Il sale and purchase agreement (spa)

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Introduzione

Il Sale and Purchase Agreement è un contratto di acquisizione/vendita di partecipazioni azionarie di una determinata società ‘bersaglio’, denominata con l’espressione anglofona ‘target’. Più precisamente, come sostiene autorevole dottrina[1], le parti contrattuali concludono un contratto ideato sulla base della famiglia di Common law, per poi inserirlo all’interno delle dinamiche di Civil law, con l’obiettivo di evitare stridenti contrasti a seguito dell’impianto in un contesto giuridico potenzialmente alieno.

È un contratto che sovente viene redatto in lingua inglese, nonostante le parti contrattuali abbiano nazionalità più disparate; nulla quaestio se la legge applicabile non sarà quella del Regno Unito o quella degli Stati Uniti d’America: un ‘SPA’ ben potrà essere disciplinato dalle leggi di uno Stato diverso da quello natio.

Le ragioni che inducono le parti ad utilizzare tale modello contrattuale possono essere eterogenee; mi limiterò a delucidare le ragioni che, secondo la dottrina italiana, inducono ad etichettarlo come idoneo al perseguimento di determinati obiettivi: i) è assente, all’interno del nostro ordinamento giuridico, una disciplina precisa e puntuale concernente il contratto di acquisto e di vendita di partecipazioni azionarie (rectius: il Sale and Purchase Agreement non è disciplinato quale autonomo tipo contrattuale). Ciò comporta ampia elasticità; ii) l’acquirente ed il venditore di partecipazioni azionarie si inseriscono in ‘un’ecumene globalizzato’, in cui gli interessi sottesi al contratto si tacciano di eterogeneità; iii) viene utilizzata tale veste giuridica in modo da rendere appetibile l’affare a competitor internazionali. Pertanto, è possibile constatare come il suddetto modello contrattuale abbia dimensione sovranazionale.

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Il fenomeno dei contratti alieni[2]

All’interno dell’ordinamento giuridico italiano, vengono abitualmente utilizzati contratti che possono essere ritenuti avulsi dalla nomenclatura civilistica italiana, i quali, pertanto, necessitano di un’analisi critica ed obiettiva, che sia in grado di asseverare se essi siano meritevoli di tutela, ai sensi dell’articolo 1322 del Codice civile.

È possibile constatare come in passato la macro-categoria ‘contratti alieni’ era costituita da contratti atipici; ciò implicò una valutazione dei primi alla luce del profilo dell’atipicità. Pertanto,  è necessario tenere ferma la distinzione tra contratti atipici e contratti alieni, onde evitare di giungere a conclusioni fallaci; mentre i primi si caratterizzano per l’assenza di una disciplina particolare, i secondi devono essere considerati quale fenomeno più ampio e parzialmente diverso dai primi; come sostiene autorevole dottrina, “i contratti alieni (rectius; i Sale and Purchase Agreement) sono pensati, costruiti, scritti in funzione del diritto statunitense, ed ignorano il diritto italiano, anche quando esse prevede norme potenzialmente applicabili.”

Ciò non toglie che, ad esempio, il Sale and Purchase Agreement possa considerare, quale safe harbour, l’articolo 1470 del Codice civile, oppure che il ‘covenant not to compete’ sia ascrivibile alla clausola denominata ‘patto di non concorrenza’.

Il vero ‘nodo gordiano’ concerne la struttura del contratto oggetto di indagine; generalmente, la sequenza ‘trattativa-contratto preliminare-contratto definitivo’ è sostituita da una diversa successione – originale, se raffrontata al modus operandi della prassi italiana – composta da: ‘letter of intent/memorandum of understanding- due diligence – agreement – closing’.

Per ciò che concerne la letter of intent, può essere descritta come un documento in cui “il seller ed il buyer manifestano le loro intenzioni”. Generalmente, tale documento non è vincolante, ma ciò non toglie che le parti contrattuali possano disporre diversamente. È preferibile, pertanto, inserire una locuzione che indichi la non vincolatività (‘this document is not binding’). Il Memorandum of understanding, invece, indica i punti su cui è stato raggiunto l’accordo ed i punti in cui la forbice tra le parti è ancora ampia. La natura del M.O.U. risulta essere controversa in dottrina.

La due diligence (lett. diligenza dovuta), può essere considerata – impropriamente – un’istruttoria, in genere compiuta dal buyer, teleologicamente orientata a pervenire alla decisione se acquisire o meno la società target. Attraverso tale attività vengono analizzate la caratteristiche della società bersaglio e sono verificate le informazioni e le dichiarazioni ricevute dal venditore. Può essere preventiva – se espletata prima della conclusione del SPA – o successiva – realizzata dopo la conclusione del contratto -. Può essere full – ossia può concernere tutti gli aspetti della società bersaglio – o limited, concentrandosi, dunque, solo su taluni aspetti – in genere fiscali e finanziari -.[3] L’esito della due diligence sarà contenuto all’interno del Report, un documento scritto concernente tutte le relazioni poste in essere dagli esperti. Da non sottovalutare l’utilità della check list, ossia un elenco di voci da controllare.

L’ agreement ed il closing esigono una breve delucidazione comune, poiché i contorni ed i limiti dei due momenti temporali risultano sfumati ed indefiniti. Non a caso, attraverso il secondo termine, si indica sia il ‘trasferimento delle azioni’, sia il ‘pagamento del prezzo’, sia la ‘sottoscrizione e lo scambio dei documenti e degli accordi e l’esecuzione di tutte le obbligazioni e le transazioni, da realizzare alla data del closing’. Risulta possibile, pertanto, constatare come la sequenza appena descritta si ponga in antitesi con la sequenza tipica della prassi italiana.

L’interpretazione del Sale and Purchase Agreement

Poiché i contratti di matrice anglofona tendono a disciplinare minuziosamente ogni singolo aspetto ed elemento contrattuale – attraverso la predisposizione di clausole ad hoc – si è parlato di contratti ‘autosufficienti’[4], tali per cui sono – nella maggior parte dei casi – esenti da eventuali integrazioni di discipline legali. Siffatta premessa al subiectum quaestionis, ci consente di avanzare un dubbio sul tema oggetto d’indagine: l’autonomia delle parti è tale per cui è possibile indicare al giudice le regole sull’interpretazione del contratto?[5]

Senza presunzione di esaustività e di completezza, è possibile ricostruire, sommariamente, il dibattito nei seguenti termini: i) una parte della dottrina ritiene che una clausola del genere sia priva di efficacia, per via del carattere inderogabile degli articoli 1362 e ss. del Codice civile; ii) altri sostengono che una simile clausola sia espressione dell’autonomia privata delle parti, pertanto non vi sono ragioni sottostanti alla limitazione della volontà delle parti.

Un’interessante ricostruzione di autorevole dottrina[6] pone l’accento sull’attività del giudice, quale ‘attività di interesse pubblico’; la clausola oggetto di indagine, secondo tale postulato, sarà priva di efficacia, non potendo essa esonerare il giudice dall’indagine sulla concreta volontà delle parti. Al contrario, nell’ipotesi in cui il contratto preveda la clausola compromissoria, la clausola potrà essere salva, poiché l’attività arbitrale si fonda sull’autonomia negoziale delle parti.

La validità delle singole clausole contrattuali

Attraverso una valutazione complessiva e sistematica del fenomeno dei contratti alieni, si ha modo di asseverare come le limitazioni all’ingresso di simili modelli all’interno dell’ordinamento giuridico italiano siano state prive di efficacia; addirittura si è assistito, ad opera del nomoteta italiano, all’ingresso dei contratti alieni all’interno del tessuto normativo italiano.

Le valutazioni di talune clausole contrattuali, esigeranno, al contrario, severità, capacità critica e profondità d’indagine rispetto alla disciplina italiana. A titolo meramente esemplificativo, ci si è domandati sulla validità delle ‘earn-out clauses’, ossia quelle clausole che disciplinano la variabilità della redditività della società bersaglio[7]. Valutando le suddette clausole alla luce dell’articolo 1470[8] e ss. del Codice civile, qualora prevedano un criterio minimo di determinazione del prezzo, essere saranno ritenute clausole valide.

Conclusioni

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile asserire che il Sale and Purchase Agreement sia un contratto auto-sufficiente, tale per cui il rinvio alla disciplina legale appare un’eventualità residuale e remota. In secondo luogo, come sostiene autorevole dottrina, i contratti di acquisto/vendita di partecipazioni azionarie, non sono inclini ad essere innestati in una cornice normativa statica, preferendo perseguire “l’unità del diritto all’interno dei mercati”, attraverso uno strumento flessibile, dinamico, sensibile alle istanze provenienti dagli operatori economici e giuridici. Infine, constatata l’inefficacia degli impedimenta atti ad evitare l’ingresso di contratti ‘alieni’ – all’interno dell’ordinamento giuridico italiano – è auspicabile un’analisi critica e severa delle singole clausole contrattuali, alla luce della normativa italiana.

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Note

[1] Così DE NOVA G., Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato. Terza edizione, Torino, 2019, pp.1-291.

[2] Si legga sul punto DE NOVA G., The Law which governs this Agreements is the Law of the Republic of Italy: il contratto alieno, in Riv.  dir. priv., 2007, pp. 7 ss., DE NOVA G., I contratti atipici  e i contratti disciplinati da leggi  speciali: verso una riforma? In Atti del Convegno di Treviso 23- 25 marzo 2006 fasc. 5/2006, Riv. dir. civ., 2006.

[3] Vi sono due modalità di svolgimento della due diligence; i) il venditore predispone una stanza in cui avverrà l’analisi dei documenti oggetto dell’istruttoria (data room). Può essere allestita all’interno della sede della società ovvero in un luogo non coincidente con la sede sociale; ii) la data room virtuale, attraverso gli strumenti telematici. Un’ipotesi – residuale – prevede la possibilità di ottemperare agli impegni relativi alla due diligence direttamente presso gli uffici della target. Così DE NOVA G., Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato. Terza edizione, Torino, 2019, pp 70 e ss.

[4] Così DE NOVA G. Op. cit., pp. 8 e ss.

[5]“Abituati a considerare il contratto come oggetto dell’interpretazione, e non già all’interpretazione come oggetto del contratto, dobbiamo affrontare in termini nuovi il tema dell’interpretazione del contratto alieno”. Così DE NOVA G., The Law which governs this Agreements is the Law of the Republic of Italy: il contratto alieno, in Riv.  dir. priv., 2007.

[6] DE NOVA G., Op. cit., p. 2 e ss.

[7] In maniera semplicistica, possiamo spiegare tali clausole con il seguente esempio: l’acquirente acquista il 100% delle partecipazioni della società target. Paga un primo prezzo fisso (basso), mentre la restante parte sarà versata qualora venga superata una certa soglia, nella produzione di utili, in un periodo determinato e successivo al contratto. Se l’evento non si verificherà, la restante parte non dovrà essere versata.

[8] “La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (1376, 1465).”

Antonio Mastrangelo

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