Investimento di un pedone e responsabilità del conducente.

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L’osservanza delle norme precauzionali scritte fa venir meno la responsabilità colposa solo quando esse siano esaustive delle regole prudenziali realisticamente esigibili rispetto a quella specifica attività o situazione pericolosa. Può invece residuare una colpa generica quando tali norme non siano esaustive delle regole precauzionali adottabili e, perciò, l’agente debba rispettare anche regole cautelari non scritte.

Questo è quanto ha deciso la Corte di cassazione penale, Sez. IV, con sentenza del 31/03/2014, n. 14776.

Il fatto.

Il sig. S. alla guida del proprio veicolo, nel sorpassare un autobus che era appena ripartito dopo una fermata per servizio viaggiatori, investì il sig.C. D. causandone la morte. Dalla ricostruzione dei fatti emerge che quest’ultimo aveva attraversato velocemente la strada passando davanti all’autobus – per altro, fermatosi in modo irregolare – senza guardare ed in una zona priva di attraversamenti pedonali.

Il codice penale ed il codice della strada.

L’articolo 589 c.p. disciplina l’ omicidio colposo, che si ha quando un soggetto determina per sua colpa la morte (l’evento) di un’altra persona. Tra la condotta e l’evento-morte deve esserci un nesso di causalità di carattere colposo, nel senso che la morte deve essere stata cagionata dalla violazione di una norma cautelare.

È un reato di evento a forma libera. L’ evento in quanto elemento costitutivo della fattispecie è un evento naturalistico. A forma libera perché l’art. 589 c.p. non richiede particolari modalità con cui porre in essere la condotta causativa, essendo dunque rilevante qualsiasi condotta.

L’art. 141 c.d.s. richiede un’estrema prudenza da parte del conducente. Basti pensare che al comma 1 dispone che la guida del veicolo deve avvenire in modo da poter essere in grado di evitare ogni pericolo così da salvaguardare persone e cose. A tal fine il conducente deve regolare la velocità tenendo conto di tutte le circostanze nelle quali avviene la giuda. La norma dispone poi in modo generico che il conducente deve evitare anche “ogni disordine alla circolazione”. Con l’espressione “regolare la velocità” (diverso da “riduzione della velocità”), di cui allo stesso comma 1, verosimilmente il legislatore non ha voluto stabilire che i pericoli possano essere evitati soltanto con una riduzione della velocità, dal momento che in certe circostanze potrebbe essere più opportuno allontanarsi il più velocemente possibile da una zona di potenziale pericolo, come ad esempio per il sopraggiungere di un altro veicolo. Il successivo comma 6 dispone che la velocità non deve essere talmente ridotta da costituire intralcio alla circolazione. Il comma 2 della stessa norma richiede al conducente la permanente capacità di controllare il veicolo con lo scopo di riuscire ad evitare qualunque ostacolo prevedibile.

A tale riguardo in un’altra occasione la Corte di cassazione penale, Sez. IV, con sentenza del 05.10.2011 n°36067, ha statuito che per potersi configurare la colpa in capo all’autore del fatto bisogna che l’evento dannoso possa essere previsto “ex ante”, dato che è in quel momento che l’agente può prevedere in anticipo lo sviluppo causale così da poter essere in condizione di evitarlo. In quella stessa circostanza la Corte ha poi precisato che bisogna valutare se il c.d. “comportamento alternativo lecito” sia in grado di evitare con certezza il danno o anche solo di fornire “apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno”. Dalla stessa decisione si ricava che non si richiedono particolari doti di previsione degli eventi, dal momento che è necessario che l’imminenza del grave pericolo sia percepibile in modo semplice e chiaro così che per evitare il danno sia sufficiente porre in essere anche solo una minima diligenza.

Con una successiva pronuncia la stessa Corte ha stabilito che la violazione di norme sulla circolazione stradale è un’aggravante dell’omicidio colposo (Corte di cassazione, Sez. IV, sentenza 30.11.2012 n° 46441) in presenza del quale il conducente del veicolo investitore è esente da responsabilità quando il comportamento della vittima è stato posto in essere con caratteristiche del tutto eccezionali ed anomale così da risultare esso di per sé solo in grado di causare l’evento. Ciò si verifica quando il conducente, per motivi non legati ai suoi obblighi di diligenza, si trova nella oggettiva impossibilità di notare tempestivamente il comportamento della vittima, che viene posto in essere in modo rapido, inatteso, e quindi imprevedibile (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 31.07.2013 n° 33207).

Ai sensi dell’art. 190 comma 2 c.d.s. i pedoni hanno l’obbligo di utilizzare le strisce pedonali che si trovino entro cento metri dal punto di attraversamento della carreggiata. Di conseguenza, e’ ammesso l’attraversamento fuori dalle strisce o quando esse si trovino ad una distanza maggiore o manchino proprio. La stessa norma dispone che quando l’attraversamento avviene fuori dalle strisce, alle condizioni sopra precisate, i pedoni hanno l’obbligo di dare la precedenza ai conducenti.

Il giudizio.

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza emessa dal tribunale di Roma, condannò il conducente dell’autoveicolo a nove mesi di reclusione per violazione dell’articolo 589 c.p. dal momento che sussiste a suo carico la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 141 c.d.s. e dunque delle regole di diligenza, prudenza e perizia richieste da tale norma.

Il Sig. S., con il responsabile civile (l’assicurazione), proposero ricorso per cassazione sostenendo la carenza di motivazione circa il nesso di causalità tra la condotta e l’evento.

La Corte di cassazione ritiene infondate le censure mosse nei confronti della sentenza della Corte territoriale, perché il conducente investitore avrebbe comunque dovuto prevedere l’attraversamento di qualcuno che passasse finanche davanti all’autobus e fuori dalle strisce pedonali. Anzi, sono proprio le circostanze fattuali del momento, con specifico riguardo alla presenza dell’autobus, che il conducente deve tenere conto al fine di adottare le cautele adeguate, come un’appropriata riduzione di velocità fin quasi a fermare il veicolo e prevedere le potenziali altrui irregolarità.

Per la Corte di cassazione, al fine di risultare esenti da responsabilità, non è sufficiente rispettare soltanto le norme del c.d.s. (il che naturalmente è comunque necessario) in quanto il conducente deve altresì rispettare delle “regole cautelari non scritte” quando i pericoli – anche solo potenziali – non possono essere evitati con il rispetto delle sole norme scritte e perfino quando la vittima pone in essere comportamenti errati.

In buona sostanza, se le norme scritte sono sufficienti ad evitare il danno, il conducente sarà esente da colpa se le ha rispettate. Se invece il rispetto di esse non è sufficiente, si dovranno rispettare anche delle regole di prudenza non scritte le quali, a loro volta, dipenderanno dalle circostanze concrete. Il conducente di un veicolo deve ispezionare continuamente la strada, tenere sempre sotto controllo il veicolo, e gestire tutte quelle situazioni di pericolo che la comune esperienza consente di prevedere. Tale cautela si spinge fino a presumere che una persona possa attraversare la strada in modo avventato ed imprudente, con la conseguenza che dovrà adottare una vigilanza tale da poter evitare l’impatto anche con quei pedoni che non abbiano rispettato le norme del codice della strada.

Ciò porta a concludere che il “neminem laedere”, cui sono comunque soggetti gli utenti della strada, deve essere rispettato a prescindere dall’osservanza delle leggi. Così, se nonostante il rispetto delle disposizioni di legge il suddetto principio viene ugualmente violato, si versa in uno stato di responsabilità colposa per imprudenza che può giungere ad una responsabilità penale se si verifica la morte o la lesione della vittima.

L’impossibilità di tenere sotto controllo ogni tipo di movimento dei pedoni si può giustificare solo allorquando il conducente stesso ne sia stato oggettivamente impedito, così da poter configurare esclusivamente in capo alla vittima le eventuali lesioni o la morte conseguenti all’investimento.

Si tratta dunque di regole di cautela molto stringenti in quanto il comportamento richiesto dal conducente di un veicolo è quello di prevedere ed evitare l’impatto anche con quegli utenti che invece non abbiano posto in essere comportamenti prudenti.

Con la sentenza in rassegna la Corte anticipa la prevedibilità dell’evento al momento in cui l’automobilista ha notato l’autobus ripartire dopo la fermata. È da questo momento che il conducente dell’auto avrebbe dovuto incrementare la cautela durante la guida. I giudici di legittimità escludono l’esistenza del caso fortuito cioè di “quell’avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto”.

Pugliese Marcello

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