Il termine di chiusura del procedimento disciplinare si raddoppia solo se la sanzione è superiore a 10 giorni

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Giudice del Lavoro – Impugnazione sanzione disciplinari di tre giorni di sospensione con privazione della retribuzione da parte dell’UCPD – Accoglimento – Illegittimità della sanzione per mancato rispetto del termine di 60 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare

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Massima:

Nei casi in cui il dirigente scolastico titolare decide di investire, avuta notizia di comportamenti rilevanti ai fini dell’apertura di un procedimento disciplinare, l’Ufficio Competente per i Procedimenti Disciplinari (UCPD) ai sensi dell’art. 55 bis, comma 4, del D. L.vo 165/01, il termine di chiusura del procedimento disciplinare avviato si raddoppia solo se la sanzione da applicare sia superiore ai 10 giorni (di maggiore gravità). Nel caso in cui la sanzione da applicare sia di minore gravità, va osservato il termine di 60 giorni.

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Commento:

L’assunto affermato nella pronuncia annotata non pare corretto, perché in contrasto con i principi che reggono il procedimento disciplinare.

Ebbene, all’atto della trasmissione della notizia di comportamenti disciplinarmente rilevanti da parte del Dirigente scolastico all’UCPD, lo stesso ha fatto già una valutazione ex ante secondo quanto dice la normativa di riferimento (art. 55 bis, comma 3, del D. L. vo 165/01) ritenendo che la sanzione da applicare esuli dalla sua competenza (sospensione fino a  10 giorni).

L’UCPD, non potendo sapere in questa fase del procedimento la sanzione effettiva  che, invece, va decisa  solo all’esito dell’espletata istruttoria ed in particolare del diritto al contradditorio del dipendente, segue la procedura del raddoppio del termine valutando ex ante (come fatto già dal D.S.) che trattasi di ipotesi in cui va applicata una sanzione più grave.

Ultimata l’istruttoria ed in base alla difesa del dipendente se l’UCPD decide, in ossequio  al principio della gradualità, appropriatezza  e proporzionalità della sanzione nonché di altri criteri che emergono solo dopo la fase istruttoria, del tipo:

 a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza, e imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento;

b) rilevanza degli obblighi violati;

c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;

d) grado di danno o di pericolo causato all’Amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi;

e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;

f) al concorso nel fatto di più lavoratori in accordo tra loro,

di applicare una sanzione di minore gravità (inferiore o pari a 10 giorni) decadrebbe – secondo quanto statuito dal giudice del Tribunale di Lodi –  in automatico dall’azione disciplinare per violazione dei termini in quanto una tale sanzione avrebbe comportato il rispetto del termine di 60 giorni.

A sommesso parere di chi scrive, a seguire la tesi interpretativa sostenuta dal giudice del Tribunale di Lodi, si concretizzerebbe un’ipotesi di grave precostituzione della sanzione in quanto si dovrebbe decidere ex ante e non solo valutare ex ante qual è la sanzione da applicare. Pertanto, per ipotesi, se si decide, si ripete che ciò però dovrebbe essere fatto già nella fase preistruttoria, che la sanzione da applicare sarà di minore gravità, allora si segue il termine ridotto (60 giorni) se si decide a priori che la sanzione che sarà inflitta al dipendente sarà di maggiore gravità (120 giorni) allora si segue il raddoppio del termine. Tutto ciò a danno del dipendente e dei suoi diritti di difesa e di essere sottoposto ad un giudizio all’esito delle prove raccolte e di quelle provate a suo carico a conclusione della fase istruttoria.

Quanto affermato dal giudice genera qualche perplessità anche sotto il profilo procedurale, facciamo il caso di scuola con i termini osservati all’ultimo giorno utile per esercitare l’azione disciplinare:

Un Dirigente scolastico titolare trasmette all’UCPD dell’ufficio scolastico territorialmente competente entro i canonici 5 giorni (art. 55, 3° comma del D. Lgs. 165/2001) la documentazione a seguito della notizia di un comportamento disciplinarmente rilevante di un dipendente che presta servizio presso il proprio istituito scolastico. L’ UCPD  decide di seguire la procedura con il raddoppio dei termini: dalla data della trasmissione partono 40 giorni (e non più 20 giorni) per contestare gli addebiti e si lasciano 20 giorni liberi (non più 10 giorni) al dipendente prima della fissazione della data della convocazione a difesa.

Facendo due conti e considerato che quando procede l’UCPD il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi  mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, abbiamo un totale complessivo di giorni così determinatosi: 5 + 40 + 20 sono esattamente 65 giorni dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, per cui nel momento che si irroga una sanzione di tre giorni anziché di 11 e più (cosa possibile secondo la circolare 14/2010 Dipartimento della Funzione Pubblica  che richiameremo subito dopo) si concretizzerebbe l’automatica  violazione dei termini di cui all’art. 55, 2° comma del D. Lgs. 165/2001 che comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.

Quanto prospettato sopra, in somma sintesi, si verificherebbe, si ritiene, poiché si dà una lettura delle disposizioni in materia di azione disciplinare nei confronti dei dipendenti pubblici in un’ottica di  giudizio ex post (cioè a chiusura di un procedimento disciplinare) poiché essendosi concluso con l’irrigazione di una sanzione disciplinare di soli tre giorni di sospensione e non 11 e più, si ritiene che lo stesso dovesse essere seguito sin dal principio dal Dirigente scolastico e nel termine dei 60 giorni con l’irrigazione di una sanzione compresa dunque tra il rimprovero scritto e la sospensione dal servizio con privazione del compenso ordinario non superiore a 10 giorni.

Ma a ben vedere la struttura definita dalle disposizioni che disciplinano la materia in parola indica e consente agli organi procedenti di applicare solo ed esclusivamente una preliminare valutazione ex ante sulla gravità dei fatti, rivedibile all’esito delle difese del dipendente, e non certo una decisione ex ante, in funzione della quale poi istruire il procedimento e concluderlo con una sanzione proporzionale non già ai fatti ed al comportamento tenuto bensì alla scelta di seguire o meno il termine lungo per la chiusura del procedimento disciplinare.

E a supporto di quanto detto vi è proprio la circolare n. 14/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica  la quale recita appunto: “Una volta investito correttamente della procedura da parte del dirigente, l’U.P.D. sarà tenuto a svolgere il procedimento sulla base dell’istruttoria; l’esito dello stesso potrà portare o all’archiviazione o all’irrogazione della sanzione appropriata, che potrà consistere anche in una sanzione di minore gravità (ossia inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni), benché in astratto questa rientri nella competenza del dirigente rimettente.”  

Quindi è ampiamente fattibile che l’UCPD conduca l’istruttoria e scelga di seguire il raddoppio dei termini credendo che i fatti  occorsi siano tali da essere puniti con una sanzione più grave, ma se all’esito dell’istruttoria il dipendente presenta argomentazioni, difese e  fatti rilevanti tali da far rientrare il comportamento contestato  nell’ambito delle sanzioni di minore gravità ciò non esclude  l’applicazione di una sanzione di minore gravità (ad esempio tre giorni di sospensione proprio come nel caso della sentenza de qua).

Da ultimo non va sottovalutato il fatto che tra le due ipotesi in cui interviene l’UCPD (che il legislatore tratta insieme all’art. 55. Bis del citato decreto lgs. n. 65/2001) vi è quella in cui il D. S. è incaricato (quindi non ha qualifica dirigenziale poiché è un docente incaricato a svolgere le mansioni di dirigente scolastico) ed è proprio in questo caso – secondo chi scrive – che sarebbe più verosimile l’ipotesi in cui  l’UCDP debba seguire anche il temine dei 60 giorni e non solo quello dei 120 giorni, considerato che è in una veste sostitutiva del dirigente scolastico.

Sentenza collegata

612193-1.pdf 1.82MB

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Dott. Silvio Garofalo Quinzone

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