Il superamento del limite di finanziabilita’ nei contratti di credito fondiario

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Le operazioni di credito fondiario sono disciplinate dagli art. 38 e ss del TUB.

L’art. 38 definisce il credito fondiario come l’operazione avente ad oggetto la “concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”; al secondo comma si prevede che la Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, determini l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da realizzare sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisca la concessione di finanziamenti.

La delibera del CICR del 22 aprile 1995, e dalle conseguenti istruzioni applicative di Banca d’Italia, fissa l’attuale limite massimo di finanziabilità nella misura pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati (credito fondiario)  o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi (credito edilizio); è però prevista la possibilità di elevare tale percentuale al 100 per cento attraverso il rilascio di garanzie integrative[1].

Dunque, è possibile osservare come  il II comma dell’art. 38 TUB vada a collegare l’importo del finanziamento alla garanzia prestata.

Tale rapporto preesisteva al testo unico bancario e individuava la sua ratio nella necessità di assicurare il recupero della somma mutuata, in caso di inadempimento, mediante una adeguata garanzia ipotecaria.

Infatti, “mutui di importo eccessivo rispetto al valore o ai prevedibili costi di edificazione degli immobili a garanzia, avrebbero creato dei problemi sul versante della restituzione del risparmio all’uopo raccolto, o, quantomeno, sull’equilibrio finanziario degli istituti che si dedicavano (in via esclusiva) alle operazioni” [2].

Con l’emanazione del TUB, va ricordato, molti aspetti relativi all’esercizio del credito fondiario mutano:

in primis il suo esercizio non è più riservato agli istituti specializzati, viene meno il legame con particolari forme di raccolta del risparmio, non è un mutuo di scopo[3]. Restano, invece, i privilegi esecutivi.

È molto interessante comprendere la ratio del limite di finanziabilità al fine anche di individuare quali possono essere le conseguenze in caso di mancata osservanza dello stesso.

Non è stato possibile individuare un solo orientamento in quanto si sono accavallate nel tempo varie soluzioni.

La giurisprudenza di merito ha dapprima affermato che l’inosservanza dei limiti indicati comportasse la nullità del contratto limitatamente alla parte esuberante, che si converte in un finanziamento ipotecario ordinario[4] .

Nel caso in esame, avente ad oggetto il fallimento dell’impresa costruttrice, l’istituto di credito aveva avviato azioni esecutive contro vari acquirenti di unità immobiliari sulle quali il costruttore aveva dato ipoteca a garanzia del mutuo.

Gli esecutati avevano proposto opposizione sostenendo fra i motivi, anche la nullità del contratto stipulato dal loro dante causa per il mancato rispetto dello scarto fra importi finanziati ed il valore della garanzia.

Il tribunale di primo grado sancì, appunto, la nullità del contratto di mutuo per la parte eccedente i limiti fissati dalla legge e previde l’applicazione per tale porzione della disciplina del codice civile.

Per la parte non colpita da nullità, invece, restavano intatti i privilegi procedurali fondiari.

In secondo grado, la Corte d’appello di Roma con sentenza del 4 maggio 1992,  ritenne, invece, che non vi fosse nullità del contratto quanto piuttosto una responsabilità degli amministratori.

Secondo questo orientamento, allora, la sanzione va ricercata in norme diverse, e precisamente in quelle che fissano la responsabilità degli amministratori verso l’istituto e di questo verso l’Autorità di vigilanza[5] .

Infatti, vi è chi ritiene che la violazione di una norma a carattere imperativo non dia luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l’art. 1418, comma 1, c.c.    con l’inciso “salvo che la legge disponga altrimenti”, impone all’interprete di accertare se, a causa della violazione, la validità del negozio sia o meno compromessa, risalendo allo scopo della legge ed agli strumenti predisposti dal legislatore per rendere effettiva l’osservanza della disposizione violata [6].

Si evince, dunque, che il requisito di cui all’art. 38, comma 2, T.U.B., ad ogni modo, sia un elemento di valutazione interna alla banca erogatrice e non un requisito sindacabile oggettivamente: ciò pone problemi di non facile soluzione, specie in sede fallimentare, laddove al giudice sono riconosciuti ampi poteri di sindacato dei criteri estimativi utilizzati dalla banca.

L’iter processuale, dunque, mostra una chiara alternanza tra diverse posizioni:

Si è parlato di nullità virtuale per violazione di norme imperative e in aggiunta a ciò si potrebbe ammettere ex art. 1424 c.c. la conversione del contratto di finanziamento fondiario in finanziamento bancario, dunque, esente dei privilegi tipici del primo.

Un’altra soluzione data dai giudici di merito è stata quella di considerare il finanziamento eccessivo come affetto da nullità parziale, valido come finanziamento fondiario, nei limiti stabiliti dall’autorità di vigilanza[7] .

Per finire è stato anche qualificato il finanziamento eccessivo come idoneo a far nascere una responsabilità degli amministratori bancari poiché tale superamento comporterebbe una inosservanza delle disposizioni regolamentari della Banca d’Italia priva di incidenza sulla validità del contratto.

Un ulteriore caso degno di analisi riguarda il Tribunale di Venezia e risale al 10 maggio 2012[8].

Nel caso in esame assume particolare rilievo il riferimento alla stima dell’immobile.

Infatti il perito della procedura si era avvalso di fatti definiti dalla stessa banca ricorrente come  del tutto ignoti ed imprevedibili e non conosciuti e/o conoscibili al momento della stima da parte del perito della banca [9] .

La banca ricorrente chiedeva, inoltre, che le conseguenze derivanti dalla eventuale violazione della disciplina fondiaria comportassero l’irrogazione di una sanzione amministrativa e non la nullità, o al limite, in caso di nullità, auspicava che questa fosse, perlomeno, parziale rendendo applicabile l’art 1424 c.c.

Secondo il Tribunale di Venezia la determinazione dell’importo massimo finanziabile ai sensi della normativa sul credito fondiario deve essere effettuata avuto riguardo al valore degli immobili e cumulando l’importo erogato a titolo di finanziamento con i finanziamenti pregressi.

Quindi il mancato rispetto del limite di finanziabilità dettato dalla normativa sul credito fondiario, che ha natura imperativa, dà luogo alla nullità integrale del contratto ex art. 1418 c.c. dovendosi ritenere che la determinazione dell’importo massimo finanziabile attenga alla struttura del contratto stesso.

Pertanto, viene rigettata la domanda di insinuazione al passivo che fonda il credito sulla natura di mutuo fondiario e nella motivazione si fa riferimento, inoltre, alla disciplina comunitaria che richiede che il perito nel prudente apprezzamento  della futura negoziabilità dell’immobile tenga conto anche delle circostanze future [10].

In detto caso si afferma che il perito della procedura, in relazione alla stima dell’immobile, possa far riferimento, al momento della erogazione del mutuo, a “ fatti ignoti ed imprevedibili”.

Tuttavia, non manca la giurisprudenza contraria a tal riguardo.

La Cassazione, stabilì che “ai sensi dell’art 2 del DPR n. 7 del 1976 l’obbligo, in tema di crediti fondiari, del mantenimento del rapporto tra somma mutuata  e valore cauzionale in capo all’istituto di credito sussiste solo all’atto dell’erogazione del mutuo, ovvero con riferimento al momento dell’originaria stipulazione, e non anche all’estinzione (e quindi con riguardo agli eventuali terzi acquirenti) [11].

Ancora, la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 18 settembre 2012, stabilisce che “ ai fini della determinazione del valore dell’immobile per accertare il carattere fondiario , o meno, di un finanziamento, nella natura delle cose l’interesse a sopravvalutare i cespiti, più che in capo all’istituto mutuante, si manifesta in capo all’impresa mutuaria, sicchè il sospetto di un allontanamento del sano criterio estimativo prudenziale dettato dalla professionalità del banchiere non può essere gratuitamente enunciato, ma va suffragato da una serie di risultanze probatorie”.

Se quelle fin ora esposte sono state le teorie prevalse in tema di conseguenze del superamento del limite di finanziabilità, va pure detto che il sopra esposto ragionamento viene completamente invertito dalla Suprema Corte con sentenza n. 26672 del 28 novembre 2013.

In detta occasione, infatti,  la Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema del mancato rispetto del limite di finanziabilità ed,  accogliendo il ricorso presentato dalla banca, afferma come, dalla violazione del suddetto limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile, non possa discendere la nullità del contratto di mutuo fondiario.

La Corte evidenzia come l’art 38 comma 2 TUB non sia norma posta a tutela del contraente più debole, quanto piuttosto a tutela delle stesse banche e del sistema bancario, in quanto volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate garanzie.

Diversamente, il cliente ha tutto l’interesse ad ottenere il finanziamento nel massimo importo possibile, anche a prescindere dal limite di finanziabilità[12].

In caso di violazione dell’art. 38, comma 2, TUB, secondo la Corte non risulterebbe quindi applicabile la nullità relativa di cui agli artt. 117 e 127 TUB, posto che il cliente non avrebbe interesse a farla valere e perché comunque troverebbe applicazione l’art 127 comma secondo n. 1 TUB, secondo cui le disposizioni del Titolo VI, e quindi dell’art 117 comma 8, sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente, ed un mutuo concesso oltre il limite di finanziabilità è di regola più favorevole al cliente.

Né risulterebbe concretizzata un’ipotesi di nullità cd. virtuale, per contrarietà del contratto a norme imperative in difetto di espressa previsione, posto che la disposizione imperativa non incide sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale stabilito dall’art 38, comma secondo, del TUB e dalla circolare del Cicr del 1995.

In altre parole, le disposizioni in questione non appaiono volte ad inficiare norme inderogabili sulla validità del contratto ma appaiono norme di buona condotta, la cui violazione potrà comportare l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, qualora ne venga accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d’Italia, nonché eventuale responsabilità, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo.

Da ultimo, osserva la Cassazione, essendo il limite di erogabilità del mutuo ipotecario stabilito anche e soprattutto in funzione della stabilità patrimoniale della banca erogante, far discendere dalla violazione di quel limite la conseguenza della nullità del mutuo ormai erogato ed il venire meno della connessa garanzia ipotecaria condurrebbe al paradossale risultato di pregiudicare ancor più proprio quel valore della stabilità patrimoniale della banca che la norma intendeva proteggere.[13]

 


[1]              In passato erano previsti due diversi limiti di finanziabilità per il credito edilizio (90%) e per il credito fondiario (75%): come evidenziato da R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2007, 440, la  semplificazione di detto limite è coerente con la reductio ad unum delle due fattispecie nell’ambito della figura unica del credito fondiario.

[2]              G. Tarzia, Il credito fondiario ed i limiti di finanziabilità nella precedente e nell’attuale normativa in Il fallimento 2/2013 cit. pag. 216

 

[3]              Vedi Cassazione, sez I, 26 marzo 2011 n. 4792 : “ il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli art 38 ss d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, non è mutuo di scopo, poiché in esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinare le finalità; non può, pertanto, essere negata tale qualificazione, sul rilievo della previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o restaurazione di immobili.

[4]              Tribunale di Roma, sent. 2 febbraio 1989, in “Temi Romana”, 1989, p. 80. BOZZA G., op. ult. cit., p. 27.

[5]              Tardivo C.M., il credito foindiario nella nuova legge bancaria,Giuffrè, 2006, pag. 96.

[6]              Art. 1418, comma 1. c.c. Cause di nullità del contratto:

                Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente(1). Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa [1343], l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346 (2).

                 Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge [458, 778, 785, 788, 794, 1350, 1354, 1355, 1472, 1895, 1904, 1963, 1972, 2103, 2115, 2265,2744] (3).

 

[7]              La tesi si fonda sul presupposto che l’erogazione di un finanziamento in denaro sia divisibile.

[8]              La sentenza ha ad oggetto una opposizione al decreto con cui il giudice delegato aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo. La motivazione del rigetto dell’istanza della banca è stata la seguente : “respinta in quanto contratto nullo per superamento dell’ammontare massimo del finanziamento ex art 38 e delibera CICR 22/4/1995, alla luce dell’integrazione della perizia eseguita su incarico degli organi della procedura.

[9]              Ovviamente il riferimento è alla crisi dei mercati finanziario ed immobiliare.

 

[10]            Il riferimento è alla direttiva 2000/12/CE “Accesso all’attività degli enti creditizi ed il suo esercizio”.

[11]             Cassazione sez. III, 11/01/2006 n. 264.

 

[12]            http://www.dirittobancario.it, Mutuo fondiario: la violazione del limite di finanziabilità non comporta la nullità del contratto .

 

[13]             Ancora vedi  http://www.dirittobancario.it, Mutuo fondiario: la violazione del limite di finanziabilità non comporta la nullità del contratto .

Ezia Di Gennaro

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