Il patto leonino

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25Le caratteristiche

La denominazione deriva da una celebre favola di Fedro, La vacca, la capretta, la pecora e il leone, a sua volta derivata da quella di Esopo, diventata di valore proverbiale, ed è l’applicazione di una fondamentale regola di diritto riassunta nel brocardo cuius commoda, eius et incommoda (chi trae vantaggio da una situazione, deve sopportarne anche i pesi).

La regola esprime l’evidente ingiustizia di un accordo nel quale a una parte siano riservati i benefici di una determinata attività, mentre all’altra siano riservate esclusivamente le eventuali conseguenze negative.

La disciplina normativa

Il codice civile stabilisce la nullità di un simile accordo (art. 2265 c.c.):

non è consentito escludere uno o più soci da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.

Nonostante la disposizione sia collocata nella disciplina delle società di persone, e precisamente in quella della società semplice, la dottrina e la giurisprudenza ne ritengono pacifica l’applicazione anche alle società di capitali.

Questa regola è considerata espressione della causa tipica che caratterizza il contratto di società com’è definito dall’art. 2247 del codice civile.

Ne consegue che, ad esempio, non possono essere emesse azioni speciali prive del diritto agli utili oppure azioni che escludano completamente la partecipazione del socio alle perdite.

Proprio perché corollario della causa tipica del contratto di società, la regola in parola è pacificamente ritenuta inderogabile dall’autonomia statutaria.

Se scopo del contratto di società è la divisione tra i soci degli utili realizzati attraverso una determinata attività, per il quale esercizio in comune hanno conferito beni o servizi (art. 2247 c.c.), non è ammissibile una società nella quale uno dei soci sia escluso a priori dal riparto degli utili oppure, all’opposto, dalla partecipazione alle perdite.

Limiti ed estensione del divieto

Come scritto in precedenza, l’articolo 2265 del codice civile  vieta ogni patto con il quale un socio sia escluso da ogni partecipazione.

Il divieto non è relativo esclusivamente agli accordi finalizzati ad escludere uno o più soci dall’intera partecipazione agli utili e alle perdite intesi in senso formale, è relativo anche Riguarda ai casi nei quali, indipendentemente da forma ed entità della partecipazione, in concreto lo scopo sia l’esclusione dal partecipare.

Questo non significa che i soci non possano liberamente stabilire partecipazioni differenziate tra loro a particolari condizioni, non devono ridurre oppure annullare le partecipazioni agli utili degli altri o fare gravare le perdite esclusivamente su alcuni.

Gli accordi presi in violazione del divieto del patto leonino sono sanzionati con la nullità, che agisce esclusivamente nei confronti della clausola e non dell’intero contratto sociale che resta valido ed efficace.

Se ci sia nullità di alcune disposizioni contrarie al divieto, verranno applicate le norme legali sulla partecipazione agli utili e alle perdite.

Un ruolo significativo in questi casi è svolto dal notaio, nonostante la gran parte delle clausole tipiche siano standardizzate.

Il libero professionista è tenuto a non attestare la validità di atti o di qualunque accordo preso in violazione del divieto di patto leonino.

L’attestazione di atti contrari alla legge, ordine pubblico e buon costume, può comportare una eventuale condanna.

Il divieto di patto leonino nelle società di capitali

La partecipazione dei soci a una Società per Azioni è rappresentata dalle azioni.

Il codice autorizza la previsione di categorie speciali di azioni, nel rispetto del principio di uguaglianza.

Significa che le azioni che appartengono a una stessa categoria attribuiscono uguali diritti , e a ciascuna categoria corrisponderanno diritti diversi rispetto a un’altra.

Le categorie di azioni, si distinguono in azioni con particolari diritti amministrativi o con particolari diritti patrimoniali.

In relazione al divieto di patto leonino rilevano le azioni con particolari diritti patrimoniali.

È il caso delle azioni postergate nelle perdite, azioni che subiscono le perdite dopo che abbiano colpito le altre, sono di solito emesse in contemporanea a un finanziamento dell’impresa.

In caso di perdite, procedendo con la riduzione del capitale sociale, dette azioni verranno sottoposte agli effetti delle perdite soltanto dopo l’annullamento delle azioni ordinarie in circolazione.

Oppure, in caso di liquidazione della società, le azioni verranno sempre rimborsate prima delle altre azioni ordinarie.

La postergazione è legittima, non rappresenta un’eccezione al divieto di patto leonino.

Con simili previsioni, non si vuole escludere la partecipazione alle perdite dei titolari delle azioni ma ridurre il rischio di perdite.

Questa clausola è legittima nella misura nella quale la postergazione non corrisponda ad una esclusione da ogni partecipazione agli utili.

Altra categoria interessante, è quella delle azioni correlate.

Si tratta di partecipazioni collegate al risultato di un determinato settore produttivo.

Gli utili sono distribuiti a determinati azionisti in base ai guadagni raggiunti in uno specifico settore.

Se il settore al quale sono correlate comprende quasi completamente l’attività sociale si devono considerare illegittime, perché escluderebbero gli altri soci dal partecipare agli utili.

Nelle Società a responsabilità limitata, la partecipazione dei soci assume la forma di quote.

Con apposita previsione statutaria, è consentito associare alle stesse dei diritti particolari, sia di natura amministrativa sia patrimoniale.

Come nelle S.p.A., i diritti patrimoniali sono relativi alla distribuzione degli utili, diventerà possibile attribuire una partecipazione agli utili non proporzionata al valore della quota.

Qui rileva il divieto di patto leonino, perché l’attribuzione di diritti particolari non deve escludere la partecipazione degli altri.

Sono considerate nulle le clausole che riconoscono la partecipazione agli utili esclusivamente al socio che detenga diritti particolari o che gli garantiscano una partecipazione equivalente all’intero capitale.

Lo statuto potrebbe anche prevedere la limitazione o l’esclusione dei diritti degli altri soci in favore di uno.

Dovrà essere allo stesso modo considerata nulla la clausola che escluda la partecipazione agli utili degli altri soci.

Conclusioni

Con lo statuto come con i patti parasociali, si può disporre dei diritti dei soci nelle modalità più disparate.

Non è raro che le clausole presentino un contenuto poco chiaro e di dubbia interpretazione.

Dott.ssa Concas Alessandra

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