Inconferibilità di incarichi, la “prova” di poteri gestionali non presuppone una delega espressa

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Il Sindaco del Comune con una popolazione superiore a 15 mila abitanti non può essere nel contempo Presidente di un Consorzio avente natura di ente pubblico economico, in quanto la concomitanza delle due cariche viola il divieto previsto dall’articolo 7, comma 2, lettera c) del dlgs 39/2013, secondo cui “a coloro che nell’anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una Provincia, di un Comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico (…) non possono essere conferiti (…) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale”.

L’analisi svolta nella delibera n. 453/2018, con cui l’Anac accerta un’ipotesi di inconferibilità nelle circostanze sopra descritte, offre spunti di notevole interesse, sia per quanto riguarda la sfera di applicazione delle regole in tema di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi, sia per quanto riguarda la nozione di “delega gestionale”, quale presupposto normativo che fa scattare il divieto di ricoprire la carica.

La sfera di applicazione del decreto 39/2013

Con riferimento al primo aspetto l’Autorità anticorruzione, che nel caso de quo interviene con l’esercizio di poteri ispettivi a seguito di un esposto, accerta che un Consorzio, a suo tempo costituito per l’infrastrutturazione e la gestione di aree produttive di rilevo regionale, ha natura di ente pubblico economico e, come tale, risulta soggetto alle regole del decreto 39/2013.

A sostegno di tale assunto il provvedimento osserva che, per la natura delle funzioni svolte, “gli enti pubblici economici sono esposti ai medesimi rischi che il legislatore ha voluto prevenire per le pubbliche amministrazioni, per le società, e gli altri enti di diritto privato controllati o partecipati”.

Questa tesi è stata sostenuta anche dal Consiglio di Stato, Sez. V, che con la recente sentenza n. 126/2018 ha rilevato come l’articolo 1, comma 50, lettera d), n. 3) della legge 190/2012 ha cura di precisare che il legislatore delegato è tenuto a ricomprendere nell’ambito degli incarichi oggetto della disciplina anche “gli incarichi di amministratore di ente pubblico e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico”, senza distinguere tra enti pubblici economici ed enti pubblici non economici.

L’Autorità rafforza l’argomentazione rilevando che la ratio della legge 190/2012 e dei decreti attuativi è proprio quella “di estendere le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti di programmazione, a soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni pubbliche, si avvalgono di risorse pubbliche, svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse”.

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La natura delle funzioni connesse all’incarico

Messa in chiaro l’applicabilità del dlgs 39/2013 agli amministratori degli enti pubblici economici, l’ulteriore aspetto da vagliare riguarda la carica del Presidente del Consorzio che, secondo il responsabile anticorruzione dell’ente, svolgerebbe funzioni di mera rappresentanza istituzionale senza l’esercizio di poteri gestionali.

La questione è molto rilevante, perché detti poteri concorrono a delineare la figura stessa dell’amministratore pubblico, tant’è che ai sensi del dlgs 39/2013 devono intendersi per “incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico” gli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico ( v. articolo 1, comma 2, lett. l) del decreto).

Anche in questo caso la verifica conduce a un esito positivo, sulla base non già dell’esercizio delle funzioni di fatto, bensì in ragione delle attribuzioni che lo statuto del Consorzio assegna al Presidente del Cda, che è organo collegiale titolare della gestione ordinaria e straordinaria dell’ente.

Su questo punto si sottolinea il rigore interpretativo dell’Anac, testimoniato dal passaggio della delibera ove si afferma, con specifico riguardo alla figura del Presidente, che “tra i suoi compiti rientra anche la vigilanza sul buon andamento delle attività consortili, che ben può condurre all’adozione di atti di gestione”.

Non occorre dunque una delega gestionale espressa per connotare la natura giuridica dell’incarico, bastando il semplice potere di vigilanza per desumere la sussistenza di poteri gestionali effettivi o presunti.

L’ultimo aspetto considerato dall’Autorità riguarda la portata della legge regionale che, nel disciplinare il funzionamento del Consorzio in esame, prevede che l’assegnazione della maggioranza dei seggi nell’ambito del Consiglio di amministrazione a “rappresentanti” degli enti territoriali consorziati, in apparente contrasto con le disposizioni ostative dell’articolo 7, comma 2, lettera c) del d.lgs. n. 39/2013.

Sul punto:”Le Autorità Indipendenti”

Le conclusioni dell’Autorità

L’osservazione non smuove l’Anac dalla posizione assunta, tant’è che nella delibera si osserva che “la locuzione di “rappresentanti” non pare debba essere riferita in modo esclusivo a soggetti che ricoprano un mandato elettivo, come i componenti della Giunta e del Consiglio comunale, cui il citato articolo 7 preclude di assumere”, ma, di contro, “la norma regionale sembra semplicemente indicare dei soggetti che possano in qualche modo rappresentare l’ente territoriale consorziato” (per esempio sul piano tecnico da dirigenti o funzionari dell’ente).

In ogni caso, aggiunge l’Autorità, qualora vi fosse un contrasto tra una normativa regionale e il dlgs 39/2013, quest’ultimo prevale sulle altre fonti giuridiche, come espressamente sancito dall’articolo 22 del decreto stesso.

In conclusione, la delibera in esame conferma i poteri “forti” dell’Anac nell’esercizio delle funzioni ispettive e di vigilanza, con l’effetto che la prudenza è d’obbligo nel sistema delle nomine a presidio del governo locale, non fosse altro per evitare le problematiche conseguenti alla nullità dell’atto di conferimento dell’incarico, in rapporto all’attività svolta dall’amministratore nominato senza i requisiti prescritti.

Dott. Nico Michele

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