Immobile viziato: l’acquirente può agire contro l’alienante ex art. 1669 c.c.

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L’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia a norma dell’art. 1495 c.c. si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, anche se i vizi non siano stati scoperti o non siano stati tempestivamente denunciati o la denuncia non fosse neppure necessaria.

L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, di cui all’art. 1669 c.c., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che, prima della vendita, abbia fatto eseguire sull’immobile ad un appaltatore, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, opere di ristrutturazione edilizia o interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti.

 

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Il fatto.

Nel gennaio 2009 il Tribunale di Roma accoglieva la richiesta di risarcimento danni avanzata dall’attrice nei confronti dei convenuti, per aver questi ultimi alienato alla prima un bene immobile occultando che dal terrazzo dello stesso provenissero infiltrazioni d’acqua a carico del sottostante locale. Il Giudice di prime cure, negava l’operatività della prescrizione ex art. 1495 c. 3 c.c. per aver i venditori occultato il vizio, atteso che, in base alla ctu, lo stillicidio, seppur emerso nel 2003, doveva farsi risalire ad epoca anteriore e considerato, peraltro, che gli alienanti, prima della vendita dell’appartamento, avevano affidato ad un’impresa appaltatrice incarico di eseguire lavori di smantellamento e ripristino della pavimentazione del terrazzo.

Tuttavia, la sentenza veniva riformata in secondo grado in quanto la Corte d’Appello, da un lato, escludeva che la prescrizione dell’azione per il risarcimento danni derivanti dai vizi della cosa venduta potesse essere superiore ad un anno, anche in caso di vizi occulti, stante la lettera dell’art. 1495 c 3 c.c. e, dall’altro, riteneva non applicabile ai venditori la disciplina ex art. 1669 c.c., in quanto norma disciplinante esclusivamente la responsabilità dell’appaltatore.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello veniva proposto ricorso in Cassazione per violazione e falsa applicazione degli artt. 1495 c. 3 e 1669 c.c.

La decisione.

Investita della questione, la Cassazione accoglie parzialmente il ricorso, chiarendo gli strumenti di tutela posti a favore dell’acquirente a cui è alienato un bene viziato.

La Suprema Corte, riprendendo le argomentazioni del Giudice di secondo grado, afferma come, alla luce di un orientamento consolidato che riposa su un’interpretazione letterale dell’art. 1495 c.c., l’azione in oggetto si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene, purché questa sia avvenuta dopo la conclusione del contratto. Diversamente, il termine di prescrizione decorre a partire dall’avvenuta stipula del negozio. Di conseguenza, è irrilevante che durante il decorso del termine di prescrizione i vizi non siano scoperti, ancorché dolosamente occultati, atteso che la norma in questione è volta non solo a tutelare l’interesse dell’alienante, ma soprattutto quello più generale volto a garantire la certezza dei traffici giuridici, evitando che i rapporti negoziali restino per lungo tempo sospesi, nonché quello di rendere più agevole l’accertamento del vizio.

Per le medesime ragioni, inoltre, è necessario che il compratore denunzi i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, al fine di non decadere dal diritto di garanzia, salvo che il vizio non sia stato da quest’ultimo riconosciuto oppure occultato.

Unica ipotesi di imprescrittibilità è quella in cui il vizio sia fatto valere quale eccezione dal compratore che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, purché sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso di un anno dalla consegna, in omaggio al principio inadimplenti non est adimplendum. Diversamente, infatti, il venditore tenuto alla garanzia potrebbe attendere l’avvenuta prescrizione dell’azione ex art. 1495 c.c. prima di agire per l’inadempimento, impedendo al convenuto di opporsi.

I Giudici di Piazza Cavour, inoltre, chiariscono che, laddove il venditore abbia indotto con raggiri il compratore ad acquistare la cosa viziata, quest’ultimo gode di due alternative, oltre all’azione ex art. 1495 c.c, seppur non esercitate nel caso di specie. L’acquirente, infatti, ben può agire al fine di ottenere l’annullamento del contratto per dolo ex art. 1427 c.c. nel qual caso il legislatore, alla luce della gravità del vizio presentato dal negozio, fa decorrere la prescrizione dal giorno in cui è scoperto il dolo, così assegnando alla parte lesa un efficace strumento di tutela.

Non di meno, l’acquirente può invocare la sospensione della prescrizione dell’azione di garanzia, fino a che il dolo non sia stato scoperto, ex art. 2941 n. 8 c.c., essendo, tuttavia, necessario a tal fine, secondo la prevalente opinione giurisprudenziale, la prova che il debitore abbia posto in essere un comportamento fraudolento diretto intenzionalmente a nascon­dere al creditore l’esistenza del debito e, nella specie, del vizio della cosa, non essendo sufficiente un mero comportamento omissivo.

Tanto premesso, la Suprema Corte accoglie il ricorso alla luce di un’interpretazione dell’art. 1669 c.c. che tiene conto della più recente impostazione delle Sezioni Unite in materia di appalti. In particolare, ad opinione della Cassazione la norma in materia di rovina e difetti di cose immobili, pur essendo posta nel libro quarto, titolo III, capo VII del c.c., dedicato al contratto di appalto, può essere invocata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro l’alienante, laddove quest’ultimo abbia dato indicazioni all’appaltatore, esercitando un potere di direttiva e controllo, in quanto fornito della necessaria competenza tecnica. Tale interpretazione estensiva si spiega alla luce della natura extracontrattuale della responsabilità ex art. 1669 c.c., atteso che la norma in questione è posta non solo a tutela dell’interesse del committente ad ottenere la corretta esecuzione dei lavori, ma a tutela del più generale interesse ad evitare che l’immobile ponga in pericolo l’incolumità di chiunque ne venga in contatto.

Peraltro, i Giudici di Piazza Cavour, facendo applicazione della recente sentenza delle Sezioni Unite n. 7756/2017, hanno anche osservato come l’art. 1669 c.c. sia applicabile, oltre che alle opere di nuova costruzione di edifici, anche a quelle di ristrutturazione edilizia e, più in generale, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili che rovinino, ovvero presentino evidenti pericolo di rovina o gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene. Infatti, anche gli interventi manutentivi di lunga durata devono essere eseguiti tenendo conto del medesimo interesse generale sotteso all’art. 1669 c.c., evitando, quindi, di porre a repentaglio l’incolumità pubblica di coloro i quali entrino in contatto con l’immobile.

In conclusione, nella sentenza in commento la Suprema Corte, pur accedendo ad un’interpretazione letterale dell’art. 1495 c.c., ritenendo prescritta l’azione volta a far valere i vizi della cosa venduta, riconosce adeguata tutela all’acquirente attraverso un’interpretazione estensiva dell’art. 1669 c.c., volta a responsabilizzare l’alienante, consentendo al primo di agire nei confronti del secondo che, prima della vendita, abbia fatto eseguire sull’immobile ad un appaltatore, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, opere di ristrutturazione edilizia o interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti.

Mariateresa Magistà

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