Impresa sociale, quali sono le nuove regole?

Redazione 24/07/17
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Entrano in vigore nuove regole per il riconoscimento e la gestione delle attività dell’impresa sociale. Il Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, pubblicato in Gazzetta Ufficiale mercoledì 19 luglio, introduce infatti una nuova definizione dell’istituto e nuove norme da rispettare in tema di utilizzo degli utili d’impresa, sgravi fiscali e trattamento dei dipendenti.

Vediamo allora cosa cambia nella pratica e quali sono le nuove aziende che possono acquistare la qualifica di impresa sociale.

 

La nuova definizione di impresa sociale

Il Decreto legislativo per la “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”, elaborato nell’ambito della più generale riforma del terzo settore, contiene innanzitutto una nuova definizione dell’istituto. Vengono definite infatti imprese sociali tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale una o più attività di interesse generale “per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”. Tali aziende devono adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorire il più ampio coinvolgimento di lavoratori e utenti.

Il nuovo Decreto considera dunque di interesse generale, tra le altre, le attività di impresa aventi ad oggetto gli interventi e le prestazioni sanitarie, l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale, la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni ambientali, la radiodiffusione sonora a carattere comunitario, i servizi strumentali ad altre imprese sociali e l’accoglienza umanitaria e l’integrazione sociale dei migranti.

 

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L’utilizzo degli utili d’impresa

Le imprese sociali non possono avere scopo di lucro. Gli utili d’impresa non possono quindi essere distribuiti a fondatori, soci, lavoratori e collaboratori e devono invece necessariamente essere destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio. Non sono inoltre possibili compensi individuali “non proporzionati all’attività svolta”, mentre gli stipendi dei lavoratori non possono superare del 40% quelli previsti dai contratti collettivi.

È invece consentito destinare una parte degli utili, comunque inferiore al 50%, all’aumento gratuito del capitale sociale e alla distribuzione dei dividendi ai soci, in misura però non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi “aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato”.

Il nuovo Decreto sottolinea inoltre come le trasformazioni, fusioni e scissioni delle imprese sociali devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro e tutti gli altri vincoli di destinazione del patrimonio.

Lavoro e volontariato nell’impresa sociale

Con la nuova norma, i lavoratori delle imprese sociali hanno diritto a un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui al Decreto legislativo 15 giungo 2015, n. 81. Inoltre, la differenza di stipendio tra i lavoratori dipendenti, in termini di retribuzione annua lorda, non può essere maggiore del rapporto uno a otto.

Le imprese sociali possono avvalersi anche dell’attività di volontari, ma il numero di questi ultimi non può mai superare quello dei lavoratori dipendenti. L’impresa deve inoltre tenere un registro dei volontari e assicurare loro la prevenzione contro gli infortuni e le malattie connesse allo svolgimento dell’attività.

Le agevolazioni fiscali

Il nuovo Decreto legislativo stabilisce inoltre che gli utili e gli avanzi di gestione non costituiscono reddito imponibile nel caso in cui vengano destinati a un’apposita riserva in sede di approvazione del bilancio allo scopo di sviluppare l’attività statutaria, incrementare il capitale sociale o pagare i contributi per l’attività ispettiva. La destinazione degli utili e degli avanzi di gestione deve comunque risultare dalle scritture contabili.

Chi, infine, finanzia un’impresa o coop che diventi impresa sociale nei termini stabiliti dal Decreto, a patto che la stessa sia stata costituita da meno di tre anni, potrà da oggi beneficiare di una detrazione fiscale pari al 30% dell’investimento nel capitale. La detrazione è valida per tre anni e non può superare il tetto di 1 milione di euro per le persone fisiche e 1,8 milioni per le società.

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