma siffatta, l’applicazione immediata del tributo in tutti i casi, nei quali si realizza il presupposto previsto dalla legge, non consente alcuna eccezione” (op. cit., 293, dove, in nota 2, si precisa che il principio è uno dei canoni fondamentali del diritto tributario, saldamente radicato nella tradizione e nella nostra legislazione).

15 Cfr. Napoli, Sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative penali e fiscali, cit.

La regola (o il principio) dell’indisponibilità è quella secondo cui il soggetto passivo d’imposta, né per concessione dell’autorità finanziaria né per contratto può essere liberato dagli oneri tributari che secondo la legge gravano su di lui – A.D. Giannini, Circa la inderogabilità delle norme regolatici dell’obbligazione tributaria, cit. L’individuazione delle fattispecie impositive, dei soggetti obbligati al pagamento, del suo ammontare, delle modalità e delle forme di accertamento e di riscossione è regolata da disposizioni imperative, vincolanti sia per lo Stato sia per i privati – A.D. Giannini, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1972, 78, ss.

16 V., ad esempio, Corte dei conti, 6 maggio 2003, n. 167, con Commento di Miele, Il funzionario risarcisce l’ente se non riscuote tutte le imposte, in Il Sole-24 Ore, 1° settembre 2003, 25. Cfr. Napoli, Sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative penali e fiscali, cit.

17 V. Redi, Appunti sul principio di indisponibilità del credito tributario, in Dir. e Prat. Trib., 1995, 408. L’obbligazione tributaria, espressione della sovranità dello Stato, dunque, in quanto di diritto pubblico, inderogabile ed indisponibile – v. Pomini, L’inderogabilità dell’obbligazione tributaria fra privato e Comune, in Riv. di diritto finanziario, 1950, II, 51, ss.- è fatta risalire, classicamente, tra l’altro: – all’art. 49 del regolamento 23 maggio 1924, n. 827, sulla contabilità generale dello Stato, secondo cui << nei contratti non si può convenire esenzione da qualsiasi specie di imposte o tasse vigenti all’epoca della loro stipulazione >> – A.D. Giannini, Circa la inderogabilità delle norme regolatici dell’obbligazione tributaria, cit. -; all’art. 13 della legge del registro approvata con R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, che formulava un divieto al Ministro delle finanze, ai funzionari da esso dipendenti ed a qualsiasi altra autorità pubblica di concedere << alcuna diminuzione delle tasse e sovrattasse stabilite da questa legge, né sospendere dalla riscossione senza divenirne personalmente responsabili >>; – all’art. art. 8 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270 in materia di imposta sulle successioni; – all’art. 30 dello Statuto Albertino, secondo cui nessun tributo poteva essere imposto se non in base alla legge – recepito, è noto, dall’art. 23 della Costituzione.

18 Redi, Appunti sul principio di indisponibilità del credito tributario, cit., 408.

19 Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Parte generale, cit., 1998, 131.

20 Cfr. Cantillo, Novità fiscali ’95: la conciliazione giudiziale, in il fisco 33/1995, 8136.

21 La Rosa, Principi dir. trib., Torino, 2004, 79.

22 Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua << indisponibilità >>, cit., 51 – nota 12 -, fa notare, attraverso un’interessante comparazione con l’ordinamento giuridico vigente in Spagna, che anche la dottrina spagnola afferma che l’obbligazione tributaria è indisponibile e che tale indisponibilità può essere derogata, ma a tal fine occorre una deroga espressa avente fondamento in una legge – tra la dottrina citata, v. M. Cortes Domingues, Ordenamiento tributario espanól: Ley General Tributaria, II ed., Madrid, Tecnos, 1970, 303, ss. e 566, ss.; JJ. Ferreiro La Patza, Curso de derecho financiero espanól, 17a ed., Madrid, Marcial Pons, 1995, 434; F. Sainz De Bujanda, Lecciones de Derecho Financiero, 8a ediz., Madrid, Universida Complutense, 1990, 291.

23 V. Piras, Sull’esercizio della facoltà di disporre, in Nuova riv. dir. comm., 1947, 27; l. Franiamo, Indisponibilità (vincoli di), in Enc. giur., XVI, 1989, 685; A. Binni, Potere di disposizione, in Nss. dig. it., 1966, 452.

24 Cfr. Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua << indisponibilità >>, cit., 64 – 65.

25 A.D. Giannini, Circa la inderogabilità delle norme regolatici dell’obbligazione tributaria, cit.

26 V. Berliri, Principi di diritto tributario, Milano, 1957, vol. II, tomo I, 79, ss. e, dello stesso Autore, Corso istituzionale di diritto tributario, Milano, 1965.

27 Versiglioni, Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001, 482 – 487.

28 Tali procedure e strumenti, di fatto deflattivi del contenzioso tributario, aprono << in misura differente >> spiragli di deroga al dogma dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria in relazione ai poteri che, di volta in volta, sono attribuiti all’Autorità fiscale.

29 R. Lupi, Manuale giuridico di diritto tributario, Roma, 2001, 134. L’Autore non manca di affermare che l’indisponibilità sarebbe una di quelle metafore che, in materia giuridica, sono tanto più vitali quanto più sono confusionarie e che la loro fortuna sta nell’essere espressioni ambigue, generiche e vagamente evocative. Proprio questo le rende tanto più vitali quanto inutili e confusionarie – Insolvenza, fallimento e disposizione del credito tributario, in Dialoghi dir. trib., 2006, 457. Dello stesso Autore v., inoltre, Intaccata l’”eredità” del Fisco inefficace, in Il Sole-24 Ore, 6 luglio 2004, 21.

Toma Giangaspare Donato

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