Il testo unico 18 agosto 2000 n. 267 ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi: un comune può

Lazzini Sonia 14/06/07
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Il quesito sottoposto al Consiglio di Stato con la decisione numero 2111 dell8 maggio 2007 è il seguente:
 
E’ vero che per lo svolgimento del servizio farmaceutico, un Comune può costituire società di capitali solo con farmacisti dipendenti del comune stesso?
 
La risposta la troviamo nel seguente passaggio:
 
< La norma che invocano i ricorrenti è l’articolo 9, primo comma, della legge 2 aprile 1968 n. 475 sul servizio farmaceutico, secondo cui « Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite …nelle seguenti forme: … d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità. All’atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti».
 
L’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 ha poi disposto che i comuni potessero esercitare i servizi pubblici di loro competenza costituendo apposite società per azioni «anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 9, primo comma, lettera d) della legge 2 aprile 1968 n. 475»;
 
infine il nuovo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, che disciplina le forme di erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevedendo negli articoli da 112 a 116 anche apposite società per azioni da costituire secondo determinate regole nonché la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni, nell’articolo 274, contenente abrogazione di disposizioni di legge, ha abrogato tra l’altro l’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498.
 
Sostengono gli appellanti che tale ultima abrogazione ha ripristinato la vigenza dell’articolo 9, primo comma, alinea “d” della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall’art. 10 l-8 novembre 1991 n 362,consentendo, per l’esercizio di farmacie, solo società di capitali aventi come i soci comuni ed ex farmacisti comunali, in servizio presso le farmacie delle quali i comuni stessi abbiano la titolarità.
 
Il motivo è infondato: il testo unico 18 agosto 2000 n. 267 ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi, come appunto l’articolo 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo modificato, secondo quanto precisato sopra. (articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile).>
 
Orbene:
 
< In particolare l’art. 12, comma 1, l. 23 dicembre 1992 n. 498, anteriore alla deliberazione impugnata in primo grado, dispose che l’organizzazione secondo la tipologia societaria del servizio farmaceu-tico comunale potesse essere attuata anche in deroga all’art. 9, comma 1, l. n. 475, già citata.
L’art. 12 risulta trasfuso nell’art. 116 del testo unico n. 267, indicato sopra, che elimina i vincoli derivanti da disposizioni di leggi speciali ( cfr. d.l. 27 dicembre 2000 n. 392 conv. nella l. 28 febbraio 2001 n.26)
.L’art. 17, commi 51 e 57, l. 15 maggio 1997 n. 127 dispose che le aziende municipalizzate possono essere trasformate, con atto unilaterale, in società per azioni, con la conseguente alienabilità del pacchetto azionario.
Tale norma risulta trasfusa nell’ art. 115 del testo unico più volte citato.>
 
A cura di *************
 
                        REPUBBLICA ITALIANA                          N. 2111/07 REG.DEC.
               IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                          N 10259 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione           ANNO: 2005
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto:
– dall’associazione FEDERFARMA – FEDERAZIONE NAZIONALE UNITARIA DEI TITOLARI DI FARMACIA ITALIANI (sede non indicata), in persona del presidente, dottor ************,
– dall’associazione UNIONE REGIONALE TOSCANA FARMACISTI TITOLARI – *********** (sede non indicata), in persona del presidente, dottor ******************,
– dall’ASSOCIAZIONE PROVINCIALE TITOLARI DI FARMACIA DI GROSSETO (sede non indicata), in persona del pre-sidente, dottor ******************************;
– dalla dottoressa ***************** (residenza non indicata);
– dal dottor *************** (residenza non indicata);
tutti difesi dagli avvocati **************** e *************** e domiciliati presso il primo in Roma, via dei Tre Orologi 14/a;
contro
– il comune di GROSSETO, costituitosi in giudizio in persona del vi-cesindaco *******************, difeso dagli avvocati ***************** e ************** e domiciliato in Roma, ******************** 46, par. IV sc. B, presso il dottor ***************;
– la società **, con sede in Casalecchio di Reno, non co-stituita in giudizio;
e nei confronti
della società per azioni FARMACIE COMUNALI RIUNITE, con se-de in Grosseto, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza 21 giugno 2005 n. 3031, con la quale il tribunale am-ministrativo regionale per la Toscana, terza sezione, ha dichiarato i-nammissibile il ricorso contro la deliberazione del Consiglio comuna-le di Grosseto 21 luglio 1999 n. 70, contenente la decisione di cedere, mediante procedura di evidenza pubblica, una parte minoritaria del pacchetto azionario della società Farmacie Comunali Riunite, e contro il bando, pubblicato nel foglio delle inserzioni della Gazzetta Ufficia-le 12 giugno 2000 n. 135, della gara indetta dal comune di Grosseto per la dismissione del quarantanove per cento delle azioni della pre-detta società.
Visto il ricorso in appello, notificato il 12 e depositato il 19 dicembre 2005;
visto il controricorso del comune di Grosseto, depositato il 10 gennaio 2006;
visto l’appello incidentale del comune di Grosseto, notificato l’11, il 17 e il 18 e depositato il 16 gennaio 2006
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 6 giugno 2006, il consigliere ****************, e uditi altresì gli avvocati ******* per delega di ******* e *****;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il comune di Grosseto con deliberazione del Consiglio comu-nale 21 luglio 1999 n. 70 aveva deciso di trasformare l’azienda spe-ciale per le farmacie comunali in società per azioni, e di alienare poi a terzi, mediante procedura di evidenza pubblica, una quota minoritaria del capitale sociale. Dopo la costituzione della società Farmacie Co-munali Riunite, il comune con deliberazione del Consiglio 8 maggio 2000 n. 50 aveva approvato lo schema di contratto di servizio da sti-pulare con la predetta società e aveva deciso di dare avvio alla proce-dura di evidenza pubblica per la cessione del quarantanove per cento delle azioni. Infine ha indetto la gara per la vendita del quarantanove per cento delle azioni della società Farmacie Comunali, riservandone la partecipazione di imprenditori individuali o societari o enti, attivi nel settore della distribuzione farmaceutica con un patrimonio di al-meno cinque miliardi di lire, e a società o enti operanti in settori di-versi, con patrimonio di almeno dieci miliardi di lire.
Le associazioni di farmacisti indicate in epigrafe e i dottori ** ***, titolari di farmacie private in Grosseto, con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Toscana notificato il 26 settembre 2000 hanno impugnato il bando e la deliberazione n. 70 del 1999, deducendo motivi che, omettendo la citazione degli atti norma-tivi di cui i ricorrenti hanno sostenuto la violazione, si possono rias-sumere come segue.
1) Il comune, per lo svolgimento del servizio farmaceutico, può costi-tuire società di capitali solo con farmacisti dipendenti del comune stesso, e non può trasferire alla società il complesso aziendale, perché il trasferimento della titolarità della farmacia può avvenire solo a fa-vore di farmacisti privati; inoltre, le farmacie comunali possono esse-re trasferite solo singolarmente, e non già in blocco.
2) Il bando, favorendo l’acquisto delle quote da parte di società di grande distribuzione dei farmaci, crea un conflitto tra l’interesse alla promozione dei propri prodotti e quello all’imparziale distribuzione di tutti i farmaci.
3) Le norme sulle farmacie comunali, ove fossero interpretate in sen-so diverso da quello sostenuto dai ricorrenti, sarebbero costituzional-mente illegittime, perché il comune sarebbe libero di disporre delle proprie farmacie, mentre i farmacisti dipendenti comunali (che hanno un diritto di prelazione in caso di alienazione della farmacia) e quelli privati incontrano limiti nel trasferimento delle farmacie; l’iniziativa economica dei farmacisti privati è compressa a vantaggio di quella degli enti locali e questi ultimi hanno una posizione di mercato domi-nante e un vantaggio concorrenziale.
In corso di causa è intervenuta la sentenza della Corte Costi-tuzionale 24 luglio 2003 n. 375, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 30 luglio 2003, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 8, comma 1 lettera “a”, della legge 8 novembre 1991 n. 362 nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di ge-stione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e infor-mazione scientifica del farmaco (com’era invece previsto per le far-macie private). I ricorrenti, con motivi aggiunti notificati il 14 (la Fe-derfarma) e il 31 ottobre 2003 (gli altri ricorrenti) anche alla società Codifarma alla quale nel frattempo era stata aggiudicata la gara, han-no censurato il bando di gara e l’aggiudicazione per violazione del ci-tato articolo 8, nel tenore normativo risultante dalla sentenza della corte costituzionale.
Il tribunale amministrativo regionale con la sentenza indicata in epigrafe ha giudicato inammissibile, per tardività, l’impugnazione della deliberazione n. 70 del 1999; ha dichiarato inammissibili, per tardività, i motivi aggiunti, con la precisazione che le sentenze dichia-rative d’illegittimità costituzionale non valgono a riaprire i termini per le impugnazioni dei provvedimenti amministrativi; ha dichiarato i-nammissibile l’impugnazione del bando, stante l’inoppugnabilità del-le deliberazioni n. 70 del 1999 (impugnata tardivamente) e 50 del 2000 (non impugnata). Ha poi esaminato le censure contro il bando dedotte con i tre motivi di ricorso, per l’interesse che i ricorrenti po-tessero mantenere all’esame delle stesse, e ha giudicato inammissibile il primo motivo (requisiti di partecipazione favorevoli alle grandi so-cietà a scapito dei farmacisti privati), perché i requisiti di partecipa-zione erano già stati fissati dalla deliberazione n. 50 del 2000, e per-ché inoltre i ricorrenti, non partecipanti alla gara, non avevano inte-resse a ostacolare i potenziali concorrenti; ha giudicato inammissibile il secondo motivo (conflitto d’interesse e “deprofessionalizzazione del settore” in caso d’affidamento delle farmacie a società di distribu-zione dei farmaci), stante la natura ipotetica della censura; e inammis-sibile il terzo motivo (eccezione d’illegittimità costituzionale delle di-sposizioni che consentissero il trasferimento della titolarità delle far-macie a soggetti diversi dai farmacisti, privati e comunali), per difetto di rilevanza stante la mancata impugnazione degli atti presupposti.
Appellano gli originari ricorrenti, censurando la dichiarazione d’inammissibilità dei motivi aggiunti e riproponendo i motivi del ri-corso di primo grado.
Il comune di Grosseto con appello incidentale ha riproposto l’eccezione, respinta dal tribunale amministrativo regionale, d’inammissibilità del ricorso di primo grado perché i ricorrenti non avevano presentato domanda di partecipazione alla gara, e ha fatto presente che la normativa sull’incompatibilità, quale risulta dalla sen-tenza n. 375 del 2003 della corte costituzionale, vìola la normativa comunitaria.
DIRITTO
Con il primo motivo del ricorso di primo grado, riproposto, i ricorrenti sostengono che il comune, per lo svolgimento del servizio farmaceutico, può costituire società di capitali solo con farmacisti di-pendenti del comune stesso. La norma che essi invocano è l’articolo 9, primo comma, della legge 2 aprile 1968 n. 475 sul servizio farmaceu-tico, secondo cui « Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite …nelle seguenti forme: … d) a mezzo di società di capi-tali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costi-tuzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comu-ne abbia la titolarità. All’atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti». L’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 ha poi disposto che i comuni potessero esercitare i servizi pubblici di loro competenza costituendo apposite società per azioni «anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 9, primo comma, lettera d) della legge 2 aprile 1968 n. 475»; infine il nuovo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, che disciplina le forme di erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevedendo negli articoli da 112 a 116 anche apposite società per azioni da costituire secondo de-terminate regole nonché la trasformazione delle aziende speciali in so-cietà per azioni, nell’articolo 274, contenente abrogazione di disposi-zioni di legge, ha abrogato tra l’altro l’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498. Sostengono gli appellanti che tale ul-tima abrogazione ha ripristinato la vigenza dell’articolo 9, primo comma, alinea “d” della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall’art. 10 l-8 novembre 1991 n 362,consentendo, per l’esercizio di farmacie, solo società di capitali aventi come i soci comuni ed ex far-macisti comunali, in servizio presso le farmacie delle quali i comuni stessi abbiano la titolarità. Il motivo è infondato: il testo unico 18 ago-sto 2000 n. 267 ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi, come appunto l’articolo 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo modificato, secondo quanto precisato sopra. (arti-colo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile).
In particolare l’art. 12, comma 1, l. 23 dicembre 1992 n. 498, anteriore alla deliberazione impugnata in primo grado, dispose che l’organizzazione secondo la tipologia societaria del servizio farmaceu-tico comunale potesse essere attuata anche in deroga all’art. 9, comma 1, l. n. 475, già citata.
L’art. 12 risulta trasfuso nell’art. 116 del testo unico n. 267, indicato sopra, che elimina i vincoli derivanti da disposizioni di leggi speciali ( cfr. d.l. 27 dicembre 2000 n. 392 conv. nella l. 28 febbraio 2001 n.26)
.L’art. 17, commi 51 e 57, l. 15 maggio 1997 n. 127 dispose che le aziende municipalizzate possono essere trasformate, con atto unilaterale, in società per azioni, con la conseguente alienabilità del pacchetto azionario.
Tale norma risulta trasfusa nell’ art. 115 del testo unico più volte citato.
Sarebbe contraddittorio ammettere la costituzione di società senza i vincoli derivanti da leggi speciali e prospettare gli stessi vinco-li con riferimento alla alienazione del pacchetto azionario.
Nessun argomento contrario alle sue esposte conclusioni po-trebbe essere dedotto dalla circolare 2 aprile 2001 n. 2 / U.R.A.L. ( Ministero Interno ), e dall’ordine del giorno formulato in sede parla-mentare e citato nella stessa circolare.
Infatti, a parte qualsiasi altra considerazione, né la circolare né l’ordine del giorno assurgono a fonti del diritto.
Sono infondati anche il secondo e terzo motivo del ricorso di primo grado, pure riproposti: la legge, come si è detto, regola le forme giuridiche con le quali gli enti locali prestano i servizi pubblici di loro competenza, sicché il secondo motivo, con cui i ricorrenti criticano la costituzione di una società per la gestione delle farmacie comunali perché essa svuoterebbe la titolarità comunale delle medesime, si ri-solve in una critica della legge. Quanto al terzo motivo, con cui si ec-cepisce l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che regolano in modo diverso il trasferimento delle farmacie comunali (consentendo al comune di costituire società con soggetti non farmacisti), e delle farmacie private (che possono essere trasferite solo ad altri farmaci-sti), l’eccezione d’illegittimità costituzionale, in disparte la sua gene-ricità, è manifestamente infondata, perché pone a confronto due fatti che nulla hanno in comune, cioè il trasferimento di una farmacia pri-vata da uno ad altro farmacista e le forme giuridiche con cui il comu-ne esercita le farmacie di cui si è, a norma di legge, riservata la titola-rità.
Va poi confermata la pronuncia d’inammissibilità dei motivi aggiunti, proposti dopo la sentenza della corte costituzionale n. 375 del 2003, e consistenti nella censura di violazione dell’articolo 8, comma 1 lettera “a”, della legge 8 novembre 1991 n. 362, che ben sa-rebbe potuta esser proposta già con il ricorso originario, quanto meno come eccezione d’illegittimità costituzionale della disposizione. L’effetto delle sentenze dichiarative d’illegittimità costituzionale di disposizioni di legge è infatti quello di far perdere efficacia alle di-sposizioni dichiarate incostituzionali (articolo 136 della Costituzione), nel senso che, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, nessuna pubblica autorità può più fare applicazione delle disposizioni dichiarati incostituzionali. La dichiarazione d’illegittimità costituzio-nale non vale invece a riaprire preclusioni verificatesi, non già in for-za delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime, bensì in for-za di ordinarie regole procedurali (nella specie, del termine per impu-gnare gli atti amministrativi).
Stabilita l’infondatezza dei motivi del ricorso originario e l’inammissibilità dei motivi aggiunti, si può prescindere dalle que-stioni se i ricorrenti dovessero o meno impugnare le deliberazioni del Consiglio comunale n. 70 del 1999 (che secondo il primo giudice è stata impugnata tardivamente) e 50 del 2000, e se essi fossero legit-timati all’impugnazione, stante il fatto che i farmacisti ricorrenti non avevano chiesto di partecipare alla gara.
L’appello, in conclusione, è infondato e va respinto. La com-plessità e novità delle questioni costituisce peraltro giusto motivo per compensare integralmente le spese di giudizio.
Per questi motivi
respinge l’appello indicato in epigrafe e compensa le spese di giudizio .
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 6 giugno e del 14 novembre 2006, dal collegio costituito dai signori:
*****************        presidente
****************         componente, estensore
**************          componente
***************          componente
***************           componente
 
L’ESTENSORE                                            IL PRESIDENTE
F.to ****************                         **********************
 
IL SEGRETARIO
F.to *************
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
l’ 8 maggio 2007
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to **************

Lazzini Sonia

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