L’accordo interconfederale 28 giugno 2011

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La contrattazione collettiva: rappresentatività e effettività

A fine giugno, dopo una lunga trattativa, è stato raggiunto un importante accordo interconfederale in materia di relazioni sindacali.

L’accordo riveste una notevole importanza, non solo per quanto riguarda le relazioni sindacali del nostro paese, ma anche incide fortemente nel campo economico.

Tale accordo dà un segnale forte che viene a riguardare persino i rapporti economici internazionali e dovrebbe incidere positivamente anche sui mercati rafforzando la posizione economica del nostro paese.

Grazie ad un encomiabile sforzo delle Confederazioni sindacali si è ricostituita una “unità sindacale” che si era persa da lungo tempo: si sono sedute allo stesso tavolo Confindustra e CGIL-CISL e UIL.

Come si ricorderà da non molto era stato ristrutturato l’intero sistema delle relazioni sindacali del nostro paese con due importanti accordi interconfederali, l’Accordo quadro-Riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 e l’Accordo interconfederale 15 aprile 2009 per l’attuazione dell’accordo quadro, accordi sottoscritti con Confindustria da due sole delle grandi Confederazioni sindacali, CISL e UIL, restando assente dall’intesa invece l’altra grande Confederazione, la CGIL.

Nell’intervallo temporale tra i due accordi c.d. separati e l’odierno accordo unitario si sono inserite le note vicende della FIAT, in  primis quella di Pomigliano e poi quella di Mirafiori, nonché il tormentato  rinnovo contrattuale del settore metalmeccanico; fatti e vicende questi che avevano mostrato il pieno scollamento del sistema, con gravi ripercussioni di carattere politico,economico e sociale.

Tutto ciò mentre il paese attraversava un periodo di grave crisi economica, crisi inserita, e non certo indifferente alla stessa, nella crisi generale in campo europeo.

Di qui, certamente, la grande importanza del presente accordo.

Passando quindi ai contenuti il giudizio deve farsi più articolato e più tecnico. Sotto questo aspetto l’accordo 28 giugno 2011 appare meno risolutivo, meno innovativo, meno chiaro e perspicuo di quanto avrebbe dovuto essere.

Ci limitiamo in questo breve scritto ad alcune preliminari osservazioni, riservandoci di approfondirle in successivo più articolato scritto.

Di per sé l’accordo interconfederale è strumento inadeguato se posto in relazione con il sistema costituzionale del nostro paese che prevede la libertà dell’organizzazione sindacale ( art. 39 Cost.,  “l’organizzazione sindacale è libera”) per cui regole privatistiche, come quelle poste in essere,hanno da valere solo per le parti contrattuali stipulanti né possono coprire una area più ampia per non dire di generale applicazione.Di più l’accordo urterebbe contro il disposto dell’art.14   l.300/1970 secondo il  quale “ Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attivita` sindacale, e` garantito a tutti i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro”

Il primo problema che si pone nell’accordo in oggetto è proprio quello che si vorrebbe risolvere. Ovverossia la sua esigibilità,applicabilità,estensione soggettiva.Tale accordo, infatti,salvo successive adesioni di  altre organizzazioni sindacali,secondo le norme del diritto comune ad esso applicabili,e quindi per il principio del mandato e della rappresentanza[ vedi artt. 1387 c.c. ,”il potere di rappresentanza è conferito dalla legge  ovvero dall’interessato”, 1388-1703-1704 c.c.], riguarda solo gli iscritti alle organizzazioni sindacali firmatarie ( salvo come sempre la sua recezione nelle lettere di assunzione o ,secondo l’esigibilità individuata dalla magistratura). Obbliga cioè le articolazioni delle Confederazioni ( Federazioni e strutture territoriali delle stesse), quindi anche FIOM.Non riguardainvece i non iscritti ad alcuna organizzazione sindacale e gli iscritti ad organizzazioni sindacali  non aderenti alle predette Confederazioni e/o all’accordo.

Nel preambolo infatti si dice  che < è comune l’obiettivo di favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettiva  di secondo livello per cui vi è la necessità[ prioritaria  ndr] di promuoverne l’effettività e di garantire una maggior certezza alle scelte operate d’intesa fra  aziende e rappresentanze sindacali dei lavoratori>; Obiettivo non del tutto raggiunto,come appresso si vedrà.

 I)  A livello nazionale l’accordo individua i requisiti da cui discende la <legittimità a negoziare>. ( che si noti bene non comporta,secondo giurisprudenza di legittimità e di merito consolidata,obbligo da parte del datore di lavoro di trattare).Comunque dopo innumerevoli anni di dibattito si sono stabiliti i criteri della < rappresentatività > delle organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria.Rappresentatività che dovrebbe  valere ( ma sarà così?)    anche ai fini dell’ applicazione delle tante normative che richiamano ai fini della stessa il requisito della maggiore rappresentatività o della comparativamente maggior rappresentatività..E’ considerata <rappresentativa >,si dice nell’accordo,   l’organizzazione sindacale  che,  in relazione al dato di rappresentatività, calcolato con i criteri di cui all’accordo medesimo < superi il 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro.>.

Tali criteri di rappresentatività, sempre secondo l’accordo in commento, risultano dalla sommatoria  delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori ,come certificate dall’INPS,e trasmesse al CNEL; dati associativi questi da <ponderare>( come ? con quale meccanismo?) con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni tre anni,anch’essi trasmessi al CNEL,questa volta, dalle Confederazioni.

II) Per quanto riguarda,invece, i contratti collettivi aziendali , viene stabilito preliminarmente  che

<la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge>. Il che può stare a significare il ritorno alla contrattazione collettiva articolata.Un sistema ordinato che prende il posto della contrattazione<libera>  che ha inciso gravemente sulla tenuta sotto controllo dei costi aziendali.Sul che, se è vero che ciò era già previsto dall’accordo del 15 aprile 2009,è altrettanto vero che solo con l’accordo all’esame viene accettato dalla CGIL.(1)

Circa la validità di tali accordi si afferma  che < i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza>   e < vincolano tutte le   associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederali operanti all’interno dell’azienda> a condizione che  < [siano]  approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti> ovvero <in caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati direttamente dall’azienda>( associazione comparativamente più rappresentativa).

Mentre, certamente possiamo convenire che gli accordi aziendali stipulati con le suddette modalità debbano vincolare, per il principio del mandato, le strutture sindacali riconducibili a CISL-UIL-CGIL – ,di converso ci domandiamo ,se  tali criteri introdotti da un  accordo interconfederale ,possano  assumere una valenza di  generale <erga omnes>  sufficientemente fondata.

Sempre connesso con il tema della  <effettività> degli accordi,altro elemento importante  tra i contenuti dell’accordo interconfederale all’esame, è rappresentato da quello per il quale i contratti aziendali che eventualmente- non obbligatoriamente ma, a parer nostro, con intento di favorirne l’inserimento – prevedano una clausola espressa di tregua sindacale ,anch’essa finalizzata,appunto, a <garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva>, <hanno effetto vincolante esclusivamente per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori ed associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda> e <non per i singoli lavoratori>.

Tale norma ci conferma le contraddizioni di tale accordo in quanto,da un lato, ,ove si assuma l’applicabilità degli accordi aziendali a tutto il personale in forza,come su detto,non si comprende poi perché mai la clausola esplicita di pace sindacale non debba riguardare il medesimo personale. Dall’altro lato, proprio per l’esclusione dalla sua osservanza dei singoli lavoratori[ il che ci richiama il dibattito degli anni ’60 e ’70 che  respingeva, considerandola nulla , tale clausola in quanto rappresentava la rinuncia ad un diritto irrinunciabile e garantito costituzionalmente ( art.40 Cost.) quale il diritto di sciopero,diritto individuale indisponibile sia dal titolare che dalle medesime organizzazioni sindacali ( Natoli)], si viene ad evitare ,in coerenza con la condivisione di tale orientamento dottrinale, la dichiarazione di nullità.

Comporta inoltre ,l’accordo del 28 giugno c.a., l’accettazione da parte della CGIL di alcune delle regole a suo tempo previsti dai predetti accordi interconfederali “separati” e che non avevano consentito,in quanto in allora  non condivise, la sottoscrizione degli stessi.

In particolare  il punto 7 prevede che  i contratti collettivi aziendali possano attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi. I contratti collettivi aziendali,in altri termini, possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro.Ove,poi,tali intese  non fossero previste ,ed in attesa  che i rinnovi  definiscano la materia nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’azienda,i contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente accordo interconfederale, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, potrebbero definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo.

Tale punto è in linea con i precedenti: punto 5. dell’Accordo interconfederale 15 aprile 2009,  Intese per il governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo  economico ed occupazionale del territorio e  Art 4 bis ccnl Metalmeccanici (CONFINDUSTRIA) –Accordo 29 settembre 2010 Sezione Terza-Sistema di regole contrattuali.Tuttavia sussistono,pur nella direzione comune indicata dalle predette intese,differenze importanti.

Per quanto riguarda le causali che consentono l’attivazione di simili strumenti derogatori e i soggetti attori degli stessi notiamo una scarsa coordinazione nelle varie intese .

Più specificatamente osserviamo quanto segue : (1) mentre l’accordo 28 giugno 2011 affida l’operazione ai <contratti collettivi aziendali > e quanto all’oggetto  parla di <aderire alle esigenze specifiche di contesti produttivi>, termine generico e flessibile e, in mancanza e in attesa di regolamentazione contrattuale parla del < fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa>,con tale ultimo inciso riferendosi unicamente alla singola  <impresa>;(2) nell’accordo interconfederale 15 aprile 2009 mentre si affida l’operazione alla< sede territoriale, fra le Associazioni industriali territoriali e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti> e quanto all’oggetto  parla del < fine di governare direttamente nel territorio situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’area> con una visione più ampia;(3) ed infine nel contratto dei metalmeccanici premesso che < tali intese sono definite a livello aziendale>, quanto all’oggetto si parla  di< fine di favorire lo sviluppo economico ed occupazionale mediante la creazione di condizioni utili a nuovi investimenti o all’avvio di nuove iniziative ovvero per contenere gli effetti economici e occupazionali derivanti da situazioni di crisi aziendale> .

 

Quindi il punto 8 prevede che le parti con il presente accordo intendono dare ulteriore sostegno allo sviluppo della contrattazione collettiva aziendale per cui confermano la necessità che il Governo decida di incrementare, rendere strutturali, certe e facilmente accessibili tutte le misure – che già hanno dimostrato reale efficacia – volte ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega aumenti di retribuzione al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività nonché ai risultati legati all’andamento economico delle imprese, concordati fra le parti in sede aziendale.

In allegato all’accordo si legge una Intesa CGIL-CISL-UIL su accordi sindacali con valenza generale che contiene procedure da seguirsi per accordi interconfederali e accordi di categoria.Tali procedure prevedono ,nel primo caso, un forte coinvolgimento degli organismi direttivi interessati e anche dei lavoratori e dei pensionati e, nel secondo caso,  la definizione,da parte delle Federazioni, di specifici regolamenti sulle procedure per i   rinnovi contrattuali ,con il coinvolgimento sia degli iscritti che  di tutti i lavoratori e le lavoratrici. In particolare ,in quest’ultimo caso il coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici solo <in caso di rilevanti divergenze interne alle delegazioni trattanti>

Infine l’Intesa prevede che < le categorie definiranno…regole e criteri per le elezioni delle RSU e per la consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici per gli accordi di II livello>.

Tale  Intesa intersindacale può avere rilevanza nel c.d. Ordinamento sindacale ( v. Giugni) ma nulla potrà valere circa l’effettività o esigibilità degli accordi  nell’Ordinamento statuale

NOTE

(1) Ricordiamo la tormentata vicenda della contrattazione articolata nell’ordinamento del nostro paese , che prende le mosse, come noto, dal Protocollo Intersind del 1962 che affermava il principio fondante della stessa :< la possibilità di una maggiore articolazione della contrattazione collettiva per settori e a livello aziendale, che attui concretamente principi affermati ai livelli superiori, oltre a consentire una migliore aderenza delle norme contrattuali alle particolari caratteristiche settoriali ed aziendali soddisfa l’esigenza, per le aziende, di poter programmare sulla base di elementi predeterminati, per un adeguato lasso di tempo, la propria attività produttiva> e,quindi ,in particolare per la contrattazione aziendale si afferma che <la contrattazione sul piano aziendale verrà svolta solo per le materie per le quali la negoziazione a livello nazionale avrà previsto una possibilità di regolamentazione e secondo le procedure specificatamente indicate>. Ne seguì ,nel contrasto delle parti,la ripetizione tralaticia della c.d. <premessa>.Tale concessione padronale ebbe  peraltro, come corrispettivo da parte delle OO.SS. l’accollo di una clausola di tregua sindacale ,che ebbe scarsa applicazione e lasciò presto il posto per molti decenni a una contrattazione  c.d. <permanente>.Vedi  ns  Una nuova stagione dei premi variabili in LPO n8/9-2009 ::<ma,negli anni ’70 e ‘80 la contrattazione articolata non funzionò ed era subentrata la c.d. contrattazione permanente,il cui termine la dice lunga sul clima di conflittualità che era emerso . Prese,infatti, il  posto della contrattazione articolata un sistema consistente in una <struttura a più livelli (nazionale,aziendale,a volte per aziende integrate in un gruppo),non coordinati tra loro,con piena libertà..di scelta di rivendicazioni,anche se già negoziate in altra sede (v.Giugni Il Sindacato fra contratti e riforme, De Donato 1973)>.

Avv. Viceconte Massimo

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