L’annullamento dei provvedimenti commissariali da parte della P.A.

Sisca Daniele 09/03/16
Scarica PDF Stampa

Sino all’emanazione del Decreto Legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (contenente importanti innovazioni per il Codice del processo amministrativo) si poneva la questione di quale potesse essere il rimedio esperibile dall’Amministrazione che avrebbe voluto chiedere l’annullamento dei provvedimenti emanati (in sua sostituzione) dal commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza.

Tale questione si poneva in considerazione del fatto che, com’è noto, i provvedimenti del commissario ad acta sono immediatamente esecutivi e non sono assoggettati all’ordinario regime dei controlli (interni ed esterni) dell’amministrazione presso la quale lo stesso si insedia. Da ciò discendeva (e discende) l’impossibilità per l’amministrazione di modificare e/o annullare gli stessi provvedimenti.

D’altro canto, la natura del commissario ad acta qualifica lo stesso quale ausiliario del giudice, ossia organo che agisce quale longa manus del giudice, la cui volontà di attuazione della norma nel caso concreto è chiamato ad esternare. Ciò è confermato da diverse disposizioni del c.p.a, prime fra tutte, quella contenuta nell’art. 117, comma 4, ai sensi del quale: “Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario”.    

Ciò premesso, ne discende che, se da un lato l’Amministrazione non può in nessun modo modificare e/o annullare i provvedimenti commissariali perché mezzi di esternazione della volontà giurisdizionale, dall’altra non può impugnarli neppure con l’ordinario mezzo d’impugnazione previsto dall’art. 29 c.p.a., perché se così fosse, chiederebbe l’annullamento di un provvedimento giurisdizionale (anche se formalmente amministrativo) e ciò sarebbe senza dubbio abnorme.

Analizzando la formulazione dell’art. 114, comma 6, prima del correttivo del 2011 si leggeva semplicemente che: “Il Giudice conosce di tutte le questioni relative a l’esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario ad acta”. Una simile diposizione, però, piu’ che offrire un mezzo di impugnazione per le parti lese da un giudizio di ottemperanza, si limitava a ricalcare la natura del commissario ad acta, lasciando un vuoto intorno a sé circa la reale strada da intraprendere al fine di ridimere una controversia per come sopra esposta.

Perciò, si avvertiva l’esigenza di offrire un mezzo idoneo al fine di tutelare la Pubblica Amministrazione dagli atti commissariali lesivi per i suoi interessi.

A far chiarezza sulla questione è stato appunto il Decreto legislativo n. 195 del 2011, il quale, nell’uniformarsi alle diverse segnalazioni sollevate dagli operatori giuridici durante il periodo di applicazione del codice, ha definitivamente posto la parola fine agli innumerevoli dubbi interpretativi venutesi a creare.

La formulazione originaria dell’art. 114 comma 6 è stata integrata dal seguente inciso: “Avverso gli atti del commissario ad acta le stesse parti possono proporre, dinnanzi al giudice dell’ottemperanza, reclamo, che è depositato, previa notifica ai controinteressati, nel termine di sessanta giorni”.

Alla luce della nuova formulazione è evidente che si apre una strada totalmente nuova in ambito processuale amministrativo e in modo particolare in riferimento ai mezzi d’impugnazione inerenti i provvedimenti commissariali.

Il c.p.a., quindi, offre oggi uno specifico rimedio al fine di risolvere ogni specifica questione concernente gli atti adottati dal commissario che si sostituisce all’Amministrazione, attribuendo a quest’ultima la facoltà di sollecitare l’intervento giudiziale laddove sorgano dubbi interpretativi circa la portata applicativa e/o la legittimità dei provvedimenti commissariale.  

A riguardo, non è mancato l’intervento del Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza n. 52 del 13 gennaio 2015, ha statuito – a conferma e rafforzamento di quanto già contenuto nell’art 114, comma 6 – che: “Le parti interessate possono e devono quindi rivolgersi al giudice, affinchè venga verificata rispondenza dei provvedimenti adottati dal commissario ad acta alle disposizioni impartite in sede di ottemperanza, nonché ai principi vigenti in materia: l’attività del commissario ad acta quindi, non ha natura prettamente amministrativa, perché si fonda sul’ordine del giudice, ed è la stessa che avrebbe potuto realizzare direttamente il giudice”.

Sisca Daniele

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento