L’anticresi e la garanzia del credito

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Il nomen juris, anticresi deriva dal greco ovvero dalla commistione dei termini ἀντί, antì, letteralmente “invece di, in luogo di” e χρῆσις, crèsis, “uso, impiego, godimento”. Esso ha avuto una qualche diffusione, nell’ambito spiccatamente dell’economia rurale, nel mezzogiorno d’Italia del XIX° secolo, conosciuto anche con le espressioni popolari “godi godi” o “godere e godere”.

L’anticresi consiste nel contratto per mezzo del quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un bene immobile al creditore a garanzia del credito.

Il creditore in tal guisa ne percepisce i frutti, imputandoli prima agli interessi, nel caso in cui siano dovuti, poscia al capitale, decrementandosi conseguentemente l’importo del debito (art. 1960 c.c.).

La parte che concede il bene in godimento, il terzo o il debitore, viene denominata anticresista, mentre quella che lo assume in godimento si chiama creditore anticretico.

Secondo l’opinione prevalente il contratto in esame sarebbe connotato da una causa mista, ad un tempo di garanzia e satisfattiva (ad eccezione del caso in cui il godimento sia convenzionalmente previsto al solo scopo di coprire gli interessi: anticresi meramente compensativa : cfr. Cass.Civ., Sez. III n.° 1866 del 1983).

La causa solvendi è evidente, anche se spesso l’effetto è parziale, come capita ogniqualvolta i frutti coprano a malapena gli interessi. La figura possiede un’indubbia analogia funzionale con la datio in solutum, anche se occorre sottolineare che quest’ultima si perfeziona con l’effettuazione della prestazione, mentre l’anticresi è contratto consensuale, dal quale scaturisce l’obbligo di far godere, a prescindere dalla consegna materiale della cosa. La consegna dell’immobile corrisponde ad un semplice atto esecutivo di un’obbligazione scaturente dall’accordo, ma non costituisce condizione per la conclusione di quest’ultimo (Appello di Catania 29.01.1970).

L’anticresi può essere anzitutto qualificata come contratto consensuale: essa infatti si perfeziona semplicemente in esito al raggiungimento del consenso tra creditore e debitore, senza che vi sia bisogno alcuno di fare consegna di ciò che ne costituisce l’oggetto.

E’ in ogni caso rilevabile, una parallela funzione di garanzia, indiretta, pur se in un senso assolutamente diverso da quello che si riscontra nelle garanzie reali quali il pegno e/o l’ipoteca o in quelle personali come la fidejussione.

Nel pegno o nell’ipoteca, la garanzia, si estrinseca nella prelazione che si verifica nel soddisfacimento del credito rispetto agli altri creditori. In particolare, nel pegno lo spossessamento è in funzione del mantenimento dell’integrità del bene, essendo addirittura vietato l’utilizzo del bene da parte del creditore. Nella fidejussione si verifica, invece, un ampliamento meramente quantitativo della garanzia patrimoniale generica per il creditore, aggiungendosi all’originario un nuovo debitore.

Nell’anticresi la funzione di garanzia non si evidenzia nel momento in cui il debitore è inadempiente, bensì in maniera indiretta, essendo il bene sottratto alla disponibilità del debitore. Si badi che, ai sensi del n.° 12 dell’art. 2643 c.c., il contratto costitutivo dell’anticresi, che non può avere una durata superiore a dieci anni ex art. 1962 c.c. deve essere trascritto.

Inoltre, l’art. 1963 c.c. fa espresso riferimento al divieto del patto commissorio, sancendo la nullità di qualunque pattuizione, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito. Ciò rende ancor più evidente la funzione di garanzia del contratto in esame. Sembra trattarsi, tuttavia, di una garanzia indiretta perché non viene assicurata al creditore anticretico né la prelazione nel riparto delle attività né si determina un ampliamento quantitativo della massa attiva in relazione alla quale poter promuovere azioni esecutive.

L’anticresi costituisce una misura di rafforzamento dell’obbligazione, che dà vita a un rapporto accessorio di garanzia, in virtù del quale il creditore acquisisce il diritto di ritenzione sull’immobile fino all’integrale soddisfacimento delle sue ragioni, con la facoltà di far suoi i frutti fino al soddisfacimento del suo credito. Pertanto non sarebbe realizzabile con detto contratto lo scopo pratico che eventualmente perseguissero i contraenti di sostituire al diritto di credito la proprietà dell’immobile consegnato, poiché, come visto sopra, tale patto sarebbe nullo per il divieto del patto commissorio.

Nell’anticresi il debitore può obbligarsi a consegnare anche un immobile affittato o locato, affinché il creditore ne percepisca le pigioni.

Non modifica lo schema del contratto di anticresi la facoltà concessa al creditore di apportare miglioramenti del fondo in garanzia e di eseguirvi addizioni, con l’intesa di effettuarne la valutazione al termine del rapporto e con l’obbligazione di pagamento del corrispondente valore a carico del debitore, proprietario dell’immobile.

Poiché il contratto di anticresi è soggetto a trascrizione, gli atti di trasferimento del bene dato in garanzia sono inefficaci nei confronti del creditore anticretico solo se quel contratto sia stato trascritto anteriormente alla trascrizione dell’atto di trasferimento dello stesso bene a terzi. Qualora siffatta situazione non si verifichi, il creditore anticretico, tuttavia, ha nei riguardi dell’acquirente del bene diritto a un’indennità per le migliorie apportatevi, ai sensi dell’art. 1150, c.c., applicabile alle più diverse situazioni giuridiche e avente la funzione specifica di evitare un ingiustificato arricchimento.

L’obbligazione del creditore, che abbia ricevuto un fabbricato in forza di anticresi, di restituirlo al debitore alla cessazione del relativo contratto, non viene meno per il fatto che il creditore medesimo abbia nel frattempo acquistato la proprietà del suolo su cui insiste detto immobile, salvo l’eventuale diritto di ritenzione di cui all’art. 936, c.c. .

L’opinione del tutto prevalente relativamente al contratto di anticresi è quella che annovera il diritto da esso scaturente come diritto personale di godimento, soggetto come la locazione allo ius sequelae, avente effetti reali. Il creditore anticretico sarebbe titolare di una situazione giuridica soggettiva riconducibile ai diritti relativi e non già a quelli assoluti.

Non è sufficiente a questo riguardo osservare che l’art. 1960 c.c. espressamente descrive la fattispecie come il contratto con cui il debitore si obbliga a consegnare l’immobile al creditore, dal momento che anche nella vendita della proprietà v’è un obbligo strumentale di consegna del bene che non fa tuttavia venir meno la natura reale del diritto alienato .

V’è in dottrina chi considera l’anticresi un vero e proprio diritto reale . Esso sarebbe infatti connotato sia dall’assolutezza, sia dall’immediatezza.

Quanto a quest’ultima caratteristica, non si può che essere d’accordo sulla sostanza: il creditore anticretico è indubbiamente posto in una speciale relazione con la res, che gli viene consegnata per consentirne il godimento. Si può tuttavia rammentare che l’analoga situazione che viene a prodursi anche in esito alla stipulazione della locazione o del comodato è da ricondurre alla semplice detenzione e non già al possesso. Dal punto di vista giuridico il proprietario rimane pur sempre possessore del bene: non si tratta dunque di immediatezza in senso tecnico.

In senso contrario è peraltro possibile riferirsi alla trascrizione del titolo portante la costituzione dell’anticresi (cfr. il n.°12 art. 2643 c.c.) ed al conseguente meccanismo di opponibilità erga omnes dell’atto di acquisto. Il criterio di risoluzione dei conflitti tra più aventi causa dal medesimo dante causa è infatti quello di cui all’art. 2644 c.c., che in concreto viene a prevalere su quello di cui all’art. 1380 c.c. , che si impernia sulla anteriorità della consecuzione del godimento del bene.

Il contratto di anticresi, dal quale scaturisce per il creditore il diritto a godere del bene nonché quello di percepirne i frutti, può avere ad oggetto unicamente beni immobili.

Secondo la prevalente interpretazione rimane dunque escluso che l’anticresi possa riguardare beni mobili registrati, compendi aziendali, beni mobili . L’eventuale contratto modellato sulla falsariga dell’anticresi ed avente ad oggetto tali beni, dovrebbe essere considerato come negozio atipico, consentito nell’ambito dell’autonomia negoziale concessa ai privati ex art.1322 c.c. .

I frutti, che pure costituiscono oggetto del contratto, sotto il profilo dell’imputazione dei medesimi agli interessi ed al capitale, sono tanto quelli civili quanto quelli naturali. .
Caratteristica fondamentale dell’anticresi è l’ accessorietà: in tanto le parti danno vita al contratto, in quanto preesista un rapporto, da considerarsi principale, in base al quale esiste un debito ed un correlativo credito. Questo legame evidenzia talvolta un collegamento negoziale che non può non produrre i propri effetti: alla cessione del credito garantito seguirà anche l’analogo trasferimento dell’anticresi (cfr. art. 1263 c.c. ).

Connessa a quest’ultima osservazione è la questione della riconducibilità della figura al novero dei contratti intuitu personae . Accogliendo questa costruzione la posizione del creditore anticretico risulterebbe infatti insuscettibile di essere ceduta.

Si tratta inoltre di un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto da un lato v’è la prestazione del debitore che consente al creditore anticretico di godere l’immobile, dall’altro ad essa si contrappone la disponibilità del creditore ad imputare il valore della fruizione del bene al proprio credito, il quale viene a decrementarsi in esito ad una sorta di compensazione intrinseca nella figura .

Va di certo bandita l’idea secondo la quale si tratterebbe di una negoziazione a titolo gratuito. La reciprocità delle attribuzioni dovrebbe piuttosto intendersi in senso del tutto peculiare. Da un lato il debitore è agevolato: gli viene consentito di poter rimborsare il proprio debito (nella parte degli interessi e nella quota capitale) mediante la attribuzione del godimento di un bene immobile di sua proprietà senza subire l’espropriazione. Dall’altro il creditore si soddisfa, seppure indirettamente, in forza di tale godimento, senza dover subire i ritardi, i rischi e le eventuali spese per una procedura esecutiva. E’ la funzione di garanzia che svolge la figura a qualificare la natura onerosa dell’anticresi: d’altronde lo stesso art.2901 c.c., con riferimento all’azione revocatoria ordinaria, considera a titolo oneroso le prestazioni di garanzia quando siano contestuali al debito garantito.

Ulteriore aspetto afferente all’elemento causale della figura in esame è la pretesa natura aleatoria dell’anticresi compensativa. Giova rammentare che da un lato l’art. 1960 c.c. configura l’anticresi come ordinariamente estintiva, dovendo il godimento essere imputato contemporaneamente all’estinzione del debito e degli interessi, dall’altro l’art.1964 c.c. assume in considerazione l’anticresi semplicemente compensativa, cioè quella nella quale il godimento del bene vale semplicemente a compensare la mancata corresponsione degli interessi al creditore. La tesi pare quantomeno bizzarra: prescindendo da ogni considerazione circa le notevoli difficoltà di costruire una nozione di aleatorietà fondata su un dato giuridico e non semplicemente economico, non si vede sotto questo aspetto come possa incidere la natura semplicemente compensativa dell’anticresi. Il dato sarebbe ancora più forte nell’anticresi estintiva: in essa infatti il creditore accetterebbe non soltanto di, eventualmente, compensare gli interessi, bensì anche di estinguere via via il proprio credito con il passare del tempo. L’esplicito richiamo che l’art.1964 c.c. compie all’art. 1448 c.c. è ulteriore indice della natura commutativa della figura in esame.

STUDIO LEGALE Salvatore Camonita

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