Il whistleblowing

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L’istituto del whistleblowing[1] è uno degli strumenti di maggiore rilievo utilizzati per la prevenzione e il contrasto della corruzione nelle pubbliche amministrazioni e non rappresenta una novità nel nostro ordinamento. Tale istituto ha avuto però una maggiore centralità nel nostro ordinamento prevista dalla legge anticorruzione[2] che lo individua come uno strumento efficace al fine di prevenire e contrastare la corruzione e, la sua finalità, consiste nel denunciare attività illecite o fraudolente e, pertanto, di incentivare l’emersione degli illeciti all’interno della pubblica amministrazione[3]. Si introduce, dunque, un sistema che permette al dipendente pubblico di segnalare fenomeni di illegalità, malaffare, condotte illecite e corruzione di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro[4].

1. L’oggetto della segnalazione
La norma ha lo scopo di prevedere la collaborazione di chi lavora all’interno della pubblica amministrazione, al fine di far emergere episodi di corruttela, aprendo anche a segnalazioni nei casi in cui il dipendente ritenga che sia ragionevolmente convinto che si sia verificato un fatto illecito[5]. Pertanto, l’oggetto della segnalazione non sono solo i reati ma anche le condotte di cui si è venuti a conoscenza in virtù dell’ufficio rivestito o anche nello svolgimento delle proprie mansioni, anche involontariamente[6]. Viceversa, è importante porre due ordini di limiti alle segnalazioni, data l’ampiezza delle situazioni di maladministration. Il contenuto della segnalazione, infatti, è un primo requisito importante e deve rispettare i criteri già indicati, al quale si aggiunge un secondo requisito che attiene, piuttosto, all’aspetto psicologico del segnalante, introducendo un limite all’applicazione della tutela dello stesso[7], al fine di evitare che l’amministrazione svolga attività ispettive interne che rischiano di essere costose e poco utili[8].

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2. La tutela del segnalante
Dal punto di vista della tutela del segnalante, dato il ruolo attivo dello stesso nell’istituto del whistleblowing, il legislatore ha previsto un’apposita tutela al fine di vietare che vi siano misure ritorsive nei confronti dello stesso, evitando che possa essere sanzionato, licenziato, demansionato, trasferito o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, dovute alla denuncia da lui effettuata. L’adozione di misure ritorsive nei confronti del segnalante va comunicata all’Anac dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione[9]. La ratio della norma è quella di incentivare il dipendente a segnalare eventuali comportamenti illeciti, senza che lo stesso abbia timore delle conseguenze pregiudizievoli[10]. Altra tutela importante nei confronti del segnalante riguarda la sua identità che non può essere rilevata e ciò incoraggia anche lo stesso dipendente che è a conoscenza di illeciti a trasmettere la relativa segnalazione[11]. Il divieto di rilevare l’identità del segnalante è da riferirsi non solo al nominativo del segnalante ma anche a tutti gli elementi della segnalazione, inclusa la documentazione ad essa allegata[12]. Una importante conseguenza della tutela della riservatezza è la sottrazione della segnalazione e della documentazione ad essa allegata al diritto di accesso ai documenti amministrativi[13]. Inoltre, anche la normativa di protezione dei dati prevede una specifica disposizione destinata alla tutela della riservatezza dell’identità del segnalante[14]. La tutela del segnalante in materia di protezione dei dati personali è garantita anche nei procedimenti giudiziari e disciplinari, anche se solo in parte perché, l’articolo 54-bis, comma 3, del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, individua fino a quale momento viene garantita la tutela della riservatezza nell’ambito del procedimento penale, nel procedimento dinanzi alla Corte dei conti e nel procedimento disciplinare[15].

3. Conclusioni
In conclusione, il whistleblowing rappresenta un istituto importante che incentiva una modalità di controllo organizzativo il cui fine è ridurre la c.d. maladministration[16]. Per incentivare l’utilizzo di tale strumento il legislatore ha potenziato le misure di tutela in favore del dipendente segnalante che, dunque, hanno lo scopo di evitare che lo stesso possa subire effetti ritorsivi dalla sua segnalazione, nonché di garantire la sua riservatezza e, inoltre, di incoraggiare lo stesso a segnalare condotte illecite[17]. Per ultimo, è importante considerare che le segnalazioni provenienti all’interno dell’ambiente lavorativo possono facilitare l’emersione di comportamenti illeciti ostacolando il fenomeno corruttivo sia dal punto di vista preventivo che repressivo. Inoltre, le segnalazioni sono importanti anche per favorire l’affermarsi di una cultura della legalità, delle regole e dell’etica pubblica[18].

Note: [1] Tradotto letteralmente in “soffiare nel fischietto”. [2] Previsto dall’articolo 1, comma 51, della legge del 6 novembre 2012, n. 190, che ha previsto l’inserimento dell’articolo 54-bis nel decreto del 30 marzo 2001, n. 165. [3] Locoratolo B., Pedaci A., Trasparenza e Anticorruzione nelle Pubbliche Amministrazioni, Napoli, Edizione Simone, 2018. [4] Susca M.T., Disciplina e tutela del whistleblower anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali, www.diritto.it, 2020. [5] Linee guida Anac adottate con Delibera del 9 giugno 2021, n. 469. [6] L’oggetto della segnalazione riguarda l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del Codice penale. [7] Ad esempio, nei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile e nei casi in cui non sia in buona fede e riporti informazioni false rese con dolo o colpa. [8] De Rosa M., La prevenzione della corruzione nella tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblowing), in Nunziata M. (a cura di), Riflessioni in tema di lotta alla corruzione, Roma, Carocci Editore, 137 ss. [9] Serra D., La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistieblowing), www.rivistalabor.it, 2019. [10] De Rosa M., La prevenzione della corruzione nella tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblowing), in Nunziata M. (a cura di), Riflessioni in tema di lotta alla corruzione, Roma, Carocci Editore, 137 ss. [11] Pedaci A., Il lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, Napoli, Edizione Simone, 2019. [12] Locoratolo B., Pedaci A., Trasparenza e Anticorruzione nelle Pubbliche Amministrazioni, Napoli, Edizione Simone, 2018. [13] Articoli 22 e ss. della legge del 7 agosto 1990, n. 241. [14] Dal punto di vista della normativa riguardante la protezione dei dati personali, il legislatore ha introdotto, con il decreto legislativo del 10 agosto 2018, n. 101, di recepimento del Regolamento (UE) n. 2016/679, l’articolo 2-undecies nel decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196. La norma dispone che il soggetto segnalato, presunto autore dell’illecito, non può esercitare i diritti previsti dagli articoli 15 al 22 del Regolamento (UE) n. 2016/679. [15] Linee guida Anac adottate con Delibera del 9 giugno 2021 n. 469. [16] Galletta D., Provenzano P., La disciplina italiana del whistleblowing come strumento di prevenzione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione: luci e (soprattutto) ombre, www.federalismi.it, 2020. [17] Giovarruscio P., Il whistleblowing nella pubblica amministrazione: considerazioni su un istituto in cammino, www.rivista.camminodiritto.it, 2020. [18] Cantone R., Il sistema della prevenzione della corruzione, Torino, Giappichelli Editore, 2020.

Armando Pellegrino

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