Il principio di “inammissibilità implicita” delle offerte economiche violative del canone di intangibilità degli oneri per la sicurezza nei pubblici appalti (note a margine della sentenza del T.A.R. Campania – Salerno, Sez. I, 1 ottobre 2010, n. 11289).

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1. Con la sentenza n. 11289, depositata lo scorso 1 ottobre 2010, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Sezione di Salerno – ha segnato un’ulteriore tappa del processo di “civilizzazione” del “conflitto concorrenziale” tra imprese partecipanti ai pubblici appalti, connotando il modus operandi della Pubblica Amministrazione nel segno della tutela dei diritti dei lavoratori.

Con la laconica motivazione contenuta nella pronuncia in commento, i giudici amministrativi salernitani hanno, infatti, statuito la comminatoria della sanzione espulsiva a carico delle imprese che, nell’ambito dei procedimenti ad evidenza pubblica, presentano un’offerta economica in cui la parte afferente agli oneri per la sicurezza sia inferiore allo specifico importo predeterminato nella lex specialis per tali finalità.

Tanto anche qualora il bando non contempli siffatto vulnus a pena di esclusione.

Il dictum dei giudici amministrativi salernitani consacra, dunque, incontrovertibilmente un principio di “inammissibilità implicita” delle proposte che, nei pubblici appalti, violino il canone di intangibilità del costo per la sicurezza.

 

2. La vicenda de qua scaturisce da un ricorso proposto dal *** “***. *** e ***”, che ha impugnato i provvedimenti con cui l’Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino aveva approvato gli atti relativi all’affidamento, a beneficio della società *** “***” a r. l., del primo lotto del servizio di pulizia e sanificazione dei plessi aziendali.

In ragione dell’esclusione dalla procedura di gara, il predetto ********* ha interposto gravame al T.A.R., lamentando, da una parte, la violazione del disciplinare di gara e dell’art. 82, D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dall’altra, l’inosservanza dei canoni generali vigenti in materia di offerte nei pubblici appalti.

A fronte di tali censure, la società *** aggiudicataria, costituitasi in giudizio, ha, a sua volta, articolato ricorso incidentale, eccependo che il ricorrente fosse privo di legittimazione, con conseguente inammissibilità del rimedio principale, atteso che, per le modalità di presentazione ed i contenuti dell’offerta, l’ammissione del Consorzio “***. *** e ***” alla gara era illegittima.

Ciò sulla scorta del rilievo che lo stesso Consorzio, nel presentare l’offerta, aveva indicato un costo per la sicurezza, ripartito per anno, chiaramente inferiore agli oneri dettagliatamente previsti nel disciplinare di gara per il quadriennio di durata dell’appalto, non suscettibili di riduzione.

 

3. Poiché l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale avrebbe potuto determinare l’esclusione del Consorzio “***. *** e ***” dalla partecipazione alla gara, vulnerando il presupposto legittimante l’azione, il Tribunale Amministrativo Regionale ha stabilito di procedere, prima di ogni altra delibazione, alla valutazione dei motivi in esso contenuti.

Tale opzione è conforme a principi fondamentali del processo amministrativo, in particolare correlati alla funzione difensiva e conservativa tipica del ricorso incidentale, che, tendendo a paralizzare il rimedio principale, costituisce uno strumento di «difesa attiva» (**********, L’impugnazione incidentale nel giudizio amministrativo, in Rass. dir. pubbl., 1964, p. 772).

Invero, la natura subordinata ed eventuale di tale mezzo ha indotto a ritenere che l’esame del ricorso introduttivo debba essere, di regola, compiuto per primo, salvi i casi di ricorso incidentale cd. “interdittivo” o “preclusivo”, ossia allorquando il giudice amministrativo, analizzando i due gravami, accerta che l’accoglimento del cd. “controricorso” è idoneo ad esautorare l’interesse del ricorrente principale.

Sicché, in ossequio ad un criterio di economia processuale, da coordinarsi con il principio della “corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”, il Giudicante, per ragioni di priorità logica, è tenuto a dare precedenza alle doglianze contenute nel ricorso incidentale (T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 1 luglio 2010, n. 16542, in Foro amm. – T.A.R., 2010, 7-8, p. 2583), atteso che la risoluzione di tali questioni produce effetti sull’esistenza di una condizione dell’azione (Cons. St., sez. V, 11 maggio 2007, n. 2356, in Foro amm. – C.d.S., 2007, 5, p. 1512; id., sez. V, 15 aprile 2008 n. 1750, in Foro amm. – C.d.S., 2008, 4, p. 1196; id., sez. VI, 30 settembre 2008 n. 4686, in Foro amm. – C.d.S., 2008, 9, p. 2511).

Tale impostazione è stata confermata dal Codice del Processo Amministrativo (D.lgs. n. 104/2010), il cui art. 42, primo comma, tenendo conto anche della pregressa elaborazione giurisprudenziale, ricollega la dipendenza dell’esame della questione incidentale non già alla domanda ma all’interesse, continuando ad ammettersi il vaglio prioritario del ricorso incidentale con pregiudizialità logica rispetto a quello principale.

La dottrina ha ritenuto che il ricorso incidentale, costituendo eccezione in senso tecnico, è «veicolo necessario ed insostituibile» proprio per contestare la legittimazione del ricorrente principale (R. Giovagnoli, Il ricorso incidentale, in www.giustizia-amministrativa.it), osservando, altresì, che «non esiste un ricorso in materia di appalti che non sia accompagnato, ineluttabilmente, anche da un ricorso incidentale» (********, La natura ambivalente del ricorso incidentale (di eccezione processuale e di mezzo di impugnazione, in www.lexitalia.it).

Dal canto suo la giurisprudenza, con la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11 del 10 novembre 2008 (in www-giustizia-amministrativa.it), aveva già confermato che, nelle controversie relative ai pubblici appalti, a seconda dei casi, il giudice amministrativo, nella trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, può discrezionalmente scegliere di esaminare con precedenza quello che risulta decisivo per dirimere la lite, salva, tuttavia, la peculiarità della vicenda in cui abbiano partecipato alla gara due soli concorrenti, ciascuno dei quali abbia impugnato l’atto di ammissione dell’altro. In tal caso, qualunque sia il ricorso esaminato e ritenuto fondato per primo, il giudice amministrativo deve tener conto dell’interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione della procedura di evidenza pubblica e deve esaminare anche l’altro ricorso, quando la fondatezza di entrambi comporta l’annullamento di tutti gli atti di ammissione e, per illegittimità derivata, anche dell’aggiudicazione, con il conseguente obbligo dell’amministrazione di indire una ulteriore gara (in termini, tra le tante, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 26 novembre 2008, n. 1689, in in Foro amm. T.A.R., 2008, 11, p. 2985; Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3076, in Foro amm. – C.d.S., 2009, 5, p. 1287).

 

4. Va immediatamente rilevato che il decisum del Tribunale Amministrativo salernitano assume valenza paradigmatica nel quadro di una corretta ed equilibrata definizione dei valori fondamentali relativi al rapporto sussistente fra le regole del mercato e le garanzie da apprestare a quel coacervo di diritti incomprimibili della persona (e, dunque, anche del lavoratore) riassunto, dalla dottrina, nel termine «dignità umana» (**********, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, 1983, p. 208; ********, La scelta del contraente negli appalti pubblici fra concorrenza e tutela della “dignità umana”, in Foro amm. – T.A.R., 2010, 5, p. 1875 e ss.).

Tale tematica trova, infatti, ancoraggio giuridico fondamentale nelle previsioni della Carta costituzionale (artt. 2, 3, 32, 38 e 41 Cost.) ed è espressamente salvaguardata anche nel quadro ordinamentale europeo.

Nella specie, l’art. 2 della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea (che ha recepito, con le modifiche introdotte a Lisbona il 13 dicembre 2007, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE) riconosce alla «dignità umana» il ruolo di «valore fondante» e «comune» per gli Stati membri.

In linea con la prospettiva europea, la protezione della «dignità umana» (e degli altri valori ad essa intimamente collegati) ispira anche diverse disposizioni dell’ordinamento interno e, in particolare, la legislazione applicabile agli appalti pubblici, un tempo considerata refrattaria a qualsivoglia forma di riconoscimento e di garanzia degli interessi “contrapposti” a quello della produzione (ad avviso di **********, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, 1983, p. 208, «la libertà e la sicurezza non possono […] far riferimento ad interessi che non siano già allo stesso tempo compresi nella espressione “dignità” umana» e la ratio della espressione «sovrabbondante» dell’art. 41, comma 2, della Costituzione «è quella di offrire agli interessi antagonisti a quello della produzione la tutela più ampia possibile»).

Pur vero è che relativamente ai principi (di matrice europea) di concorrenza, non discriminazione, libera circolazione delle merci e dei servizi, le clausole (per così dire) “di tutela sociale” sono ammesse «in una posizione di subordinazione, nella misura in cui non producano effetti distorsivi e limitativi del mercato» (**********, Tutela ambientale, politica sociale e appalti: verso uno sviluppo sostenibile del Mercato unico. Primi interventi interpretativi della Commissione Ce, in RTA, 2002, 1, pp. 181 e ss.).

E ciò nonostante sia solennemente sancito, nel Codice del 2006 (si cfr. art. 2, commi 1 e 2, D.lgs. n. 163/2006), che, tra i principi da rispettare nell’affidamento e nell’esecuzione di lavori pubblici, servizi e forniture, «il principio di economicità [può] essere subordinato […] ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile».

 

5. L’esame dell’apparato normativo posto a presidio della salute e della sicurezza dei lavoratori nell’esecuzione di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, non può non essere coordinato, in primis, con le disposizioni contenute nel D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, mediante cui è stata data attuazione alla delega contenuta nell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

È fondamentalmente attraverso tale disciplina che il Legislatore, conformemente al modello europeo secondo cui occorre «pensare in termini di costi non della, ma per la sicurezza» (**********, I costi della sicurezza: profili di responsabilità dei soggetti coinvolti, in ISL, 2006, 7, pp. 397 e ss.), ha provveduto ad una «revisione della normativa in materia di appalti».

Con tale impostazione sono state, dunque, previste, da una parte, misure tese a «migliorare l’efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi […], considerando il rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici […]»; dall’altra, iniziative volte a «modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l’assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori».

Nella delega, poi, la riforma del Codice dei contratti pubblici è stata ispirata alla finalità di prevedere «che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificatamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto» (art. 1, comma 2, lettera s), punto 3, della legge n. 123/2007).

In relazione a siffatto principio, l’art. 8 ha sostituito la pregressa formulazione dell’art. 86, comma 3-bis, del D.lgs. n. 163/2006, già introdotto con il comma 909 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007), stabilendo che, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte, nelle procedure di affidamento di appalti pubblici, gli enti aggiudicatari sono tenuti a valutare l’adeguatezza e la sufficienza del valore economico non solo rispetto al costo del lavoro ma anche in riferimento al costo relativo alla sicurezza.

Peraltro, sempre con riguardo al criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera s), punto 3, della legge n. 123/2007, è stato significativamente previsto (come già, peraltro, stabilito dall’art. 131, comma 3, D.lgs. n. 163/2006), che il costo per la sicurezza non può essere asservito alla logica del ribasso.

Nel solco di tali orientamenti, nello stesso Codice è stato anche escluso il confronto concorrenziale su alcune scelte organizzative dell’impresa offerente, privata della potestà di giustificare un’offerta eccessivamente bassa con trattamenti salariali per i propri lavoratori inferiori ai minimi inderogabili stabiliti ex lege o con risparmi relativi agli oneri di sicurezza (art. 87, commi 4 e 5, D.lgs. n. 163/2006).

 

6. Ed invero, l’impianto giuridico che sorregge la decisione dei magistrati di piazza San Tommaso d’Aquino è rinvenibile proprio nel combinato disposto di cui ai predetti artt. 86 e 87 del Codice dei contratti pubblici.

Più precisamente, il comma 3-bis dell’art. 86 stabilisce, inequivocabilmente, che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture».

Il successivo comma 3-ter, poi, sancisce, altrettanto indefettibilmente, che «il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta».

In coerenza con tale precetto, il comma 4, ultimo periodo, dell’art. 87 del predetto Codice dei contratti pubblici, dispone, parimenti, che i costi per la sicurezza «devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture».

È, dunque, di solare evidenza che le disposizioni testé richiamate rivelano il deliberato fine del Legislatore di non permettere che sull’“altare della concorrenza” siano “immolate”, da una parte, le garanzie remunerative e, dall’altra, il valore della sicurezza sul luogo di lavoro, dovendosi necessariamente prevedere, in sede di offerta, una differenziazione tra il corrispettivo per l’esecuzione della prestazione, oggetto di appalto, e gli oneri impiegati per assicurare la salute e l’incolumità dei lavoratori.

In tal modo, viene ridimensionato il tasso di discrezionalità delle stazioni appaltanti e limitato lo spazio di autonomia degli appaltatori, evitando fenomeni di «dumping imprenditoriale» (**************, La valorizzazione della dimensione prevenzionistica degli appalti pubblici tra vecchie e nuove fonti normative, in Lav. nelle p.a., 2009, 2, pp. 285 e ss.), non potendosi ritenere che l’importo relativo agli oneri per la sicurezza sia “degradabile” a mero oggetto di negoziazione.

 

7. Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha, da tempo, statuito che la lettura combinata delle norme del D.lgs. n. 163/2006 innanzi evocate, impone ai partecipanti alle procedure di evidenza pubblica di indicare, in maniera chiara e determinata, l’ammontare degli oneri destinati alla sicurezza, al fine di permettere l’accertamento della congruità e dell’attendibilità dell’offerta in relazione a tale quantificazione (in particolare, Cons. St., sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6767, in Foro amm. – C.d.S., 2003, p. 3000; T.A.R. Liguria, II, 11 luglio 2008, n. 1485, in Foro amm. – T.A.R., 2008, 7-8, p 1994; T.A.R. Toscana, II, 31 ottobre 2007, n. 3565, in Foro amm. – T.A.R., 2007, 10, p. 3061).

Peraltro, la decisione del T.A.R. salernitano segue, pur non richiamandone gli estremi, la medesima traiettoria esegetica già tracciata, proprio recentemente, dal Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, il quale ha evidenziato come le imprese concorrenti siano tenute a «segnalare gli oneri economici che ritengono di sopportare al fine di adempiere esattamente agli obblighi di sicurezza sul lavoro, al duplice fine di assicurare la consapevole formulazione dell’offerta con riguardo ad un aspetto nevralgico e di consentire alla stazione appaltante la valutazione della congruità dell’importo destinato ai costi per la sicurezza»; precisando, altresì, che «la mancanza di una specifica previsione sul tema in seno alla lex specialis non toglie che la disciplina del Codice in materia sia immediatamente precettiva ed idonea ad eterointegrare le regole procedurali, imponendo agli offerenti di indicare separatamente i costi per la sicurezza» (Cons. St., sez. V, 23 luglio 2010, n. 4849, in www.lexitalia.it).

Tale assunto diverge da un precedente orientamento dello stesso Giudice amministrativo di appello (Cons. St., sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2949, in www.lexitalia.it) che aveva ritenuto legittima l’ammissione in gara di una impresa che, nell’offerta economica, aveva dichiarato un importo degli oneri per la sicurezza inferiore rispetto alla previsione della lex specialis, in quanto il valore economico presente nel bando di gara doveva essere considerato meramente indicativo, laddove correlato ad un progetto preliminare.

8. Nei sensi di cui alla sentenza in esame si è, altresì, espressa la stessa Autorità per la Vigilanza dei Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ha più volte ribadito che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato. Come anche richiamato dalla Determina 3/2008 dell’Autorità, ciò significa che nella predisposizione delle gare, cioè dei bandi e della documentazione, il costo per la sicurezza deve essere specificamente indicato, separato dalla base d’asta, anche se pari a zero» (da ultimo, vedasi Determinazione n. 10 del 25.2.2010).

 

9. Né potrebbe inferirsi che, nell’ipotesi di contravvenzione alle norme del Codice dei contratti pubblici che impongono l’indicazione preventiva dei costi per la sicurezza, non sia consentita l’estromissione del concorrente, in difetto di una clausola del bando di gara recante l’espressa clausola di esclusione.

Ciò perché siffatta, eventuale lacuna non può che ritenersi recessiva rispetto alla natura costituzionalmente sensibile degli interessi tutelati.

Accogliendo una opzione ermeneutica di segno differente si potrebbe, infatti, concretare un’inammissibile interpretatio abrogans della disciplina relativa agli oneri per la sicurezza, posta a presidio dell’intangibilità di diritti fondamentali della persona umana e del lavoratore, quali quelli alla vita e alla salute.

D’altro canto, in tale prospettiva, la mancata previsione di una specifica disposizione della “legge di gara” tesa a sanzionare la carenza dell’indicazione specifica degli oneri predetti può ben superarsi con l’ausilio del canone di integrazione automatica delle clausole del bando, in applicazione delle previsioni generali di cui agli artt. 1339 e 1374 del Codice Civile.

 

10. Conclusivamente, l’aderenza del caso di specie alle coordinate normative ed interpretative innanzi enunciate consente di approvare pienamente la soluzione abbracciata dai Magistrati amministrativi di Salerno, ritenendosi assolutamente corretto e condivisibile che il pedissequo ossequio delle norme per la sicurezza dei lavoratori assuma valenza di condicio sine qua non ai fini della partecipazione alle procedure di evidenza pubblica dirette all’affidamento dei pubblici appalti.

Tanto vieppiù in relazione al triste stillicidio di vite stroncate nei luoghi di lavoro.

 

T.A.R. Campania – Salerno, Sez. I, 1 ottobre 2010, n. 11289Pres. ff. ed Est. Guadagno – Consorzio “***. *** e ***” (avv.ti ******* e B.M.) c. Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino (avv. G. S.) e ******à *** “***” a r.l. (avv. L. L.)

 

Giustizia amministrativa – Ricorso incidentale – Ordine di trattazione rispetto al ricorso principale – Trattazione del ricorso incidentale in via prioritaria – È una facoltà rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice amministrativo – Accoglimento del ricorso incidentale esaminato in via prioritaria – Determina di regola la dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.

Il ricorso incidentale, rivolto avverso il medesimo provvedimento impugnato in via principale, va esaminato tenendo conto delle esigenze di economia processuale e del principio della “corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”, costituendo una eccezione in senso tecnico, la cui fondatezza preclude l’accoglimento del ricorso principale. Il giudice amministrativo, nella trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, per ragioni di priorità logica, può dare precedenza all’esame del ricorso incidentale che risulti fondato, con dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.

 

Contratti della P.A. – Appalto di servizi – Offerta – Oneri per la sicurezza – Indicazione di un importo inferiore a quello predeterminato nel bando – Violazione del principio di intangibilità del costo per la sicurezza – Sussiste – Illegittimità.

Nella procedura di evidenza pubblica esperita per l’affidamento di un appalto di servizi, risulta illegittima, per violazione del principio di intangibilità del costo per la sicurezza, sancito dall’art. 86, comma 3 ter, D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), l’ammissione di una impresa che abbia indicato, nell’offerta economica, un importo relativo agli oneri per la sicurezza inferiore a quello previsto dal bando di gara, non suscettibile di riduzione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 436 del 2009, proposto da:

*** ***., rappresentato e difeso dagli avv. *******, B. M., con domicilio eletto presso Avv. ******* in Salerno;

 

contro

Azienda Ospedaliera San **************** di Avellino, rappresentato e difeso dall’avv. G. S., con domicilio eletto presso Avv. G. S. in Salerno, Segreteria Tar Salerno;

 

nei confronti di

Soc. *** *** a r. l., rappresentato e difeso dall’avv. L. L., con domicilio eletto presso Avv. L. L. in Salerno;

 

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della delibera aziendale n.104/09, recante l’approvazione degli atti di gara relativi all’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione dei plessi aziendali I lotto; 2) dei verbali di gara nn.2-5-6-7-9 e 10/08 e n.6/09; 3) dell’atto n.1330/09;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino e di *******************, che ha presentato anche ricorso incidentale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 maggio 2010 il dott. Sabato Guadagno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso in esame, la società ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe, con i quali l’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino ha proceduto all’approvazione degli atti di gara relativi all’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione dei plessi aziendali I lotto a favore della Soc. *** *** a r. l..

A sostegno del gravame sono state prospettate le seguenti censure:

1) violazione del disciplinare di gara, dell’art.82 del D.Lvo n.163/2006 e dei principi in materia di presentazione e validità delle offerte;

2)violazione della disciplina di gara ed eccesso di potere per carenza istruttoria, di motivazione e di presupposti e violazione dell’art.3 L.241/90.

L’aggiudicataria società *** *** a r. l. ha presentato anche ricorso incidentale.

Si sono costituiti in giudizio la resistente Amministrazione e la società aggiudicataria, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

La società aggiudicataria ha presentato anche ricorso incidentale.

Con ordinanza n. 436/2009 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla società ricorrente.

Alla pubblica udienza odierna il ricorso è stato spedito in decisione.

 

DIRITTO

La presente impugnativa ha ad oggetto i provvedimenti in epigrafe, con i quali l’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino ha proceduto all’approvazione degli atti di gara relativi all’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione dei plessi aziendali I lotto a favore della Soc. *** *** s.r.l..

La società aggiudicataria ******** *** a r. l., ha presentato ricorso incidentale, assumendo l’illegittimità dell’ammissione alla gara della società ricorrente, che invece avrebbe dovuto essere esclusa.

Ritiene il Tribunale, anche in ossequio ad esigenze di economia processuale, di trattare prioritariamente il ricorso incidentale, in quanto lo stesso contiene censure che, se accolte, comporterebbero l’esclusione del ricorrente *** ***. *** e *** dalla partecipazione alla gara, con conseguente inammissibilità del ricorso principale per difetto di legittimazione.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, viene in rilievo la doglianza, con la quale viene dedotta la violazione dell’art. 8 del D.L.vo n. 163/2006, del T.U. n. 81/2008 e della lex specialis di gara, in quanto il Consorzio ricorrente avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per aver presentato un offerta economica inferiore a quella sancita dal bando di gara.

La censura è meritevole di accoglimento.

Infatti il disciplinare di gara sancisce espressamente per l’intero quadriennio un importo, per quanto concerne gli oneri di sicurezza di 170.460 €, non soggetto a ribasso. Tali oneri di sicurezza, ripartiti su base annua, comportano un importo annuale di € 42.660, che per espressa statuizione normativa sono intangibili e non possono essere ribassati.

Invece nella fattispecie in esame il consorzio ricorrente ha indicato un costo di sicurezza su base annua di € 8.400, che è nettamente inferiore a quello previsto dal bando di gara, non suscettibile di riduzione. Pertanto l’offerta del consorzio ricorrente risulta illegittima per violazione del principio di intangibilità del costo di sicurezza sancito dall’art. 86 comma terzo del decreto legislativo 163/2006 e della lex specialis.

L’accoglimento di tale censura è di per sè sufficiente a precludere alla società ricorrente la partecipazione alla gara e consente al Collegio di dichiarare l’assorbimento degli ulteriori profili di censura.

In base alle suesposte considerazioni, il ricorso incidentale è fondato e va accolto con conseguente inammissibilità del ricorso principale per difetto di legittimazione attiva del ricorrente *** ***. *** e ***.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura determinata in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Salerno – Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e sul ricorso incidentale,

– accoglie il ricorso incidentale proposto dalla Soc. *** *** s.r.l..

– dichiara l’inammissibilità del ricorso principale proposto dal *** ***. *** e ***,

– condanna il ricorrente *** ***. *** e *** al pagamento delle

spese processuali, che si liquidano in € 1.500,00 (millecinquecento/00), a titolo di onorari, rimborsi e spese, oltre IVA e Cassa come per legge, in favore di ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

Sabato Guadagno, Presidente FF, Estensore

***************, Consigliere

************, Consigliere

D’Angiolillo Pasquale

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