Immigrazione: permesso di soggiorno e legge 189/2002

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Rassegna giurisprudenziale

 

Spesso la giurisprudenza si è occupata (e tutt’ora si occupa) della problematica concernente il tema dell’immigrazione, il permesso di soggiorno e le cause ostative.

La prima normativa, anzitutto, da prendere come riferimento è ovviamente il TU n. 286 del 1998 in cui si rileva all’articolo 1 che tale disciplina si applica esclusivamente ai cittadini extracomunitari, ai quali ci si riferisce in genere parlando di “stranieri”; il TU n. 286/1998 non si applica invece ai cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea se non in quanto si tratti di norme più favorevoli.

Nella normativa contenuta nel testo unico, l’ingresso ed il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato è regolato dagli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 286 del 1998.

All’articolo 4 comma 3 del Testo Unico sull’Immigrazione (integrato con la legge 189/2002) si prevede che “non è ammesso in Italia lo straniero che (…) risulti condannato ( …) per reati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 cpp – arresto obbligatorio in flagranza – ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.

 

Una disposizione particolare è stata introdotta dalla legge n. 189/2002 nell’art. 26 del TU (che riguarda “Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo“); il comma 7-bis prevede che la condanna con provvedimento irrevocabile per reati in tema di diritto d’autore comporta la revoca del permesso rilasciato e l’espulsione dello straniero; la giurisprudenza (Cons. Stato IV 27/2/2004 n. 905 e TAR Trieste 12/2/2005 n. 24) ha escluso l’applicabilità della norma in riferimento a condanne anteriori alla sua entrata in vigore.

 

L’attività dell’Amministrazione è vincolata o residua un margine di discrezionalità nella valutazione della rilevanza, in termini di pericolosità sociale, delle condanne indicate dalla norma, escludono ogni margine di discrezionalità. (TAR Toscana I 6/6/2005 n. 2710; TAR Piemonte II 14/5/2005 n. 1678; TAR Trieste 19/6/2004 n. 347; TAR Parma 7/4/2005 n. 207; TAR Bologna I 6/9/2005 n. 1514, 24/5/2005 n. 753 e 20/4/2005 n. 632).

 

Precedenti penali non riconducibili alle condanne di cui all’art. 4 comma 3 non sono comunque sufficienti di per sé soli a legittimare, in via di automatismo, un diniego di rilascio/rinnovo motivato con un giudizio di pericolosità sociale che trova fondamento nella previsione di cui all’art. 13 comma 2 TU. (TAR L’Aquila 18/1/2005 n. 10).

 

 

La disposizione di cui all’art. 31 comma 2 del Regolamento, che in tema di nulla osta al lavoro (e quindi di ingresso dello straniero per ragioni di lavoro subordinato) prevede come motivo ostativo al parere favorevole del questore l’esistenza di pregiudizi penali a carico del datore di lavoro; è da notare che la formulazione introdotta dal DPR n. 334/2004 è diversa da quella del previgente art. 31 comma 2 perché l’espressione “Il nulla osta può essere rifiutato…” è stata sostituita con quella, che esclude margini di discrezionalità, di “Il questore esprime parere contrario al rilascio del nullaosta…“. Sul vecchio testo la giurisprudenza si è talora soffermata, anche per escluderne profili di illegittimità costituzionale. (TAR Trieste 25/9/2004 n. 582).

 

 

E’ legittimo il provvedimento con il quale il Questore ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da un cittadino extracomunitario nei caso in cui quest’ultimo sia stato condannato con sentenza ex art. 444 c.p.p. a seguito di patteggiamento, atteso che la legge 20 luglio 2002, n. 189 (novellando l’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286), ha testualmente precluso il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, anche quando sia stata pronunciata la sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (Cons. St., sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3319).

 

 

Lo stato di detenzione cautelare può integrare una circostanza di impedimento derivante da forza maggiore. (TAR Lombardia, sez. I, 20 maggio 2004, n. 402).

 

In caso di detenzione in carcere è  esperibile la facoltà di formulare la domanda attraverso la direzione dell’istituto penitenziario.

Ed infatti: “In tema di rinnovo del permesso di soggiorno da parte dello straniero trattenuto in stato di custodia cautelare in carcere, l’abrogazione, avvenuta ad opera dell’art. 46, comma 14, della L. n. 40 del 1990, dell’art. 4 del D.L. n. 416 del 1989 (conv. con modificaz. nella L. n. 39 del 1990) secondo cui, per gli stranieri ricoverati in casa o istituto di cura e di pena, ovvero ospitati in comunità civili o religiose, il permesso di soggiorno poteva essere richiesto, alla questura competente, da chi presiede la casa, l’istituto o la comunità indicate, per delega degli stranieri medesimi, non ha determinato una lacuna legis, atteso che – con una interpretazione dichiaratamente adeguatrice alla Costituzione, necessaria per evitare una limitazione di diritti fondamentali dei detenuti – la medesima facoltà è oggi assicurata dalle norme contenute nel Regolamento sull’ordinamento penitenziario, di cui al D.P.R. n. 230 del 2000”. Cass. 10 marzo 2004, n. 4883, in Giust. Civ., Mass., 2004, f. 3).

 

 

Istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

La condanna penale per un reato contro la libertà sessuale non è ostativa al rinnovo se risalente nel tempo e seguita da altri rinnovi.

Nel caso di specie il Questore ha ritenuto di dover applicare il combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del TU 286/1998, modificati dalla legge n. 189/2002.

Tali disposizioni qualificano le condanne penali per i reati in parola tassativamente ostative del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno.

Di conseguenza, il Questore rifiuta il rinnovo del permesso di soggiorno. Su ricorso dell’interessato, il Tribunale Amministrativo della Provincia di Trento, accoglie il ricorso, sulla base dell’argomento che trattandosi di fatti tutti anteriori all’entrata in vigore della legge n. 189/2002, le disposizioni sfavorevoli introdotte da quest’ultima non potevano essere applicate a danno dell’interessato. Il Ministero dell’Interno appella al Consiglio di Stato. (Cons. St., n. 5420/2011).

 

 

Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq, Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale; Docente nel corso di preparazione all’esame da avvocato c/o Tribunale di Avezzano organizzato dal COA di Avezzano unitamente alla  Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini”; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli

Rinaldi Manuela

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