In cosa consiste l’aggravante del metodo mafioso

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 416-bis.1.)

Corte di Cassazione -sez. I pen.- sentenza n. 9181 del 16-12-2022

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Indice

1. La questione


Il Tribunale di Catanzaro, quale giudice del riesame, respingeva una richiesta proposta dall’indagato avverso una ordinanza con cui il Giudice, per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere per un episodio di incendio aggravato per essere stato commesso con metodo mafioso.
Ciò posto, in relazione al provvedimento summenzionato, la difesa proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, era dedotta la violazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen. perché, ad avviso del legale, il Tribunale aveva ritenuto sussistente l’aggravante mafiosa, sul rilievo del carattere eclatante del fatto e della reticenza della persona offesa, ma il primo dato non poteva integrare l’aggravante mentre il secondo era insussistente, rilevandosi al contempo come il fatto in questione non fosse finalizzato al compimento di ulteriori condotte criminose.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato in quanto – una volta fatto presente che tale aggravante èintegrata nel caso in cui il delitto sia stato commesso “avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis “cod. pen. e, dunque, avvalendosi “della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva” – si prendeva atto come la giurisprudenza abbia ritenuto sussistente la menzionata circostanza aggravante quando l’agente, non importa se partecipe o meno a sodalizio mafioso, commetta un delitto con metodo mafioso, attuando, cioè, una condotta idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica – vuoi nei confronti di soggetti determinati vuoi verso una collettività – evocando la sussistenza e presenza di una associazione di stampo mafioso, venendo dunque in rilievo la condotta criminosa che, per le modalità che la distinguono, sia già di per sè tale da evocare l’esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della valenza criminale del reato commesso, fermo restando che tale elemento accidentale, invece, non richiede un nesso teleologico con la realizzazione del programma criminoso del sodalizio, come invece nella fattispecie, sempre prevista dalla medesima disposizione, dell’agevolazione mafiosa.
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini consideravano come i giudici del merito cautelare avessero dato una corretta applicazione ai ricordati principi, avendo rilevato che la modalità prescelta per attuare l’intento ritorsivo degli agenti era funzionale a realizzare l’intimidazione che proviene dalla percezione che il reato sia stato voluto da una entità associativa mafiosa.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito in cosa consiste l’aggravante del metodo mafioso.
Difatti, fermo restando che, come è noto, l’art. 416-bis.1., co. 1, cod. pen. stabilisce che, per “i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà”, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che è sussistente questa circostanza aggravante quando l’agente, non importa se partecipe o meno a sodalizio mafioso, commetta un delitto con metodo mafioso, attuando, cioè, una condotta idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica – vuoi nei confronti di soggetti determinati vuoi verso una collettività – evocando la sussistenza e presenza di una associazione di stampo mafioso, venendo dunque in rilievo la condotta criminosa che, per le modalità che la distinguono, sia già di per sè tale da evocare l’esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della valenza criminale del reato commesso, fermo restando che tale elemento accidentale, invece, non richiede un nesso teleologico con la realizzazione del programma criminoso del sodalizio, come invece nella fattispecie, sempre prevista dalla medesima disposizione, dell’agevolazione mafiosa.
Tale pronuncia, quindi, ben può essere presa nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se ricorra, o meno, siffatta aggravante.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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