L’amministrazione di sostegno

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L’amministrazione di sostegno è una figura istituita dal Parlamento con la Legge numero 6 del 9 gennaio 2004, a tutela di tutti coloro i quali, pur avendo difficoltà nel provvedere ai propri interessi, bisogni e cure, non necessitano di ricorrere agli istituti, di gran lunga più penetranti, dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Trattasi di una normativa attesa da molti anni, emanata a seguito di un iter alquanto lungo e contrastato che ha introdotto nell’ordinamento italiano delle significative novità in merito alla tutela dei soggetti più deboli.
In ogni caso, la nuova disciplina recepisce l’orientamento già presente nella legge n. 104/1992 ed in numerose indicazioni fornite dall’Unione Europea ma, soprattutto, dà attuazione ai princìpi dettati dagli artt. 2 e 3 della Carta Costituzionale a favore di quei soggetti che, si trovano in stato di difficoltà: la normativa in parola, difatti, ha un elevato valore sociale ed è una risposta di civiltà giuridica per la tutela della qualità e della dignità della vita di persone disabili.
La finalità del legislatore, quindi, consiste nella tutela, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, delle persone che «per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica» si trovino «nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi».
Alle persone disabili, quindi, vengono riconosciute delle misure di protezione flessibili, adattabili nel tempo alle diverse e variabili esigenze, offrendo momenti di protezione solamente quando ciò sia necessario e senza mai giungere ad una totale esclusione della capacità di agire.
In pratica, non è più necessario ricorrere ai drastici istituti dell’interdizione o dell’inabilitazione per poter tutelare i beni di una persona incapace di gestirsi autonomamente a causa di problematiche legate alla psiche ovvero all’età avanzata.
L’amministratore di sostegno, quindi, è il soggetto il quale assiste una persona affetta da una grave infermità o da una menomazione fisica o psichica e che, pertanto, si trova nell’incapacità di provvedere in modo adeguato alla cura della propria persona nonché dei propri interessi: rimangono esclusi da tale misura tutti coloro i quali, pur colpiti da una menomazione di carattere fisico, siano perfettamente compos sui.
L’amministratore di sostegno offre un supporto protettivo ad aree di alterazioni dello stato di salute che, prima della legge n. 6/2004, erano destinate ad essere comprese dalle previsioni degli artt. 414 e 415 c.c. e, cioè, dall’interdizione e dall’inabilitazione.
La richiesta di amministrazione di sostegno è presentata con ricorso dallo stesso beneficiario oppure dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, dal curatore o dal magistrato del pubblico ministero al giudice tutelare presso la Procura della Repubblica del Tribunale del circondario presso cui il beneficiario ha la propria residenza.
Una novità assoluta è quella che consente ai responsabili dei servizi socio-sanitari direttamente impegnati alla cura ed all’assistenza della persona, se a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento, di presentare autonomamente un’istanza.
Il ricorso deve indicare le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell’amministratore di sostegno, il nominativo ed il domicilio – se conosciuti dal ricorrente – del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.
Il giudice tutelare ha l’obbligo di sentire personalmente il soggetto cui il procedimento si riferisce, all’occorrenza anche recandosi nel luogo in cui questi si trova e deve considerare, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, i suoi bisogni e le sue richieste.
Svolta la summenzionata istruttoria, il giudice dispone, anche ex officio, tutti gli accertamenti di
natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori ritenuti utili ai fini della decisione ed, entro
sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta di nomina dell’amministratore di sostegno, provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo.
Detto decreto deve contenere altresì l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e di tutte le attività che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario.
Qualora la durata dell’incarico sia prevista a tempo determinato, il giudice tutelare ha la facoltà di prorogarlo con decreto motivato pronunciato anche d’ufficio prima della scadenza del termine.
 
Tale decreto è reclamabile dinnanzi alla Corte d’Appello, il cui provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione.
La scelta del soggetto da nominare avviene considerando soprattutto l’interesse del beneficiario il quale può anche designare personalmente, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, il nominando in previsione di una propria futura ed eventuale incapacità.
Tuttavia, nel caso in cui dovesse mancare tale scelta o in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso, ma nella propria scelta, deve comunque preferire, qualora possibile, il coniuge, il convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, un parente entro il quarto grado o il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata e mai gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
L’amministratore di sostegno, una volta nominato, deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario che, tuttavia, conserva pienamente la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.
L’amministrazione di sostegno dura non più di dieci anni, salve le ipotesi in cui tale incarico sia rivestito dal coniuge, dal convivente, dagli ascendenti o discendenti.
A seguito della nomina del giudice tutelare, questi non perde il proprio potere di principale tutore del beneficiario: il giudice, infatti, in qualsivoglia momento può convocare presso di sè l’amministratore di sostegno per chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell’amministrazione di sostegno e fornire istruzioni inerenti agli interessi del beneficiario.
La procedura concernente l’istituto in parola, quindi, inizia e si svolge interamente davanti al giudice tutelare; anche quando è promossa nell’ultimo anno prima della maggiore età, affinché l’amministratore operi a decorrere dal diciottesimo anno, infatti, il ricorso deve essere proposto al giudice tutelare e non al tribunale per i minorenni.
Mentre la procedura di interdizione ed inabilitazione nella prima fase, sino alla sentenza, si svolge avanti al tribunale ordinario o al tribunale per i minori e, nella fase di gestione della tutela o curatela, diviene di competenza del giudice tutelare, quella che porta all’istituzione dell’amministrazione di sostegno, anch’essa bifasica, si svolge tutta innanzi al giudice tutelare.
Il procedimento è camerale, anche se recepisce alcune regole della procedura contenziosa dell’interdizione ed è completamente gratuito, in quanto rivolto a realizzare la finalità dello Stato di proteggere i soggetti incapaci: tutti gli atti ed i provvedimenti, quindi, non sono soggetti all’obbligo di registrazione (e dunque al pagamento della tassa di registro) e sono altresì esenti dal contributo unificato. Per ricorrere a tale procedura, dunque, occorre corrispondere esclusivamente le spese per il rilascio di copia di atti e quelle richieste dall’ufficiale giudiziario per l’esecuzione delle notifiche.
Per ciò che concerne i soggetti legittimati a promuovere l’azione per l’amministrazione di sostegno: due vi sono obbligati quando sono a conoscenza di una situazione che lo impone, il magistrato del pubblico ministero mentre, i responsabili dei servizi sanitari e sociali; i parenti, i conviventi stabili e l’interessato, invece, ne hanno solo facoltà.
Con l’affiancare al pubblico ministero i servizi sociali, i quali hanno un compito istituzionale di protezione dei soggetti deboli e sono direttamente a conoscenza delle situazioni contingenti, il legislatore ha inteso ovviare al fenomeno diffuso dell’inerzia dello stesso pubblico ministero relativamente alla promozione di interdizione e inabilitazione e proteggere la persona priva in tutto o in parte di autonomia in modo più effettivo ed efficace.
Per quanto concerne il p.m., questi, a norma dell’art. 70 c.p.c., è legittimato a promuovere il ricorso per l’amministrazione di sostegno in quanto parte pubblica che interviene nella cause riguardanti la capacità delle persone.
La legittimazione concorrente dei servizi socio-sanitari direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona costituisce un’assoluta novità: solitamente, infatti, essi hanno solamente facoltà o doveri di segnalazione, di denuncia o di referto all’autorità giudiziaria, ma, nel caso di specie, detti servizi, se a conoscenza di situazioni tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento, sono tenuti a presentare un ricorso direttamente al giudice tutelare ovvero, ax art. 406 c.c., a procedere ad una segnalazione al p.m.. 
Gli altri soggetti che possono presentare ricorso per l’istituto de quo sono il coniuge, i parenti entro il quarto grado nonchè gli affini entro il secondo ed i conviventi stabili del beneficiario.
Anche lo stesso interessato può proporre ricorso per l’istituzione in proprio favore di una amministrazione di sostegno che è quindi un diritto direttamente esigibile dal beneficiario medesimo.
Trattandosi di volontaria giurisdizione, non vi è l’obbligo della difesa tecnica e le parti private hanno facoltà di proporre ricorso personalmente; in alternativa, possono farsi rappresentare e difendere da un legale e, se ne ricorrono le condizioni, possono essere ammesse al gratuito patrocino a spese dello Stato.
Ai sensi dell’art. 407 c.c., come già accennato, il ricorso al giudice tutelare deve indicare i dati del soggetto ricorrente, le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell’amministratore, il nominativo e il domicilio (se conosciuti) del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.
L’elencazione dei motivi per i quali si chiede l’amministrazione di sostegno deve specificare e dimostrare i bisogni della persona beneficiaria ed i compiti di sostituzione ed assistenza che dovrebbero essere attribuiti all’amministratore.
Il ricorso, quindi, deve illustrare quelle che si ritengono le infermità ed incapacità della persona, spiegare che, per effetto di esse, non possa provvedere alla propria cura ed alla corretta amministrazione del proprio patrimonio, indicare se vi sono conviventi stabili e qual è la sua situazione patrimoniale e reddituale ed infine proporre tutte le attività di sostituzione o assistenza che potrebbe essere utile venissero attribuite all’amministratore.
L’atto deve essere depositato nella cancelleria del giudice tutelare del luogo dove la persona interessata ha residenza o domicilio; il giudice tutelare, quindi, fissa con decreto la data dell’udienza in cui devono comparire avanti a lui il ricorrente, la persona proposta come beneficiaria dell’amministrazione e tutte le persone indicate nel ricorso le cui informazioni ritenga utili.
Il ricorso con il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza deve essere notificato, a cura dell’ufficiale giudiziario, all’eventuale beneficiario il quale, in quanto litisconsorte necessario, può contraddire e difendersi, ed alle persone indicate nel decreto, e comunicato al pubblico ministero. Una parte della dottrina è dell’opinione che il ricorso e il decreto debbano essere notificati a cura della cancelleria, che procederà tramite ufficiali giudiziari alla notifica a tutti i soggetti interessati; un’altra parte, invece, ritiene che il ricorrente debba provvedere a fare notificare il ricorso e il decreto a mezzo di ufficiale giudiziario esclusivamente al beneficiario, mentre la cancelleria convocherebbe con biglietti di cancelleria tutti gli altri soggetti.
Le modalità non sono pertanto ancora chiare e le prassi dei Tribunali non ancora omogenee per cui è opportuno che, chi ricorre, si informi sul modo in cui in l’ufficio competente ritiene debbano effettuarsi le notifiche.
A norma dell’art. 407 c.c., è obbligatorio per il Giudicante procedere alla diretta audizione della persona cui il procedimento si riferisce e, qualora ve ne sia necessità, il giudice tutelare deve recarsi nel luogo in cui si trova per sentirla e, ex art. 405 c.c., qualora ne ricorrano le circostanze, adottare anche ex officio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e l’amministrazione del suo patrimonio: la sola presentazione del ricorso consente dunque che siano assunti subito tutti i provvedimenti necessari ed urgenti di protezione della persona non autonoma, ancora prima della sua audizione e del decreto di nomina dell’amministratore.
Se non vi è necessità di provvedimenti urgenti, il giudice provvede all’assunzione delle informazioni dal ricorrente, dai parenti e dai terzi citati ed allo svolgimento degli accertamenti di natura medica e degli altri mezzi istruttori che siano ritenuti utili. Il procedimento, infatti, tende ad accertare da quale menomazione o infermità sia affetto il soggetto interessato, quali effetti abbia sulla sua capacità di agire, quali siano le sue residue capacità e come limitarle nel minore modo possibile, quale forma di sostegno potrebbe essere utile e come amministrare il patrimonio.
 All’esito dell’istruttoria, il giudice, con decreto emanato entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, istituisce l’amministrazione di sostegno e nomina l’amministratore.
La nomina avviene seguendo alcuni criteri predeterminati dal legislatore ai sensi dell’art. 408 c.c..
Come già esposto, infatti, l’interessato può avere già designato l’amministratore in previsione della propria eventuale futura incapacità; detta designazione può, comunque, essere revocata in ogni momento. La designazione da parte dell’interessato può essere anche proposta nello stesso ricorso.
La scelta dell’amministrando di nominare una persona di sua fiducia, da cui si senta accompagnato, deve essere presa in grande considerazione dal giudice in quanto è molto importante per il significato stesso della misura.
Nel caso in cui non vi abbia provveduto personalmente l’interessato o in quello in cui il giudice, per gravi motivi, dovesse disattendere alla scelta, provvede direttamente quest’ultimo, sempre “con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario”.
Solitamente, comunque, la preferenza è attribuita ai parenti ovvero alla persona stabilmente convivente, i quali si presume possano svolgere meglio le attività sostitutive di cura rispetto ad un estraneo.
In ogni caso, possono essere amministratori anche altre persone idonee e può essere nominata amministratore altresì una delle persone giuridiche elencate nel titolo II del libro I del codice civile: detta scelta, tuttavia, deve essere riservata ai casi in cui l’attività sostituiva da svolgersi sia quella di mera amministrazione di beni.
Il decreto di nomina dell’amministratore indica la durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato, prorogabile, o indeterminato e determina altresì l’oggetto della amministrazione, con la specifica e tassativa indicazione degli atti che l’amministratore può o deve compiere in nome e per conto del beneficiario, di quelli che il beneficiario compie soltanto con l’assistenza dell’amministratore di sostegno e delle limitazioni di spesa che l’amministratore può sostenere con l’utilizzo del denaro del beneficiario.
Il contenuto dato all’amministrazione dal giudicante deve corrispondere alle finalità di protezione del soggetto beneficiario, decidendo anche di ufficio ed a prescindere dalle richieste delle parti; l’unico limite che non può in alcun modo essere travalicato è quello di privare in toto il beneficiario di ogni spazio di autonomia perché questi, ex art. 409 c.c., “può, in ogni caso, compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana”.
Nonostante quanto appena menzionato, il giudice tutelare può anche allargare l’ambito della protezione disponendo che determinati effetti e limitazioni, previsti dalle norme concernenti l’interdetto o l’inabilitato, si estendano anche al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, avuto riguardo all’interesse del medesimo: anche nell’amministrazione di sostegno, quindi, quando il giudice tutelare lo dispone, ritenendo che ne sia il caso, possono operare divieti quali, ad esempio, quelli di contrarre matrimonio o di fare testamento.
Il provvedimento di istituzione dell’amministrazione di sostegno è flessibile nei suoi contenuti: il giudice tutelare ha il potere di modificare ed integrare, in ogni momento e anche di ufficio, le decisioni assunte, sostituire l’amministratore e, in determinate situazioni, esonerarlo, sospenderlo o rimuoverlo. Ogni qualvolta che il giudice tutelare modifica o integra le decisioni assunte, la persona cui il procedimento si riferisce deve essere necessariamente sentita.
Da ultimo, il provvedimento del giudice tutelare deve altresì prevedere la periodicità e le modalità, anche tenendo conto della durata dell’amministrazione medesima, con le quali l’amministratore di sostegno deve relazionare il giudice in ordine all’attività svolta nonché le condizioni del beneficiario. A differenza del tutore, quindi, l’amministratore di sostegno non deve redigere alcun rendiconto annuale, bensì una relazione, orale o scritta, il cui contenuto deve estendersi anche alle condizioni di vita personali e sociali.
Il giudice, quindi, segue la gestione dell’amministrazione attraverso le relazioni che gli pervengono ed in ogni momento può convocare presso di sè l’amministratore di sostegno onde ricevere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell’incarico e dare istruzioni inerenti agli interessi ed alla cura del beneficiario.
Occorre inoltre rilevare come l’amministratore debba prestare il proprio giuramento, ma non procedere all’inventario, salvo che il decreto di nomina disponga altrimenti.
Gli atti compiuti nel corso dell’amministrazione di sostegno riferibili al beneficiario hanno un regime diverso a seconda della loro natura: per gli atti non presenti tra quelli per cui è necessaria l’assistenza dell’amministratore e per quelli necessari alla soddisfazione delle esigenze di vita quotidiana, il beneficiario conserva la piena capacità di agire; per quelli elencati nel provvedimento giudiziario, invece, il beneficiario deve necessariamente essere assistito dall’amministratore di sostegno oppure dev’essere quest’ultimo a compierli personalmente, quale rappresentante esclusivo.
Infine, per quanto concerne il compimento degli atti potenzialmente pregiudizievoli per il patrimonio, compresi nell’amministrazione e rientranti fra quelli elencati negli artt. 375 e 376 c.c. riguardanti l’alienazione e la vendita dei beni, l’amministratore deve essere debitamente autorizzato dal giudice tutelare; tuttavia, qualora l’amministrazione fosse stata istituita per quel determinato fatto, nel decreto di istituzione e nomina viene compresa l’autorizzazione per quell’atto.
Le disposizioni patrimoniali del beneficiario dell’amministrazione a favore dell’amministratore medesimo sono nulle, ma sono valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni fatte dall’amministrato a favore dell’amministratore che sia coniuge, parente entro il quarto grado o persona che sia stata nominata in quanto convivente stabile.
Per assicurare la correttezza delle relazioni con i terzi estranei, l’art. 405 c.p.c. richiede che l’apertura e chiusura dell’istituto in parola siano annotate in margine dell’atto di nascita del beneficiario; i decreti di apertura, di modifica e di chiusura sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il tribunale competente (art. 405, commi 7 e 8, cod. civ.).
Il terzo, quindi, può, qualora e quando ne abbia interesse, conoscere dal registro costituito presso il tribunale gli atti che il beneficiario può compiere da solo, per quali attività necessita assistenza e quali atti devono essere svolti dall’amministratore di sostegno.
 
 
Avv. Maddalena Martino

Santini Matteo – Martino Maddalena

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