L’accertamento dell’interesse dell’istante all’esibizione degli atti va effettuato con riferimento alle finalità che egli dichiara di perseguire, nel caso, ampiamente illustrate dall’originaria ricorrente sotto molteplici aspetti, coinvolgenti l’interesse

Lazzini Sonia 21/01/10
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L’attività di vigilanza e controllo e, con riferimento al caso in esame, la stessa fase presupposta di rilascio della concessione, vanno svolte nel rispetto delle esigenze di imparzialità e buon andamento, sicchè “l’impresa che svolge la sua attività in regime di concorrenza ha titolo a conoscere gli atti” determinativi dell’assetto del mercato sotto il profilo sia autorizzativo in senso ampio, sia conformativo, cioè a seguito dell’attivazione di poteri di controllo sull’esercizio delle imprese in concorrenza tra loro;

l’accesso in tale direzione corrisponde alla finalità ordinamentale di tutelare non solo “l’interesse dell’impresa alla conoscenza di circostanze da portare all’esame del giudice eventualmente adito”, ma anche quello, pubblicistico, allo svolgimento di corrette ed imparziali attività sia di vigilanza e controllo sia, prima ancora, concessoria, correttezza “maggiormente stimolata quando il comportamento di chi le effettua è valutabile, anche a posteriori, sulla base dei principi della trasparenza e del buon andamento”, senza che tale confluenza tra interesse privato e sua rilevanza pubblicistica integri in alcun modo una indiscriminata forma di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione.

 

Con la sentenza in epigrafe il Tar della Campania ha accolto in parte, limitatamente alle concessioni ed autorizzazioni rilasciate dal Ministero delle comunicazioni in favore alle emittenti indicate nell’istanza di accesso, l’azione di accesso proposta dall’attuale appellata relativamente alle predette autorizzazioni e concessioni, nonché (“petitum” disatteso) in ordine ai provvedimenti di autorizzazione e concessione di frequenze speciali S utilizzate dalle stesse emittenti e provvedimenti inibitori eo sanzionatori adottati dal Ministero in relazione all’utilizzo illegittimo delle stesse tipologie di frequenze.

Riteneva il Tar che in un sistema televisivo necessariamente basato su atti di autorizzazione o di concessione per il limitato numero di frequenze utilizzabili, l’utente finale deve poter essere certo che l’emittente sia stata preventivamente autorizzata alle trasmissioni e tale certezza non può che essere conseguita attraverso la richiesta degli atti di concessione. Parte ricorrente era più di un utente finale onde aveva diritto ad avere l’accesso agli atti sopra specificati.

Appella l’Amministrazione deducendo che l’affermazione del diritto di accesso in capo a qualsiasi utente finale del servizio televisivo implica un pericoloso aggravamento di costi organizzativi per la p.a., assoggettandola ad una sorta di azione popolare, volta ad un controllo generalizzato sul suo operato. Non si possono equiparare, come ha fatto il Tar, gli effetti del rilascio delle licenze commerciali e quelli delle concessioni radiotelevisive. Non essendoci una collocazione esclusiva dell’utente nel fruire le trasmissioni di una determinata emittente, non sarebbe possibile valutare la sua posizione dal punto di vista degli interessi che legittimano l’accesso. L’interesse dell’utente finale non è quello di sapere se un segnale proviene da un concessionario, ma solo quello della qualità tecnica e di contenuti del programma televisivo.

L’appellante poi contesta che nel sistema pubblicistico-privatistico televisivo, in cui le frequenze concesse sono di proprietà dello Stato, si possa configurare il parallelismo con la situazione dell’utente di un pubblico esercizio soggetto a licenza, in cui si vendono beni privati su iniziativa privata. Dunque l’esercizio radiotelevisivo è controllato sotto ogni forma, di poteri decisionali e di controllo, dallo Stato, per cui non è giustificabile che un privato possa sostituirsi ad esso, assumendo il ruolo di controllore e regolatore. Ciò tanto più nel caso, in cui il Tar ha ignorato la condizione di gestore della ricorrente, equiparandola ad un utente finale; la stessa non può essere utente di se stessa e sindacare l’attività delle altre concorrenti.

Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?

 

Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dall’originaria ricorrente qui appellata perché l’appello è infondato nel merito.

Con esso si contesta, per i motivi esposti, la sussistenza del diritto di accesso di un’emittente televisiva, – assoggettata a procedimento di controllo con conseguente avvio di misure di inibizione e sanzione a seguito del rilievo dell’esercizio abusivo di determinate frequenze-, a conoscere le parallele concessioni di frequenze rilasciate ad un gruppo di imprese radiotelevisive operanti nel medesimo ambito regionale.

 La questione, che si caratterizza per la connessione tra “diritto” di accesso e posizione legittimante costituita dalla situazione giuridicamente qualificata di impresa in regime di concorrenza in un determinato settore di mercato, è stata già decisa da questo Consiglio con decisione n.6 del 1999 dell’Adunanza Plenaria, pronunciata su fattispecie analoga.

In tale occasione, si è affermata la legittimazione all’accesso, riguardante l’insieme dei documenti afferenti alle attività di vigilanza e controllo poste in essere dall’autorità competente, in capo all’impresa in regime di concorrenza nell’ambito di un mercato rilevante, sulle cui condizioni competitive incidano direttamente sia poteri di controllo e di vigilanza, sia, come anche nel caso, l’adozione di conseguenti misure sanzionatorie a carico dei vari operatori in concorrenza.

Quanto affermato dall’A.P., come è evidente, si applica, a maggior ragione, al caso in esame, dove l’accesso è stato consentito, dalla sentenza di primo grado, limitatamente agli atti autorizzativiconcessori che costituiscono il presupposto giuridico e fattuale dell’esercizio radiotelevisivo e del conseguente controllo, anche in funzione sanzionatoria, svolto dall’Autorità pubblica.

Tali atti, infatti, costituiscono una fonte conoscitiva prodromica ed indiretta rispetto alla, pur legittima, aspirazione all’accesso alla documentazione inerente al controllo effettuato, di cui debba in proiezione contestarsi la non imparziale e trasparente effettuazione, “senza favoritismi”, come si esprime l’A.P., tali cioè che potrebbero alterare il gioco concorrenziale all’interno del mercato considerato.

Quanto affermato dall’A.P., dunque, avrebbe consentito anche il più ampio spazio di accesso effettivamente instato dall’appellata, quello cioè esteso altresì agli atti inibitori e sanzionatori, in funzione di accertamenti eventualmente svolti nei confronti delle imprese indicate come concorrenti, e tuttavia la statuizione di rigetto in primo grado su tale punto non è stata oggetto di impugnazione incidentale..

 

 

A cura di *************

 

 

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7671 del 7 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato

 

N. 07671/2009 REG.DEC.

N. 05687/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5687 del 2009, proposto da:
Ministero delle Comunicazioni, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Controinteressata S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. **************, *******************, ******************, con domicilio eletto presso ************** in Roma, *******************, 6;

nei confronti di

***

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n.1916/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO ACCESSO AGLI ATTI.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Controinteressata S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2009 il consigliere ************************ e uditi per le parti gli avvocati l’avv.to V. Scaringia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tar della Campania ha accolto in parte, limitatamente alle concessioni ed autorizzazioni rilasciate dal Ministero delle comunicazioni in favore alle emittenti indicate nell’istanza di accesso, l’azione di accesso proposta dall’attuale appellata relativamente alle predette autorizzazioni e concessioni, nonché (“petitum” disatteso) in ordine ai provvedimenti di autorizzazione e concessione di frequenze speciali S utilizzate dalle stesse emittenti e provvedimenti inibitori eo sanzionatori adottati dal Ministero in relazione all’utilizzo illegittimo delle stesse tipologie di frequenze.

Riteneva il Tar che in un sistema televisivo necessariamente basato su atti di autorizzazione o di concessione per il limitato numero di frequenze utilizzabili, l’utente finale deve poter essere certo che l’emittente sia stata preventivamente autorizzata alle trasmissioni e tale certezza non può che essere conseguita attraverso la richiesta degli atti di concessione. Parte ricorrente era più di un utente finale onde aveva diritto ad avere l’accesso agli atti sopra specificati.

2. Appella l’Amministrazione deducendo che l’affermazione del diritto di accesso in capo a qualsiasi utente finale del servizio televisivo implica un pericoloso aggravamento di costi organizzativi per la p.a., assoggettandola ad una sorta di azione popolare, volta ad un controllo generalizzato sul suo operato. Non si possono equiparare, come ha fatto il Tar, gli effetti del rilascio delle licenze commerciali e quelli delle concessioni radiotelevisive. Non essendoci una collocazione esclusiva dell’utente nel fruire le trasmissioni di una determinata emittente, non sarebbe possibile valutare la sua posizione dal punto di vista degli interessi che legittimano l’accesso. L’interesse dell’utente finale non è quello di sapere se un segnale proviene da un concessionario, ma solo quello della qualità tecnica e di contenuti del programma televisivo.

L’appellante poi contesta che nel sistema pubblicistico-privatistico televisivo, in cui le frequenze concesse sono di proprietà dello Stato, si possa configurare il parallelismo con la situazione dell’utente di un pubblico esercizio soggetto a licenza, in cui si vendono beni privati su iniziativa privata. Dunque l’esercizio radiotelevisivo è controllato sotto ogni forma, di poteri decisionali e di controllo, dallo Stato, per cui non è giustificabile che un privato possa sostituirsi ad esso, assumendo il ruolo di controllore e regolatore. Ciò tanto più nel caso, in cui il Tar ha ignorato la condizione di gestore della ricorrente, equiparandola ad un utente finale; la stessa non può essere utente di se stessa e sindacare l’attività delle altre concorrenti.

3. Si è costituita l’originaria ricorrente deducendo l’inammissibilità dell’appello per indeterminatezza delle censure svolte rispetto all’effettivo contenuto della sentenza di primo grado, la sua improcedibilità per intervenuta acquiescenza e la sua infondatezza nel merito, anche alla luce delle complessive censure proposte in primo grado e in parte assorbite.

4. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dall’originaria ricorrente qui appellata perché l’appello è infondato nel merito.

Con esso si contesta, per i motivi esposti, la sussistenza del diritto di accesso di un’emittente televisiva, – assoggettata a procedimento di controllo con conseguente avvio di misure di inibizione e sanzione a seguito del rilievo dell’esercizio abusivo di determinate frequenze-, a conoscere le parallele concessioni di frequenze rilasciate ad un gruppo di imprese radiotelevisive operanti nel medesimo ambito regionale.

5. La questione, che si caratterizza per la connessione tra “diritto” di accesso e posizione legittimante costituita dalla situazione giuridicamente qualificata di impresa in regime di concorrenza in un determinato settore di mercato, è stata già decisa da questo Consiglio con decisione n.6 del 1999 dell’Adunanza Plenaria, pronunciata su fattispecie analoga.

In tale occasione, si è affermata la legittimazione all’accesso, riguardante l’insieme dei documenti afferenti alle attività di vigilanza e controllo poste in essere dall’autorità competente, in capo all’impresa in regime di concorrenza nell’ambito di un mercato rilevante, sulle cui condizioni competitive incidano direttamente sia poteri di controllo e di vigilanza, sia, come anche nel caso, l’adozione di conseguenti misure sanzionatorie a carico dei vari operatori in concorrenza.

Quanto affermato dall’A.P., come è evidente, si applica, a maggior ragione, al caso in esame, dove l’accesso è stato consentito, dalla sentenza di primo grado, limitatamente agli atti autorizzativiconcessori che costituiscono il presupposto giuridico e fattuale dell’esercizio radiotelevisivo e del conseguente controllo, anche in funzione sanzionatoria, svolto dall’Autorità pubblica.

Tali atti, infatti, costituiscono una fonte conoscitiva prodromica ed indiretta rispetto alla, pur legittima, aspirazione all’accesso alla documentazione inerente al controllo effettuato, di cui debba in proiezione contestarsi la non imparziale e trasparente effettuazione, “senza favoritismi”, come si esprime l’A.P., tali cioè che potrebbero alterare il gioco concorrenziale all’interno del mercato considerato.

Quanto affermato dall’A.P., dunque, avrebbe consentito anche il più ampio spazio di accesso effettivamente instato dall’appellata, quello cioè esteso altresì agli atti inibitori e sanzionatori, in funzione di accertamenti eventualmente svolti nei confronti delle imprese indicate come concorrenti, e tuttavia la statuizione di rigetto in primo grado su tale punto non è stata oggetto di impugnazione incidentale.

6. Con riguardo alle censure appellatorie, incentrate sulla riferita contestazione della qualità di utente finale del servizio come idonea di per sé a legittimare l’accesso ed a proiettarsi sulla posizione dell’emittente in regime di concorrenza nel relativo mercato, esse risultano superate ed assorbite da quanto ritraibile in base al “decisum” della richiamata decisione dell’A.P., i cui punti rilevanti sulla presente controversia possono essere così precisati:

a) l’accertamento dell’interesse dell’istante all’esibizione degli atti va effettuato con riferimento alle finalità che egli dichiara di perseguire, nel caso, ampiamente illustrate dall’originaria ricorrente sotto molteplici aspetti, coinvolgenti l’interesse concorrenziale connesso a prospettabili profili di eccesso di potere nell’esercizio dei poteri di controllo ovvero, comunque, all’integrabilità di ipotesi di concorrenza sleale, e ciò fin dal ricorso introduttivo e dall’istanza di accesso; non si può dunque, nell’esaminare l’ammissibilità dell’accesso, operare alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta al giudice (anche penale) chiamato a decidere;

b) l’attività di vigilanza e controllo e, con riferimento al caso in esame, la stessa fase presupposta di rilascio della concessione, vanno svolte nel rispetto delle esigenze di imparzialità e buon andamento, sicchè “l’impresa che svolge la sua attività in regime di concorrenza ha titolo a conoscere gli atti” determinativi dell’assetto del mercato sotto il profilo sia autorizzativo in senso ampio, sia conformativo, cioè a seguito dell’attivazione di poteri di controllo sull’esercizio delle imprese in concorrenza tra loro;

c) l’accesso in tale direzione corrisponde alla finalità ordinamentale di tutelare non solo “l’interesse dell’impresa alla conoscenza di circostanze da portare all’esame del giudice eventualmente adito”, ma anche quello, pubblicistico, allo svolgimento di corrette ed imparziali attività sia di vigilanza e controllo sia, prima ancora, concessoria, correttezza “maggiormente stimolata quando il comportamento di chi le effettua è valutabile, anche a posteriori, sulla base dei principi della trasparenza e del buon andamento”, senza che tale confluenza tra interesse privato e sua rilevanza pubblicistica integri in alcun modo una indiscriminata forma di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione.

7. Alla reiezione dell’appello segue la condanna nelle spese liquidate come in dispositivo, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunziando, respinge l’appello, confermando per l’effetto la sentenza appellata.

Condanna l’Amministrazione appellante alla rifusione delle spese del presente grado di appello, liquidandole in Euro 3000,00, di cui 2500,00 per diritti ed onorari, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:

***************, Presidente

************************, ***********, Estensore

***************, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Bruno **************, Consigliere

 

L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/12/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Lazzini Sonia

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