L’esecuzione esattoriale ed il ruolo del giudice dell’Esecuzione

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A) NATURA

L’esecuzione esattoriale è disciplinata dal DPR 2991973 n. 602 e successive modifiche tra le quali spiccano le innovazioni introdotte dal D.lgs n. 461999. Tale disciplina prevede che il procedimento di espropriazione forzata esattoriale sia regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al caso concreto in quanto non derogate dalle disposizioni speciali e che siano con le stesse compatibili

In questo procedimento, il ruolo del giudice dell’esecuzione è diventato più incisivo, soprattutto dopo il D.L.gs n. 4499, perché è possibile svolgere un controllo sulla regolarità formale del procedimento. Tuttavia, il più ampio ambito del giudice ordinario rispetto al passato con un correlativo avvicinamento dell’esecuzione esattoriale a quella forzata, non deve far dimenticare che l’esecuzione esattoriale rimane sempre improntata al regime di autotutela. Si tratta, invero, di uno speciale procedimento improntato all’esigenza di una celere realizzazione del credito, esperibile nei confronti di tutte le pubbliche entrate, anche di natura non tributaria (cfr. Corte Cost. 9101998, n. 351 – Corte Cost. 2112000, n. 455).

Pertanto, mentre prima delle riforme indicate dal D.Lgs n. 4499, la giurisprudenza propendeva per il carattere amministrativo del procedimento (Cass. SU 19121990, n. 12032), oggi il giudice dell’esecuzione ha una presenza più incisiva con l’attenuazione del carattere di “specialità” della procedura di esecuzione esattoriale.

Invero, nel 1999, come detto, è stata introdotta la possibilità di proporre opposizione, sia all’esecuzione che agli atti esecutivi, nel procedimento dell’esecuzione esattoriale, mentre prima era previsto solo il ricorso all’Intendente di Finanza ed una limitatissima applicazione dell’opposizione di terzo.

Anche se oggi si può propendere per una natura mista del procedimento, sia amministrativo che giurisdizionale, non deve sottacersi come l’elemento determinante di tale procedimento rimanga l’autotutela della pubblica amministrazione che si serve di una procedura improntata a criteri di semplicità e speditezza (Arieta – De Santis l’esecuzione forzata in “Trattato di diritto processuale civile”).

In tale modo, si comprende come vi possano essere presunzioni in ordine all’appartenenza dei beni, preclusioni nelle opposizioni , limiti probatori che hanno resistito al vaglio della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 4552000; Corte Cost. n. 44495; Corte Cost. n. 3581994). Ed anche le più recenti riforme sul punto e quelle che entreranno in vigore nel 2011.

Si pensi al testo del DL n. 782010 che, all’art. 30, prevede appunto il “Potenziamento dei processi di riscossione dell’INPS”. A decorrere dall’112011, l’attività di riscossione relativa a somme a qualunque titolo dovute all’INPS, anche a seguito di accertamenti degli uffici, può essere effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo.

Il comma due dell’art. 30 prevede il contenuto che deve avere tale avviso di addebito, a pena di nullità; il comma quattro prevede la possibilità di notifica “in via prioritaria” tramite la posta elettronica certificata; il comma sei prevede la possibilità di esperire un ricorso amministrativo avverso l’atto di accertamento, non oltre il termine di giorni 90; il comma nove prevede che, in caso di revisione in autotutela dell’atto di accertamento, l’avviso di addebito cessa di avere efficacia e l’Istituto potrà emettere un nuovo avviso di addebito; il comma 11 prevede che, decorso il termine di 90 giorni senza che sia stato proposto ricorso, in assenza di pagamento, l’agente della riscossione nei successivi trenta giorni potrà, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procedere ad espropriazione forzata ai sensi dell’art. 49 DPR n. 6021973.

Ulteriore novità è costituita dagli avvisi di accertamento IVA e imposte sui redditi che, a partire dall’172011, diventeranno anche titoli esecutivi, idonei ad attivare la procedura di espropriazione forzata dell’agente della riscossione. L’art. 29 del DL 782010 consente, infatti, di potenziare e velocizzare le modalità di riscossione coattiva. Anche in tal caso, gli avvisi di accertamento conterranno l’intimazione a pagare le somme dovute entro il termine per proporre ricorso e, una volta decorsi ulteriori 30 giorni, l’agente della riscossione potrà provvedere all’espropriazione forzata con la disciplina di cui al DPR n. 60273. Quindi, anche qui, viene meno l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento. L’espropriazione forzata deve essere attivata entro il 31 dicembre del secondo anno a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. La riforma partirà in relazione ai periodi di imposta 2007 .

Inoltre, l’art. 72 DPR n. 60273 prevede uno speciale regime esecutivo che si fonda sull’omissione della fase dichiarativa, per il pignoramento di fitti o pigioni dovuti dal terzo al debitore iscritto al ruolo.

In caso di inottemperanza del terzo all’ordine di pagamento, si procede, previa citazione del terzo e del debitore davanti al giudice dell’esecuzione secondo le norme dell’espropriazione presso terzi, con atto di pignoramento redatto dall’ufficiale della riscossione, con riferimento alla cartella di pagamento. L’art. 72 bis è stato introdotto dal D.L. 3092005, n. 203, convertito nella L. 2122005, n. 248 ed ha esteso la disciplina di cui sopra all’espropriazione del quinto dello stipendio e degli altri emolumenti connessi al rapporto di lavoro.

Con tale ultima procedura, si è evidentemente recuperata la natura c.d. amministrativa del procedimento, atteso che la stessa si colloca in via stragiudiziale, superando in gran parte l’intervento del giudice.

Se consideriamo, infatti, le differenze che intercorrono tra tale speciale procedura e quella ordinaria di cui all’art. 543 e ss. C.p.c., notiamo che la prima si esplica interamente in via stragiudiziale, ha carattere alternativo rispetto alle modalità espropriative tipizzate dal codice di rito ed è rimessa alla discrezionale facoltà del concessionario. Inoltre, è destinata – nel superiore interesse dell’immediato recupero delle entrate da parte dell’agente della riscossione – a perfezionarsi e, nel contempo, ad esaurirsi con il pagamento al concessionario delle somme rinvenute presso il terzo (Tribunale Napoli 9 marzo 2009).

I caratteri sopra indicati di semplicità e speditezza, consentono di ritenere che il sistema particolare delle esecuzioni esattoriali trovi una sua chiusura nell’art. 59 DPR n. 60273 che consente a chiunque di proporre azione di risarcimento del danno nei confronti del concessionario, dopo il compimento dell’esecuzione stessa.

Parte della dottrina ritiene che tale bilanciamento sia soltanto apparente atteso che, configurando la norma una applicazione dell’art. 2043 c.c., di cui costituisce una applicazione, sarà onere dell’attore dover provare non solo la condotta altrui, ma anche l’elemento psicologico consistente nel dolo o nella colpa del concessionario.

Passiamo ora all’esame degli articoli fondamentali che consentono l’intervento del giudice dell’Esecuzione : gli artt. 57 e 58 DPR n. 60273.

 

B) 1 – ART. 57 DPR 6021973

L’art. 57 DPR n. 6021973 recita:

“Non sono ammesse :

  1. le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;

  2. le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo”.

In linea con quanto detto sopra in ordine al preminente carattere amministrativo del procedimento in esame, connotato dai caratteri di semplicità e speditezza, rispondenti all’esigenza di una pronta realizzazione del credito iscritto, vieppiù sottolineati dalle recentissime riforme, è da mettere in rilievo la tecnica legislativa usata dal legislatore che usa una formulazione letterale in senso negativo. Infatti, l’articolo in esame si apre con una negazione “Non sono ammesse” per poi prevedere, in via di eccezione, le ipotesi di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi che possono essere portate all’attenzione del giudice dell’esecuzione.

Ciò pone l’articolo 57 in linea di continuità con il precedente regime in cui era ammesso solo il ricorso all’Intendente di Finanza, atteso che, anche ora la regola appare essere quella della non ammissibilità del ricorso al giudice ordinario, tranne le due ipotesi ivi contemplate alle lettere a) e b).

L’elemento che caratterizza il procedimento è, quindi, l’autotutela (c.d. autotutela del credito attraverso l’esercizio di poteri unilaterali ed autoritativi da parte del concessionario che si trova in una posizione di supremazia; cfr. Cons. Stato 2572006, n. 4642) e, quindi, conferma che il sistema trova la sua chiusura nella eventuale responsabilità del concessionario di cui al successivo articolo 59.

Con riferimento al regime delle opposizioni, è necessario distinguere tra l’esecuzione esattoriale promossa per la riscossione delle entrate tributarie di cui all’art. 2 D.L.vo 31121992, n. 546 e quella promossa per la riscossione delle altre tipologie di crediti (contributi previdenziali ed assistenziali, entrate non tributarie degli enti locali).

Orbene, la disciplina di cui sopra, e cioè l’applicazione dell’art. 57 nelle due fattispecie specificamente previste, trova applicazione solo per le entrate tributarie (Cass. SU n. 56242000- Cass. SU 9112009, n. 23667). L’inammissibilità delle opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi, sancita dall’art. 57 d.P.R. n. 602 del 1973, riguarda, secondo quanto disposto dall’art. art. 29 l. n. 46 del 1999, soltanto le entrate tributarie, per le quali la tutela giudiziaria è affidata, ai sensi dell’art. 2 d.lg. n. 546 del 1992, alle Commissioni Tributarie. Cass. Civile SU9112009, n. 23667.

A norma del disposto normativo di cui agli art. 2 e 19 d.lg. n. 546 del 1992 e 29 d.lg. n. 46 del 1999 deve ritenersi inammissibile l’opposizione a crediti che appartengono alla giurisdizione tributaria qualora proposta dinanzi al giudice ordinario, con l’unica eccezione delle opposizioni aventi a oggetto la pignorabilità dei beni (Tribunale Palermo, sez. I, 09/03/2009, n. 1181).

Inoltre, i limiti di cui all’art. 57 riguardano i soli atti esecutivi dell’esattore, e non già i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione, in ordine ai quali opererà il regime ordinario di cui all’art. 617 c.p.c. e cioè il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi (Cass. SU 22799, n. 494; Cass. 1972005, n. 15201).

Il procedimento è dettato dal secondo comma dell’art. 57 e prevede che il giudice, proposta l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, fissa l’udienza di comparizione davanti a sé con decreto steso in calce al ricorso, ed ordina al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell’udienza, l’estratto del ruolo e copia di tutti gli atti di esecuzione. Parte della dottrina ritiene che , in caso di mancato deposito degli atti da parte del concessionario, il giudice dovrà rinviare l’udienza.

I limiti dell’art. 57, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, configurano una ipotesi di improponibilità assoluta della domanda per carenza nell’ordinamento di una norma che riconosca e tuteli la posizione giuridica di chi intenda opporsi ex art. 615 o 617 c.p.c. (Cass. 1062004, n. 11038 – Cass. 1312005, n. 565).

I suddetti limiti dell’art. 57 si spiegano sotto un duplice profilo. I limiti di cui all’art. 615 c.p.c. con la tempestiva impugnativa dell’atto avanti alle commissioni Tributarie entro il termine di decadenza di 60 giorni dalla notifica dell’atto con potere di sospensione ex art. 47 D.L.vo n. 5461992 per grave ed irreparabile danno; mentre, quelli di cui all’art. 617 c.p.c. di spiegano con l’autonoma impugnabilità del ruolo e della cartella, anche per vizi propri innanzi alle Commissioni tributarie ex art. 19 D.L.vo n. 54692.

E’ stata di recente proposta questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 57, e la Corte Costituzionale , con sentenza del 2732009, n. 93, ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui esclude la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. in materia di riscossione esattoriale.

 

B) 2 – Problemi in materia di giurisdizione

Come detto, la giurisdizione tributaria involge tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, anche delle Regioni, Province, Comuni, ex art. 2 D.L.vo n. 54692.

Tuttavia, possono presentarsi problemi di qualificazione della somma e cioè se la stessa sia dovuta a titolo di tributo o di sanzione amministrativa, cambiando, come è ovvia conseguenza, la tutela giurisdizionale, se cioè il giudice ordinario o le Commissioni tributarie.

Al riguardo, la sentenza Cass. SU 732005, n. 4804 ha enucleato il seguente principio: deve escludersi che l’art. 27 della L. 6891981 abbia una generale valenza tributaria estesa a tutte le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa.

Ed ancora, Cassazione SU 1552006, n. 11089 ha indicato che, per quanto riguarda le somme percepite da enti pubblici per la occupazione di suoli, la giurisdizione sarà del giudice tributario ove sia ravvisabile un rapporto pubblicistico impositivo; del giudice ordinario se il contributo abbia valore di corrispettivo.

Sono, pertanto, devolute al giudice ordinario:

  • la riscossione di una sanzione amministrativa conseguente ad indebita percezione di aiuti comunitari nel settore agricolo (Cass. SU SU n. 48042005 cit.), atteso che l’art. 4 della L. n. 8981986 rinvia espressamente al capo I della L. n. 6891981;

  • il canone per la concessione di un terreno del demanio fluviale (Cass. SU 1892006, n. 20067);

  • il canone per la occupazione di spazi di aree pubbliche , istituito dall’art. 63 del D.Lgs. 15121997, n. 446, in quanto configurato come corrispettivo di una concessione reale o presunta (in caso di occupazione abusiva)- Cass. SU 2862006, n. 14864;

  • il recupero di somme erogate a titolo di contributo industriale, a seguito di revoca per inadempimento del beneficiario;

  • Cass. SU 9112009, n. 23667 cit.- Tale sentenza appare di particolare interesse in ordine al discrimen in materia di giurisdizione, atteso che ha sancito il presente principio: “Per il provvedimenti preordinati alla espropriazione forzata – come la notifica della cartella esattoriale per le entrate per le quali è prevista la riscossione mediante ruolo- che non siano espressione di un potere di supremazia, la tutela giudiziaria non può che essere esperita nelle forme della opposizione all’esecuzione o agli atti dell’esecuzione, dinanzi al giudice ordinario (Cass. N. 70372009)”; nella specie, il provvedimento opposto riguardava sanzioni applicate dal Garante per la Concorrenza ed il Mercato e, quindi, secondo il sopra indicato principio, sfuggiva alla regola della inammissibilità con conseguente giurisdizione del giudice ordinario, non essendo la sanzione applicata dal Garante da ricondurre nel novero delle entrate tributarie di cui all’art. 2 del D.L.vo n. 5461992;

  • Cass. SU 2662009, n. 15032 contravv. Tra sostituto e sost. Di imposta;

  • Corte Cost. 1122010n. 39 ha dichiarato l’incostituzionalità delle norme che attribuiscono alla giurisdizione del giudice tributario le controversie in materia di debenza del canone per scarico e depurazione delle acque reflue.

Con l’opposizione di terzo non possono esser fatti valere vizi del procedimento esecutivo, né può esser contestato il credito o la solidarietà. Di conseguenza, il giudice ordinario è privo di giurisdizione sulla domanda con cui il terzo deduca l’inefficacia del titolo esecutivo (Cass. SU 361992, n. 6789).

In tema di esecuzione esattoriale sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’opposizione di terzo, proposta ai sensi dell’art. 619 c.p.c. e volta all’accertamento della non debenza del tributo da parte del debitore d’imposta o di un coobbligato di questi, per i riflessi che indirettamente derivano, a favore dell’opponente, da un simile accertamento negativo.

Cassazione civile, sez. un., 03/06/1992, n. 6789

Sono devolute al giudice tributario:

  • il pagamento della tassa per l’occupazione di aree pubbliche (TOSAP)- Cass. SU 2112005, n. 1239;

  • il canone RAI secondo Cass. SU 1852006, n. 11625.

 

B) 3 – Impignorabilità del bene

La formulazione della lettera a) dell’art. 57 cit., costituisce una eccezione alla regola secondo la quale il debitore, ex art. 2740 c.c. risponde delle obbligazioni con tutto il proprio patrimonio, presente e futuro.

Ciò significa, in punto di prova, che il relativo onere di provare l’impignorabilità della somma graverà sull’opponente, come evidenziato dalla dottrina.

Fondamentale è, al riguardo, l’art. 545 c.p.c. che, anche alla luce delle numerose sentenze della Consulta che si sono occupate della materia, stabilisce limiti in relazione agli stipendi, pensioni, altri emolumenti e, all’ultimo comma, contiene una norma di rinvio alle “altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge”.

Si specifica, al riguardo, che l’indisponibilità del bene non è sussumibile dalla natura del credito o del debito, ma occorre che il vincolo di destinazione sussista fin dall’origine, “… in forza di legge o di atto amministrativo emesso nell’esercizio di pubblica potestà” (Cass. SU n. 398677).

A titolo esemplificativo, si riportano i seguenti casi:

  1. pignorabilità degli stipendi fino ad un quinto dello stipendio al netto delle ritenute di legge (limite del quinto che non opera in caso di crediti alimentari (Cass. 1072007, n. 15374)); in caso di simultaneo concorso di più crediti, si potrà pignorare lo stipendio fino al limite della metà dello stesso;

  2. pignorabilità del trattamento di fine rapporto -TFR-, sempre nei limiti del quinto, avente natura di retribuzione differita;

  3. impignorabilità relativa delle somme con cui si assicura al pensionato i “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita”, rilievo rilevabile di ufficio (Corte Cost. n. 5062002; Corte Cost. 266 9, n. 183 ) e che il tribunale di Catania ha fissato in euro 555;

  4. impignorabilità dei beni patrimoniali indisponibili dello Stato e degli enti pubblici territoriali, con riguardo ai quali va affermata- secondo Cass. SU 15977, n. 3986 sopra cit.- la carenza assoluta di azione esecutiva da parte del creditore privato;

  5. artt. 514 – 515 c.p.c. relativamente ai beni assolutamente e relativamente impignorabili, soprattutto con riferimento agli strumenti oggetto della professione, trattandosi di norme di stretta interpretazione (Cass. 1091998, n. 8966).

Le disposizioni che stabiliscono l’impignorabilità di determinati tipi di beni o fissano vincoli di destinazione alle somme erogate dalle organizzazioni pubbliche, in quanto introducono una limitazione alla responsabilità patrimoniale del debitore indicata dall’art. 2740 c.c., sono di stretta interpretazione e sono soltanto quelle indicate dalla legge. Ne consegue che, nell’assenza di qualsivoglia disposizione in merito, non possono ritenersi impignorabili le somme erogate, a titolo di contributi per la ricostruzione delle zone terremotate del 1980, ai sensi della l. n. 291 del 1981. Cassazione civile, sez. III, 10/09/1998, n. 8966;

  1. sulla base della massima della Cassazione indicata sub. 4), deve escludersi la impignorabilità delle somme erogate , a titolo di sussidio, in favore di una scuola paritaria. Il tribunale di Catania, VI sezione, in applicazione del suddetto principio e seguendo la Cassazione n. 9681985, ha rigettato la richiesta di sospensione non ravvisando la eccepita impignorabilità ex art. 545 co. II, c.p.c.;

  2. Cass. 17122009, n. 26497 secondo la quale va escluso il pignoramento sulle somme relative alle imposte incassate dal concessionario per la riscossione, ma non ancora versate al ministero dell’Economia. Il rapporto che lega il concessionario alle Finanze è di natura pubblicistica; pertanto, il credito che riguarda le imposte non può essere pignorato perché va salvaguardato l’interesse collettivo alla riscossione dei tributi;

  3. impignorabilità di beni di Stato estero in ordine al quale la Corte di Cassazione ha ravvisato la giurisdizione del giudice ordinario, ma, al contempo, ha stabilito che sussiste l’impignorabilità dei beni medesimi Appartiene alla giurisdizione ordinaria l’azione di accertamento sull’esistenza di crediti nei confronti di uno Stato straniero ex art. 548 e 549 c.p.c., non assumendo rilevanza, in detta sede, la questione se il credito sia destinato ad attività pubblicistiche dello Stato estero e, quindi, se quest’ultimo goda dell’immunità giurisdizionale civile in relazione a tali somme, mentre la destinazione dei beni di cui lo Stato estero si avvale per lo svolgimento delle proprie funzioni pubbliche può trovare tutela nella sede esecutiva, nelle forme dell’opposizione all’esecuzione, in quanto l’impossibilità di distogliere i beni dello Stato estero dalla destinazione stessa ne comporta l’impignorabilità. Cassazione civile, sez. un., 17/07/2008, n. 19601.

  4. Impignorabilità delle somme di un Comune ex art. 159 D.Lg. n. 2672000. Si riporta, al riguardo, a titolo di esempio, uno stralcio dell’ordinanza del tribunale di Catania – VI sezione civile- in materia di reclamo- Presidente Puglisi, emesso in data 14122010 in cui viene esaminata la specifica tematica.

“ L’ articolo 159 D.Lg. n. 2672000 così recita:

1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.

2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a:

a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;

b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;

c) espletamento dei servizi locali indispensabili .

3. Per l’operatività dei limiti all’esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità .

4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme nè limitazioni all’attività del tesoriere .

5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell’esperimento delle procedure di cui all’art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all’art. 27, comma 1, n. 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell’attestazione di copertura finanziaria prevista dall’art. 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a ), b ) e c ) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3.

La Corte costituzionale con sentenza 18 giugno 2003, n. 211, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell’organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell’ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso.

  1. letta la deliberazione della giunta Municipale del Comune di xxxxxxx del 3062008 con cui si è provveduto , in relazione alla somma di euro 2.810.353, a fissare il limite entro il quale non possono esser fissate esecuzioni forzate a danno del Comune;

  2. letta la dichiarazione del Comune di xxxxxxx del 2842009 con cui si attesta che “dalla data di adozione della delibera di quantificazione delle somme impignorabili del secondo semestre 2008, ed in particolare nel periodo 228 8-2892008, ossia quello intercorrente tra la data di notifica dei pignoramenti in oggetto e la data di resa dichiarazione del terzo, i mandati di pagamento emessi a titoli diversi da quelli vincolati sono stati eseguiti nel rispetto dell’ordine cronologico delle fatture, così come pervenute per il pagamento …”;

  3. considerato che parte reclamante ha espressamente indicato, quale motivo di reclamo, il pagamento per debiti estranei ed il mancato rispetto dell’ordine cronologico nel pagamento delle fatture con particolare riferimento alle fatture elencate a pag. 12 e 13 dell’atto di reclamo: in particolare, il mandato 1541 per il pagamento della fattura 106 8 ed il mandato 1605 per il pagamento della fattura 2442008; mandati nn. 1676 e 1682 per il pagamento delle fatture 27 8 e 372008, mentre il successivo mandato 1686 è stato emesso per il pagamento dell’ordinanza del tribunale del 236 8;

  4. ritenuto che, in tale ipotesi, emerge il problema degli oneri di allegazione da parte del reclamante e della distribuzione dell’onere probatorio tra le parti del giudizio, il creditore procedente e l’ente locale debitore;

  5. considerato che il creditore procedente ha l’onere di allegare gli specifici fatti dai quali fa discendere l’illegittimità dell’atto e perciò quando intende sostenere che l’efficacia della delibera di destinazione è stata resa inoperante da successivi pagamenti per debiti estranei eseguiti senza il rispetto del dovuto ordine cronologico; ed in tale caso, egli ha l’onere di allegare quali specifici pagamenti abbiano determinato gli effetti da lui postulati;

  6. considerato che, nella fattispecie in esame, il creditore procedente ha allegato specifici pagamenti in violazione del dettato costituzionale – cfr. sub.4)-;

  7. considerato che, per il principio della vicinanza della prova – Cass. 222007, n. 2308-, spetta all’ente locale dimostrare che in occasione dei diversi pagamenti cui il creditore ha fatto riferimento l’ordine richiesto dal DLG. N. 2792000 art 159, non è stato violato ma rispettato

In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, questi, in quanto ausiliare del giudice, ha il dovere di precisare nella dichiarazione prevista dall’art. 547 c.p.c. se esistono presso di lui somme di cui è debitore verso l’ente locale, nonché quale ne è la condizione in rapporto alla delibera di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi; in caso di assenza dell’ente locale debitore, il giudice, sulla base di tale dichiarazione e della documentazione depositata, può, anche d’ufficio, dichiarare la nullità del pignoramento, ove accerti che è caduto su somme destinate alle finalità di cui all’art. 159, comma 2, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, che le stesse sono contemplate dalla delibera di preventiva quantificazione adottata dall’organo esecutivo e notificata al tesoriere, di cui al successivo comma 3, ed altresì che non sussiste la condizione preclusiva dell’impignorabilità delle somme prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 211 del 2003 (emissione, dopo l’adozione della delibera indicata e la relativa notificazione al soggetto tesoriere dell’ente locale, di mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso). In tal caso il creditore procedente che intenda far valere l’inefficacia del vincolo di destinazione può proporre opposizione agli atti esecutivi, e nel relativo giudizio è suo onere allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all’ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.

Cassazione civile, sez. III, 16/09/2008, n. 23727

In tema di espropriazione forzata ex art. 159 del d.lg. n. 267/2000, spetta al giudice dell’esecuzione, anche di ufficio, accertare, in base alla documentazione depositata ed alle osservazioni svolte dal creditore procedente, se il pignoramento sia nullo per essere caduto su somme vincolate in base ad una delibera (notificata al tesoriere) che, nel contempo, non abbia perso efficacia per essere stata seguita da pagamenti per debiti estranei, su mandati non emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico; sulla base della dichiarazione e della documentazione proveniente dal tesoriere, ovvero, se del caso, dal creditore procedente, il giudice dell’esecuzione si pronuncerà, pertanto, in ordine alla eventuale impignorabilità delle somme – dichiarando, conseguentemente, la nullità del pignoramento -, ovvero in ordine alla loro pignorabilità, facendo luogo alla relativa assegnazione. Avverso tali pronunce tanto il creditore procedente quanto il debitore potranno proporre opposizione agli atti esecutivi.Cassazione civile, sez. III, 27/05/2009, n. 12259

  1. considerato che dalla dichiarazione del terzo, l’impresa reclamante ha dedotto una somma a titolo di giacenza di cassa, mentre altra e più consistente somma è stata dichiarata quale giacenza di cassa alla data della dichiarazione di terzo del 99 8 – euro 728.772,74-; e che, di conseguenza, tale dichiarazione è positiva (Cass. N. 67952003;Cass. 66672003);

  2. considerato che il procedimento di pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie a formazione progressiva per il cui perfezionamento non è sufficiente la sola notificazione dell’atto introduttivo, ma occorre anche la dichiarazione del terzo o la sentenza emessa ex art. 548 c.p.c., per cui l’esistenza del credito pignorato deve essere valutata non con riferimento al momento della notifica del pignoramento, ma avendo riguardo all’epoca della dichiarazione positiva del terzo ( Cass. 2672005, n. 15615; Cass. 9121992, n. 13021; Tribunale S.Maria C.V. 182007);

  3. ritenuto che, in ordine alla ripartizione dell’onere della prova, avendo il creditore procedente allegato fatti concreti e specifici in ordine al mancato rispetto dell’ordine delle fatture emesse ed il pagamento di crediti per titoli diversi da quelli vincolati, sarebbe spettato al Comune debitore confutare tali allegazioni;

  4. considerato, al contrario, che dalle note del Comune di xxxxxx del 30122009- 1722010, si evince che il Comune esecutato non contesta affatto le allegazioni di controparte ma ricostruisce la vicenda ritenendo che “La verifica del rispetto del principio cronologico non deve avere come riferimento la data della fattura ma la data di acquisizione presso l’ufficio finanziario dell’atto propedeutico alla emissione del mandato di pagamento. La liquidazione” e per sostenere ciò rinvia al disposto di cui all’art. 182 del D.Lgs 2672000 relativo alle fasi di spesa del Comune; e che, pertanto, pur non contestandolo in modo specifico, il Comune ha impostato il proprio sistema difensivo su argomentazioni logicamente incompatibili con il suo disconoscimento (Cass. 2942010, n. 10285)

  5. ritenuto di non potere accogliere la suddetta ricostruzione del Comune esecutato, atteso che la sentenza della Corte Costituzionale sopra citata espressamente prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati non opera qualora, dopo l’adozione da parte dell’organo esecutivo della deliberazione semestrale di prevendita quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità, siano emessi mandati a titolo diverso da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento ; di conseguenza, il dettato della sentenza della Corte Costituzionale ne verrebbe vanificato ove venisse seguito – come proposto- un diverso criterio rispetto a quello indicato dell’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento;

  6. ritenuto, pertanto, che il pignoramento non abbia perso efficacia ed il vincolo di destinazione sia divenuto inefficace, essendo stati emessi dall’ente debitore mandati a titoli diversi da quelli vincolati senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento”;

 

B) 4 – Entrate non tributarie

Come detto sopra, la legge finanziaria 28122001, n. 448 ha devoluto alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, gli interessi ed ogni altro accessorio, ed ha mantenuto la giurisdizione del giudice ordinario solo per le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 del DPR n. 6021973 (avviso che il concessionario deve notificare quando sia trascorso un anno dalla notifica della cartella senza che l’esecuzione sia stata promossa).

Il sistema delle opposizioni è il seguente:

  1. per la riscossione delle entrate tributarie, è ammissibile:

  • l’art. 615 c.p.c. solo per contestare la pignorabilità dei beni;

  • l’art. 617 c.p.c. solo per le opposizioni diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notifica del titolo;

  1. per la riscossione di entrate non tributarie e previdenziali:

  • l’art. 615 c.p.c. può trovare applicazione anche per fatti estintivi del credito, sopravvenuti alla formazione del titolo (prescrizione, morte del contribuente, pagamento) Cass. SU 2732001, n. 133 che si sono allineate alla sentenza della Corte Cost. 691995, n. 437 e 2621998, n. 26 in ordine, appunto, alla insussistenza di limiti alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario quando il debitore con l’opposizione alla cartella esattoriale intenda far valere fatti sopravvenuti alla emissione della cartella medesima; in tal modo è stata risolta la questione di giurisdizione relativa al fatto se il giudice ordinario abbia il potere di sindacare il procedimento amministrativo per la riscossione, con le forme esattoriali, di crediti non tributari relativi a sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada. Proprio partendo dalle pronunce della Corte Costituzionale, si è ritenuto che il potere di sospensione della riscossione da parte del G.O. in sede di interpretazione adeguatrice prescinda totalmente dai mezzi di tutela accordati in tema di riscossione delle imposte non pagate ritualmente (artt. 53 e 54 DPR n. 60273) e che, quindi, il rinvio previsto dall’art. 27 L. n. 68981 alle norme previste per la esazione delle imposte dirette anche per la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie, deve ritenersi limitato ai mezzi a disposizione dell’Autorità, interessata alla riscossione, con esclusione di quei limiti di tutela giurisdizionale dettati esclusivamente per la riscossione di somme a titolo di tributo (Cass. N. 1332001 cit.).

  • l’art. 617 c.p.c.trova applicazione anche per i vizi formali del titolo esecutivo (notifica, motivazione) o della cartella.

La giurisprudenza ha elaborato una importante distinzione a seconda che sia o meno avvenuta la rituale preventiva notificazione dell’atto amministrativo (verbale di accertamento, verbale ispettivo, provvedimento con cui si accerta ed irroga una sanzione).

Tale opposizione può esser proposta anche in via preventiva, fin dalla notificazione della cartella esattoriale, oppure nel corso del processo esecutivo.

In caso di rituale notificazione della cartella esattoriale, occorrerà distinguere il giudizio con cui ci si oppone al merito della pretesa creditoria da quello di opposizione alla cartella esattoriale. In tal caso, il ricorrente non potrà contestare il merito della pretesa della pubblica amministrazione, ma solo la legittimità della azione esecutiva intrapresa dall’esattore (Cass. 782003, n. 11926).Per cui si opererà ex art. 615 c.p.c con il giudizio di opposizione all’esecuzione per contestare i fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo; mentre ex art. 617 c.p.c. con il giudizio di opposizione agli atti esecutivi per contestare le irregolarità formali della cartella esattoriale

In caso mancata rituale notificazione al debitore, la Corte di Cassazione, con orientamento consolidato, ha evidenziato che il destinatario della sanzione è privato del rimedio (opposizione) previsto dalla legge n. 6891981 e, di conseguenza, detto momento di garanzia deve essere recuperato a livello della cartella esattoriale, emessa per la riscossione della sanzione (Cass. SU 1882000, n. 562; Cass. SU 1632000, n. 489 Cass. 2862002, n. 9498; Cass. 662003, n. 9087; Cass. 28112003, n. 18207; Cass. 2632004, n. 6119; Cass. 1522005, n. 3035; Cass. 1872005n. 15149; Cass. 822006, n. 2819).

Il principio seguito dalle suddette sentenze della Corte di Cassazione, opera sia per la notifica dell’ordinanza-ingiunzione che costituisce titolo esecutivo ex art. 18 L. n. 6891981, sia per la notifica del verbale di accertamento della violazione del codice della strada, che è idoneo a divenire titolo esecutivo senza che sia seguito dall’ordinanza-ingiunzione.

In tali ipotesi, i vizi di notificazione della ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento della infrazione stradale consentono di proporre l’opposizione di merito ai sensi della L. n. 68981 dinanzi al giudice ordinario competente anche dopo la notificazione della cartella esattoriale, secondo le forme indicate dalla suddetta legge n. 68981 – in base al rito del lavoro: Cass. 752004 n. 8695; Cass. 1522005, n. 3035-, appunto perché il debitore non ha avuto conoscenza dell’atto amministrativo irrogativo della sanzione se non con la notifica della cartella esattoriale. In tal modo, non si seguirà il rito previsto dagli artt. 615 617 c.p.c., bensì quello di cui alla citata legge n. 68981 in quanto l’opposizione è volta recuperare, a livello di cartella esattoriale, il momento di garanzia di cui l’interessato sostiene di non essersi potuto avvalere nella fase di formazione del titolo per mancata notifica dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento.

L’onere della prova della notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, incombe sull’Ente dal quale dipende l’organo accertatore, in quanto l’avvenuta notificazione del verbale, unitamente alla mancata opposizione nel termine di 60 giorni dalla stessa, costituisce requisito indefettibile perché il verbale acquisisca efficacia di titolo esecutivo, esigibile mediante cartella esattoriale (Cass. 742010, n. 8267).

E’ particolarmente interessante la sentenza della Cassazione 2222010, n. 4139 con cui la Corte ha esaminato le diverse azioni proponibili avverso la cartella esattoriale o l’avviso di mora emessi per riscuotere sanzioni amministrative pecuniarie ed i correlativi mezzi di gravame.

In particolare, sono ammissibili le seguenti azioni:

  1. l’opposizione a sanzioni amministrative ex L. 68981 art. 23 è esperibile nei casi in cui la cartella esattoriale, mediante preventiva iscrizione a ruolo, è emessa senza essere preceduta dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento, onde consentire all’interessato di recuperare l’esercizio del mezzo di tutela previsto da detta legge riguardo agli atti sanzionatori; ciò avviene- ribadisce la Corte- allorché l’opponente contesti il contenuto del verbale che è da lui conosciuto per la prima volta al momento della notifica della cartella;

  2. l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., allorquando si contesti la legittimità della iscrizione a ruolo per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione stessa. O si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo; con la conseguenza che se il rimedio è esperito prima dell’inizio dell’esecuzione, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio dettato dall’art. 615, co. I, c.p.c., quello ritenuto dal legislatore ritenuto idoneo a conoscere della sanzione, cioè “quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio”;

  3. l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che deve essere attivata nel caso in cui si contesti la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti la notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora.

E’ evidente che a tali diverse forme di tutela corrisponderanno distinti mezzi di gravame, che esamineremo nel prosieguo della trattazione.

 

B) 5 – art. 72 bis DPR 6021973

L’articolo in esame, è strettamente correlato all’art. 48 bis DPR n. 60273, così come modificato dall’art. 2 co, IX L. 24112006, n. 286, il quale prevede l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di verificare, prima di effettuare pagamenti di importo superiore a 10.000 euro che il beneficiario non risulti inadempiente, a seguito della notifica di una o più cartelle di pagamento, per un importo almeno pari, dovendosi, in caso positivo, provvedere alla segnalazione di tale circostanza all’agente per la riscossione, competente per territorio, con rinvio delle definizione delle modalità applicative delle predette disposizioni ad un apposito regolamento ministeriale (Corte dei Conti Reg. Sardegna 1972007, n. 11).

L’art. 72 bis DPR 60273, inserito nella sezione III intitolata „Disposizioni particolari in materia di espropriazioni presso terzi“, recita:

1. Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

a) nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

1 bis. L’atto di cui al comma 1 può essere redatto anche da dipendenti dell’agente della riscossione procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione e, in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione e non è soggetto all’annotazione di cui all’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (2).

2. Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 72, comma 2.

Avverso tale articolo, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 7122007, n. 87, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in relazione all’ordine al terzo di pagare direttamente in luogo della citazione del terzo a comparire davanti al giudice per rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. denunciando la violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza tra debitori esecutati in funzione della scelta discrezionalmente assunta dall’agente della riscossione, con incidenza sul diritto di difesa del debitore.

La Corte Costituzionale, con ordinanza del 28112008, n. 393, ha dichiarato la questione inammissibile.

Tuttavia, ai fini del commento dell’art. 72 bis, è interessante notare come la Corte Costituzionale non si sia limitata a dichiarare l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, ma, con la c.d. doppia motivazione, abbia sentito l’esigenza di entrare nel merito della questione per affermare che al concessionario della riscossione è demandata la facoltà di scelta e che non vi sia una rilevante disparità di trattamento tra debitori esecutati (“… Va rilevato che la facoltà di scelta del concessionario tra due modalità di esecuzione forzata presso terzi non crea né una lesione del diritto di difesa dell’opponente né una rilevante disparità di trattamento tra debitori esecutati, sia perché questi sono portatori di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità e possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi di cui all’art. 57 del DPR n. 602 del 1973, sia perché non sussiste – un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali (ex plurimis, ordinanze n. 67 del 2007 e n. 101 del 2006)-”).

La Corte Costituzionale ha ritenuto di dovere ricordare che non sussiste una necessaria uniformità di regole procedurali e che, comunque, il debitore potrà proporre le opposizioni all’esecuzione od agli atti esecutivi ex art. 57 DPR n. 6021973.

Pur tuttavia, uno dei nodi della vicenda, proprio in relazione alla pratica applicazione, appare quello relativo alla possibilità di sospensione dell’esecuzione chiesta dal debitore esecutato al giudice dell’esecuzione ex art. 60 DPR n. 60273.

In tal caso, è da ritenere che, ove il terzo abbia già corrisposto al concessionario le somme “nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di notifica”, il giudice non potrà provvedere sull’istanza di sospensione (cfr. ordinanza GE Mob. Catania del 1212011 nella quale il giudice dell’esecuzione ha, appunto, dichiarato non luogo a provvedere in ordine alla istanza di sospensione dell’esecuzione, avendo il Ministero della Pubblica Istruzione già corrisposto- nel momento in cui il giudice si riservava di provvedere- le somme alla Serit in base all’art. 72 bis, essendo la fase di cognizione sommaria destinata, appunto, al solo esame della istanza di sospensione; si evidenzia che, nella fattispecie, parte opponente aveva prodotto una nota del ragioniere Generale dello Stato con cui si evidenziava che la disciplina prevista dal D.M. n. 40 del 1812008 non trova applicazione per i contributi erogati dal Ministero a favore di organismi produttori di spettacolo con correlativa esclusione delle attività di cinema e spettacolo da Equitalia).

Residuerà il potere di sospendere l’esecuzione:

  1. nel caso in cui la somma non sia stata corrisposta dal terzo;

  2. nelle ipotesi sub B) dell’art. 72 bis e cioè “alle rispettive scadenze”.

Si pensi, ad esempio, al caso di trattenuta sullo stipendio, stipendio in ordine al quale l’articolo in commento richiama l’art. 545, co, IV, V, VI, c.p.c. con i relativi limiti (è pignorabile il TFR del lavoratore, avendo tale credito natura retributiva – Cass. N. 206642010).

Invece, tale speciale modalità di esecuzione forzata preso terzi non può essere applicata per i crediti pensionistici, in base al dettato letterale della norma.

Si ricorda che la sospensione feriale dei termini processuali, prevista dall’art. 1 della L. n. 7421969, non opera nei giudizi in materia di opposizione all’esecuzione, nozione da intendersi nel senso più ampio (Cass. SU 352010, n. 10617).

 

art. 58 DRP n. 6021973

Il ruolo del giudice dell’esecuzione si estende, grazie all’art. 58 DPR n. 6021973, anche all’opposizione di terzo all’esecuzione, entro gli specifici limiti previsti dalla norma.

Invero, i limiti indicati dal suddetto articolo appaiono ben più marcati rispetto a quelli di cui all’art. 619 c.p.c.

Innanzi tutto, l’opposizione di terzo nella materia “de qua” deve esser proposta prima della data fissata per il primo incanto. Il terzo potrà eventualmente esperire opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c., con gli adattamenti richiesti dalla speciale procedura in oggetto (Corte Cost. 2741993, n. 198).

In secondo luogo, l’opposizione di terzo non può essere proposta quando i mobili pignorati nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore abbiano formato oggetto di una precedente vendita nell’ambito di una procedura di espropriazione forzata esperita dal concessionario.

In terzo luogo, quando si tratta di beni che si trovano nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore e siano di proprietà del coniuge di questi, potrà esser data prova dell’appartenenza dei beni in capo al terzo, solo mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata di data certa anteriore a quella di consegna del ruolo.

La sentenza della Corte Cost. 2771994, n. 358 ha chiarito che il preminente interesse alla pronta realizzazione del credito, non deve esser tale da vanificare ogni pretesa del terzo sul bene, ma con i limiti di cui al regime probatorio indicato dalla norma medesima.

La sentenza Corte Cost. 2631990, n. 141 ha specificato che la norma che esclude al terzo di esperire l’opposizione in caso di precedente vendita esattoriale, ha natura sostanziale e non processuale.

La Corte di Cassazione ha confermato l’esperibilità dell’opposizione ex art. 58 purchè siano rispettati i limiti previsti dalla norma in esame.

In particolare, secondo Cass. 632001, n. 3256, la prova dell’appartenenza del bene al terzo è assoggettata alle limitazioni sopra indicate e cioè l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata di data anteriore all’anno cui si riferisce il tributo iscritto a ruolo ovvero la sentenza passata in giudicato. Mentre, secondo Cass. 1812002, n. 539 il terzo opponente non può provare per testimoni la proprietà dei beni pignorati nella casa o nell’azienda dell’esecutato, ancorché l’esistenza del diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo, giacchè la relativa dimostrazione esige l’atto pubblico, la sentenza passata in giudicato o la scrittura privata autenticata di data certa anteriore alla consegna del ruolo all’esattore.

Il coniuge superstite che abbia rinunciato all’eredità, è ammesso a provare la sua proprietà sui beni assoggettati all’esecuzione con le limitazioni sopra indicate (Cass. 3042005, n. 9008).

Inoltre, la Corte Costituzionale, con sentenza 28122001, n. 436, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale della norma in esame nella parte in cui non dà rilievo alla esistenza della comunione legale tra i coniugi sui beni mobili che si trovano nella casa coniugale. La Corte ha evidenziato che la presunzione di appartenenza alla comunione legale di tali beni, secondo l’interpretazione giurisprudenziale, opera nei soli rapporti tra i coniugi e non anche in quelli fra essi ed i terzi.

Con l’opposizione di terzo non possono esser fatti valere vizi del procedimento esecutivo, né può esser contestato il credito o la solidarietà. Di conseguenza, il giudice ordinario è privo di giurisdizione sulla domanda con cui il terzo deduca l’inefficacia del titolo esecutivo (Cass. SU 361992, n. 6789).

In tema di esecuzione esattoriale sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’opposizione di terzo, proposta ai sensi dell’art. 619 c.p.c. e volta all’accertamento della non debenza del tributo da parte del debitore d’imposta o di un coobbligato di questi, per i riflessi che indirettamente derivano, a favore dell’opponente, da un simile accertamento negativo.

Cassazione civile, sez. un., 03/06/1992, n. 6789

 

Impugnazioni

Il regime delle impugnazioni varia a seconda del provvedimento adottato dal giudice.

In sostanza, il lavoro che il giudice deve effettuare quando viene presentato un ricorso per opposizione a cartella esattoriale – e cioè valutare cartella per cartella e vedere in ordine al difetto di giurisdizione, all’impignorabilità del bene, all’entrata non tributaria, ai limiti di cui all’art. 72 bis, ai limiti di cui all’art. 58 – , deve essere effettuato dal difensore sul provvedimento del giudice per valutare quale sia il regime di impugnazione.

Sul punto la giurisprudenza appare costante.

Secondo Cass. SU 1082000, n. 562, qualora a seguito della notificazione di una cartella esattoriale avente ad oggetto sanzioni amministrative pecuniarie, l’intimato proponga domande qualificabili sia quali opposizioni all’atto sanzionatorio ai sensi della L. n. 6891981 (mancanza di notifica dell’atto impugnato), sia opposizioni all’esecuzione (fatti estintivi posteriori alla formazione del titolo esecutivo), sia opposizioni agli atti esecutivi (irregolarità formali della cartella esattoriale), nel caso si sia provveduto con una unica sentenza, la sentenza medesima è impugnabile con ricorso per Cassazione quanto alla prima ed alla terza ipotesi, con l’appello quanto all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Parimenti, Cass. 22222010, n. 4139 cit. conferma che a diverse forme di tutela corrispondono distinti mezzi di impugnazione: il ricorso per Cassazione è esperibile ai sensi della L. 68981 ed art. 617 c.p.c., l’appello nel caso di opposizione all’esecuzione (Cass. 151492005- Cass. 91802006). Nella fattispecie in esame, La Cassazione ha specificato che il giudice di pace era tenuto ad esaminare e giudicare tutti i motivi di opposizione, attribuendo a ciascuno la qualificazione dovuta. Parte opponente avrebbe dovuto trarre le conseguenze ai fini dell’eventuale impugnazione. Di conseguenza, la Corte, in applicazione dei su esposti principi, ha dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione in relazione al motivo relativo all’erroneo conteggio degli interessi, perché vizio censurabile con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e, pertanto, da impugnare con il gravame dell’appello; mentre, la irritualità della notifica della cartella è vizio denunciabile con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e, pertanto, censurabile con il ricorso per Cassazione.

Con la sentenza Cass. 3152010, n. 13203, la Cassazione ha confermato che in caso di opposizione agli atti esecutivi – quale si configura l’eccezione di impignorabilità del bene (relativo alla disciplina di cui all’art. 113, co. I, D.Lgs 292521995, n.77 relativo al fatto che non si possa procedere ad espropriazione forzata di enti locali nei confronti di soggetti diversi dai rispettivi tesorieri )- il ricorso per Cassazione, ritualmente presentato in Cassazione, era inammissibile per tardiva presentazione in primo grado (Cass. 2922006, n. 3655). Mentre, l’eccezione relativa all’avvenuto pagamento, in quanto configura una opposizione all’esecuzione, è parimenti inammissibile dinanzi alla Corte di Cassazione, atteso che il Comune di Pachino avrebbe dovuto ricorrere in Appello, nel caso di specie presso la Corte di Appello di Catania.

 

E) SOSPENSIONE ED ESTINZIONE

L’art. 60 DPR 60273 consente al giudice dell’esecuzione di sospendere il processo esecutivo entro un ambito ben più limitato rispetto all’art. 624 c.p.c.

Invero, l’art. 624, co. I. Cp.c., prevede che, in caso di proposizione di opposizione all’esecuzione a norma degli artt. 615 e 619 c.p.c., il giudice dell’esecuzione possa, ricorrendo gravi motivi, sospendere, su istanza di parte, il processo.

L’art. 60 chiede, invece, che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno.

La dottrina ritiene che, nonostante l’art. 60 non preveda l’istanza di parte, l’esecuzione esattoriale non possa esser disposta dal giudice di ufficio (Arieta opera cit.- Vullo “Codice dell’esecuzione forzata”).

L’art. 61 DPR n. 60273 prevede che il procedimento di espropriazione si possa estinguere nelle seguenti ipotesi:

  1. nell’ipotesi in cui il debitore paghi in qualunque momento anteriore alla vendita;

  2. cessazione dell’efficacia del pignoramento , determinata dal decorso di 120 giorni dalla sua esecuzione senza che il primo incanto abbia avuto luogo (art. 53);

  3. inattività del concessionario che non si presenta per due udienze consecutive (art. 61);

  4. rinuncia agli atti del concessionario che, se dichiarata prima della vendita, non deve essere accettata dai creditori intervenuti perché questi hanno diritto a partecipare solo alla distribuzione del ricavato;

  5. esercizio della facoltà di autotutela amministrativa.

 

F) Responsabilità

Il sistema dell’esecuzione esattoriale è connotato, come più volte ripetuto, dai precipui caratteri di velocità e speditezza.

L’art. 59 DPR n. 60273 prevede che chiunque si senta leso dall’esecuzione esattoriale, possa proporre azione contro il concessionario ai fini del risarcimento dei danni, dopo il compimento dell’esecuzione medesima.

Il concessionario risponde dei danni e delle spese del giudizio, anche con la cauzione prestata, salvi i diritti degli enti creditori.

La dottrina ritiene che tale responsabilità debba inquadrarsi nella più generale responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., con la conseguente applicazione dei requisiti richiesti dalla norma e cioè la sussistenza di un danno ingiusto subito e la prova dell’elemento psicologico consistente nel dolo o nella colpa.

Tale inquadramento è confermato dalla giurisprudenza – cfr. Cass. 832003, n. 3523- della Corte di Cassazione secondo cui incombe all’attore fornire la prova sia dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo nei due aspetti sopra indicati.

Ciò si inserisce nel più generale solco della giurisprudenza della Corte di Cassazione che riconosce solo la dicotomia tra responsabilità contrattuale od extracontrattuale con i requisiti richiesti dall’art. 2043 c.c., come sopra detto.

La tematica è stata affrontata con la recente riforma del codice di procedura civile, in particolare in relazione all’art. 96 c.p.c. che ha introdotto, all’ultimo comma, la possibilità per il giudice, anche di ufficio, di condannare il soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

Anche in tal caso, la Cassazione ha affermato che l’art. 96 c.p.c. si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 2043 c.c. con la conseguente applicazione dei requisiti in essa previsti ed il conseguente regime in tema di prova (Cass. 332010, n. 5069, fattispecie proprio in materia di esecuzioni).

Si consideri che, in passato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di rilevare che nel nostro ordinamento giuridico la condanna del c.d. danno punitivo è estranea al sistema giuridico italiano.

L’idea della punizione è estranea alla responsabilità civile. Il risarcimento del danno è fondato esclusivamente sull’esistenza di una lesione e sulla prova delle conseguenze pregiudizievoli sofferte dal danneggiato. Ai fini del risarcimento rimangono indifferenti la condotta del danneggiante, lo stato di bisogno del danneggiato e la capacità patrimoniale dell’obbligato -Cassazione civile, sez. III, 19/01/2007, n. 1183 -.

La domanda risarcitoria deve esser proposta al giudice ordinario e non già alle Commissioni tributarie (Cass. SU 15101999, n. 722).

Con riferimento alle condizioni per l’esperimento dell’azione, il primo comma dell’art. 59 prevede che l’azione possa esser promossa solo dopo il compimento dell’esecuzione medesima.

Tuttavia, secondo Cass. 832003, n. 3523, tale norma deve essere interpretata nel senso di evitare una interferenza tra i due procedimenti e cioè l’azione risarcitoria e quella di esecuzione forzata.

Secondo Cass. 592006, n. 19056, l’espressione “dopo il compimento dell’esecuzione forzata” va intesa con riferimento alla chiusura dell’esecuzione forzata , in base alle varie specie della stessa.

In caso, di procedimento di esecuzione presso terzi, tale momento sarà individuato con la ordinanza di assegnazione.

In caso di opposizione di terzo, la giurisprudenza – Tribunale di Roma 372001, n. 25674- ha individuato una ipotesi di responsabilità del Concessionario nel caso in cui , nonostante il terzo abbia dato prova della proprietà dei beni mobili pignorati mediante prova di un documento di data certa anteriore all’anno di iscrizione a ruolo delle somme dovute dal debitore, procede alla vendita senza attendere l’esito della opposizione.

 

G) Fermo amministrativo di beni mobili registrati

Il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha vissuto una lunga elaborazione giurisprudenziale, oggi superata , almeno in parte, dal dato normativo.

L’art. 86 DPR n. 60273, decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, il concessionario può disporre il fermo amministrativo di beni mobili registrati del debitore dandone notizia alla Direzione Generale delle Entrate ed alla Regione di residenza.

Il fermo viene eseguito mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari, a cura del concessionario, che ne dà comunicazione anche al debitore.

Si può ritenere che per quanto riguarda il fermo di beni mobili registrati, la L. 482006, n. 248, art. 35 co. XXVI quinquies ha inserito nell’art. 19 co. I D.Lgs. 31121992, n. 546, che enumera gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, anche il fermo amministrativo di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 DPR n. 60273.

In ordine alla giurisdizione, la Corte di Cassazione ha affermato che si deve ritenere la giurisdizione del giudice tributario per le controversie concernenti tributi e quella del giudice ordinario per i crediti di natura non tributaria (Cass. SU 562008, n. 14831- Cass. SU n. 31712008 – Cass. SU 26102009, n. 22590).

Per quanto riguarda il preavviso di fermo – che è un avviso ad adempiere il debito che il concessionario deve inviare al debitore-, ha il debitore concreto interesse ad impugnare tale atto prodromico al successivo provvedimento di fermo?

Secondo Cass. SU n. 148312008 è un atto che si inserisce in una sequenza alternativa alla esecuzione forzata.

Al contrario, Cass. SU 1152009, n. 10672 ha affermato la autonoma impugnabilità del preavviso di fermo. Tale orientamento è stato, di recente, confermato da Cass. SU 752010, n. 11087.

 

 

SOMMARIO

 

NATURA

1 – ART. 57 DPR 6021973

B) 2 – Problemi in materia di giurisdizione

B) 3 – Impignorabilità del bene

B) 4 – Entrate non tributarie

B) 5 – art. 72 bis DPR 6021973

art. 58 DRP n. 6021973

Impugnazioni

E) SOSPENSIONE ED ESTINZIONE

F) Responsabilità

G) Fermo amministrativo di beni mobili registrati

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Bernabo Distefano Gaetana

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