In caso di trasmissione di richieste, istanze o comunicazioni inviate a mezzo PEC o telefax in cancelleria, cosa è richiesto per chi si duole in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua richiesta o comunicazione

(Ricorso rigettato)

Il fatto 

Il Tribunale del Riesame di Roma, in riforma dell’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Cassino, applicava all’impugnante la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria in relazione al delitto, provvisoriamente contestatogli, di furto aggravato.

 

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

 

Avverso questo provvedimento veniva proposto ricorso per Cassazione deducendosi violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. in quanto, sebbene si fosse fatto pervenire alla Cancelleria del Tribunale del Riesame di Roma dichiarazione di adesione alla astensione dall’attività difensiva deliberata dall’organizzazione unitaria di categoria in riferimento all’udienza fissata per la trattazione dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza summenzionata e che vi fosse prova della regolare ricezione della relativa comunicazione inviata tramite PEC, il Tribunale del Riesame aveva regolarmente celebrato l’udienza limitandosi a dare atto dell’assenza dell’indagato e del suo difensore.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato infondato per le seguenti ragioni.

Si osservava prima di tutto come il ricorrente avesse omesso di confrontarsi con il dato normativo relativo alla disciplina dell’esercizio del diritto di sciopero degli avvocati nella materia penale posto che l’art. 4, comma 1, lett. a), del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati (approvato con deliberazione del 13 dicembre 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008, della Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali) stabilisce che l’”astensione non è consentita nella materia penale in riferimento…. alle udienze….. afferenti misure cautelari” vale a dire una situazione, questa, corrispondente a quella verificatasi nel caso concreto poichè l’udienza, rispetto alla quale il difensore aveva dichiarato di volersi astenere dall’attività difensiva, era stata fissata dinanzi al Tribunale del Riesame di Roma proprio per trattare dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Cassino reiettiva dell’istanza di applicazione di misura cautelare.

Ciò posto, gli Ermellini rilevavano come della disposizione richiamata occorresse effettuare una lettura che fosse quanto più in linea possibile con gli approdi del diritto vivente e della recente giurisprudenza costituzionale sul tema per i quali il diritto di adesione alle astensioni forensi ha natura di diritto soggettivo pubblico a rilevanza costituzionale la cui eventuale limitazione può avvenire solo in ragione del bilanciamento con eguali diritti e valori a rilevanza costituzionale (Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014; Sez. U, n. 26711 del 30/05/2013) e, tra questi, vi è il diritto alla libertà personale dell’indagato o dell’imputato, stimato come da anteporsi, secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 180 del 27/07/2018 e n. 14 del 31 gennaio 2019, alla libertà sindacale e all’esercizio del diritto di sciopero dei difensori.

Orbene, a fronte di ciò, i giudici di piazza Cavour osservavano altresì come la “richiesta di rinvio per adesione all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi della categoria può essere trasmessa, secondo quanto stabilito dall’art. 3 del Codice di “Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati”, anche a mezzo posta elettronica certificata alla cancelleria del giudice procedente” (Sez. 4, n. 35683 del 06/06/2018) e ciò perché – si è sostenuto richiamandosi sul punto l’insegnamento impartito dal diritto vivente con la sentenza n. 40187 del 27/03/2014 – in tale ipotesi, venendo in rilievo la comunicazione di un’istanza di rinvio per adesione del difensore all’astensione di categoria, che costituisce l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito ex art. 40 Cost., opera la norma posta dalla fonte speciale e competente a regolare la specifica materia ossia l’art. 3 del vigente codice di autoregolamentazione il quale prevede che l’atto contenente la dichiarazione di astensione sia “trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero” fermo restando che questa norma è stata interpretata nel senso di consentire che la menzionata comunicazione sia effettuata, oltre che con il tradizionale deposito, anche con la trasmissione nella cancelleria o segreteria mediante qualsiasi mezzo tecnico idoneo ad assicurare la provenienza della comunicazione dal difensore e l’arrivo della stessa nella cancelleria o nella segreteria: normalmente il telefax (Sez. 4, n. 3861 del 10/11/2017) ma anche la PEC che è idonea ad assicurare la provenienza della comunicazione dal difensore e l’arrivo della stessa nella cancelleria o nella segreteria laddove vi sia la ricevuta non soltanto di accettazione da parte del gestore di posta del destinatario, ma anche di consegna, che attesta che il destinatario ha ricevuto il messaggio in quanto consegnatogli dal suo gestore.

Pur tuttavia, si denotava al contempo come la trasmissione di richieste, istanze o comunicazioni inviate a mezzo PEC o telefax in cancelleria comporti, secondo l’orientamento ermeneutico che ritiene consentito l’utilizzo di tale modalità di trasmissione non prevista dal codice di rito, l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua richiesta o comunicazione, di accertarsi non solo del regolare arrivo della PEC o del fax ma anche del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Sez. F, n. 45720 del 27/08/2019; Sez. 1, n. 1904 del 16/11/201, Rv. 272049; Sez. 2, n. 24515; Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014; Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014; Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013).

Ebbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, la Suprema Corte faceva presente che, poiché nulla era detto dal ricorrente in ordine all’esito di tale imprescindibile verifica, avente ad oggetto l’effettivo e tempestivo inoltro della comunicazione del difensore di adesione all’astensione, proclamata dall’Unione delle Camere Penali, per l’udienza del 21 ottobre 2019, il rilievo censorio era inammissibile e, quindi, il ricorso proposto veniva rigettato e il ricorrente era condannato al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui si spiega cosa è richiesto per chi si duole in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua richiesta o comunicazione nel caso di trasmissione di richieste, istanze o comunicazioni inviate a mezzo PEC o telefax in cancelleria.

Difatti, in questa sentenza, citandosi giurisprudenza conforme, si afferma che la trasmissione di richieste, istanze o comunicazioni inviate a mezzo PEC o telefax in cancelleria comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua richiesta o comunicazione, di accertarsi non solo del regolare arrivo della PEC o del fax ma anche del suo tempestivo inoltro al giudice procedente.

E’ dunque consigliabile per il difensore, quando si voglia trasmettere una richiesta, istanza o comunicazione a mezzo pec o telefax in cancelleria (quando ciò sia possibile), verificare sia il regolare arrivo della PEC o del fax, che quella della sua immediata ricezione da parte dell’autorità che procede.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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