Il trust è compatibile col concordato preventivo?

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È uno strumento astrattamente idoneo a vincolare i beni di terzi al buon esito della procedura concordataria, impedendo, grazie al controllo del trustee, che gli stessi siano distolti dal fine impresso, dato che cura la loro proficua gestione a vantaggio dei creditori. L’esercizio di un’azione revocatoria del suo atto di dotazione, da parte dei creditori del disponente, pregiudicherebbe però la fattibilità del concordato: è esperibile anche se è stato approvato ed omologato.

È quanto chiarito dal Tribunale di Reggio Emilia nel decreto d’inammissibilità della proposta concordataria ex art. 162 RD 267/42 dell’11/08/2014.

Il caso. Una società, non avendo mezzi sufficienti a saldare, accettava l’apporto di capitale esterno di un’altra ditta tramite il suo conferimento in un trust. La proposta così come formulata comportava la degradazione dei crediti privilegiati e di quelli prededucibili a crediti chirografari ed anche la costituzione del trust non soddisfaceva i requisiti di legge. Infine il saldo era dilazionato in netto contrasto con tutti i principi giurisprudenziali in materia riassunti dalla Cass. civ. 10112/14: il pagamento dei crediti privilegiati deve avvenire senza dilazioni che comporterebbero la loro mancata soddisfazione integrale, sì che la perdita economica dovuta a questo ritardo <<deve trovare nel concordato una quantificazione ed una contropartita (anche per l’espressione del voto da parte del creditore “falcidiato” da questo ritardo)>>. Più recentemente la S.C. ha valutato neutro il pagamento effettuato dal terzo debitore, sì che è lecita la revoca (Cass. civ. 18051 del 20/08/14). Ergo la proposta è stata respinta per inammissibilità.

L’atto liberale è incompatibile col concordato. Infatti è estraneo all’oggetto della società, anche se approvato da tutti i soci, perché può essere revocato in ogni momento non essendone coercibile l’adempimento e perché è nullo, in quanto ultra vires: l’oggetto sociale costituisce un limite a garanzia dei creditori travalicato da questo atto. Non è valida nemmeno la lettera d’impegno ex art. 1773 cc che lo conferma, perché l’art. 1987 cc ne esclude l’efficacia obbligatoria. Infine è irrilevante che sia consegnata una cambiale tratta alla ditta ricorrente: non c’è un valido rapporto sottostante che la giustifichi, perciò può essere opposta ex art. 615 cpc (Cass.7779/14, 20957/10).

Incompatibilità del trust col concordato. Sul punto è stata enunciata la massima in epigrafe. Il trust è un istituto tipico del common law: è un rapporto giuridico sorto per testamento o per atto tra vivi con cui un disponente (settelor) trasferisce ad un altro soggetto (trustee) beni o diritti con l’obbligo di amministrarli nell’interesse del disponente o di altro soggetto (beneficiary ) o per il perseguimento di uno scopo determinato, sotto l’eventuale vigilanza di un terzo (protector), secondo le regole dettate dal disponente nel suo atto istitutivo e dalla legge regolatrice dello stesso. Con la Convenzione dell’Aja del 1985 il trust è stato esteso anche ai paesi di civil law. È prassi avvalersene per sanare la crisi d’impresa. La dottrina e la giurisprudenza ne hanno individuato varie tipologie (liquidatorio, in garanzia, anti concorsuale, auto dichiarativo, di scopo, con beneficiari etc.) ma tutti concordano sull’incompatibilità con questa procedura perché non è prevista dal nostro ordinamento e per la potenziale lesione degli interessi dei creditori, le cui prerogative non sono da esso precluse, come detto, anzi possono aggredire, ex art. 184 LF, anche il patrimonio dei garanti (v. Centro nazionale del notariato- CNN- , Note sul trust istituito da imprese in crisi (in funzione liquidatoria);ex plurimis Tribb. Cremona, Firenze, Ravenna rispettivamente del 18/10, 16/5 e 4/4/13, Monza del 3/1/13, Pescara 11/10/11 e Parma del 3/3/05). Alcuni critici ritengono che lo stato d’insolvenza giustifichi il ricorso al trust interno, ma la giurisprudenza proprio per tale motivo lo vieta (Lo stato d’insolvenza determina l’inammissibilità del trust liquidatorio, nota a Cass. sez. I n.10105/14 in Il fallimentarista ed. Giuffrè). Altri evidenziano come l’opinione non sia univoca anche se molti lo considerano in contrasto con gli artt.15, 16 e 18 Convenzione dell’Aja perché contrario a norme di ordine pubblico e di applicazione necessaria (G. Lo Cascio Proposta di concordato preventivo mediante trust). Il CNN, a conferma di quanto detto sopra sugli atti di liberalità, individua nel trust una forma di responsabilità endosocietaria incompatibile con i limiti posti a tutela dei creditori coincidenti con l’oggetto sociale stesso. Infatti gli artt. 2447 bis ss cc, introdotti dalla riforma della disciplina fallimentare del 2003 (confermati da quella del 2006), sono i soli che prevedono l’unica forma lecita di separazione patrimoniale: parte dei beni societari confluiscono in un patrimonio destinato ad uno specifico affare. Sono norme imperative che precludono l’avvalimento del trust in queste procedure.

I crediti si pagano subito. L’incasso delle somme del trust comporterebbe un incremento del patrimonio sociale con la necessità di soddisfare i creditori senza alterazione dei privilegi (Cass. 9372/12), tanto più che la dilazione è contraria alla ratio della procedura (Cass. 10112/14) con conseguente refusione dei danni da ritardo.

Dott.ssa Milizia Giulia

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