L’affidamento dei minori a terzi dopo la riforma sull’affido condiviso.

Scarica PDF Stampa

html><body><!–#include virtual=’zero.html’ –>
 <p class=’data’>".$data_pub."</p>
 <p class=’autore’>".$nomeautore."</p>
 <p class=’titolo’>".$titolo."</p>
 <p class=’sottotitolo’>".$sottotitolo."</p>
 <p class=’testo’>".$testo."</p></body></html>"; 

 $path=$_SERVER[‘DOCUMENT_ROOT’]."/archivio/$file";
 $fp=fopen($path,"a+");
 fwrite($fp,$testo1);
 fclose($fp);
 
 //FILE HTML –> SOLO CONTENUTO ARTICOLO
 //echo $testo;
 $file2 = $nome_ultimo_file."_1.html";
 //$fp2 = tmpfile();

La legge n. 54 del 08/02/06 ha riconosciuto la centralità dell’istituto dell’affidamento condiviso, “dimenticadosi” tuttavia, nella nuova formulazione dell’art. 155, c.c., di inserire un riferimento al collocamento del minore presso terzi, al contrario del testo ante riforma, che giustificava tale eventualità qualora si presentassero “gravi motivi”.
Tuttavia, pur nel silenzio del codice, non può escludersi che, in caso di inidoneità di entrambi i genitori, si possa ancora disporre il collocamento dei figli minori presso terzi. La riforma della disciplina dell’affidamento non ha certo mutato la realtà e le situazioni di disagio in cui i figli, loro malgrado, si possono trovare e che, a volte, possono essere mitigate solo da un allontanamento dal nucleo genitoriale originario.
Il codice civile, d’altronde, richiede che i provvedimenti riguardo alla prole siano assunti con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Da parte sua il comma II dell’art. 155, c.c., ben recepisce i principi sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo[1], che fa riferimento al preminente e prioritario interesse del minore[2] e ad uno sviluppo armonico ed equilibrato della sua personalità[3].
Volendo provare a generalizzare il concetto di “esclusivo interesse morale e materiale” della prole, ci si dovrebbe richiamare alla necessità che il minore possa godere di uno sviluppo compiuto ed armonico della sua personalità, in quel contesto di vita che risulti più adeguato a soddisfare le sue esigenze materiali, morali e psicologiche[4], al di là ed al di sopra di interessi diversi (e, magari, contrapposti) quali potrebbero essere talora quelli dei genitori[5], allo scopo di ridurre al massimo, entro i limiti di una situazione comunque traumatica, i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare[6].
La valutazione di tale interesse deve in ogni caso essere riferito “…a quel minore, inserito in quella situazione concreta[7], con diretto ed immediato riferimento alla particolare fattispecie, “…alla vicenda umana di ciascun minore, alla sua sensibilità particolare di individuo[8]. Spetterà al Giudice trovare la soluzione aderente alla specificità della situazione sottoposta al suo esame, realizzata attraverso una scelta coerente e ponderata, fondata su concreti elementi acquisiti[9].
Va da sé che qualora le circostanze concrete consiglino una soluzione alternativa all’affido condiviso e all’affidamento esclusivo, pur in assenza, di una disposizione espressa sul tema, si dovrà applicare il dettato dell’art. 6, comma VIII, L. 898/70, ovvero disporre l’affidamento familiare a un nucleo diverso da quello naturale[10], per arrivare – ma solo come soluzione di emergenza – ai Servizi Sociali.
Né sono ravvisabili ragioni per escludere l’invocabilità dell’art. 2, L. 184/83, articolo avente il preciso scopo di introdurre nell’ordinamento in modo organico un sistema di affidamento di minori a famiglie estranee ai genitori naturali laddove i genitori non siano idonei a tenere con sé il figlio, senza che a loro carico emergano circostanze tali da pervenire a provvedimenti ablativi della potestà[11].
Ecco dunque che quando non pare nell’interesse del minore l’affidamento a uno o all’altro genitore (ed escluso, ovviamente e in prima analisi, l’affido condiviso), si potrà disporre l’affidamento presso terzi: ciò non vuol dire, necessariamente, un allontanamento dai genitori naturali (il ruolo principale e più efficace dovrebbero continuare ad espletarlo i genitori, nel limite del possibile), ma la volontà di inserire il minore in una realtà dove possa fronteggiare con la più ampia serenità possibile le problematiche derivanti dalla crisi coniugale dei genitori.
Il collocamento dei figli presso una terza persona e, in estrema ipotesi, in un istituto di educazione costituisce tuttavia una misura di carattere eccezionale che può essere adottata solo allorquando entrambi i genitori abbiano dimostrato un’assoluta deficienza morale e una totale inidoneità educativa[12], quando non è al momento opportuno o proficuo per la serena evoluzione, la formazione della corretta personalità ed il loro armonico sviluppo psicofisico l’affidamento del ragazzo a uno o entrambi i genitori, quando nessuno dei due sia allo stato idoneo a realizzare compiutamente l’interesse morale e materiale del minore.
La prima soluzione sarà, ovviamente, l’affidamento a stretti parenti del minore, quali i nonni e gli zii, su richiesta delle parti che rifiutino l’affidamento della prole o quando si constati l’inidoneità di entrambi a svolgere validamente la funzione educativa[13]. Non è infatti raro che la scelta ricada sui parenti più stretti: si veda, tra gli altri precedenti, la scelta del Tribunale di Vigevano[14], che in sede presidenziale, ed a fronte di due coniugi che si accusavano vicendevolmente di gravi colpe, ha ravvisato gli estremi dei gravi motivi per cui affidare il figlio minore ai genitori del marito, riconoscendo l’ambiente dei nonni paterni più armonioso ai fini dell’assistenza del piccolo nipote.
Anche la soluzione del collocamento presso una terza persona, da preferirsi al ricovero in un istituto di educazione[15], sebbene si tratti di parenti o di persona con la quale il minore ha un rapporto significativo, deve comunque essere adottata in presenza di gravi motivi, come la comprovata inadeguatezza dei genitori di garantire una idonea educazione ai figli[16].
Solo se non sussistono possibilità di affidare il minore a una terza persona dovrà prendersi in considerazione l’affidamento presso un istituto di educazione, soluzione di carattere eccezionale[17], ad esempio per mancanza dei parenti, o per inidoneità anche di questi ultimi: il Giudice in tal caso potrà rivolgersi ai Servizi Sociali, “misura di carattere eccezionale, alla quale deve farsi luogo soltanto qualora ricorrano gravi motivi e non sia possibile affidarli a terzi, cioè quando vi è una vera e propria impossibilità materiale di addivenire a una diversa soluzione a favore dell’uno o dell’altro dei genitori, in quanto entrambi abbiano rivelato un’assoluta deficienza morale e totale inidoneità all’opera di cura e di educazione dei figli[18].
In tal caso verrà assegnata al Servizio Sociale la funzione di “inserirsi” nel rapporto tra il minore e i genitori, a cui si chiederà un atteggiamento collaborativo: un intervento non tanto sulla famiglia del minore, quanto a fianco della stessa, sempre nell’ottica di perseguire l’interesse morale e materiale del figlio[19].
La temporaneità dei provvedimenti riguardanti la prole farà sì che sarà sempre salva la verifica, in ogni momento, della modificazione della situazione, senza escludere una eventuale proroga del periodo di affido a terzi del minore[20].


[1] Sottoscritta a New York il 20/11/89 e ratificata dall’Italia con L. 27/05/99, n. 176.
[2] Sulla nozione di interesse del minore, cfr. Dogliotti, Giacalone, Sansa, I diritti del minore e la realtà dell’emarginazione, Bologna, 1977, 5; Bessone, La famiglia nella Costituzione, Bologna, 1977, 86; Giardina, La condizione giuridica del minore, Napoli, 1984, 5; AA.VV., Nell’esclusivo interesse del bambino: i figli contesi per la scissione della coppia, in Dir. Fam., 1982, 16; Dogliotti, Intervento pubblico e diritti del minore. Assistenza, giustizia, emarginazione, in L’autonomia del minore tra famiglia e società, a cura di De Cristofaro Belvedere, Milano, 1980, 137; Boccaccio, La Corte Costituzionale e l’interesse del minore: un’occasione mancata, in Giust. Civ., 1987, I, 2189.
[3] Così Longo, Coniugi separati in conflitto e affidamento del minore a terzi, in Fam. Dir., 2002, 179.
[4] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 19/04/02, n. 5714, in Fam. e Dir., 2002, 4, 415; Cass. Civ., Sez. I, 22/06/99, n. 6312, in Giur. It., 2000, 1395; Cass. Civ., Sez. I, 04/11/97, n. 10791, in Fam. e Dir., 1998, 2, 178.
[5] Così, ex multis, Tribunale di Genova, 29/10/87, in Giur. It., 1989, I, 2, 92; Corte di Appello di Milano, 30/03/01, in Fam. e Dir., 2002, 177.
[6] Cass. Civ., 08/05/03, n. 6870, in Fam. e Dir., 2003, 418. Così anche Longo, op. cit., 179.
[7] Così, ex multis, Tribunale di Genova, 29/10/87, op. cit.; Corte di Appello di Milano, 30/03/01, op. cit.; Cass. Civ., 08/05/03, n. 6870, op. cit..
[8] Così Boccaccio, Il giudice, il minore, il Servizio sociale: nuovi equilibri, nuove prospettive, in Giur. It., 1989, I, 2, 94. Per questa tesi, cfr. anche Dogliotti, L’interesse del minore nella separazione tra coniugi, in Dir. Fam., 1986, 226; Dogliotti, Separazione e Divorzio, Torino, 1988, 55; Boccaccio, L’interesse del minore nei rapporti personali, in Nuova Giur. Civ. Comm., 1988, 162.
[9] Cass. Civ., 08/05/03, n. 6870, op. cit..
[10] Cfr. Tribunale di Verona, 23/02/89, in Giur. Merito, 1990, I, 34.
[11] Cfr. Tribunale di Verona, 23/02/89, op. cit..
[12] Cass. Civ., 12/04/78, n. 1723, in Foro It. Rep., 1978, voce Separazione dei coniugi, n. 53; Cass. Civ., 10/06/76, n. 2129, op. cit.; Cass. Civ., 09/09/68, n. 2909, in Foro It. Rep., 1978, voce Separazione dei coniugi, n. 31.
[13] Così Boccaccio, op. cit., 92.
[14] Tribunale di Vigevano, 18/12/90, in Dir. Fam., 1992, 207.
[15] Così Cass. Civ., 10/06/76, n. 2129, op. cit.; Finocchiaro, Del matrimonio, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja Branca, Bologna, 1993, 401.
[16] Così Longo, op. cit., 179.
[17] Così Longo, op. cit. 179. In giurisprudenza, Cass. Civ., 12/04/78, n. 1723, op. cit.; Cass. Civ., 10/06/76, n. 2129, op. cit..
[18] Così A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano, 1984, I, 567. Nello stesso senso, cfr. Grassetti, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, Padova, 1977, I, 2, sub art. 155, c.c., 297.
[19] Così Boccaccio, op. cit., 100.
[20] Capita spesso, ad esempio, che la tensione tra i coniugi si affievolisca una volta pronunciata la separazione e cessata la convivenza. Così Longo, op. cit., 2002, 180.

Avv. Walter Giacardi

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento